Roma, 20 settembre 2024. “Il caso Dmitriev”.

A Roma, venerdì 20 settembre 2024, nella sede dell’agenzia di stampa Dire, si è svolto un incontro dedicato ai prigionieri e alle prigioniere politiche detenuti nelle carceri della Federazione Russa.Nell’occasione sono state proiettate parti del documentario The Dmitriev Affair, scritto e diretto da Jessica Gorter. Sono intervenuti Giulia De Florio, docente di lingua e letteratura russa e presidente di Memorial Italia; Raffaela Chiodo Karpinsky, attivista e giornalista; Andrea Gullotta, docente di lingua e letteratura russa e vicepresidente di Memorial Italia. Ha moderato Nicola Perrone, direttore dell’agenzia Dire. Lo scambio di prigionieri avvenuto all’inizio dello scorso agosto è stato un momento di grande sollievo per la parte di società civile russa che lotta contro il regime di Vladimir Putin. Le prime dichiarazioni rilasciate da alcuni dei detenuti liberati hanno rivolto l’attenzione alle migliaia di persone che si trovano ancora nelle carceri e colonie penali russe in cui sono costrette a scontare condanne severissime per avere tentato di esprimere la propria opinione o agire contro l’ideologia ufficiale. Il caso di Pavel Kušnir, pianista deceduto in cella per sciopero della fame, costituisce una sollecitazione a fare di più. In questo contesto “il caso Dmitriev” rappresenta uno degli esempi di opposizione più emblematici e descrive con nettezza la parabola involutiva vissuta dalla Federazione Russa dagli anni Novanta a oggi: la memoria storica è diventata terreno di scontro politico e chiave di volta dell’ideologia putiniana. Jurij Dmitriev è uno storico e attivista, direttore di Memorial Petrozavodsk. Negli anni Novanta scopre un’enorme fossa comune in cui sono sepolte migliaia di vittime del Grande Terrore. Nella radura boschiva di Sandormoch, in Carelia, inaugura un cimitero commemorativo e riesce a raccogliere persone di varie nazionalità intorno a un passato complesso e conflittuale. Da sempre schierato contro il governo della Federazione Russa, Dmitriev condanna apertamente l’invasione della Crimea, nel 2014. Da allora inizia per lui un calvario giudiziario che lo porta a essere condannato a tredici anni e mezzo di reclusione. Il documentario di Jessica Gorter, realizzato nel 2023, racconta con passione e precisione la sua tragica vicenda. Gabriele Nissim, ha letto per Memorial Italia l’ultima dichiarazione di Jurij Dmitriev, pronunciata l’8 luglio 2020, come parte del progetto 30 ottobre. Proteggi le mie parole. L’incontro intende dare testimonianza della situazione critica vissuta oggi da numerosi prigionieri e prigioniere politiche nella Federazione Russa, provando a raccontare l’attualità e a illustrare quali azioni concrete di sostegno sia possibile realizzare.

29 agosto 2024. Lezioni non apprese. In occasione dell’ottantacinquesimo anniversario dell’inizio della Seconda guerra mondiale.

