14 giugno 2023
ore 17:09
Circa quindici targhe del progetto “Ultimo indirizzo” – nato per commemorare le vittime delle repressioni sovietiche – sono scomparse dalle facciate degli edifici del centro di Mosca. Il Comune di Mosca non ha commentato la situazione.
La notizia delle prime sparizioni era apparsa sui social network già a maggio. Anche in passato, in realtà, si erano verificati casi, spesso poi risolti, di misteriose scomparse delle targhe commemorative in varie città russe. Ad esempio, nell’ottobre 2020, a San Pietroburgo ne erano state rimosse 16 con i nomi delle vittime delle repressioni politiche che vivevano nella casa dello scrittore Sergej Dovlatov in via Rubinštejn. Il giornale online Fontanka aveva scritto che la rimozione era stata effettuata dietro richiesta di alcuni residenti secondo i quali le targhe sarebbero state “troppe” e avrebbe fatto “somigliare l’edificio a un cimitero”.
I responsabili di “Ultimo indirizzo” hanno dichiarato a Kommersant che quanto accaduto nei giorni scorsi a Mosca rappresenta, invece, “un attacco al progetto nel suo complesso, piuttosto che un furto di singole targhe”. “Mediazone” nel frattempo ha pubblicato, sul proprio account twitter, le foto degli edifici da cui sono state rimosse le targhe commemorative e che qui parzialmente riproduciamo. Gli attivisti di “Ultimo indirizzo” si sono rivolti ai deputati della Duma di Mosca Michail Timonov (di “Spravedlivaja Rossija – Za pravdu”) e Dar’ja Besedina (di “Jabloko”). Timonov ha richiesto a Oleg Baranov, capo del Dipartimento degli Affari interni di Mosca, l’apertura delle indagini. Il deputato Vladimir Ryžkov ha descritto l’incidente come “un’azione pianificata da ignote organizzazioni estremiste staliniste”.
Il progetto «Poslednij adres» (Ultimo indirizzo: https://poslednyadres.ru), insignito di diversi premi internazionali e attivo in Russia dal dicembre 2014, è un’iniziativa civile di ampia portata che vede Memorial tra i principali promotori (iniziatore è stato il giornalista Sergej Parchomenko) e prevede la collocazione di una targa commemorativa sulla facciata dell’ultima casa abitata da chi è stato vittima di repressione politica a partire dall’ottobre del 1917. Il motto del progetto, che prende ispirazione dalle “Pietre d’inciampo” ideate dall’artista tedesco Günter Demnig per commemorare le vittime dell’Olocausto, è “un nome, una vita, una targa”.
Le targhe di Poslednij adres, tutte del medesimo modello, sono costituite da una lastra di acciaio inossidabile di 11 per 19 cm realizzata dall’architetto Aleksandr Brodskij che riporta nome, anno di nascita, occupazione, data dell’arresto, della morte e della riabilitazione della persona deceduta. Sul lato sinistro della targa è presente un piccolo foro quadrato che lascia intravedere il muro esterno della casa. Il foro allude alla fotografia mancante della vittima e simboleggia il vuoto, la perdita subita. Se l’edificio in cui viveva la persona repressa non è si è conservato, la targa viene apposta su quello costruito al suo posto.
Per consentire a chiunque di trovare nel database del progetto i propri parenti o conoscenti in base a nome o indirizzo, Memorial ha messo a disposizione il proprio archivio dedicato alle vittime delle repressioni politiche. Lo stesso database è alla base della campagna “La restituzione dei nomi”.
Quelle di Poslednij adres non sono targhe commemorative ufficiali e non rientrano nella legge che regola la materia dal momento che le targhe ufficiali sono dedicate solitamente a un personaggio di rilievo, mentre quelle di “Ultimo indirizzo” nella maggioranza dei casi a una persona poco nota . Per questo motivo, gli organizzatori del progetto hanno deciso di trattare lo status delle targhe come segnali informativi, con lo stesso status dei cartelli “Attenzione, caduta massi” o “Non parcheggiare l’auto davanti al cancello”. Gli attivisti più volte hanno dovuto pagare multe amministrative per avere apposto una targa su un edificio riconosciuto come bene culturale.
Il progetto, nato a Mosca, si è rapidamente diffuso in altre città russe: Astrachan’, Barnaul, Ekaterinburg, Krasnojarsk, Orël, Perm’, Rostov-na-Donu, San Pietroburgo, Taganrog, Tomsk, Tula. L’iniziativa ha preso piede anche in Ucraina, Repubblica Ceca, Moldavia, Georgia e Germania.
Il progetto, pur godendo di un notevole sostegno da parte dell’opinione pubblica, non ha sempre incontrato il favore dei cittadini e delle amministrazioni municipali. L’iniziativa può essere promossa da chiunque ne faccia richiesta; nella maggior parte dei casi si tratta di parenti della vittima e l’installazione deve essere concordata con i proprietari degli edifici su cui saranno collocate.
I residenti hanno spesso lamentato il fatto che le targhe rendono troppo lugubre l’edificio, trasformandolo in una sorta di cimitero. Una critica a parte è stata mossa alla circostanza di commemorare persone che sono state non solo vittime, ma anche protagoniste del terrore contro la popolazione. Primo fra tutti Ieronim Uborevič, noto per la sanguinosa repressione delle rivolte contadine durante la guerra civile, nonché per l’uso di gas velenosi contro la popolazione. In risposta alle critiche Sergej Parchomenko ha dichiarato che il progetto non presuppone una “valutazione di merito” rispetto al vissuto delle persone.
Nell’autunno del 2018 le targhe di “Ultimo indirizzo” sono state utilizzate per le illustrazioni del manifesto e del libretto dell’opera di Aleksandr Čajkovskij Una giornata di Ivan Denisovič”, tratta dal romanzo di Aleksandr Solženicyn e rappresentata al Teatro Bol’šoj.