Gli ultimi testimoni. Gli italiani di Crimea | Nikolaj Anatol’evič Carbone

22/10/1935 Nasce a Kerč’. Il padre Anatolij Iosifovič Carbone (1911-1970) è un capitano di lungo corso italiano. La madre Galina Pavlovna Rezničenko (1911-fine del 1990) non aveva né istruzione né una professione.
02/01/1942 la famiglia viene deportata ad Akmolinsk, in Kazakistan, kolchoz “Svet” [“Luce”].
1942 la sorella Elizaveta (nata nel 1939) muore di fame.
1944 Nasce la sorella Zinaida.
1942-1946 finisce la quarta classe ad Akmolinsk.
1946 la famiglia si trasferisce nel Kuban’ (provincia di Krasnodar), a Primorsko-Achtarsk e s’iscrive a una scuola di musica.
1951 finisce la scuola media della durata di dieci anni, frequenta per due anni il corso per corrispondenza di fisarmonica dell’accademia musicale di Krasnodar senza terminare gli studi.
1952 va a lavorare come apprendista del padre in una fabbrica di botti a Primorsko-Achtarsk.
1954-1957 svolge il servizio militare nell’esercito sovietico nella regione di Irkutsk.
1957 torna a Kerč’ con i genitori. Lavora in una fabbrica di botti ed è membro di una banda musicale  dilettantistica.
1960 si sposa con Aida Petrovna.
1961 nasce la figlia Galina.

1967 nasce il figlio Aleksandr (deceduto nel 2007).
All’inizio degli anni ’80 ha ottenuto una pensione d’invalidità a causa di una malattia al cuore.
2010: un’operazione agli occhi non riuscita lo rende completamente cieco.

Prima parte dell’intervista
[youtube video=”https://www.youtube.com/watch?v=DnYdFFPxxTQ”]

Seconda parte dell’intervista

[youtube video=”https://www.youtube.com/watch?v=xyGjNS9hQnQ”]

Scarica la trascrizione dell’intervista

Scarica la traduzione dell’intervista

Credits
Intervistatrice: Alena Kozlova
Operatore: Viktor Griberman
Trascrizione: Natalia Christoforova
Traduzione: Zeno Gambini
Giulia Giachetti Boico per la sua preziosa collaborazione a Kerč’

La storia di Nikolaj in breve

Nikolaj Anatolevič è nato a Kerč’ il 22/10/1935. Il padre, Anatolij Iosifovič Carbone (1911-1970) era un capitano di lungo corso italiano. La madre, Galina Pavlovna Rezničenko (1911-fine degli anni Novanta) era casalinga, entrambi originari di Kerč’. All’inizio degli anni Trenta Galina era un’attivista del Komsomol a Katerlez, non lontano da Kerč’ e, secondo Nikolaj Anatolevič, è stata testimone delle fucilazioni degli abitanti locali che si erano opposti alla collettivizzazione. Il padre di Galina Pavlovna, un ricco proprietario, è morto poco dopo aver iniziato a lavorare in un kolchoz. Nikolaj Anatolevič non si ricorda dei nonni, Iosif e Rosalia Carbone; sa che il nonno era un capitano venuto dall’Italia. Il padre aveva un fratello maggiore, Franz, membro del VKPB, presidente del sovchoz italiano “Sacco e Vanzetti”, una persona molto rispettata. Nel 1938 lo zio Franz è stato arrestato con l’accusa di aver pianificato un attentato terroristico contro la fabbrica Vojkov di Kerč’. Al termine dell’inchiesta, durata un anno e mezzo, le accuse sono state archiviate, ma nel gennaio del 1942 lo zio Franz è stato deportato con la famiglia in Kazakistan, senza però essere espulso dal partito. Tra il 1935 e il 1937 la sorella del padre, di cui ignoriamo il nome, è andata a vivere in Italia, presumibilmente a Trieste. I figli della sorella minore di Nikolaj Anatol’evič hanno mantenuto i contatti con lei.

