Michail Kriger. Confermata condanna a sette anni di reclusione.

Giovedì 4 luglio 2024 la Corte Suprema della Federazione Russa ha esaminato il ricorso in cassazione contro la condanna di Michail Kriger. L’udienza si è conclusa con la conferma della sentenza. Ricordiamo che il 17 maggio 2023 Michail Kriger, attivista e socio di Memorial Podmoskov’e, era stato condannato a sette anni di reclusione dal Tribunale militare n. 2 del Distretto occidentale di Mosca. Era stato processato in base agli articoli di legge relativi a “giustificazione del terrorismo” e “incitamento all’odio” per alcuni post sui social network nei quali criticava le autorità e si esprimeva contro l’invasione dell’Ucraina. Nell’ottobre dello stesso anno la corte d’appello aveva confermato la sentenza. Al momento Kriger si trova nella colonia penale IK-5 di Naryškino, località della regione di Orël. Ieri Michail Kriger si è collegato in videoconferenza con il tribunale di Mosca. A rappresentarlo in aula erano presenti gli avvocati Michail Birjukov e Ekaterina Ryžkova. A sostenerlo durante l’udienza c’erano più di dieci di persone. Nel ricorso Kriger e la sua difesa indicavano che le accuse mancano di concretezza e non sussistono prove di un reato. In aula Michail Birjukov ha sottolineato che esistono documenti riconosciuti a livello internazionale per valutare le dichiarazioni pubbliche, tra cui il Piano d’azione di Rabat che vieta l’incitamento all’odio nazionale, razziale o religioso e formula criteri chiari per la valutazione di quanto viene espresso. I post di Kriger non soddisfano nessuno di questi criteri. Inoltre sia la Costituzione della Federazione Russa sia il Patto internazionale sui diritti civili e politici garantiscono la libertà di parola. La difesa ha chiesto l’assoluzione. Il pubblico ministero ha insistito sulla validità delle accuse. Collegato in videoconferenza dal carcere di Orël Michail Kriger ha dichiarato: “In questo anno e mezzo la mia posizione non è cambiata. Vorrei tanto chiedere ai miei cari concittadini di Belgorod e Šebekino se ora sono più tranquilli. [Il giudice tenta di interromperlo]. Sono a processo per le mie convinzioni, quindi continuo a parlare. [Il giudice lo avverte ripetutamente che può esprimersi solo in merito al caso]. Non sono d’accordo con la sentenza, mi ritengo innocente, e sono soddisfatto di avere potuto dire che non ho cambiato idea e che due più due fa quattro”. Quando la corte si è ritirata per deliberare, i presenti sono riusciti a scambiare qualche parola con Kriger. Era, come sempre, di buon umore, scherzava: cantava le lodi delle carceri della regione di Orël, dove ha detto di avere imparato il mestiere di “cucitore alla macchina” e di essere già capace di cucire un marsupio. Ha detto di non avere quasi niente di cui lamentarsi, se non dell’assenza di un censore a pieno servizio, e ha invitato a non offendersi se non risponde alle lettere o se alcune non le riceve. Alla propaganda rabbiosa ci si può sottrarre uscendo dalla stanza dove c’è il televisore, ha affermato. I presenti gli hanno detto che è un eroe. – Torna, senza di te ci sentiamo orfani! – Lo farei volentieri, ma temo che qui non siano d’accordo. Già sono di ottimo umore, ma vedervi ha contribuito a migliorarlo all’infinito.

Il’ja Jašin. Udienza del 20 giugno 2024.