Comunicato dell’Associazione Internazionale Memorial 29 agosto 2024 Lezioni non apprese. In occasione dell’ottantacinquesimo anniversario dell’inizio della Seconda guerra mondiale. Vasilij Vereščagin, Apoteosi della guerra (1871) Quest’anno in Europa, e non solo, si celebreranno gli 85 anni dall’inizio della Seconda guerra mondiale. Quando tacquero le armi sembrò che l’umanità non avrebbe dimenticato la tragedia appena vissuta e che ne avrebbe tratto le dovute lezioni. Nel corso di alcune generazioni, in effetti, l’espressione “basta che non ci sia la guerra” è diventata una sorta di auspicio ricorrente, un modo di dire comune. Per scongiurare ulteriori conflitti fu creata l’ONU e furono adottati vari patti e convenzioni internazionali. Chi aveva la responsabilità diretta di avere scatenato la guerra fu portato davanti al tribunale di Norimberga, le cui decisioni divennero parte integrante del diritto internazionale. Sembrava che in Europa l’epoca delle ostilità armate e delle annessioni fosse conclusa per sempre. Ma purtroppo le generazioni che hanno vissuto la guerra contro il nazismo ci hanno ormai lasciato e l’immunità acquisita contro il militarismo si è via via attenuata, fin quasi a scomparire del tutto; gli avvenimenti della Seconda guerra mondiale sono ormai storia e il mondo si ritrova ad affrontare le stesse minacce del passato. In Europa è scoppiata una nuova guerra su vasta scala, provocata dalla Russia. Sì, proprio dalla Russia, che pure si ritiene l’erede designata dell’Unione Sovietica, che ha contribuito a sconfiggere la Germania nazista, a istituire il Tribunale di Norimberga e l’ONU. L’associazione Memorial si occupa di memoria storica. A noi, suoi soci, pare ovvio che sia stato possibile aggredire l’Ucraina solo perché l’attuale governo russo ha usurpato il passato. Non è un caso se l’Associazione russa di storia è presieduta dalla sua fondazione da Sergej Naryškin, direttore dei Servizi segreti esteri della Federazione Russa. La concezione della storia che le autorità russe impongono con violenza alla società, soprattutto riguardo alla Seconda guerra mondiale, è costituita da un miscuglio pericolosissimo di nazionalismo aggressivo, sacralizzazione del potere e psicosi militaristica. Paradossalmente l’ideologia del “mondo russo”, che il putinismo cerca di inoculare nella popolazione, ricorda sempre più l’ideologia cavalcata da Hitler 85 anni fa durante la sua conquista dell’Europa. Non c’è da stupirsi se sempre più spesso le autorità russe, a vari livelli e inconsapevolmente (o forse talvolta consapevolmente), ricalcano nella propria retorica i notissimi cliché della propaganda nazista. Per esempio, uno dei maggiori politici russi proclama senza la minima esitazione lo slogan “un paese, un presidente, una vittoria” che riprende quasi esattamente quello dell’NSDAP, “ein Volk, ein Reich, ein Führer” (“un popolo, un Reich, un Führer”), mentre in una certa regione russa si dà a una manifestazione sportiva il nome di “Trionfo della volontà”, come il titolo del film di propaganda nazista girato nel 1935. All’inizio dell’aggressione contro l’Ucraina il presidente russo ha pubblicato un lungo articolo “storico” in cui ha messo in dubbio la stessa esistenza del popolo ucraino, della sua lingua e cultura e del suo diritto all’autodeterminazione. Il tutto coincide per molti versi con proclami analoghi dei vertici nazisti riguardo ad altri popoli e lo si può considerare a pieno titolo una base teorica per un genocidio. Non c’è da stupirsi se poco tempo fa il presidente ha accusato non gli aggressori, ma le vittime, di avere scatenato la Seconda guerra mondiale: “i polacchi hanno superato ogni limite e obbligato Hitler a cominciare la Seconda guerra mondiale attaccando proprio loro. Come mai la guerra iniziò il 1 settembre 1939 sul fronte polacco? La Polonia si era dimostrata refrattaria a qualunque compromesso. Per realizzare i suoi piani a Hitler non restò che attaccarla”. Difficile immaginare affermazioni che più stridono con le sentenze del processo di Norimberga. Al contempo è a rischio di persecuzione penale chi interpreta eventi storici in una maniera che si discosta da quella ufficiale, per esempio tracciando paralleli tra stalinismo e fascismo o sottolineando il ruolo del patto Molotov-Ribbentrop nello scoppio della guerra. È in affermazioni di questo genere, e non nei discorsi come quelli putiniani, che i tribunali russi ravvisano una “negazione dei fatti determinati dalle sentenze del Tribunale militare internazionale” e una “riabilitazione del nazismo” (articolo 254.1 del Codice penale della Federazione Russa). *** È inevitabile chiedersi: come mai in un paese ancora relativamente libero (quale era la Russia degli anni Novanta) il potere è riuscito a usurpare la storia? Noi ipotizziamo la dinamica seguente. Le questioni più importanti della storia sovietica e russa non sono diventate oggetto di ampie discussioni nella società e la coscienza collettiva non le ha rielaborate. All’inizio del regime putiniano queste lacune (che non individuiamo nelle conoscenze storiche, essenzialmente ormai complete, ma proprio nella coscienza collettiva) hanno permesso alle autorità di compiere manipolazioni politiche aggressive. Ci riferiamo in particolare agli eventi della Seconda guerra mondiale e prima di tutto a quelli che ne sono stati le premesse. La causa principale della guerra fu chiaramente la politica espansiva della Germania nazista. La sentenza pronunciata a Norimberga contro gli ex vertici del Terzo Reich li riconosceva colpevoli di “crimini contro la pace, attuati pianificando, preparando, scatenando e conducendo guerre di aggressione, le quali costituiscono inoltre una violazione dei trattati, degli accordi e delle garanzie internazionali”. Per motivi evidenti il tribunale di Norimberga non considerò (né poteva farlo) che ruolo ebbero, nello spianare la strada alla guerra, le scelte politiche degli stati che poi la vinsero. A Norimberga fu giudicato un gruppo concreto di persone, accusato di avere commesso alcuni crimini concreti. Non è tuttavia possibile escludere dall’ordine del giorno l’esame delle scelte politiche di cui sopra. Esse rientrano nella morale politica e, quindi, non solo andrebbero studiate dalla storia, ma dovrebbero essere oggetto di una riflessione da parte della società. Per la società occidentale il filone più importante è la “pacificazione dell’aggressore” a spese delle vittime, cioè gli accordi di Monaco, firmati il 30 settembre 1938. Ci rimise per prima la Cecoslovacchia poi, in seguito, anche il Regno Unito e la Francia, che avevano firmato quegli accordi. Per la Russia il filone essenziale è il patto Molotov-Ribbentrop firmato il 23 agosto… Continua a leggere 29 agosto 2024. Lezioni non apprese. In occasione dell’ottantacinquesimo anniversario dell’inizio della Seconda guerra mondiale.

