Niente potrà fermare il desiderio di libertà degli esseri umani

L'attivista bielorusso, premio Nobel per la pace, è attualmente in carcere, imprigionato per motivazioni politiche. A ritirare il premio a Oslo è stata la moglie. "Quando ti libereranno? mi hanno chiesto. Ma io sono già libero nella mia anima, ho risposto. La mia anima libera si libra sulle segrete e sulla sagoma a foglia d’acero della Belarus".

(di Ales’ Bjaljacki e Natallja Pinčuk)


09 gennaio 2023 
Ore 09:07


Riportiamo qui la traduzione italiana, curata da Viviana Nosilia, del discorso pronunciato a nome di Ales’ Bjaljacki il 10 dicembre 2022 a Oslo, in occasione della cerimonia di consegna del Premio Nobel per la Pace. Il Premio per il 2022 è stato conferito alla rete di associazioni di Memorial, all’organizzazione ucraina Centro per le libertà civili e all’attivista bielorusso Ales’ Bjaljacki, fondatore dell’associazione Vjasna/Viasna (“Primavera”), che si batte per la tutela dei diritti umani in Belarus’. Bjaljacki è attualmente in carcere, imprigionato per motivazioni politiche. Contro di lui e l’associazione Vjasna il 5 gennaio 2023 è iniziato un processo che fa rischiare agli imputati condanne dai 7 ai 12 anni di detenzione. A ritirare il premio e leggere il discorso a Oslo è stata la moglie di Ales’ Bjaljacki, Natallja Pinčuk.


Useremo qui la denominazione Belarus’, in luogo di Bielorussia, poiché il nome italiano di questo paese è stato ricavato dal toponimo in lingua russa ‘Belorussija’, anziché dalla sua versione bielorussa. Data l’importanza attribuita al corretto utilizzo di questo toponimo da parte degli autori del discorso, ci è sembrato particolarmente opportuno usare la denominazione bielorussa che, peraltro, si sta affermando a livello internazionale (nel contesto anglofono si sta diffondendo Belarus al posto di White Russia o Belorussia). 


Ales Bialiatski, Ales' Bjaljacki
Ales’ Bjaljacki nel 2014 (riduzione della foto di Michał Józefaciuk, CC BY-SA 3.0)

Vostre Maestà,

Vostre Altezze Reali,

illustri membri del Comitato per il Nobel, illustri ospiti!


Sono estremamente emozionata e lusingata di avere l’onore di intervenire qui durante la cerimonia di consegna del Premio Nobel per la Pace 2022 ai vincitori e alle vincitrici. Tra loro vi è mio marito, Ales’ Bjaljacki.


Purtroppo, lui non può essere qui a ricevere il premio di persona. È illegalmente detenuto in Belarus’. Proprio per questo ci sono io su questa tribuna.


Desidero esprimere una profonda riconoscenza al Comitato per il Nobel norvegese, la cui decisione ha accresciuto la risolutezza di Ales’ nel restare saldamente fedele alle sue convinzioni. Questa decisione dà a tutti i bielorussi la speranza di poter contare sulla solidarietà del mondo democratico nella lotta per i loro diritti, a prescindere da quanto durerà.


Grazie infinite a tutti coloro che hanno sostenuto Ales’, i suoi amici e la sua causa in tutti questi anni e continuano a farlo tuttora.


Vorrei congratularmi di tutto cuore col Centro per le libertà civili e l’associazione internazionale Memorial per il meritato premio. Ales’ e tutti noi comprendiamo quanto sia importante e rischiosa la missione di difendere i diritti umani, in particolare nell’epoca tragica dell’aggressione russa contro l’Ucraina.


A trovarsi in prigione non è solo Ales’, ma anche migliaia di bielorussi, decine di migliaia di persone colpite da repressioni, incarcerate ingiustamente per il loro impegno civile e le loro convinzioni. In centinaia di migliaia sono stati costretti a lasciare il paese solo perché volevano vivere in uno stato democratico. Purtroppo, in Belarus’ è in corso da anni una guerra dei vertici contro il loro stesso popolo, la lingua, la storia e i valori democratici. Lo dico qui con immenso dolore e cautela, perché gli odierni eventi politici e bellici mettono a repentaglio la tenuta come stato e l’indipendenza della Belarus’.