Pubblichiamo la traduzione del discorso tenuto giovedì 20 giugno da Il’ja Jašin in collegamento video con il tribunale Mosgorsud di Mosca in occasione dell’udienza del processo che lo vede imputato per il rifiuto di apporre la qualifica di agente straniero alle proprie comunicazioni sui social network. Il’ja Jašin, oppositore politico, è detenuto in una colonia penale della regione di Smolensk dove continua a scontare la condanna a otto anni e mezzo di reclusione comminata il 9 dicembre 2022 per “diffusione di fake news sull’esercito”. Sul suo canale YouTube aveva parlato degli eccidi commessi dall’esercito russo a Buča nei primi mesi della guerra in Ucraina. Foto: Aleksandra Astachova. Vostro onore! La legge sugli agenti stranieri, nella sua prima stesura, è stata approvata dalla Duma ormai dodici anni fa. Allora non c’erano state proteste di massa nel paese, come quelle che abbiamo visto di recente in Georgia, dove decine di migliaia di persone hanno letteralmente preso d’assedio il parlamento locale. Questo perché, in primo luogo, i georgiani hanno imparato dal nostro esempio come funzionano leggi simili ed è chiaro che non vogliono dividere la società tra amici e nemici. E in secondo luogo, all’epoca i russi erano stati convinti che la legge in questione era del tutto innocua e non limitava i diritti di nessuno. A molti sembrava una dichiarazione formale, che non comportava minacce concrete. Ricordo bene il mio dibattito alla radio nel 2012 con uno degli autori della legge sugli agenti stranieri, un deputato di Edinaja Rossija. Il suo tono pacifico mi colpiva. Lui assicurava che nessuno aveva intenzione di reprimere le opposizioni e la società civile, che nel nostro paese c’era piena libertà e niente l’avrebbe minacciata, e che la legge era necessaria soltanto per regolamentare i rapporti tra lo stato e le organizzazioni senza scopo di lucro. Ma io, che non avevo gli occhi foderati di prosciutto, spiegavo al pubblico che questa legge era uno strumento per la lotta al pensiero non allineato, che ogni sua nuova rettifica avrebbe limitato sempre più duramente i diritti dei cittadini e spaventato le voci critiche del potere. E come risultato avremmo ottenuto la legalizzazione del sopruso e molte persone si sarebbero ritrovate a essere emarginate nel proprio paese. Purtroppo il tempo ha confermato i miei timori. Oggi centinaia di nostri connazionali sono inclusi nel registro degli agenti stranieri per ragioni campate in aria e persino in mancanza di una sentenza di tribunale: basta un tratto di penna di anonimi impiegati del ministero della giustizia. A queste persone è proibito insegnare o pubblicizzare qualsiasi cosa, i loro libri vengono tolti da librerie e biblioteche, i loro nomi cancellati dai cartelloni dei teatri. Oltre al divieto concreto di esercitare la loro professione, sono costretti a contrassegnare con quel marchio infame ogni loro espressione pubblica e a rendere conto di ogni copeco speso per gli acquisti al supermercato. E ora il presidente Putin ha firmato l’ennesima rettifica alla legge, che impedisce agli agenti stranieri di candidarsi alle elezioni di qualunque livello… E cosa ne deriva? Che il presidente, tramite il ministero della giustizia da lui controllato, può dichiarare agente straniero qualsiasi oppositore e in tal modo privarlo del diritto di partecipare legalmente alla lotta per il potere. Molto comodo. Quando si profila un candidato promettente, basta uno schiocco di dita ed eccolo diventare un agente straniero, che non può essere ammesso alle elezioni. Non serve più nemmeno ucciderlo. Il cinismo di una tale pratica lesiva dei diritti consiste anche nel fatto che la propaganda putiniana continua a dichiarare a gran voce che l’influenza sociale dei cosiddetti agenti stranieri è insignificante, ma contemporaneamente a queste persone viene impedito di partecipare alle elezioni, perché è evidente che si teme la loro concorrenza. Anche se verrebbe da chiedersi cosa ci sia da temere visto che sarebbero tanto impopolari. Ma è questa l’essenza della legge sugli agenti stranieri: è stata creata per conservare il potere personale di Putin, escludendo ad arte qualunque possibile concorrenza. È del tutto palese che questa legge ha un carattere antigiuridico e discriminatorio. È per questo che per principio mi rifiuto di eseguire le richieste del ministero della giustizia e non mi definisco agente straniero. Allo stesso tempo capisco che i tribunali sono obbligati a emettere le sentenze sulla base delle leggi, per quanto dannose e barbare siano. In tal senso, la posizione del presidente dell’udienza di oggi non mi sembra invidiabile. Tuttavia intravedo una via d’uscita ragionevole. Chiedo a questo tribunale, durante l’esame del mio caso, di farsi guidare innanzitutto dalla legge fondamentale del nostro paese, la Costituzione russa. Certo, negli ultimi anni ha subito varie violenze e ora non si trova nella sua forma migliore. Ma la Costituzione continua a garantire ai cittadini i diritti e le libertà basilari. Garantisce a me, in quanto politico d’opposizione, il diritto di criticare il potere, di esprimere liberamente il mio pensiero e di diffondere informazioni. Non parla affatto di agenti stranieri né di limitazione dei loro diritti. Se una qualche norma federale contraddice la legge fondamentale, i tribunali sono tenuti ad applicare alla lettera i dettami della Costituzione. Così è nel mio caso, pertanto vi chiedo di giudicarmi in base alla legge, alla legge fondamentale della Russia, vostro onore. Rispettate la Costituzione e non assecondate gli oscurantisti che siedono al Cremlino.

Oleg Orlov. Udienza di appello del 7 giugno rinviata all’11 luglio.

