“Le voci di Mariupol’”: un documentario del Gruppo di difesa dei diritti umani di Charkiv (Memorial Charkiv)

Il progetto “Voci dalla guerra” si conclude col documentario "Le voci di Mariupol’", che raccoglie le testimonianze di tre abitanti della città durante l'assedio. Le potenti fotografie di Jevhen Sosnovs'kyj accompagnano le loro voci.



Il
progetto “Voci dalla guerra”, portato avanti dalla rete di Memorial col Gruppo di difesa dei diritti umani di Charkiv (KhPG o “Memorial Ucraina”) si conclude facendo ascoltare le voci di abitanti di Mariupol’, che raccontano la loro vita sotto l’occupazione russa. Nel documentario Le voci di Mariupol’ le potentissime fotografie di Jevhen Sosnovs’kyj accompagnano la narrazione degli intervistati. Ascoltiamo così la liceale Marija Vdovyčenko, che ha rischiato di perdere la madre e ha visto il padre picchiato durante il filtraggio, la dottoressa Hanna Ševčyk, che ha dovuto scegliere quali pazienti curare con le poche medicine a sua disposizione, consapevole che non sarebbero bastate per tutti. Assistiamo al racconto agghiacciante di cecchini russi che uccidono a sangue freddo prima un ragazzo e poi suo padre, entrambi inermi. Tutti i protagonisti sono fortunatamente riusciti a fuggire e a mettersi in salvo.


Questo documentario è una perlustrazione dell’abisso del Male, in cui la crudeltà e il sadismo degli invasori sembrano non conoscere una fine. Lo hanno realizzato Denys Volocha e Andrij Didenko, sotto la regia di Anna Zacharova.


Memorial Italia ha curato la realizzazione dei sottotitoli italiani. Alla traduzione hanno lavorato Luisa Doplicher, Sara Polidoro, Claudia Zonghetti e altri collaboratori dell’associazione. Il documentario sottotitolato si può guardare nel canale YouTube di Memorial Italia.


Qui di seguito si può leggere la traduzione del testo proiettato prima dei titoli di coda, che riepiloga le informazioni essenziali su quel tragico periodo.



16.10.2024

Denys Volocha, Andrij Didenko,
Anna Zacharova


Il documentario Le voci di Mariupol’ coi sottotitoli in italiano è sul canale YouTube di Memorial Italia





I protagonisti del nostro documentario vivevano una vita normale e felice. Marija Vdovyčenko, liceale spensierata, sognava di ballare alla festa della maturità; la dottoressa Hanna Ševčyk coccolava i neonati, e Jevhen Sosnovs’kyj aveva successo come fotografo di talento. Il 24 febbraio 2022 i russi hanno trasformato la città che amavano in un inferno.


Il 24 febbraio 2022, di prima mattina, Mariupol’ ha subito un bombardamento lanciato dal territorio della Federazione Russa, in primo luogo verso i quartieri situati sulla riva sinistra del fiume.


Fino al 1° marzo sono stati bombardati i quartieri orientali, più vicini al confine russo. Fino al 2 marzo le forze armate russe hanno accerchiato Mariupol’ da ovest, est e nord, e hanno bloccato l’accesso alla città da sud, dal lato del mare d’Azov, usando mezzi navali. Dal 2 marzo la città è rimasta senza acqua corrente, elettricità e gas; il riscaldamento non funzionava più, e non funzionavano neanche i telefoni cellulari. Da quel momento ogni quartiere della città è stato preso di mira senza requie dalle bombe, dai razzi e dall’aviazione della Russia.


Mariupol'
© Jevhen Sosnovs’kyj, città di Mariupol’



Oltre alle abitazioni civili, le forze armate russe hanno distrutto metodicamente tutte le infrastrutture necessarie alla sopravvivenza della città: i servizi di emergenza e di approvvigionamento alimentare, gli ospedali eccetera. Bombardamenti intensi e sistematici hanno tolto ogni possibilità di far sfollare la popolazione verso il resto del paese. Molte persone fuggite a proprio rischio e pericolo si sono prese una pallottola.


