I «piani quinquennali antireligiosi»
Nel gennaio 1930 l'"Unione degli atei militanti" proclamò il primo "piano quinquennale antireligioso". Iniziata più o meno contemporaneamente all'inizio della collettivizzazione totale, questa campagna (che aveva un carattere prevalentemente ideologico e propagandistico), era vista dei suoi organizzatori come un passo decisivo sulla via del completo sradicamento della religione dal paese.
In realtà nel "piano quinquennale antireligioso" non c'era niente di inatteso. Una accanita lotta contro la religione era iniziata quasi immediatamente dopo la presa del potere da parte dei bolscevichi. Il decreto approvato dai bolscevichi il 20 gennaio 1918 sulla separazione della Chiesa dallo Stato in pratica non implicava affatto l'esistenza di una Chiesa libera. Tutti i beni della Chiesa furono dichiarati patrimonio del popolo, e il potere cercò di privare la Chiesa anche della sua autorità spirituale. Eccessi sanguinosi, uccisioni senza processo di sacerdoti, monaci, alti prelati, cominciarono fin dal gennaio del 1918. La stampa era permanentemente impegnata in una sfrenata campagna antireligiosa.
Con la fine della guerra civile la campagna antireligiosa sia nelle parole che nei fatti acquistò un carattere più pianificato e "concreto". Gli arresti di uomini di Chiesa, poi inviati al confino, nelle prigioni e nei lager divennero pratica consueta. Nel 1919-1921 furono ovunque confiscate e consegnate ai musei (e talvolta anche distrutte) le reliquie dei santi ortodossi. Nel 1922 si procedette una totale confisca dei beni della Chiesa. L'OGPU inoltre fece di tutto per acuire le divergenze che dilaniavano dall'interno la Chiesa ortodossa russa dopo la rivoluzione.
Dopo la morte del patriarca Tichon (1925), anch'egli ripetutamente vittima di repressioni, le persecuzioni si intensificarono ancora di più. La Chiesa ortodossa non fu salvata neppure dalla dichiarazione di lealtà al potere sovietico, fatta dal metropolita Sergij nel 1927. La chiusura e la distruzione delle chiese verso la fine degli anni '20 fu portata avanti in modo ancora più capillare. Cominciarono a uscire in grandi tirature periodici come "Bezbožnik" ("L'ateo"), "Sel'skij bezbožnik" ("L'ateo rurale"), "Antireligioznik" ("L'antireligioso") e altri. I temi antireligiosi erano introdotti come materia obbligatoria nei corsi scolastici e universitari. L'organizzazione dei pionieri e il komsomol presero a svolgere un ruolo dominante nelle campagne antireligiose.
Già all'inizio degli anni '30 i successi del potere comunista sul "fronte antireligioso" erano impressionanti. Nelle città grandi e piccole restavano pochissime chiese funzionanti (in alcune città non ne restava neppure una), quasi tutti i monasteri erano chiusi, e le chiese chiuse venivano spesso distrutte. Migliaia di sacerdoti e fedeli si trovavano in lager e carceri, decine di migliaia al confino.
Le chiese di campagna non sfuggirono allo stesso destino. Ma in campagna i "pregiudizi" religiosi erano abbastanza forti, e di tanto in tanto il potere era costretta a rassegnarsi alla notevole influenza della chiesa in ambiente contadino. Però il processo della collettivizzazione di massa, che distrusse il secolare assetto della vita rurale e mutò alla radice la psicologia del contadino, presupponeva anche il rifiuto di tutte le forme di vita religiosa. La società sovietica doveva diventare totalmente laica, e ogni cittadino sovietico un ateo militante.
Il "piano quinquennale antireligioso", indetto nel 1930, era chiamato a "eliminare" definitivamente il problema della religione e della Chiesa. Ma non fu così semplice risolvere tale problema "a ritmi accelerati" in un paese dove più della metà della popolazione era tuttora costituita da credenti. Si decise di ripetere la campagna. Poco prima della proclamazione del secondo "piano quinquennale antireligioso", nel marzo 1932, il Consiglio centrale dell'"Unione degli atei militanti" approvò le delibere: "Sull'ateismo d'assalto", "Sugli obiettivi attuali fra la gioventù", "Sul lavoro fra i credenti", ecc. La stessa "Unione" era definita come "un ariete d'assalto per distruggere in modo deciso e completo i detriti religiosi nella coscienza delle masse lavoratrici".
La persecuzione e gli arresti di sacerdoti, la distruzione di chiese e la loro trasformazione in club rurali dall'inizio degli anni '30 procedettero "a catena di montaggio". Negli anni del "Grande terrore" molti sacerdoti e chierici, che da tempo avevano perso le loro parrocchie, furono eliminati fisicamente: quelli che non furono fucilati, morirono di fame e malattie nei lager. Verso la metà del 1939 in un paese con milioni di credenti restavano solo alcune decine di chiese funzionanti (nel 1916 erano 77727) e una decina di vescovi.
Però dopo l'aggressione della Germania (1941) fu necessario rivedere la politica di distruzione della Chiesa. La Chiesa divenne alleata del potere nella mobilitazione patriottica della popolazione. Il numero dei templi aperti aumentò, dai lager furono liberati i sacerdoti più leali. Nel periodo postbellico la situazione nella sfera ecclesiastico-religiosa fu relativamente stabile: la Chiesa era tollerata, ma la visione del mondo religiosa non era ben vista. Solo sotto Chruščëv si ebbero nuove campagne repressive contro la chiesa e i credenti.