Roma, 5 dicembre 2024. Memorial Italia a Più libri più liberi.

Memorial Italia partecipa a Roma all’edizione 2024 di Più libri più liberi con la presentazione di Le trasformazioni della Russia putiniana. Stato, società, opposizione, ultimo volume della collana curata per Viella Editrice. Il regime putiniano e il nazionalismo russo: giovedì 5 dicembre alle 18:00 presso la Nuvola, Roma EUR, in sala Elettra, saranno presentati i volumi, pubblicati da Viella Editrice, Il nazionalismo russo. Spazio postsovietico e guerra all’Ucraina, a cura di Andrea Graziosi e Francesca Lomastro, e Le trasformazioni della Russia putiniana. Stato, società e opposizione, a cura dei nostri Riccardo Mario Cucciolla e Niccolò Pianciola. Intervengono Riccardo Mario Cucciolla, Francesca Gori, Andrea Graziosi, Andrea Romano. Coordina Carolina De Stefano. Il volume Le trasformazioni della Russia putiniana. Stato, società e opposizione esplora l’evoluzione della società e del potere in Russia dopo l’aggressione all’Ucraina e offre un’analisi della complessa interazione tra apparati dello stato, opposizione e società civile. I saggi analizzano la deriva totalitaria del regime putiniano studiandone le istituzioni e la relazione tra stato e società, evidenziando come tendenze demografiche, rifugiati ucraini, politiche nataliste e migratorie abbiano ridefinito gli equilibri sociali del paese. Inoltre, pongono l’attenzione sulla società civile russa e sulle sfide che oppositori, artisti, accademici, minoranze e difensori dei diritti umani affrontano sia in un contesto sempre più repressivo in patria, sia nell’emigrazione. I saggi compresi nel volume sono di Sergej Abašin, Alexander Baunov, Simone A. Bellezza, Alain Blum, Bill Bowring, Riccardo Mario Cucciolla, Marcello Flores, Vladimir Gel’man, Lev Gudkov, Andrea Gullotta, Andrej Jakovlev, Irina Kuznetsova, Alberto Masoero, Niccolò Pianciola, Giovanni Savino, Irina Ščerbakova, Sergej Zacharov.

Quasi tre anni. Leningrado. Cronaca di una città sotto assedio di Vera Inber

Quasi tre anni. Leningrado. Cronaca di una città sotto assedio di Vera Inber con curatela e traduzione di Francesca Gori (Guerini e Associati, 2022). Quasi tre anni è una testimonianza in presa diretta dei novecento giorni dell’assedio di Leningrado. Vera Inber resta al centro degli avvenimenti e partecipando attivamente alle vicende della città con l’intento sincero di narrare e documentare, nel modo più oggettivo possibile, quella pagina cruciale della storia sovietica. Nel diario assegna uno spazio rilevante alla sua fede ideologica, trasfigurando eroicamente la resistenza della città ed esaltando lo sforzo quasi sovrumano degli abitanti di Leningrado, fino a dar forma a una vera e propria epica dell’assedio. Pur utilizzando un linguaggio propagandistico tipico dell’epoca, offre al lettore una descrizione fedele e dettagliata della realtà, al punto che il suo sentimento e la sua fede politica appaiono sempre sinceri. Nel panorama culturale e politico sovietico Vera Inber, con le liriche e le prose scritte nel periodo della guerra, fornisce un contributo determinante all’elaborazione di quello che la storica Lisa Kirschenbaum definisce “mito dell’assedio”. Vera Inber nasce a Odessa nel 1890 in una famiglia della borghesia ebraica. Il padre Moisej Špencer, proprietario di un’importante tipografia, era cugino di Lev Trockij, che visse a casa loro dal 1889 al 1895. Questo legame di parentela susciterà la diffidenza del potere sovietico nei confronti dell’autrice, considerandola sempre una potenziale oppositrice e mettendo a repentaglio la sua stessa vita. A Odessa frequenta la facoltà di Storia e Letteratura. Nei primi anni Venti si stabilisce a Mosca. Durante la Seconda guerra mondiale, nel 1941, si trasferisce a Leningrado con il terzo marito, l’accademico Il’ja Strašun, medico igienista nominato direttore dell’Ospedale Erisman. Durante l’assedio lavora alla TASS e collabora con Radio Leningrado. Dai microfoni della radio, per incoraggiare e sostenere i leningradesi costretti a patire terribili privazioni e traumi quotidiani, declama le sue poesie dove celebra l’eroica resistenza della città sotto assedio. Appartengono a questo periodo le sue due opere più rilevanti: il poema Pulkovskij meridian (Il Meridiano di Pulkovo) e il diario Počti tri goda. Leningradskij dnevnik (Quasi tre anni. Il diario di Leningrado) che nel 1946 fu insignito del Premio Stalin. Al termine della guerra torna a Mosca dove continua la sua opera di scrittrice e traduttrice. Qui muore nel 1972 e viene sepolta nel cimitero di Vvedenskoe. Recensioni “Quel mito guerriero che è il collante dell’identità russa” di Matteo Sacchi in “Il Giornale”, 15 maggio 2022. “Leningrado 1941-1944: diario da una città sotto assedio” di Simone Campanozzi in “Giornalismo e storia”, 11 luglio 2022. “Quasi tre anni Cronaca di una città sotto assedio” in “Archivio Storico”, 4 agosto 2022.

