Il dissidente, giornalista e storico, per due volte avvelenato con gravi conseguenze sulla salute, racconta la vita in prigione e perché ha deciso di tornare in Russia per dare battaglia al regime di Putin: “Da lontano, da un posto sicuro, non puoi chiedere alla gente di battersi contro un regime autoritario”.
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Voci dalla guerra: Natalija Štepa
Natalija Štepa ha vissuto coi vicini in uno scantinato per 17 giorni prima di riuscire a lasciare Rubižne, dove conduceva un’esistenza tranquilla prima dell’arrivo delle truppe russe. Nella sua intervista descrive a Taras Vyjčuk il terrore di vivere sotto le bombe e l’incredulità verso un’invasione motivata col pretesto di “salvare i russofoni” in assenza di una qualsivoglia persecuzione nella realtà.
Voci dalla guerra: Svitlana Holovata
Svitlana Holovata ha raccontato di come una granata sparata dai russi sia precipitata a casa sua senza esplodere, lasciando in vita lei e la sua famiglia. Dopo la fine della guerra Svitlana e il marito intendono ricostruire la loro casa a Moščun.
Voci dalla guerra: Zinajida Kostenko
Un’abitante di Moščun, paese nella regione di Kyiv, racconta gli orrori dei primi giorni della guerra. La sua casa è bruciata del tutto, incluse le conserve in cantina.
Michail Kriger. L’ultima dichiarazione del 17 maggio 2023.
Il 17 maggio 2023 il tribunale militare n. 2 del Distretto occidentale di Mosca ha condannato l’attivista e socio di Memorial Podmoskov’e e del movimento Unione di solidarietà Michail Kriger, 63 anni, a 7 anni di reclusione in colonia penale a regime ordinario. Kriger era stato arrestato nel novembre del 2022 a causa di un post su Facebook ed era stato accusato di “giustificazione del terrorismo” e “incitamento all’odio con minaccia di ricorso alla violenza”. Michail Kriger ha partecipato attivamente al movimento democratico e di difesa dei diritti umani dalla fine degli anni Ottanta, a campagne a sostegno dei prigionieri politici, ha subito più volte provvedimenti amministrativi per avere preso parte a meeting e proteste. Negli ultimi tempi ha esternato più volte in pubblico la sua posizione contro la guerra, con modalità di espressione e rivendicazione delle proprie posizioni esclusivamente pacifiche. “Ritengo che questa guerra sia uno di quei rari conflitti in cui la verità sta al cento per cento da una parte sola. E quella parte è l’Ucraina”, ha detto Kriger al processo. Siamo convinti che la sentenza a Michail Kriger sia un atto di rappresaglia nei suoi confronti per la sua posizione pubblica e allo stesso tempo un tentativo di spaventare e costringere al silenzio tutti coloro che hanno osato esprimersi contro la guerra, che non hanno paura di criticare le autorità e di manifestare liberamente la propria opinione, il cui grido di protesta potrebbe essere sentito. Pubblichiamo la traduzione dell’ultima dichiarazione (poslednee slovo) di Michail Kriger, pronunciata in tribunale il 17 maggio 2023. Secondo il sistema giudiziario russo agli imputati è concessa in tale forma la possibilità di prendere la parola per sostenere la propria innocenza o corroborare la linea difensiva scelta dall’avvocato/a. Foto: SOTA // Antonina Favorskaja. Signor giudice!Sono accusato per due post su Facebook che al momento del mio arresto erano già vecchi di due anni. Secondo me bisogna concluderne che quei testi sono soltanto una scusa. Se sono finito in tribunale, il vero motivo sono le mie opinioni, dapprima contrarie alla guerra e ora, per di più, apertamente a favore dell’Ucraina. Sono opinioni che non solo non ho mai nascosto, ma che cerco di ostentare il più possibile e ogni volta che se ne presenta l’occasione. Ritengo che questa guerra sia uno di quei rari conflitti in cui la verità sta al cento per cento da una parte sola. E quella parte è l’Ucraina. Cercando maniere di lavar via questa vergogna, questo fratricidio di cui si è macchiato il nostro paese, ho aiutato i rifugiati ucraini, e ho espresso sui social media la mia più sincera speranza nella loro peremoga, come si chiama la vittoria in ucraino. C’è una cosa che ho sempre pensato, e penso ancora: se è destino che i russi arrivino alla libertà, potranno arrivarci solo in conseguenza di quella stessa peremoga. È andata così in Giappone e in Germania dopo che hanno perso una guerra. Come diceva Aleksandr Gorodnickij: “Per essere liberi non serve necessariamente la vittoria, a volte è meglio la sconfitta…”. Torniamo ai miei capi d’accusa. Uno è dovuto al fatto che mi sono permesso di esprimere apertamente il mio sogno che Putin venga impiccato. Ebbene sì: spero proprio di arrivare a vedere questo