Lugano, 8 giugno. “Il coraggio della memoria critica nella Russia attuale”.

A Lugano, sabato 8 giugno, alle 18.00 presso Asilo Ciani, viale Carlo Cattaneo 5, nell’ambito del festival Echi di storia, organizzato dall’associazione ticinese degli insegnanti di storia, i nostri Marcello Flores e Francesca Gori dialogano con Paolo Bernasconi in occasione dell’incontro Il coraggio della memoria critica nella Russia attuale.

Firenze, 28-29 maggio 2024. Convegno in ricordo di Claudia Pieralli.

Il 28 e 29 maggio prossimi si svolgerà presso l’Università di Firenze, dipartimento Forlilpsi il convegno Letteratura, dissenso, emigrazione: in ricordo di Claudia Pieralli. Il convegno è dedicato al ricordo di Claudia Pieralli, professoressa associata presso l’Università degli Studi di Firenze e socia di Memorial Italia, prematuramente scomparsa il 7 ottobre del 2023.

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Tatiana Yankelevich Bonner in Italia

Con grande piacere Memorial Italia accoglie Tatiana Yankelevich Bonner, figlia di Elena Bonner e Andrej Sacharov, attualmente ricercatrice presso Davis Center for Russian and Eurasian Studies di Harvard University. Il 24 maggio a Brescia presso la Sala Bevilacqua in occasione dell’incontro La lotta per le libertà in Russia. Intervengono Antonio Palazzo, Adriano Dell’Asta e la nostra Elena Kostioukovitch. Il 28 maggio a Milano presso il Memoriale della Shoah in occasione dell’incontro La lotta per la libertà in Russia oggi. Intervengono i nostri Simone Attilio Bellezza, Patrizia Deotto, Giulia De Florio, Elena Kostioukovitch.

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“Ci sono pochi libri, i romanzi bisogna scriverseli da soli”. Oleg Orlov scrive a Novaja Gazeta dal centro di detenzione preventiva SIZO-2 di Syzran’.