Purtroppo, le autorità preferiscono interagire con la società attraverso la forza – granate, manganelli, taser, interminabili arresti e torture. Di un compromesso nazionale o un dialogo nemmeno a parlarne. Perseguitano ragazze e ragazzi, donne e uomini, minorenni e anziani. Nelle prigioni bielorusse regna il volto disumano del sistema, soprattutto per coloro che sognavano di essere persone libere!


Alla luce di questa situazione non appare un caso che il regime abbia arrestato Ales’ e i suoi collaboratori del centro “Vjasna-96” per le loro idee democratiche e il loro impegno civile: Marfa Rabkova, Valjancin Stefanovič, Uladzimir Labkovič, Ljeanid Sudaljenka, Andrej Čapjuk e altri attivisti per i diritti umani si trovano in carcere. Altri sono ancora sotto indagine e sono accusati dalla procura, altri ancora sono stati costretti a espatriare. Ma il centro per i diritti umani “Vjasna-96”, fondato più di venticinque anni fa da Ales’ e dai suoi collaboratori, non potrà essere schiacciato, fermato, arrestato! [Qui sono riprese le parole di una poesia di Maksim Bahdanovič (1891-1917), Pahonja, messa poi in musica da Mikalaj Ščahloŭ-Kulikovič. La canzone è diventata l’inno delle proteste del 2020, N.d.T.].


Ales’ non è riuscito a trasmettere il testo della sua dichiarazione dal carcere, ma ha fatto in tempo a dirmi a voce poche parole. Così condividerò con voi i suoi pensieri, sia quelli attuali, sia quelli espressi in precedenza. Si tratta di brani di sue precedenti dichiarazioni, scritti e meditazioni. Ecco le sue riflessioni sul passato e il futuro della Belarus’, sui diritti umani, sul destino del mondo e la libertà.


Lascio la parola ad Ales’.




Accade che proprio coloro che tengono di più alla libertà spesso ne siano privati. Ricordo i miei amici – difensori dei diritti umani di Cuba, dell’Azerbaigian, dell’Uzbekistan, ricordo Nasrin Sotoudeh, mia sorella in spirito dell’Iran. Ammiro moltissimo il cardinale Joseph Zen di Hong Kong. Migliaia di persone in Belarus’ si trovano attualmente dietro le sbarre per motivi politici e tutti loro sono miei fratelli e sorelle. Niente potrà fermare il desiderio di libertà degli esseri umani.


Oggi l’intera Belarus’ è in prigione. Ci sono giornalisti, politologi, capi dei sindacati, e fra loro molti miei conoscenti e amici… I tribunali lavorano come una catena di montaggio: i condannati sono portati nelle colonie e al loro posto arrivano nuove ondate di prigionieri politici…




Questo premio appartiene a tutti i miei amici difensori dei diritti umani, a tutti gli attivisti civili, alle decine di migliaia di bielorussi che hanno conosciuto pestaggi, torture, arresti, prigioni.


Questo premio appartiene ai milioni di cittadini della Belarus’ che si sono battuti per i propri diritti civili. Al contempo, fa luce sulla situazione drammatica e la lotta per i diritti umani nel paese.




Di recente ho avuto una breve conversazione.

– Quando ti libereranno? – mi hanno chiesto.

– Ma io sono già libero, nella mia anima – ho risposto.

La mia anima libera si libra sulle segrete e sulla sagoma a foglia d’acero della Belarus’.


Scruto dentro di me, e i miei ideali non sono cambiati, non hanno perso il loro valore, non sono sbiaditi. Sono sempre con me e io li custodisco come posso. È come se fossero fatti d’oro: non si copriranno mai di ruggine.


Noi vogliamo costruire una società più armoniosa, giusta e attenta ai bisogni dei suoi figli e delle sue figlie. Ottenere una Belarus’ indipendente, democratica, libera da costrizioni provenienti dall’estero. Sogniamo che sia un Paese pieno di calore, in cui sia bello vivere.


È un’idea nobile, in linea con le idee globali di civiltà. Non sogniamo qualcosa di particolare o insolito, vogliamo semplicemente “dirci esseri umani”, come diceva il nostro classico Janka Kupala [riferimento al verso conclusivo della poesia A chto tam idzje (E chi è là, 1905-1907) di Janka Kupala (1882-1942), N.d.T.]. Si tratta del rispetto per noi stessi e per gli altri, di diritti umani, di una vita democratica, del riconoscimento della lingua bielorussa e della nostra storia.