Illustrazione di Inga Christič

Il 7 giugno 2024 si è tenuta a Mosca presso il tribunale Mosgorsud l’udienza di appello per il processo contro Oleg Orlov che è stata tuttavia rinviata all’11 luglio. Più di un anno fa Orlov, tra i fondatori di Memorial e copresidente del Centro per la difesa dei diritti umani Memorial, è stato accusato di “vilipendio reiterato dell’esercito” per avere condannato apertamente la guerra criminale che la Federazione Russa ha avviato contro l’Ucraina. Il processo contro Oleg Orlov riflette lo stato attuale del sistema giudiziario della Federazione Russa. Perizie inattendibili, testimonianze di “veterani russi” che si ritengono offesi, brillanti interventi degli avvocati e dello stesso Orlov, due condanne, due processi di appello, Guerre stellari e Kafka. È possibile ripercorrere le tappe dei due processi in russo, sul sito del Centro per i diritti umani Memorial: La cronaca del processo contro Oleg Orlov. Qui offriamo un sintetico resoconto in italiano dell’udienza. Illustrazione: Inga Christič. Immagini: Sota Vision. 7 giugno 2024. Udienza di appello. Mosgorsud, Tribunale municipale di Mosca. Oleg Petrovič Orlov, attivista per i diritti umani, premio Nobel per la pace come membro di Memorial, in collegamento video dal carcere SIZO-2 di Syzran’, regione di Samara. Keterina Tertuchina, avvocata. A. S. Surikov, pubblico ministero. Marija Aleksadrovna Larkina, giudice. → La giudice Larkina non accoglie la richiesta presentata da Orlov di considerare illegittimo il trasferimento presso il carcere SIZO-2 di Syzran’ e di concedergli del tempo per consultare i materiali del processo. → La giudice Larkina solleva la questione del rinvio dell’udienza: non c’è stato tempo per notificare a tutte le parti l’integrazione del ricorso presentata dagli avvocati. → L’avvocata Tertuchina richiede di rinviare l’udienza, riportare Oleg Orlov a Mosca, mettergli a disposizione i materiali del processo e il tempo necessario per preparare il ricorso insieme alla sua difesa. Non ci sono motivazioni oggettive per trattenere Oleg Orlov a Syzran’. Gli incontri con l’avvocato sono molto difficili. Già il 5 aprile la difesa e Orlov avevano riferito di non avere avuto il tempo di consultare tutti i materiali e di prepararsi per l’appello. Il trasferimento di Orlov in un’altra regione viola la presunzione di innocenza e il principio di parità delle parti. Inoltre l’imputato non può partecipare a pieno titolo all’udienza tramite collegamento video: è difficile per lui seguire ciò che accade e non può interagire con l’avvocato. L’avvocata Tertuchina ha anche sottolineato che a Orlov non è stata consegnata l’integrazione del ricorso, da lei presentata il 31 maggio. Lei stessa non è stata adeguatamente informata della data dell’udienza. → Il pubblico ministero Surikov ha accettato il rinvio dell’udienza. → Il giudice ha rinviato l’udienza all’11 luglio 2024 e ha affermato che la questione del trasferimento non è di competenza della corte d’appello. Secondo Larkina, la difesa non è privata della possibilità di incontrare Orlov lì dove si trova. Orlov sarà quindi presente in collegamento video anche nel corso della prossima udienza. Citazioni “Orlov e sua moglie sono due pensionati. Adesso, oltre ai servizi dell’avvocato, dovrebbero anche pagare i viaggi da Mosca a Syzran’ ogni volta che un avvocato fa visita a Orlov. Prima del trasferimento Orlov incontrava la sua avvocata ogni settimana. Adesso è impossibile. Orlov non ha mai ricevuto tutta insieme la documentazione del processo. Ha visto per la prima volta l’ottavo fascicolo solo il 5 aprile e non ha avuto il tempo di consultarlo. Il pubblico ministero partecipa sempre in tribunale di persona. Non deve percorrere lunghe distanze e affrontare spostamenti estenuanti che durano giorni. Non è in alcun modo limitato nel lavoro con i materiali del processo.”

Caorle, 15 giugno. “Europa senza polmoni. La guerra russa in Ucraina e la fine di un sogno”.

Sabato 15 giugno alle 18 a Caorle (Venezia), piazza Vescovado, in occasione della terza edizione del festival Chiamare le cose con il loro nome la nostra Anna Krasnikova, insieme con Mario Mauro e Fausto Biloslavo, partecipa all’incontro Europa senza polmoni. La guerra russa in Ucraina e la fine di un sogno.

Pisa, 14 giugno. Boris Belenkin presenta il volume “Non lasciare che ci uccidano. Storie di Memorial”.

A Pisa, venerdì 14 giugno alle 21.30, presso il giardino della chiesa di San Frediano nell’ambito del Piccolo festival della fiducia Boris Belenkin, fondatore e direttore della biblioteca di Memorial a Mosca oggi esule a Praga, presenta il volume Non lasciare che ci uccidano. Storie di Memorial. Partecipano il nostro Marco Sabbatini e Pierluigi Consorti. Nel marzo scorso Marcello Flores ha avuto modo di intervistare Boris Belenkin per il Corriere della Sera.

Lugano, 8 giugno. “Il coraggio della memoria critica nella Russia attuale”.

A Lugano, sabato 8 giugno, alle 18.00 presso Asilo Ciani, viale Carlo Cattaneo 5, nell’ambito del festival Echi di storia, organizzato dall’associazione ticinese degli insegnanti di storia, i nostri Marcello Flores e Francesca Gori dialogano con Paolo Bernasconi in occasione dell’incontro Il coraggio della memoria critica nella Russia attuale.

Due anni di testimonianze sull'aggressione russa all'Ucraina: il progetto "Voci dalla guerra"

Il 24 gennaio 2023 l’Associazione Internazionale Memorial ha lanciato il progetto Voci dalla guerra, che prevede la pubblicazione in nove lingue di interviste a testimoni della guerra e dell’occupazione russa in Ucraina. Facciamo il punto su quanto realizzato finora.