Oleg Orlov, ormai ex membro del direttivo del Centro per la difesa dei diritti umani Memorial (associazione iscritta dalle autorità della Federazione Russa nel cosiddetto registro degli agenti stranieri) e condannato a due anni e mezzo di reclusione per “vilipendio reiterato dell’esercito”, ha scritto una lettera a Novaja Gazeta dal SIZO, centro di detenzione preventiva, di Syzran’. Riferisce del sovraffollamento delle carceri moscovite e di quanto siano pesanti per i detenuti i trasferimenti da e per il tribunale. Oleg Orlov durante la lettura della sentenza presso il tribunale distrettuale Golovinskij di Mosca. Foto: Svetlana Vidanova / Novaja Gazeta. Già prima del 12 aprile ero tagliato fuori da gran parte delle notizie, ma da quel giorno sono all’oscuro di tutto. Adesso mi trovo nel SIZO-2 di Syzran’, regione di Samara, centro di detenzione preventiva del Servizio penitenziario federale. Sono nelle “celle speciali”, dove in realtà mi avevano messo anche nelle carceri precedenti (a volte non subito), cioè in celle sottoposte a un controllo particolarmente stretto. Quella attuale è una cella per due persone, piccola ma non particolarmente angusta. E siamo davvero in due: al contrario degli altri dove sono stato, in questo carcere nessuna cella è sovraffollata oltre il limite. Magari fosse così dappertutto! Questo è il vantaggio. Però ci sono anche gli svantaggi. Niente frigo, radio e televisore, e non c’è speranza di averli. I libri sono pochi, le penne non durano, il cibo è accettabile Il televisore c’è solo nella sezione minorile e in alcune celle di quella femminile. Niente giornali. Per di più la biblioteca rimarrà chiusa ancora per un mese: l’addetta è appena andata in ferie. Posso solo ringraziare la guardia che ci ha passato due libri da un’altra cella. Ma non mi dureranno molto, perciò spero che ne arrivino altri. Altrimenti dovrò mettermi a scrivere romanzi. Tra l’altro, anche le penne durano poco. A lei che è stata un’attivista di ONK (tra il 2008 e il 2016 Zoja Svetova ha fatto parte di ONK Mosca, associazione che si occupa della difesa dei diritti dei detenuti) posso dire che finora qui il cibo è stato accettabile. È stata una piacevole sorpresa constatare che nei centri di detenzione preventiva in cui sono stato (SIZO-7 e SIZO-5 a Mosca, SIZO-1 a Samara e SIZO-2 a Syzran’) il cibo è dignitoso e a volte anche buono. Non sto facendo dell’ironia. Per abitudine immaginavo che fosse immangiabile. A quanto pare, non è così. Certo, capita anche della roba immangiabile, come il cavolo bollito del SIZO-7 di Mosca, che era davvero terribile. Ovviamente, per quanto possibile, tutti cercano di farsi la spesa al negozio. Ma se si è costretti a mangiare quello che viene fornito, come nel mio caso in questo momento, si sopravvive tranquillamente. Non è alta cucina, ma è comunque accettabile. Tempo fa avevamo già parlato un po’ del SIZO-5 di Mosca (Vodnik), quello in cui mi avevano messo nelle celle speciali dell’ala nuova. Dove c’è anche la sezione minorile. In quell’ala le condizioni sono buone; potrei dire che ci si sta bene, per essere un carcere. E il personale tratta bene i detenuti. E soprattutto non c’è sovraffollamento. Nell’ala vecchia invece le celle sono sempre troppo piene. In una di cinque metri per cinque, per esempio, destinata a dieci persone, ce ne sono anche dodici o tredici. Non riesci nemmeno a girarti. L’aria è sempre impestata di fumo. Non è così dappertutto. Certe celle possono avere anche posti vuoti. Ma il livello di sovraffollamento di cui dicevo non è comunque un’eccezione. Tra l’altro in vari SIZO ho visto parecchia gente che fino alla sentenza sarebbe potuta benissimo rimanere agli arresti domiciliari. Tre categorie di intervento per cambiare il sistema Ora che sono in carcere, cerco continuamente di riflettere sugli eventuali miglioramenti da introdurre. Potrei dire che finora ho avuto l’impressione (forse prematura, dato che sono qui da poco) che ci siano tre categorie di interventi: • quelli realizzabili facilmente e in poco tempo, • quelli che richiedono fondi consistenti, • quelli che richiedono di modificare alla radice gli scopi e i compiti del sistema penitenziario (cosa che sarà possibile solo dopo una modifica del sistema politico del nostro paese e che richiede molto tempo, forze e risorse, incluse quelle intellettuali). Quando parlo di cambiamenti, intendo quelli che puntano al rispetto dei diritti umani. Un esempio sono i trasferimenti. Sono sempre pesanti. Anche quelli brevi dal SIZO al tribunale e viceversa, soprattutto il ritorno. Mancano i furgoni cellulari, è chiaro, e si crea allora una logistica complicata, in cui i mezzi non vanno semplicemente dal tribunale al carcere, ma i detenuti sono raccolti tra più tribunali, sono portati al Mosgorsud (Tribunale della città di Mosca), e lì vengono ridistribuiti tra vari mezzi che, una volta pronti, ripartono per i rispettivi SIZO. Va quindi a finire che si rientra sempre di sera tardi. E non basta, all’arrivo i detenuti vengono stipati in celle di raccolta in cui non è previsto che decine di persone rimangano per molte ore. Non ci sono panche e la ventilazione funziona male. Ci vuole qualche ora perché inizino a portare i detenuti, uno alla volta, nella stanza per la perquisizione. I detenuti arrivano all’“ovile” di notte (dopo 12 ore e più dalla partenza) e magari l’indomani toccherà ricominciare tutto daccapo. Occorre aumentare il parco mezzi destinati al trasporto dei detenuti e bisogna stabilire un limite di tempo dall’arrivo del cellulare al carcere al momento in cui il detenuto torna a “casa”. E bisogna esigere che questa normativa sia rispettata. Ma per tutto questo occorrono finanziamenti maggiori: il personale scarseggia, dentro le carceri e per i trasferimenti, e dunque le normative non reggono. Inoltre gli agenti guadagnano così poco che non hanno nessuno stimolo a lavorare bene. Se il Servizio penitenziario federale si lamenta di continuo per le casse vuote forse è a ragione (cosa che non esclude le ruberie più sfacciate), ma va da sé che non mancano negligenze e menefreghismo da parte dei dipendenti. Venerdì, di ritorno dal tribunale al SIZO-2, eravamo solo 20 detenuti invece… Continua a leggere “Ci sono pochi libri, i romanzi bisogna scriverseli da soli”. Oleg Orlov scrive a Novaja Gazeta dal centro di detenzione preventiva SIZO-2 di Syzran’.