Ho iniziato presto a essere critico verso la realtà sovietica. Fra l’altro, mi sono scontrato con drastiche limitazioni nell’uso della lingua bielorussa, con una politica di ‘debielorussizzazione’ che si conduceva allora come ai giorni nostri. L’ex dipendenza coloniale della Belarus’ è una realtà eterna. Di conseguenza, persiste ancora la minaccia per l’esistenza dei bielorussi come nazione e popolo.


Sarebbe un grave errore separare i diritti umani dai valori di identità e indipendenza. Sono attivo nel movimento indipendentista clandestino dal 1982, di fatto da quando ho compiuto 20 anni. Il suo obiettivo era la creazione di una Belarus’ democratica e indipendente in cui fossero rispettati i diritti umani. Non ci può essere una Belarus’ senza democrazia, né ci possono essere diritti umani senza una Belarus’ indipendente. E la società civile deve avere un grado di autonomia che garantisca l’incolumità del cittadino di fronte alle persecuzioni da parte delle autorità statali.




Io ci credo, perché so che la notte finisce e poi arrivano il mattino e la luce. So che ciò che ci spinge ad andare sempre avanti sono la speranza e i sogni.


Martin Luther King ha pagato il suo sogno con la vita, gli hanno sparato. Il prezzo per il mio sogno è più piccolo, ma con pesanti conseguenze. Non rimpiango nulla. Il mio sogno vale tutti i sacrifici personali. I miei ideali corrispondono agli ideali dei miei amici più anziani e mentori spirituali – il ceco Václav Havel e il bielorusso Vasil’ Bykaŭ [(1924-2003) fu uno scrittore e politico bielorusso, inviso al regime. In italiano sono disponibili Gli ultimi tre giorni (Milano, Mursia, 1974) e La disfatta (Milano, Spirali, 2000), N.d.T.]. Entrambi hanno subito molte prove nella loro vita, hanno fatto progredire i loro popoli e la loro cultura, entrambi hanno lottato per la democrazia e i diritti umani fino all’ultimo istante della loro vita.




È impossibile far crescere tutto d’un tratto un buon raccolto in un campo vuoto. Il campo va prima ben concimato, bisogna levare le pietre… E ciò che il governo comunista ha lasciato in Belarus’ dopo 70 anni si può definire terra bruciata…


C’è stato un tempo, alla fine degli anni Ottanta, in cui ci conoscevamo letteralmente uno per uno… Ma all’inizio degli anni Novanta eravamo migliaia e decine di migliaia…


Il 9 agosto 2020 in Belarus’ si sono tenute le elezioni presidenziali. I massicci brogli hanno indotto la gente a uscire in strada. Si sono scontrati il Bene e il Male. Il Male era ben armato. Dalla parte del Bene c’erano solo proteste di massa pacifiche che avevano fatto riunire centinaia di migliaia di persone, come non se n’erano mai viste prima nel paese.


Le autorità hanno scatenato il meccanismo repressivo di torture e omicidi in tutta la sua forza – ne sono caduti vittima Raman BandarenkaVitol’d Ašurak e molti altri.


Si tratta del massimo grado di repressione, inimmaginabile per la crudeltà esercitata. Esseri umani subiscono terribili torture e sofferenze inimmaginabili.


Le celle e le prigioni ricordano più i bagni pubblici sovietici, e la gente vi è tenuta per mesi ed anni. Sono assolutamente contrario al fatto che le donne siano detenute in prigione, ma immaginate la loro condizione in una prigione in Belarus’, in questa filiale dell’inferno in terra!


Le dichiarazioni di Lukašenka confermano che alle sue forze dell’ordine è stata data carta bianca nel fermare la gente ricorrendo all’intimidazione e terrorizzando le masse.


Ma i cittadini della Belarus’ esigono giustizia. Esigono che chi ha commesso crimini di massa sia punito. Esigono elezioni libere. La Belarus’ e la società bielorussa non saranno mai più come prima, quando le loro mani e i loro piedi erano completamente legati. La gente si è svegliata…




Oggi la costante lotta del bene e del male si è dispiegata quasi nella sua forma più pura per tutta la regione. Il vento freddo dell’est si è scontrato col caldo rinascimento europeo.


Non basta essere istruiti e democratici, non basta essere umani e misericordiosi. Dobbiamo saper difendere le nostre conquiste e il nostro Paese. Non a caso nel medioevo il concetto di Patria era legato a quello di libertà.