La famiglia Carbone viveva nella casa del nonno, a Kerč’, dove c’era un grande giardino. I primi figli, nati nel 1931 e nel 1932, sono morti prima di compiere un anno. Nel 1939 è nata la figlia Lidija. Dopo l’occupazione di Kerč’ da parte dell’esercito tedesco e rumeno, le condizioni di vita della famiglia sono diventate molto precarie, soprattutto per mancanza di cibo. Qualche volta Nikolaj andava in una cucina da campo tedesca per cercare qualcosa da mangiare: non l’hanno mai cacciato via. Dopo la liberazione di Kerč’ da parte dell’Armata Rossa nel gennaio del 1942 alla famiglia sono stati concessi 20 minuti per prepararsi al trasferimento, prima a Novorossijsk poi in Kazakistan, nel kolchoz “Svet”, oblast’ di Akmolinsk, dove ha trovato ospitalità presso gli abitanti locali. La sorella Lida non è sopravvissuta al primo inverno. I genitori lavoravano nel kolchoz come addetti alla tosatura delle pecore, aravano i campi e trasportavano il pane. In primavera hanno costruito un rifugio sotterraneo e Galina Pavlovna una stufa russa, che è stata la sua salvezza. Mentre i genitori lavoravano, Nikolaj andava in cerca di cibo ovunque, preparava esche per i pesci e raccoglieva qualsiasi cosa fosse commestibile. Nel 1942 ha frequentato la prima classe, mentre nel 1944 è nata la sorella Zinaida. La madre, il vero pilastro della famiglia, spesso doveva tirare fuori il padre da situazioni difficili. Nel 1946 ai Carbone è stato concesso di andarsene e hanno deciso di trasferirsi nel Kuban’, a Primorsko-Achtarsk, vicino allo zio Franz, che li ha sempre sostenuti. Ma la vita nel Kuban’ non era molto più facile. Il padre ha contratto la malaria e per un anno non ha potuto lavorare. Nel 1947 è nata la sorella Nina. Avevano una piccola fattoria con mucche e alcuni polli. Nikolaj era il principale procacciatore di mezzi di sussistenza per la famiglia, prendeva le spighe e i cereali dalle auto di passaggio e per questo veniva picchiato spesso dalle guardie. Sono riusciti a costruire una casa di mattoni, ma sempre con il desiderio di tornare e nel 1948 Nikolaj è tornato a Kerč’ con la madre per vedere se fosse possibile sistemarsi lì. La casa dei nonni era distrutta e a ogni richiesta di registrare la residenza a Kerč’ la risposta era: “Per gli italiani non è possibile”. Nel 1951 Nikolaj ha terminato la decima classe della scuola di musica e si è iscritto all’accademia musicale di Krasnodar per corrispondenza. Ha cercato un lavoro, ha suonato ai matrimoni e in vari club, ma ha capito subito che suonare non gli avrebbe procurato alcuna sicurezza materiale, perciò ha iniziato a lavorare come apprendista con suo padre in una nuova fabbrica di botti e, per guadagnare qualcosa in più, si è anche dedicato alla costruzione di case private. Tra il 1954 e il 1957 ha svolto il servizio militare nell’esercito sovietico nel distretto di Irkutsk e, poco dopo il congedo, si è trasferito con i genitori e le sorelle a Kerč’, dove hanno potuto finalmente registrare la residenza. I primi tempi sono stati ospiti presso alcuni conoscenti italiani. Allora Nikolaj lavorava in una fabbrica di botti e, allo stesso tempo, suonava in una banda dilettantistica dando concerti in giro per la Crimea. Nel 1960 ha sposato una collega della fabbrica, Aida Petrovna. Nel 1961 e nel 1967 sono nati una femmina e un maschio (morto nel 2007). All’inizio degli anni Ottanta a Nikolaj Anatol’evič è stata riconosciuta un’invalidità di secondo grado e da allora ha smesso di lavorare. Fintantoché la salute glielo ha permesso ha continuato a frequentare l’associazione degli italiani. Nel 2010 si è sottoposto a un’operazione agli occhi che ha avuto esito negativo e da allora è completamente cieco.

Le foto sono state gentilmente concesse da Nikolaj Anatol’evič Carbone.

[nggallery id=75]

Aiutaci a crescere

Condividi su:

Per sostenere Memorial Italia

Leggi anche:

Bari, 26 novembre 2024. Proiezione del film documentario “The Dmitriev Affair”.