Aperti procedimenti amministrativi contro Sergej Davidis e Svetlana Gannuškina

Nei giorni scorsi sono stati avviati procedimenti amministrativi contro Sergej Davidis, attuale presidente del Centro per la difesa dei diritti umani Memorial, e Svetlana Gannuškina, storica attivista tra i fondatori del Centro. Il 19 agosto si è appreso che il Roskomnadzor, Servizio per la supervisione delle comunicazioni, della tecnologia dell’informazione e dei mass media della Federazione Russa, ha formalizzato un’accusa per violazione delle regole di marcatura in quanto “agente straniero” (art. 5, c. 19.34 del Codice amministrativo) contro Sergej Davidis, attuale presidente del Centro per la difesa dei diritti umani Memorial. L’elenco delle violazioni comprende otto post sul canale Telegram personale di Davidis, tra i quali le foto pubblicate da Davidis della mezza maratona di Vilnius cui aveva recentemente partecipato e alcune fotografie scattate a Ginevra. Il Roskomnadzor fa riferimento anche al Centro per la difesa dei diritti umani Memorial, già incluso nel registro degli “agenti stranieri”. A conferma delle attività di Davidis in veste di socio del Centro Memorial il Roskomnadzor cita tre post del suo canale Telegram, tutti repost dal canale Telegram del Centro Memorial. La seconda pagina dell’atto contiene un errore. Il Roskomnadzor afferma che i post Telegram di Davidis sono stati “prodotti, diffusi e/o inviati da un socio di Radužnaja Associacija (Associazione Arcobaleno)”, inclusa anch’essa nel registro degli “agenti stranieri”. Tuttavia Sergej Davidis non è un socio di questa associazione. Il processo è previsto per il 3 settembre. In base all’articolo che gli viene contestato Sergej Davidis rischia una multa da 10.000 a 30.000 rubli. Il 14 agosto E.B. Ponomarëv, sostituto procuratore del tribunale interdistrettuale Basmannyj di Mosca, ha formalizzato l’apertura di un procedimento amministrativo a carico di Svetlana Gannuškina, tra i fondatori del Centro per la difesa dei diritti umani Memorial. Ponomarëv ha rinvenuto un illecito nel fatto che, nella corrispondenza con Tat’jana Moskal’kova, commissaria per i diritti umani della Federazione Russa, Gannuškina non ha indicato il suo status di “agente straniero”. Svetlana Gannuškina aveva inviato sull’e-mail personale di Moskal’kova le informazioni di cui disponeva il Centro Memorial sul caso della ventitreenne inguscia Lejla Gatagaževa, chiedendo di vagliare con attenzione il caso della giovane madre accusata di “partecipazione a organizzazione terroristica”, nonostante la donna avesse già scontato una condanna a cinque anni di reclusione in Iraq in base a un’accusa analoga. 21 agosto 2024.