Leningrado. Memorie di un assedio di Lidija Ginzburg

Leningrado. Memorie di un assedio di Lidija Ginzburg con curatela e traduzione di Francesca Gori (Guerini e Associati, 2019).   Le Memorie di un assedio di Lidija Ginzburg offrono al lettore una straordinaria testimonianza sui novecento giorni dell’assedio di Leningrado. Quello della Ginzburg non è solo un diario, ma anche una riflessione filosofica sul comportamento dell’individuo costretto a misurarsi con una condizione estrema. Protagonista della narrazione è un intellettuale denominato N, quasi un alter ego maschile della stessa autrice. N diventa il simbolo della resilienza e della forza vitale dell’individuo che lotta quotidianamente per preservare la propria dignità, la libertà di pensiero e il diritto a esistere malgrado la degradazione e la sofferenza disumanizzante, tipiche della condizione degli assediati. La Leningrado in cui vive N è una città trasfigurata dalla guerra e dall’assedio, isolata, attanagliata dal gelo e dalla fame, un luogo di devastazione e di morte, dove la vita quotidiana scorre in circolo e tutte le azioni sono finalizzate alla sopravvivenza. Ma al tempo stesso il legame con Leningrado è indissolubile e la città sopravvive grazie alla resistenza dei suoi abitanti.   Lidija Ginzburg nasce il 18 marzo 1902 a Odessa, in una famiglia della intelligencija ebraica. Nel 1917, in quanto erede degli ideali social-liberali di quel contesto culturale, è travolta con i suoi compagni di studio dal clima di fervore culturale e ideologico della rivoluzione. Nel 1922 si trasferisce a Leningrado dove si iscrive all’Istituto di Storia dell’Arte che frequenta fino a quando questo viene chiuso dalle autorità nel 1930. Tiene seminari sulla poesia russa del diciannovesimo e ventesimo secolo, oggetto della sua ricerca e delle sue prime pubblicazioni. Negli anni Venti partecipa attivamente al dibattito culturale sulle nuove teorie e correnti letterarie, entrando a far parte di quella cerchia di giovani formalisti indipendenti – Viktor Šklovskij, Jurij Tynjanov e Boris Ejchenbaum – che lei definiva di “innocente opposizione” ai dogmi dell’Accademia. Negli anni del regime staliniano fu oggetto di violenti attacchi da parte dei teorici della letteratura sovietica e perseguitata per la sua origine ebraica. Durante l’assedio riuscì a sopravvivere grazie a un modesto impiego nel leggendario Comitato della Radio di Leningrado. Solo alla fine degli anni Ottanta, con l’avvento della perestrojka, la Ginzburg pubblica i suoi saggi e il suo diario che aveva cominciato a scrivere negli anni Venti. Fra questi l’importante saggio La prosa psicologica e Lo scrittore al tavolino di lavoro. Rimase a Leningrado fino alla sua morte nel 1990, sempre partecipe dell’attività intellettuale e dei fenomeni culturali della città. Recensioni Avvenire 3 settembre 2019 | Vivere a Leningrado nei giorni della fame di Alessandro Zaccuri [PDF]