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In Russia la repressione continua: Oleg Orlov è in carcere

Il 27 febbraio 2024 Oleg Orlov, copresidente del Centro per la difesa dei diritti umani Memorial e membro della neoricostituita Associazione Internazionale Memorial, è stato condannato a due anni e mezzo di reclusione  per la pubblicazione dell’articolo “Volevano il fascismo in Russia e l’hanno ottenuto”.

Michail Kriger. L’ultima dichiarazione del 17 maggio 2023.

Il 17 maggio 2023 il tribunale militare n. 2 del Distretto occidentale di Mosca ha condannato l’attivista e socio di Memorial Podmoskov’e e del movimento Unione di solidarietà Michail Kriger, 63 anni, a 7 anni di reclusione in colonia penale a regime ordinario. Kriger era stato arrestato nel novembre del 2022 a causa di un post su Facebook ed era stato accusato di “giustificazione del terrorismo” e “incitamento all’odio con minaccia di ricorso alla violenza”. Michail Kriger ha partecipato attivamente al movimento democratico e di difesa dei diritti umani dalla fine degli anni Ottanta, a campagne a sostegno dei prigionieri politici, ha subito più volte provvedimenti amministrativi per avere preso parte a meeting e proteste. Negli ultimi tempi ha esternato più volte in pubblico la sua posizione contro la guerra, con modalità di espressione e rivendicazione delle proprie posizioni esclusivamente pacifiche. “Ritengo che questa guerra sia uno di quei rari conflitti in cui la verità sta al cento per cento da una parte sola. E quella parte è l’Ucraina”, ha detto Kriger al processo. Siamo convinti che la sentenza a Michail Kriger sia un atto di rappresaglia nei suoi confronti per la sua posizione pubblica e allo stesso tempo un tentativo di spaventare e costringere al silenzio tutti coloro che hanno osato esprimersi contro la guerra, che non hanno paura di criticare le autorità e di manifestare liberamente la propria opinione, il cui grido di protesta potrebbe essere sentito. Pubblichiamo la traduzione dell’ultima dichiarazione (poslednee slovo) di Michail Kriger, pronunciata in tribunale il 17 maggio 2023. Secondo il sistema giudiziario russo agli imputati è concessa in tale forma la possibilità di prendere la parola per sostenere la propria innocenza o corroborare la linea difensiva scelta dall’avvocato/a. Foto: SOTA // Antonina Favorskaja. Signor giudice!Sono accusato per due post su Facebook che al momento del mio arresto erano già vecchi di due anni. Secondo me bisogna concluderne che quei testi sono soltanto una scusa. Se sono finito in tribunale, il vero motivo sono le mie opinioni, dapprima contrarie alla guerra e ora, per di più, apertamente a favore dell’Ucraina. Sono opinioni che non solo non ho mai nascosto, ma che cerco di ostentare il più possibile e ogni volta che se ne presenta l’occasione. Ritengo che questa guerra sia uno di quei rari conflitti in cui la verità sta al cento per cento da una parte sola. E quella parte è l’Ucraina. Cercando maniere di lavar via questa vergogna, questo fratricidio di cui si è macchiato il nostro paese, ho aiutato i rifugiati ucraini, e ho espresso sui social media la mia più sincera speranza nella loro peremoga, come si chiama la vittoria in ucraino. C’è una cosa che ho sempre pensato, e penso ancora: se è destino che i russi arrivino alla libertà, potranno arrivarci solo in conseguenza di quella stessa peremoga. È andata così in Giappone e in Germania dopo che hanno perso una guerra. Come diceva Aleksandr Gorodnickij: “Per essere liberi non serve