Martedì 26 novembre alle 20:30, presso il Multisala Cinema Galleria di Bari, Andrea Gullotta, vicepresidente di Memorial Italia, presenta il film documentario The Dmitriev Affair, scritto e diretto dalla regista olandese Jessica Gorter e sottotitolato in italiano. Jurij Dmitriev è uno storico e attivista, direttore di Memorial Petrozavodsk. Negli anni Novanta scopre un’enorme fossa comune in cui sono sepolte migliaia di vittime del Grande Terrore. Nella radura boschiva di Sandormoch, in Carelia, inaugura un cimitero commemorativo e riesce a raccogliere persone di varie nazionalità intorno a un passato complesso e conflittuale. Da sempre schierato contro il governo della Federazione Russa, nel 2014 Dmitriev condanna apertamente l’invasione della Crimea. Da allora inizia per lui un calvario giudiziario che lo porta a essere condannato a tredici anni e mezzo di reclusione. Il documentario di Jessica Gorter, realizzato nel 2023, racconta con passione e precisione la sua tragica vicenda. Gabriele Nissim, ha letto per Memorial Italia l’ultima dichiarazione di Jurij Dmitriev, pronunciata l’8 luglio 2020, come parte del progetto 30 ottobre. Proteggi le mie parole. Irina Flige, storica collaboratrice di Memorial San Pietroburgo, ha raccontato la storia della radura di Sandormoch nel volume Il caso Sandormoch. La Russia e la persecuzione della memoria, pubblicato da Stilo Editrice e curato da Andrea Gullotta e Giulia De Florio. La proiezione è a ingresso libero ed è uno degli incontri previsti dall’undicesima edizione del festival letterario Pagine di Russia, organizzato dalla casa editrice barese Stilo in collaborazione con la cattedra di russo dell’Università degli Studi di Bari. Quest’anno il festival è inserito nella programmazione del progetto Prin 2022 PNRR (LOST) Literature of Socialist Trauma: Mapping and Researching the Lost Page of European Literature ed è dedicato al concetto di trauma nella cornice della letteratura russa del Novecento sorta dalle repressioni sovietiche.

Leggi

Milano, 16 e 17 novembre 2024. Memorial Italia a BookCity Milano.

Memorial Italia partecipa all’edizione 2024 di BookCity Milano con la presentazione degli ultimi due volumi delle collane curate per Viella Editrice e Guerini e Associati. L’involuzione della Russia putiniana: sabato 16 novembre alle 14:30 presso la Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, sala lettura (viale Pasubio, 5) sarà presentato il volume Le trasformazioni della Russia putiniana. Stato, società, opposizione, ultima uscita della collana storica curata da Memorial Italia per Viella Editrice. Intervengono Alberto Masoero, Niccolò Pianciola e Anna Zafesova. Riunendo contributi di storici e scienziati sociali, il volume esplora l’evoluzione della società e del regime russo nell’ultimo decennio, segnato dall’aggressione all’Ucraina iniziata nel 2014 e continuata con la guerra su larga scala a partire dal 2022. I saggi mettono a fuoco la deriva totalitaria del sistema di potere putiniano, analizzando le istituzioni dello stato e le loro relazioni con la società russa, evidenziando come crisi demografica, politiche nataliste e migratorie abbiano ridefinito gli equilibri sociali del paese. Inoltre si concentra sulle sfide che dissidenti, intellettuali, artisti, giornalisti, accademici, minoranze e difensori dei diritti umani affrontano in un contesto sempre più repressivo. Donne nel Gulag. L’universo femminile nel mondo concentrazionario sovietico: domenica 17 novembre alle 15:30 presso Casa della memoria (via Confalonieri 14) sarà presentato il volume La mia vita nel Gulag. Memorie da Vorkuta 1945-1956, ultima uscita della collana Narrare la memoria curata da Memorial Italia per Guerini e Associati. Intervengono Luca Bernardini, Marta Zagórowska e Barbara Grzywacz. L’esperienza concentrazionaria, raccontata in una prospettiva di genere, offre al lettore una nuova ottica di valutazione della memoria storica. Nella sua intensa, dettagliata testimonianza Anna Szyszko-Grzywacz, detenuta politica, reclusa per undici anni nel terribile campo di Vorkuta, ripercorre il suo vissuto personale, raccontando non solo l’orrore e la brutalità della quotidianità del lager, ma anche momenti di gioia e solidarietà femminile e piccole, coraggiose strategie di resistenza.

Leggi

Verona, 14 novembre 2024. Il caso Sandormoch.

Giovedì 14 novembre alle 16:00 nell’aula co-working del dipartimento di lingue e letterature straniere dell’università di Verona la nostra presidente Giulia De Florio terrà il seminario Riscrivere la storia, proteggere la memoria: il caso di Sandormoch. Giulia De Florio e Andrea Gullotta hanno curato per Stilo Editrice la traduzione italiana del volume Il caso Sandormoch: la Russia e la persecuzione della memoria di Irina Flige, presidente di Memorial San Pietroburgo. Del volume hanno voluto parlare Martina Napolitano, Stefano Savella, Francesco Brusa e Maria Castorani. Nell’immagine il monumento in pietra presente all’ingresso del cimitero di Sandormoch sul quale si legge l’esortazione “Uomini, non uccidetevi”. Foto di Irina Tumakova / Novaja Gazeta.

Leggi