Mariupol'
© Jevhen Sosnovs’kyj, città di Mariupol’


Alcuni abitanti di Mariupol’ hanno lasciato la città a piedi per raggiungere i territori controllati dal governo ucraino. Molti altri sono stati obbligati a sfollare verso la cosiddetta Repubblica popolare di Donec’k o verso la Federazione Russa. Tutti costoro sono stati sottoposti al filtraggio, inteso a far passare soltanto gli ucraini leali alla Russia. Veniva verificata, per esempio, l’appartenenza agli organi statali ucraini, all’esercito ucraino o ad altre attività a favore dell’Ucraina; venivano esaminati eventuali tatuaggi e il contenuto dei telefoni cellulari.


Persone che camminano per una strada di Mariupol' distrutta dall'esercito russo.
© Jevhen Sosnovs’kyj, città di Mariupol’


I bombardamenti di abitazioni, scuole e ospedali, del teatro e della piscina, a volte utilizzati come rifugio antiaereo, hanno causato numerose vittime tra gli abitanti di Mariupol’. Molti sono stati uccisi da cecchini. Da varie fonti ufficiali, i civili morti in città sono 87000.


Scene di distruzione a Mariupol'
© Jevhen Sosnovs’kyj, città di Mariupol’


L’assedio ha interrotto i rifornimenti di cibo, acqua e medicine. Gli abitanti di Mariupol’ hanno dovuto raccogliere l’acqua piovana o usare quella dei tubi per il riscaldamento. Il cibo veniva cotto in fuochi all’aperto, i morti venivano sepolti nei cortili in fosse comuni.


Civili cercano di preparare del cibo nella Mariupol' distrutta dall'esercito russo
© Jevhen Sosnovs’kyj, città di Mariupol’

Dalla fine di aprile a quando è stato tolto l’assedio, le forze armate russe hanno sferrato attacchi devastanti sulle infrastrutture della fabbrica “Azovstal’”, dove si trovava il reggimento “Azov”, alcuni civili e fanti di Marina. L’occupazione della città è stata completata il 20 maggio 2022, quando sono state fatte prigioniere le persone che si trovavano nella fabbrica.

Marija Vdovyčenko e Hanna Ševčyk alla fine raccontano la sensazione di incredulità e sollievo quando, fuggite dalla città, si sono imbattute nei primi soldati ucraini. Sono le parole di uno di loro a chiudere quest’impressionante documentario.


Dobbiamo vincere questa guerra. Ci riusciremo se gli ucraini crederanno nelle proprie forze sulla propria terra, che non si può cedere al nemico senza combattere”.
 

Bohdan Krotevyč (“Таvr”)





Aiutaci a crescere

Condividi su:

Per sostenere Memorial Italia

Leggi anche:

La mia vita nel Gulag. Memorie da Vorkuta 1945-1956 di Anna Szyszko-Grzywacz.

