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Creare il caos. Le campagne di disinformazione russe in Germania

Non solo testi e informazioni falsi o dal contenuto manipolatorio, ma anche video deepfake, immagini e meme curatissimi capaci di diventare virali, insieme ad attacchi cyber, atti di sabotaggio e teppismo concepiti per influenzare i media e l’opinione pubblica. La convergenza con le iniziative di TikTok, la destra americana ed Elon Musk. Tutto finalizzato a seminare divisioni sociali e politiche che, in ultima analisi, mirano a destabilizzare Berlino e l’Europa.

(di Simone Zoppellaro, Memorial Italia)


24 marzo 2025 
alle 11:16


STOCCARDA – Non chiamatele fake news: a guardarlo da vicino, è un fenomeno assai più vasto e articolato – e molto più pericoloso. Una serie composita di attività lecite e illecite, compiute dentro e fuori dalla rete, che va ben oltre tale categoria, peraltro limitata e da rifiutare. Non solo testi e informazioni falsi o dal contenuto manipolatorio, dunque, ma anche video deepfake, immagini e meme curatissimi capaci di diventare virali, insieme a attacchi cyber, atti di sabotaggio e teppismo concepiti per influenzare i media e l’opinione pubblica, con il fine di seminare divisioni sociali e politiche che, in ultima analisi, mirano a destabilizzare Berlino e l’Europa.


Difficile riassumere la campagna (o, meglio ancora: le campagne, al plurale) di disinformazione operata dal regime russo contro la Germania che, stando a quanto riportato da The Insider che riprende fonti dell’intelligence tedesca, costerebbe a Mosca la bellezza di 2 miliardi di euro ogni anno. Di sicuro, le elezioni tedesche del 23 febbraio hanno rappresentato il punto di massimo impegno da parte della macchina della propaganda putiniana nel nostro continente. Come ha dichiarato pochi giorni dopo il voto Bruno Kahl, presidente del Bundesnachrichtendienst (il Servizio federale di intelligence tedesco preposto alla raccolta di informazioni all’estero),


“abbiamo assistito a operazioni ibride di influenza, anche durante le elezioni che si sono svolte in Europa, fino ad atti di sabotaggio […] in un modo che non ha precedenti nel recente passato.”


Come scrive Eva Wolfangel su “Die Zeit”,


“secondo l’opinione unanime degli esperti, l’obiettivo attuale della Russia […] è in primis quello di creare caos e scuotere la fiducia nella democrazia. Gli attacchi informatici e gli atti di sabotaggio […] svolgono un ruolo importante, così come la disinformazione sui social media. Le campagne non mirano solo a danneggiare i sistemi informatici o le infrastrutture, ma anche ad avere un impatto sulle menti dei cittadini tedeschi: sono progettate per creare incertezza”.


Non solo e non tanto, quindi, una propaganda che miri a dare risonanza agli interessi strategici e all’ideologia del Cremlino, ma un’insistenza su tutti i temi che dividono e polarizzano, dal sostegno all’Ucraina alla migrazione, dalla sfiducia nella politica alla narrazione – pressoché invariata nell’ultimo decennio, a partire dalla crisi dei rifugiati del 2015 – di una Germania sul punto del tracollo sociale ed economico. Con messaggi diversi concepiti per gruppi diversi, come dimostra il caso di Redfish, sito di disinformazione con base a Berlino, assai popolare negli ambienti di sinistra ancora dopo l’invasione su larga scala dell’Ucraina del 2022, che analisi hanno dimostrato essere finanziato direttamente dal Cremlino.


Non una, dunque, ma molteplici narrazioni, raccolte e sintetizzate anche sul sito del governo federale, capaci di far leva su paure e sentimenti tanto della sinistra anticapitalista che dei conservatori, oltre che su quella massa ingente – presente in ogni democrazia odierna – di indifferenti, qualunquisti e cittadini arrabbiati (Wutbürger). Così, l’allarme per la sovranità perduta della Germania e per la sua identità minacciata convive con quello per le élite che agiscono contro il popolo, minacciando la democrazia, il pericolo dell’antisemitismo crescente con quello per la censura delle istituzioni tedesche contro i palestinesi. Da segnalare, inoltre, per la sua efficacia e diffusione, la narrazione a cui la studiosa lettone Solvita Denise-Liepnice ha dato il nome di hahaganda (dall’interiezione della risata) “che si basa sulla ridicolizzazione di istituzioni e politici” per recidere il legame di fiducia, fondante in ogni democrazia, tra la società e i suoi rappresentanti.