In ricordo di Michela Venditti

15 agosto 2024 La notte scorsa è mancata Michela Venditti, professoressa di letteratura russa all’Università di Napoli L’Orientale e socia di Memorial Italia. Esprimiamo la nostra vicinanza ai suoi cari e ci uniamo al dolore di colleghi, studenti e di chi ha avuto la fortuna di conoscerla. Con discrezione, serietà e spirito di servizio Michela ha lavorato per Memorial Italia condividendone ideali e valori. Il suo esempio nell’associazione così come la sua professionalità nella ricerca e nell’insegnamento restano un segno tangibile che porteremo sempre con noi per conservarne il ricordo.

Prime dichiarazioni di Oleg Orlov dopo lo scambio di prigionieri del 1 agosto 2024.

Pochi giorni prima dello scambio di prigionieri del 1 agosto 2024, mentre Oleg Orlov si trovava ancora nel centro di detenzione preventiva SIZO-2 di Syzran’, regione di Samara, l’amministrazione del carcere gli ha proposto di firmare con urgenza la domanda di grazia diretta al presidente Putin. Orlov ha rifiutato. Non gli è stato richiesto il consenso per lo scambio. Così racconta Orlov: “Il 23 luglio, a metà giornata, mentre mi rilassavo dopo la ‘sauna’, all’improvviso la porta della cella si è spalancata e una guardia di sorveglianza del carcere, fatto insolito, mi ha chiesto di uscire: ‘Andiamo, c’è un colloquio’. Mi hanno portato nell’ufficio di sorveglianza dove la guardia d’un tratto mi ha salutato, tendendomi la mano (cosa del tutto insolita). E poi ha detto: ‘Sappiamo e capiamo chi è lei, sappiamo molte cose’. Bah, forse mi reclutano. Ma allora perché non è un funzionario dei servizi segreti? E d’un tratto dice che il giorno stesso la direzione del SIZO di Samara, tramite Mosca, ha ricevuto l’ordine di avere da me la domanda di grazia diretta al presidente della Russia. Ci sono informazioni, dice, che la domanda sia valutata in senso positivo: ‘E capisce che qui lo propongono proprio a lei e a nessun altro, non è così semplice’. Mi dà un foglio in bianco e spiega: ‘Qui c’è la domanda in forma libera per il presidente. Non c’è tempo per pensare. A noi si richiede di avere da lei questo documento e di inviarlo entro la fine della giornata lavorativa’. ‘Be’, allora, riportatemi in cella, ci penserò’ dico. E ho deciso così: sia quel che sia, ma non mi metterò a scrivere questa domanda. Non ammetto il fatto stesso di rivolgere una domanda di grazia. E poi a chi? A Putin!!! Sono passati venti minuti, la porta si è aperta: ‘Mi dia la domanda’. Rispondo: ‘Ho deciso di non scriverla’. Hanno chiuso la porta. Dopo dieci minuti si è riaperta: ‘Andiamo a parlare’. Siamo entrati nell’ufficio, sono arrivate tre guardie capeggiate dal dirigente della Sezione controllo e sorveglianza del carcere. ‘Perché non vuole scrivere?’. Ho spiegato, ho tentato di spiegare. Hanno reagito in modo buffo: ‘Da una parte la capiamo. Dall’altra no. Ma va bene, sono affari suoi. Ma noi oggi dobbiamo fare rapporto, gentilmente parli del suo rifiuto e delle sue motivazioni al videoregistratore’. Ho detto all’incirca: ‘Mi rifiuto, perché la mia condanna è illegittima, mi trattengono qui in violazione delle norme della Costituzione della Federazione Russa, non mi ritengo colpevole. Dal mio punto di vista, che io scriva una domanda di grazia sarebbe un’ammissione indiretta di colpevolezza, cosa che non è’. Ma scrivere o non scrivere una domanda di grazia è scelta personale di ognuno. Non sono pronto in questo senso a invitare gli altri a fare o meno qualcosa né a giudicare le decisioni altrui”. Orlov a Colonia dopo la scambio di prigionieri.