giorno di festa. Sono certo che il nostro dittatore si merita questa pena, proprio come altri criminali di guerra, per esempio quelli che vennero condannati all’impiccagione dal tribunale di Norimberga. Come loro, il nostro è un tiranno bugiardo che si è impossessato di un potere senza alcun limite e ha le mani sporche di sangue fino ai gomiti. La Corte penale internazionale dell’Aia è del tutto d’accordo con me, visto che ha emesso un ordine di cattura nei suoi confronti. Forse, a fantasticare così, ho perso di vista ogni compassione, o la “grazia pei caduti”, come scrive Puškin? Lo ripeto, no. Perché è per grazia di questo macellaio (sottolineo: per sua grazia) che si sparge sangue ogni giorno. Dato che non si dimette di propria iniziativa, è evidente che bisogna arrestarlo e giustiziarlo: è l’unico modo per fermare lo spargimento di sangue fraterno scatenato da lui, sì, proprio da lui, ai danni del popolo più vicino ai russi, quello dell’Ucraina, mio amato paese natale. A Dnipro, dove sono nato, ho molti parenti, compagni di scuola, amici d’infanzia che proprio ora devono aspettare nei seminterrati che gli arrivi in testa il prossimo bombardamento, a causa delle ambizioni maniacali del nostro Führer. Che hanno fatto per meritarselo? Che colpa ne hanno loro, se il nostro Re Sole non ha giocato abbastanza con i soldatini quando era piccolo? O se è diventato un ammiratore del vero Führer (a me sembra proprio di sì!) e fa di tutto per seguire il suo esempio? E quindi insisto che da parte mia è giusto, ragionevole e, se volete, opportuno nutrire queste speranze. O per dirla con le parole di un noto leccapiedi, Volodin: “Putin significa sangue a fiumi, senza Putin non si sparge il sangue”. Spero che tanto basti per motivare il mio sogno con sufficiente chiarezza. Passiamo al secondo capo d’accusa: fomentare l’odio contro l’FSB. In effetti non amo questa istituzione da due soldi, che è un analogo perfetto della Gestapo, anzi: per certi versi, è ancora più vigliacca e brutale. Perché dico questo? Perché quei poliziotti tedeschi erano sì sanguinari e quanto mai disumani nel metodo, ma se la prendevano con i nemici veri del Reich e del Führer, di certo non se li inventavano. La Gestapo putiniana, invece, fa spuntare “nemici” come funghi. Insieme ai suoi provocatori crea delle “organizzazioni terroristiche” e poi le “smaschera” lei stessa. In altre parole, per qualche stelletta o medaglia in più, per fare carriera, questa gente distrugge la vita dei ragazzi e dei loro genitori, senza uno straccio di empatia, neanche fossero bestie da macello. Ha iniziato a usare questi sistemi schifosi nei casi “Novoe veličie” e “Set’”, e in quello degli adolescenti di Kansk. Come se non bastasse, nell’ultimo caso uno di loro, il quattordicenne Nikita Uvarov, è stato… Continua a leggere Michail Kriger. L’ultima dichiarazione del 17 maggio 2023.
Voci dalla guerra. Oksana Stomina
Poetessa e attivista, Oksana Stomina è di Mariupol’. Oggi è costretta a vivere a Truskavec’. La sua storia è un documento del nostro tempo, la testimonianza dei crimini contro l’umanità che vengono commessi oggi nel cuore dell’Europa.
Lev Rubinštejn: “C’è una signora da non dimenticare, anche se ora ha un pessimo aspetto: si chiama speranza”
Intervista al poeta e saggista sulle forme di resistenza alla repressione, sull’emigrazione, sulla speranza, sulla sopravvivenza di molti meccanismi del sistema sovietico nella politica russa contemporanea, sull’aiuto che può venire a chi protesta contro la guerra dall’esperienza degli artisti underground degli anni ’70.
Il’ja Jašin: “È incredibile che io mi debba sempre giustificare per essere finito in prigione”
Intervista all’oppositore russo, condannato a otto anni e mezzo: “Putin lascerà dietro di sé un’eredità funesta: economia distrutta, isolamento internazionale, corruzione esorbitante e degrado delle istituzioni statali. Per risollevarsi dal baratro, la Russia dovrà compiere un percorso lungo e complesso”.
Voci dalla guerra: Oleksij Symonov
Il carismatico 44enne Oleksij Symonov lavora nell’organizzazione di iniziative e gare sportive. Ritiene che la comunicazione svolga un ruolo fondamentale: più di una volta lo ha aiutato non solo a sopravvivere in una Mariupol’ occupata, ma anche a mettere in salvo chi divideva con lui il rifugio.
Voci dalla guerra: Volodymyr Zajika, pensionato di Moščun
Volodymyr Zajika vive a Moščun, un paesino della regione di Kyiv dove solo il 5% delle abitazioni non ha subito danni. Durante un bombardamento nemico ha dovuto spegnere da solo l’incendio scoppiato nella sua abitazione a causa di un missile. Nella sua aia è rimasto in piedi solo il fienile.