Non sorprende, così, che il Cremlino abbia deciso, in occasione del voto tedesco, di supportare due formazioni che, per quanto affini nel comune denominatore populista, si trovano ai due opposti dello schieramento politico: l’estrema destra dell’AfD e il Bündnis Sahra Wagenknecht, formazione nata nel 2023 da una costola della Linke. Entrambi i partiti chiedono, sovrapponendosi e moltiplicando la propaganda del Cremlino, un’immediata sospensione del supporto politico e militare a Kyiv, la fine delle sanzioni e il ritorno immediato a una dipendenza energetica da Mosca. 


Una ricerca, citata dall’emittente tedesca Deutsche Welle, dimostra come all’inizio del 2024 l’obiettivo della campagna di disinformazione russa Doppelgänger, che tratteremo a breve, fosse quello di portare l’AfD al 20% alle elezioni di febbraio. Inquieta non poco, anche tenendoci lontani da un troppo facile rapporto di causa e effetto, appurare come il risultato finale sia stato esattamente quello: il 20,6%.


Se è ben noto il legame fra l’AfD e Mosca, anche in ragione di casi che hanno avuto risonanza mediatica come quello di Maximilian Krah, interrogato dall’FBI nel dicembre 2023 di ritorno dagli Stati Uniti, dove era andato per incontrare Trump, su presunti pagamenti ricevuti dai russi (lo stesso Krah, divenuto nel frattempo europarlamentare, è stato anche coinvolto in uno scandalo per presunte tangenti ricevute dai servizi segreti di Pechino), non trascurabile è anche il ruolo del partito di Wagenknecht nel portare avanti l’agenda putiniana in Germania. Significative, a tal proposito, le parole di Dmitri Stratievski, direttore del Centro Berlinese di Studi sull’Europa Orientale (Osteuropa-Zentrum Berlin e.V.): “Se guardiamo ai raduni di Sahra Wagenknecht, che ufficialmente promuovono la pace in Europa, vediamo a volte bandiere russe fra i partecipanti. Gli ex aderenti alle manifestazioni filorusse [proibite a partire dalla primavera 2022] non organizzano più cortei separati, ma si integrano in proteste tedesche più ampie che non violano direttamente la legge tedesca.”


Ma come agisce in concreto la propaganda russa per influenzare la politica e la società tedesca? Una chiave importante, negli ultimi anni, è stata la campagna denominata Doppelgänger, atta a disseminare paura, scontento e sfiducia nella politica, promuovendo al contempo le narrative del Cremlino. Il tutto utilizzando dei bot, ovvero un’applicazione software automatizzata per diffondere messaggi che simulano l’interazione umana.


All’inizio del 2024, il Ministero degli Esteri tedesco ha identificato più di 50.000 account utente falsi su X, che hanno pubblicato oltre un milione di tweet in lingua tedesca per un totale di oltre 2,8 milioni di visualizzazioni. Questi, in ragione dei loro tassi di interazione atipici, sono abbastanza facili da riconoscere per i gli esperti, spiega Lea Frühwirth, ricercatrice presso il CeMAS (Center für Monitoring, Analyse und Strategie): più che sulla qualità, dunque, si punta sui grandi numeri. Molti degli account da cui partono, inoltre, denunciano palesemente il loro essere falsi grazie alla mancanza di altri post condivisi dai profili e a un’analisi degli orari di pubblicazione, che svelano un coordinamento automatizzato.


Notizie false o distorte vengono diffuse attraverso siti che danno l’illusione di provenire da media affidabili, ma sono in realtà prodotti dall’intelligenza artificiale. I contenuti vengono quindi diffusi a cascata sui social. Come afferma il diplomatico ed ex giornalista Ralf Beste: “È come se una persona pubblicasse un’informazione e migliaia reagissero ad essa. Si può falsificare di tutto con bot, robot e macchine, e questo non era possibile nella stessa misura cinque anni fa”. Notizie inverosimili, come ad esempio un piano del governo tedesco di legalizzare la pedofilia, trovano così ampia risonanza nella rete.


Ancor più raffinata e efficace è la campagna denominata Storm-1516, che è stata centrale nelle elezioni tedesche di febbraio. Ancora una volta, troviamo testate inesistenti che hanno nomi come “Berliner Aktuelle Nachrichten”, “Narrativ” o “Echo der Zeit”, strapiene di articoli prodotti con ChatGpt. Ma, questa volta, ad amplificare i contenuti malevoli nascosti in oceani di automazione non troviamo più bot, ma un coordinamento di influencer e persone reali. Fra questi figure ben note qui in Germania, da Michael Wittwer, no vax ed ex candidato del partito di estrema destra Pro Chemnitz, a Jovica Jović, attivista pro-Cremlino, fino a quella che è forse la più conosciuta, Alina Lipp, influencer filorussa che gestisce un canale su Telegram, Neues aus Russland, con oltre 182mila abbonati. Un salto di qualità che dimostra la capacità della macchina della disinformazione russa di evolversi e imparare dai propri errori.


