Il lavoro assorbiva quasi del tutto la vita dei detenuti. Nella maggior parte dei lager il lavoro forzato durava dalle dodici alle quindici ore, a seconda delle stagioni. La vita nelle baracche, dove il termometro scendeva spesso sotto i 30 o i 40°, o al contrario era caldo e umido in modo insopportabile, era tutta segnata dalla lotta per la sopravvivenza: bisognava sopravvivere al freddo soprattutto, alla fame, alle malattie provocate per lo più dalla debilitazione e dalla mancanza d’igiene, alla violenza dei capisquadra reclutati tra i peggiori delinquenti, al controllo dei guardiani e alle angherie dei secondini. Il tempo che restava era impiegato a procurarsi la legna per la stufa, qualcosa in più da mangiare, a parlare con i compagni di sventura, a cercare di tenersi puliti.
Trento, 14 maggio 2025. Vorkuta: una donna nel Gulag sovietico.
I blatnjaki avevano la loro casta e tra di loro c’era il blatnoj anziano, che gli altri ascoltavano, dal momento che la sua parola contava, in quel démi-monde malavitoso. Aveva la sua “moglie” nel campo, l’ucraina Zoja, credo orientale. Rivestita con un montone, sicuramente sottratto a qualcuno, se ne stava sempre seduta con lui accanto al focolare. Lui aveva del cibo e se lo mangiavano davanti al fuoco. Una volta, quando ero oramai davvero sfinita, mi recai da loro e gli dissi: “Ascoltami, devi far qualcosa per quel Semën. Perché mi rende la vita impossibile. Io non voglio niente da nessuno, non ho rapporti con nessuno, non c’è niente che mi leghi a nessun uomo. E lui mi perseguita, semplicemente. Non posso fare un passo. Ho paura. Mi picchia. Ma che vuole, da me? Ho o non ho il diritto di decidere con chi voglio vivere?” “A ty obeščala emu čto-to?” (“Ma tu gli hai promesso qualcosa?”) mi chiede. “Non gli ho promesso niente!” “Hai accettato qualcosa, da lui?” “No.” “Ma che dura, stupida, che sei! Con lui avresti potuto vivere come un topo nel formaggio. Te ne staresti seduta al kostër (fuoco) come Zoja. Non faresti un bel nulla e avresti tutto fino al gorlo, al collo. Staresti al calduccio e sarebbe tutto così piacevole…”, mi dice. E non aggiunse altro. Signore! Per poco non venni meno. Mercoledì 14 maggio alle 17:30 a Trento (sala conferenze della Fondazione Caritro, via Calepina 1) la Biblioteca Archivio del CSSEO, in collaborazione con Memorial Italia, Edizioni Guerini e il Consolato generale della Repubblica di Polonia in Milano, ospita la presentazione del volume La mia vita nel Gulag. Memorie da Vorkuta 1945-1956 di Anna Szyszko-Grzywacz, ultima pubblicazione della collana Narrare la memoria, curata da Memorial Italia. Intervengono le nostre Francesca Gori e Barbara Grzywacz, figlia dell’autrice. Introduce Fernando Orlandi. È possibile seguire l’incontro anche on line tramite piattaforma Zoom, utilizzando il link us02web.zoom.us/j/83008261955.