Scambio di prigionieri. Dichiarazione dell’Associazione Internazionale Memorial.

Direttivo dell’Associazione Internazionale Memorial. 3 agosto 2024. Foto: Il’ja Jašin con l’uniforme carceraria dopo lo scambio. Evgenij Fel’dman / Meduza. Nel corso della conferenza stampa di ieri, 2 agosto 2024, Jašin ha espresso il desiderio di donare l’uniforme al museo di Memorial. Il primo agosto tutti noi abbiamo atteso notizie col fiato sospeso, fino a quando ciò che sembrava impossibile da credere è diventato realtà: alcuni prigionieri politici russi noti a livello internazionale, tra i quali il nostro collega Oleg Orlov, sono tornati in libertà. Sono stati graziati con disposizione segreta di Vladimir Putin, finalmente hanno potuto riabbracciare i propri cari, le loro vite (vogliamo crederci!) non sono più in pericolo. Si tratta, è chiaro, di una splendida notizia che infonde speranza, una notizia di quelle che capitano di rado dopo l’inizio dell’aggressione russa su vasta scala all’Ucraina del 24 febbraio 2022. Ma un retrogusto di amarezza rimane. Chi non ha commesso alcun reato, chi agli occhi dello Stato ha l’unica “colpa” di avere il coraggio di preoccuparsi e lottare con sincerità per il proprio paese, per un futuro costruito sul rispetto delle leggi internazionali e dei diritti umani non dovrebbe essere né condannato né graziato. Il retrogusto amaro della notizia sta anche nel fatto che oggi in Russia in carcere per le loro opinioni ci sono ancora centinaia di prigionieri politici, in base ad accuse precostituite, ad “articoli del codice penale” antigiuridici creati in tutta fretta per sostenere la guerra. È nostro dovere ricordare ognuno di loro, che si tratti di note figure pubbliche, di attivisti civili, come Jurij Dmitriev, nostro collega di Memorial, o di studenti e pensionati che nessuno conosce e che semplicemente non erano disposti ad agire contro la propria coscienza. Tra di loro ci sono anche gli ucraini finiti nelle mani del sistema giudiziario della Federazione Russa. Continuare a scrivere lettere, esprimere sostegno, richiamare attenzione sulle loro sorti: è questo è il nostro compito. Lo scambio appena avvenuto è un enorme risultato diplomatico, si tratta di mesi e mesi di lavoro. È pesante rendersi conto che questo lavoro non ha potuto portare alla liberazione di Aleksej Naval’nyj, rimasto vittima della macchina repressiva. Ma è soprattutto un lavoro che non deve fermarsi fino a quando in Russia e Belarus’ ci saranno prigionieri politici, molti dei quali rischiano la vita proprio in questo stesso momento. La cattiva notizia è che l’attuale governo della Federazione Russa continua a violare il diritto internazionale, salvando assassini e criminali da una giusta condanna, “graziando” ostaggi che ha catturato a questo scopo. E in ostaggio rimane anche l’intero paese, un paese in cui ogni parola libera, come un tempo, è foriera di perdita di libertà. Ed è per questo che il lavoro e la lotta di Memorial non si fermeranno, “per la vostra e la nostra libertà”.