La mia vita nel Gulag. Memorie da Vorkuta 1945-1956 di Anna Szyszko-Grzywacz con curatela di Luca Bernardini (Guerini e Associati, 2024). Una testimonianza al femminile sull’universo del Gulag e sugli orrori del totalitarismo sovietico. Arrestata nel 1945 a ventidue anni per la sua attività nell’AK (Armia Krajowa), l’organizzazione militare clandestina polacca, Anna Szyszko-Grzywacz viene internata nel lager di Vorkuta, nell’Estremo Nord della Siberia, dove trascorre undici anni. Nella ricostruzione dell’esperienza concentrazionaria, attraverso una descrizione vivida ed empatica delle dinamiche interpersonali tra le recluse e della drammatica quotidianità da loro vissuta, narra con semplicità e immediatezza la realtà estrema e disumanizzante del Gulag. Una realtà dove dominano brutalità e sopraffazione e dove la sopravvivenza per le donne, esposte di continuo alla minaccia della violenza maschile, è particolarmente difficile. Nell’orrore quotidiano raccontato da Anna Szyszko-Grzywacz trovano però spazio anche storie di amicizia e solidarietà femminile, istanti di spensieratezza ed emozioni condivise in una narrazione in cui alla paura e alla dolorosa consapevolezza della detenzione si alternano le aspettative e gli slanci di una giovane donna che non rinuncia a sperare, malgrado tutto, nel futuro. Anna Szyszko-Grzywacz nasce il 10 marzo 1923 nella parte orientale della Polonia, nella regione di Vilna (Vilnius). Entra nella resistenza nel settembre 1939 come staffetta di collegamento. Nel giugno 1941 subisce il primo arresto da parte dell’NKVD e viene rinchiusa nella prigione di Stara Wilejka. Nel luglio 1944 prende parte all’operazione “Burza” a Vilna come infermiera da campo. Dopo la presa di Vilna da parte dei sovietici i membri dell’AK, che rifiutano di arruolarsi nell’Armata Rossa, vengono arrestati e internati a Kaluga. Rilasciata, Anna Szyszko cambia identità, diventando Anna Norska, e si unisce a un’unità partigiana della foresta come tiratrice a cavallo in un gruppo di ricognizione. Arrestata dai servizi segreti sovietici nel febbraio 1945, viene reclusa dapprima a Vilna nel carcere di Łukiszki, e poi a Mosca alla Lubjanka e a Butyrka. In seguito alla condanna del tribunale militare a venti anni di lavori forzati, trascorre undici anni nei lager di Vorkuta. Fa ritorno in patria il 24 novembre 1956 e nel 1957 sposa Bernard Grzywacz, come lei membro della Resistenza polacca ed ex internato a Vorkuta, con cui aveva intrattenuto per anni all’interno del lager una corrispondenza clandestina. Muore a Varsavia il 2 agosto 2023, all’età di cento anni.

Leggi

Le trasformazioni della Russia putiniana. Stato, società, opposizione.

Le trasformazioni della Russia putiniana. Stato, società, opposizione. A cura di Riccardo Mario Cucciolla e Niccolò Pianciola (Viella Editrice, 2024). Il volume esplora l’evoluzione della società e del potere in Russia dopo l’aggressione all’Ucraina e offre un’analisi della complessa interazione tra apparati dello stato, opposizione e società civile. I saggi analizzano la deriva totalitaria del regime putiniano studiandone le istituzioni e la relazione tra stato e società, evidenziando come tendenze demografiche, rifugiati ucraini, politiche nataliste e migratorie abbiano ridefinito gli equilibri sociali del paese. Inoltre, pongono l’attenzione sulla società civile russa e sulle sfide che oppositori, artisti, accademici, minoranze e difensori dei diritti umani affrontano sia in un contesto sempre più repressivo in patria, sia nell’emigrazione. I saggi compresi nel volume sono di Sergej Abašin, Alexander Baunov, Simone A. Bellezza, Alain Blum, Bill Bowring, Riccardo Mario Cucciolla, Marcello Flores, Vladimir Gel’man, Lev Gudkov, Andrea Gullotta, Andrej Jakovlev, Irina Kuznetsova, Alberto Masoero, Niccolò Pianciola, Giovanni Savino, Irina Ščerbakova, Sergej Zacharov. In copertina: Il 10 aprile 2022, Oleg Orlov, ex co-presidente del Centro per la difesa dei diritti umani Memorial, viene arrestato sulla Piazza Rossa a Mosca per avere manifestato la sua opposizione all’invasione dell’Ucraina con un cartello con la scritta “La nostra indisponibilità a conoscere la verità e il nostro silenzio ci rendono complici dei crimini” (foto di Denis Galicyn per SOTA Project).

Leggi

“Mamma, probabilmente morirò presto”: adolescente russo in carcere per volantini anti-Putin riferisce di essere stato brutalmente picchiato da un compagno di cella.

