A 10 anni dalla morte di Anna Politkovskaja

un articolo di Anna Zafesova da "La Stampa"

A dieci anni dalla morte di Anna Politkovskaja pubblichiamo un articolo di Anna Zafesova uscito su “La Stampa” il 7/10/2016

Nella Russia del dissenso proibito Anna Politkovskaja è stata già dimenticata
Deserta la manifestazione di commemorazione. Così Putin manipola la realtà controllando i media

Nel decimo anniversario dell’omicidio di Anna Politkovskaya in tutto il mondo si sono svolte manifestazioni, convegni e cerimonie, con la partecipazione di governi, ong e lettori. In Russia c’è stata una sola persona a scendere in piazza: il giornalista di Tiumen Boris Konakov si è presentato sotto il monumento a Lenin con le mani legate, la bocca imbavagliata e il cartello «Il silenzio non è assenso». Aveva annunciato un flashmob sulla sua pagina Facebook, ma è stato seguito soltanto da due colleghe, e ignorato dai passanti.

 

Quando Anna Politkovskaya venne uccisa, 10 anni fa, nel giorno del compleanno del presidente russo, Putin disse che era «poco conosciuta in patria». Era vero, ed è vero oggi. Dieci anni dopo, il paesaggio mediatico in cui l’inviata in Cecenia della Novaya Gazeta pagò il suo lavoro con la vita, appare un paradiso della libertà di stampa. Oggi le voci critiche sono quasi tutte esiliate nella Rete, e l’inviato del Primo canale tv dopo una conferenza stampa viene beccato (da un cronista della Novaya, guarda caso) a urlare al telefono con i suoi superiori: «Ditemi che linea ideologica devo prendere, porca p…!». La macchina mediatica è oliata alla perfezione e produce una realtà virtuale alla quale credono quattro quinti dei russi. Per gli altri, lo spazio di manovra si sta restringendo anche su Internet: l’ente di controllo Roskomnadzor blocca i siti a migliaia, e ci sono già stati precedenti di utenti finiti in tribunale per un repost “estremista” (che può essere anche l’annuncio di una manifestazione non autorizzata dell’opposizione) o una foto su Facebook giudicata «attentato all’ordine costituzionale», come nel caso di una ragazza che si è espressa per il rovesciamento di Putin. In Russia è vietato – o può essere considerato vietato, a discrezione di attivisti, poliziotti e giudici zelanti che interpretano le leggi approvate negli ultimi anni – parlare bene degli omosessuali, raccontare un caso di suicidio, criticare la chiesa ortodossa e ovviamente mettere in discussione lo Stato, Crimea inclusa.

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