necessariamente la vittoria, a volte è meglio la sconfitta…”. Torniamo ai miei capi d’accusa. Uno è dovuto al fatto che mi sono permesso di esprimere apertamente il mio sogno che Putin venga impiccato. Ebbene sì: spero proprio di arrivare a vedere questo giorno di festa. Sono certo che il nostro dittatore si merita questa pena, proprio come altri criminali di guerra, per esempio quelli che vennero condannati all’impiccagione dal tribunale di Norimberga. Come loro, il nostro è un tiranno bugiardo che si è impossessato di un potere senza alcun limite e ha le mani sporche di sangue fino ai gomiti. La Corte penale internazionale dell’Aia è del tutto d’accordo con me, visto che ha emesso un ordine di cattura nei suoi confronti. Forse, a fantasticare così, ho perso di vista ogni compassione, o la “grazia pei caduti”, come scrive Puškin? Lo ripeto, no. Perché è per grazia di questo macellaio (sottolineo: per sua grazia) che si sparge sangue ogni giorno. Dato che non si dimette di propria iniziativa, è evidente che bisogna arrestarlo e giustiziarlo: è l’unico modo per fermare lo spargimento di sangue fraterno scatenato da lui, sì, proprio da lui, ai danni del popolo più vicino ai russi, quello dell’Ucraina, mio amato paese natale. A Dnipro, dove sono nato, ho molti parenti, compagni di scuola, amici d’infanzia che proprio ora devono aspettare nei seminterrati che gli arrivi in testa il prossimo bombardamento, a causa delle ambizioni maniacali del nostro Führer. Che hanno fatto per meritarselo? Che colpa ne hanno loro, se il nostro Re Sole non ha giocato abbastanza con i soldatini quando era piccolo? O se è diventato un ammiratore del vero Führer (a me sembra proprio di sì!) e fa di tutto per seguire il suo esempio? E quindi insisto che da parte mia è giusto, ragionevole e, se volete, opportuno nutrire queste speranze. O per dirla con le parole di un noto leccapiedi, Volodin: “Putin significa sangue a fiumi, senza Putin non si sparge il sangue”. Spero che tanto basti per motivare il mio sogno con sufficiente chiarezza. Passiamo al secondo capo d’accusa: fomentare l’odio contro l’FSB. In effetti non amo questa istituzione da due soldi, che è un analogo perfetto della Gestapo, anzi: per certi versi, è ancora più vigliacca e brutale. Perché dico questo? Perché quei poliziotti tedeschi erano sì sanguinari e quanto mai disumani nel metodo, ma se la prendevano con i nemici veri del Reich e del Führer, di certo non se li inventavano. La Gestapo putiniana, invece, fa spuntare “nemici” come funghi. Insieme ai suoi provocatori crea delle “organizzazioni terroristiche” e poi le “smaschera” lei stessa. In altre parole, per qualche stelletta o medaglia in più, per fare carriera, questa gente distrugge la vita dei ragazzi e dei loro genitori, senza uno straccio di empatia, neanche fossero bestie da macello. Ha iniziato a usare questi sistemi schifosi nei casi “Novoe veličie” e “Set’”, e in quello degli adolescenti di Kansk. Come se non bastasse, nell’ultimo caso uno di loro, il quattordicenne Nikita Uvarov, è stato… Continua a leggere Michail Kriger. L’ultima dichiarazione del 17 maggio 2023.

“Volevano il fascismo in Russia e l’hanno ottenuto” di Oleg Orlov

Oleg Orlov davanti alla sede di Memorial (foto di Anna Artem'eva)

Oleg Orlov, copresidente del Centro per la difesa dei diritti umani Memorial, descrive una Russia in cui le persone sono ridotte a zombie e la propaganda di stato, negando l’esistenza stessa del popolo ucraino e della sua cultura, presenta i chiari sintomi del fascismo.