Pubblichiamo la traduzione dell’articolo ‘Mom, I’m probably going to die soon’: Russian teenager in prison for anti-Putin flyers says cellmate brutally beat him della testata giornalistica indipendente russa Meduza. L’immagine è tratta dal canale Telegram dedicato al sostegno per Arsenij Turbin: Svobodu Arseniju! (Libertà per Arsenij!). In una recente lettera Arsenij Turbin, sedicenne russo condannato a scontare cinque anni in un carcere minorile con l’accusa di terrorismo, ha raccontato alla madre di avere subito abusi fisici e psicologici durante la detenzione. I sostenitori di Turbin, che hanno pubblicato un estratto della sua lettera su Telegram, sospettano che oltre ad aggredirlo, i compagni di cella gli stiano rubando il cibo. Ecco cosa sappiamo. Arsenij Turbin è stato condannato a cinque anni di carcere minorile nel giugno 2024, quando aveva ancora 15 anni. Secondo gli inquirenti governativi, nell’estate del 2023 Arsenij si era unito alla legione Libertà per la Russia, un’unità filoucraina composta da cittadini russi e, su loro preciso ordine aveva iniziato a distribuire volantini che criticavano Vladimir Putin. Turbin dichiara di non essersi mai unito alla legione e di avere distribuito i volantini di sua iniziativa. Il Centro per i diritti umani Memorial ha dichiarato Turbin prigioniero politico. Al momento Turbin si trova in detenzione preventiva in attesa dell’appello contro la sua condanna. Nell’estratto di una lettera inviata a sua madre pubblicato lunedì (1 ottobre) nel gruppo Telegram Svobodu Arseniju! (Libertà per Arsenij!), l’adolescente scrive che un compagno di cella di nome Azizbek lo ha picchiato più volte. “Questa sera, dopo le 18:00, uno dei miei compagni di cella mi ha dato due pugni in testa mentre ero a letto”, ha scritto. “La situazione è davvero difficile, brutta davvero. Azizbek mi ha colpito e poi ha detto che stanotte mi inc***. Sarà una lunga nottata. Ma resisterò.” Turbin scrive anche che in carcere lo hanno catalogato come “incline al terrorismo” per il reato che gli contestano (“partecipazione a organizzazione terroristica”). In un post su Telegram i sostenitori di Turbin hanno ipotizzato che i suoi compagni di cella gli stessero rubando il cibo: nelle sue lettere chiedeva sempre alla madre pacchi di viveri, mentre questa volta le ha scritto che non ne aveva bisogno. La madre di Turbin, Irina Turbina, martedì ha riferito a Mediazona che il figlio è stato messo in isolamento dal 23 al 30 settembre. Dalla direzione della prigione le hanno detto che era dovuto a una “lite” tra Turbin e i suoi compagni di cella e che tutti e quattro i prigionieri coinvolti erano stati puniti con l’isolamento. Irina Turbina ha anche detto che il personale del carcere non le ha permesso di parlare con Arsenij al telefono e che l’ultima volta che hanno parlato è stata a inizio settembre. La madre ha raccontato l’ultimo incontro con suo figlio al sito Ponjatno.Media: “Quando sono andata a trovarlo l’11 settembre non l’ho riconosciuto. Non era mai particolarmente allegro neanche le volte precedenti che l’ho visto, certo, ma almeno aveva ancora speranza, era ottimista: aspettava l’appello e credeva che qualcosa di buono l’avremmo ottenuto. L’11 settembre, invece, Arsenij aveva le lacrime agli occhi. Mi ha detto: ‘Mamma, ti prego, fai tutto il possibile, tirami fuori di qui. Sto davvero, davvero male qui’.” “Mamma, probabilmente morirò presto”, ha continuato a riferire la madre, citando il figlio. Ha poi detto di avere inoltrato la lettera a Eva Merkačeva, membro del Consiglio presidenziale russo per i diritti umani, chiedendole di intervenire. Secondo le informazioni di Mediazona, ad Arsenij è stato finalmente permesso di parlare con sua madre al telefono l’8 ottobre. Le avrebbe detto che il suo aggressore era stato trasferito in un’altra cella il giorno prima e che si trovava bene con gli altri compagni di cella. Aggiornamento del 20 ottobre dal canale Telegram Svobodu Arseniju!: “Questa settimana Arsenij non ha mai telefonato”. La madre riferisce di averlo sentito l’ultima volta l’8 ottobre scorso. 25 ottobre 2024

Leggi