So perfettamente quale Ucraina andrebbe bene alla Russia e a Putin: una dittatura dipendente. Proprio come la Belarus’ di oggi, dove la voce del popolo oppresso non viene ascoltata.


Basi militari russe, una colossale dipendenza economica, russificazione linguistica e culturale – ecco la risposta a chi chiede da che parte stia Lukašenka. Le autorità bielorusse sono indipendenti solo nella misura in cui glielo consente Putin. Pertanto, è indispensabile lottare contro l’“internazionale delle dittature”.





Io sono un difensore dei diritti umani e quindi un sostenitore della resistenza non violenta. Per natura non sono una persona aggressiva, cerco sempre di comportarmi coerentemente con questi principi. Tuttavia, riconosco che il bene e la verità devono potersi difendere.


Come meglio posso, mantengo la pace nella mia anima, la coltivo come un fiore delicato, bandisco l’ira. E prego che la realtà non mi costringa a dissotterrare quell’ascia seppellita tanto tempo fa, e a difendere la verità con l’ascia in mano. Pace. Che la pace resti nella mia anima.




E il 10 dicembre voglio ripetere a tutti: “Non abbiate paura!”. Sono le parole che pronunciò il Papa di Roma Giovanni Paolo II negli anni Ottanta, quando andò nella Polonia comunista. Allora non disse nulla di più, ma questo bastò. Io ci credo, perché so che dopo l’inverno viene sempre la primavera.




Ho citato Ales’ Bjaljacki. E concludo il discorso con le invocazioni della sua anima:


Libertà al popolo bielorusso! Libertà a Vjasna! VIVA LA BELARUS’!


Copyright © The Nobel Foundation 2022

Nobel Lecture given by Nobel Peace Prize Laureate 2022 Ales Bialiatski, delivered by Natallia Pinchuk, Oslo, 10 December 2022.

https://www.nobelprize.org/prizes/peace/2022/bialiatski/lecture/

Aiutaci a crescere

Condividi su:

Per sostenere Memorial Italia

Leggi anche:

Milano, 16 e 17 novembre 2024. Memorial Italia a BookCity Milano.

Memorial Italia partecipa all’edizione 2024 di BookCity Milano con la presentazione degli ultimi due volumi delle collane curate per Viella Editrice e Guerini e Associati. L’involuzione della Russia putiniana: sabato 16 novembre alle 14:30 presso la Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, sala lettura (viale Pasubio, 5) sarà presentato il volume Le trasformazioni della Russia putiniana. Stato, società, opposizione, ultima uscita della collana storica curata da Memorial Italia per Viella Editrice. Intervengono Alberto Masoero, Niccolò Pianciola e Anna Zafesova. Riunendo contributi di storici e scienziati sociali, il volume esplora l’evoluzione della società e del regime russo nell’ultimo decennio, segnato dall’aggressione all’Ucraina iniziata nel 2014 e continuata con la guerra su larga scala a partire dal 2022. I saggi mettono a fuoco la deriva totalitaria del sistema di potere putiniano, analizzando le istituzioni dello stato e le loro relazioni con la società russa, evidenziando come crisi demografica, politiche nataliste e migratorie abbiano ridefinito gli equilibri sociali del paese. Inoltre si concentra sulle sfide che dissidenti, intellettuali, artisti, giornalisti, accademici, minoranze e difensori dei diritti umani affrontano in un contesto sempre più repressivo. Donne nel Gulag. L’universo femminile nel mondo concentrazionario sovietico: domenica 17 novembre alle 15:30 presso Casa della memoria (via Confalonieri 14) sarà presentato il volume La mia vita nel Gulag. Memorie da Vorkuta 1945-1956, ultima uscita della collana Narrare la memoria curata da Memorial Italia per Guerini e Associati. Intervengono Luca Bernardini, Marta Zagórowska e Barbara Grzywacz. L’esperienza concentrazionaria, raccontata in una prospettiva di genere, offre al lettore una nuova ottica di valutazione della memoria storica. Nella sua intensa, dettagliata testimonianza Anna Szyszko-Grzywacz, detenuta politica, reclusa per undici anni nel terribile campo di Vorkuta, ripercorre il suo vissuto personale, raccontando non solo l’orrore e la brutalità della quotidianità del lager, ma anche momenti di gioia e solidarietà femminile e piccole, coraggiose strategie di resistenza.