1 agosto 2024. Oleg Orlov libero.

Il Centro per i diritti umani Memorial conferma la notizia: Oleg Orlov è libero. Ha chiamato sua moglie al telefono dall’aereo, è in viaggio verso Colonia. Ricordiamo che oggi, 1 agosto 2024, The Insider ha dato notizia della liberazione da parte della Federazione Russa di prigionieri politici in cambio di cittadini russi detenuti negli Stati Uniti e in alcuni paesi europei. In base alle informazioni fornite da The Insider, tra i prigionieri politici ci sono: Oleg Orlov Evan Gershkovich Vladimir Kara-Murza Lilija Čanyševa Il’ja Jašin Ksenija Fadeeva Andrej Pivovarov Paul Whelan Alsu Kurmasheva Saša Skočilenko Dieter Voronin Kevin Lik Rico Kriger Patrick Schoebel German Mojžes Vadim Ostanin Non siamo in grado di confermare la notizia rispetto a tutti i prigionieri politici, ma speriamo che corrisponda al vero. Confermiamo però che Oleg Orlov è libero e al sicuro. Siamo molto felici che un gruppo di prigionieri politici sia in libertà! Tuttavia è importante ricordare che nelle carceri della Federazione Russa ci sono ancora centinaia di persone condannate per motivi politici. È necessario continuare a sostenerle e a chiedere giustizia. Sottolineiamo: di solito gli scambi di prigionieri in Russia si effettuano utilizzando lo strumento della grazia. Se in questo caso sono stati ufficialmente graziati, significa che i precedenti penali e tutto ciò che ne deriva sono stati cancellati. Per ricevere la grazia, tra l’altro, i detenuti non sono tenuti a presentare richiesta o ammettere colpevolezza: queste condizioni non sono necessarie per il rilascio.

Oleg Orlov. Trasferito senza preavviso verso destinazione ignota.

Apprendiamo dal Centro per la difesa dei diritti umani Memorial che Oleg Orlov è stato trasferito dal centro di detenzione preventiva di Syzran’ verso destinazione ignota. Oggi, 29 luglio 2024, l’avvocato di Orlov ha raggiunto il centro di detenzione preventiva SIZO-2 di Syrzan’, nel quale il copresidente del Centro per la difesa dei diritti umani Memorial era detenuto, per fargli visita e sul posto gli è stato comunicato che Orlov “non è presente”. I funzionari del centro di detenzione si sono rifiutati di fornire spiegazioni in merito a data, luogo e motivazione del trasferimento e, per fornire informazioni, hanno richiesto domanda scritta. Il 25 luglio all’avvocato era stato comunicato che dopo il processo di appello i materiali del processo non erano ancora stati consegnati al tribunale di prima istanza. Il fatto sembrava indicare che il trasferimento in colonia penale non sarebbe avvenuto a breve. Ricordiamo che Oleg Orlov è stato condannato a due anni e mezzo di reclusione per vilipendio reiterato dell’esercito. L’11 aprile è stato improvvisamente trasferito da Mosca a Samara e quindi al carcere SIZO-2 di Syzran’ nella regione di Samara. L’11 luglio il Mosgorsud, Tribunale municipale di Mosca, ha confermato la sentenza di condanna.