Leggi

Verona, 14 novembre 2024. Il caso Sandormoch.

Giovedì 14 novembre alle 16:00 nell’aula co-working del dipartimento di lingue e letterature straniere dell’università di Verona la nostra presidente Giulia De Florio terrà il seminario Riscrivere la storia, proteggere la memoria: il caso di Sandormoch. Giulia De Florio e Andrea Gullotta hanno curato per Stilo Editrice la traduzione italiana del volume Il caso Sandormoch: la Russia e la persecuzione della memoria di Irina Flige, presidente di Memorial San Pietroburgo. Del volume hanno voluto parlare Martina Napolitano, Stefano Savella, Francesco Brusa e Maria Castorani. Nell’immagine il monumento in pietra presente all’ingresso del cimitero di Sandormoch sul quale si legge l’esortazione “Uomini, non uccidetevi”. Foto di Irina Tumakova / Novaja Gazeta.

Leggi

Pisa, 8-29 novembre 2024. Mostra “GULag: storia e immagini dei lager di Stalin”.

Il 9 novembre 1989 viene abbattuto il Muro di Berlino e nel 2005 il parlamento italiano istituisce il Giorno della Libertà nella ricorrenza di quella data, “simbolo per la liberazione di Paesi oppressi e auspicio di democrazia per le popolazioni tuttora soggette al totalitarismo”. Per l’occasione, l’assessorato alla Cultura del Comune di Pisa porta a Pisa la mostra GULag: storia e immagini dei lager di Stalin. La mostra, a cura di Memorial Italia, documenta la storia del sistema concentrazionario sovietico illustrata attraverso il materiale documentario e fotografico proveniente dagli archivi sovietici e descrive alcune delle principali “isole” di quello che dopo Aleksandr Solženicyn è ormai conosciuto come “arcipelago Gulag”: le isole Solovki, il cantiere del canale Mar Bianco-Mar Baltico (Belomorkanal), quello della ferrovia Bajkal-Amur, la zona mineraria di Vorkuta e la Kolyma, sterminata zona di lager e miniere d’oro e di stagno nell’estremo nordest dell’Unione Sovietica, dal clima rigidissimo, resa tristemente famosa dai racconti di Varlam Šalamov. Il materiale fotografico, “ufficiale”, scattato per documentare quella che per la propaganda sovietica era una grande opera di rieducazione attraverso il lavoro, mostra gli edifici in cui erano alloggiati i detenuti, la loro vita quotidiana e il loro lavoro. Alcuni pannelli sono dedicati a particolari aspetti della vita dei lager, come l’attività delle sezioni culturali e artistiche, la propaganda, il lavoro delle donne, mentre altri illustrano importanti momenti della storia sovietica come i grandi processi o la collettivizzazione. Non mancano una carta del sistema del GULag e dei grafici con i dati statistici. Una parte della mostra è dedicata alle storie di alcuni di quegli italiani che finirono schiacciati dalla macchina repressiva staliniana: soprattutto antifascisti che erano emigrati in Unione Sovietica negli anni Venti e Trenta per sfuggire alle persecuzioni politiche e per contribuire all’edificazione di una società più giusta. Durante il grande terrore del 1937-38 furono arrestati, condannati per spionaggio, sabotaggio o attività controrivoluzionaria: alcuni furono fucilati, altri scontarono lunghe pene nei lager. La mostra è allestita negli spazi della Biblioteca Comunale SMS Biblio a Pisa (via San Michele degli Scalzi 178) ed è visitabile da venerdì 8 novembre 2024, quando verrà inaugurata, alle ore 17:00, da un incontro pubblico cui partecipano Elena Dundovich (docente di Storia delle relazioni internazionali all’Università di Pisa e socia di Memorial Italia), Ettore Cinnella (storico dell’Università di Pisa) e Marco Respinti (direttore del periodico online Bitter Winter). Introdotto dall’assessore alla cultura Filippo Bedini e moderato da Andrea Bartelloni, l’incontro, intitolato Muri di ieri e muri di oggi: dal gulag ai laogai, descriverà il percorso che dalla rievocazione del totalitarismo dell’Unione Sovietica giunge fino all’attualità dei campi di rieducazione ideologica nella Repubblica Popolare Cinese. La mostra resterà a Pisa fino al 28 novembre.

Leggi