Non solo: utilizzando attori e la tecnologia deepfake, vengono prodotti video falsi ma assai realistici in cui si vedono presunti testimoni diffondere le menzogne confezionate dal Cremlino. Le storie false, come racconta il centro di giornalismo investigativo Correctiv, il cui lavoro è fondamentale per comprendere la vasta tematica che raccontiamo, sono le più disparate: parlano di inesistenti ville californiane faraoniche per il cancelliere Olaf Scholz e la leader dei Verdi, Franziska Brantner; e, ancora, di abusi sessuali del vicecancelliere Robert Habeck o di avventure sessuali della ministra degli esteri Annalena Baerbock con un gigolò durante i suoi viaggi diplomatici in Africa. Non manca poi, come prevedibile, la chiave emotiva della migrazione per seminare rabbia e sdegno: ecco dunque le storie su un accordo con il Kenya che porterebbe 1,9 milioni di africani in Germania.


L’operazione Storm-1516 era stata già sperimentata lo scorso anno negli Stati Uniti per discreditare la candidata alla presidenza Kamala Harris. Dato il successo, raccontano gli autori dell’indagine di Correctiv, sarebbe stata impiegata anche sulla Germania. Con un filo rosso che, sia nel caso americano che in quello tedesco, porta a un ex marine e agente statunitense ora residente in Russia, John Mark Dougan, e all’ex fabbrica di troll di Evgenij Prigožin, la Internet Research Agency (IRA), parte della quale, dopo la morte del leader della Wagner, sarebbe stata riciclata proprio in questa nuova veste.


Parallela alle due già menzionate, nelle ultimi elezioni tedesche il regime russo avrebbe impiegato anche una terza operazione, già utilizzata in Francia, denominata Matrioska. Protagonista, ancora una volta, un esercito di bot programmato per seminare caos e sfiducia. In modi originali e imprevedibili: giornalisti, gruppi e agenzie di esperti inondati da richieste per un numero altissimo, e quindi impossibile da verificare, di notizie false che viene loro richiesto di smascherare con il debunking. Il tutto con il doppio obiettivo, da un lato, di liberare il campo per la diffusione dei falsi su cui si è scelto di investire (protagonisti i soliti temi: migrazione, criminalità, terrorismo, diffusi in video falsi spacciati anche per produzioni di Deutsche Welle o del quotidiano tedesco “Bild”) e, dall’altro, di impedire che gli esperti possano portare a termine la loro opera di verifica. Come commenta ancora Ralf Beste:


“L’aspetto infido della disinformazione è che è manipolativa e può quindi distruggere la fiducia. Aumenta l’incertezza quando si ha l’impressione che le bugie vengano diffuse ovunque e non si può più essere sicuri di ciò a cui si possa credere”.


Da menzionare è anche la lunga serie – mai interrotta – di cyberattacchi contro le istituzioni, i partiti e il governo, che lo scorso giugno aveva portato Berlino a richiamare il suo ambasciatore a Mosca. Attacchi che ora prendono di mira anche le organizzazioni non governative. Ma i tentativi di Mosca di manipolare l’opinione pubblica tedesca non si fermano alla sola rete. A febbraio, ovvero in piena campagna elettorale, oltre 270 automobili nel Baden-Württemberg, a Berlino, nel Brandeburgo e in Baviera sono state vandalizzate con i tubi di scarico intasati con schiuma da costruzione. I sabotatori hanno lasciato adesivi con lo slogan “Be greener!” e perfino una foto del ministro verde Habeck, cosa che ha portato diversi media tedeschi, in un primo momento, ad attribuire gli attacchi ad attivisti per il clima, salvo poi scoprire, ancora una volta, lo zampino di Mosca dietro l’operazione.


Droni di spionaggio nel territorio tedescoun incendio doloso contro un aereo della DHL e persino un attentato sventato contro l’amministratore delegato di Rheinmetall, la più importante azienda tedesca produttrice di armi, completano il quadro allarmante – per quanto ci è possibile sapere, almeno – di quanto portato avanti solo negli ultimi mesi in Germania.


Uno spettro assai ampio, dunque, che fa della sua imprevedibilità la ricetta vincente. Come afferma Sönke Marahrens, esperto di guerra ibrida, la propaganda russa si è evoluta rispetto ai tempi dell’URSS, quando gravitava ancora attorno a un chiaro perno ideologico, quello del comunismo: “Oggi qualsiasi opinione viene sostenuta solo per creare scontento, ed è dunque molto difficile da cogliere. Ma le conseguenze di tale malcontento si possono vedere tanto nell’omicidio del politico Walter Lübcke che nell’attacco alla sinagoga di Halle.” I due casi a cui allude, entrambi riconducibili a una matrice di estrema destra, sono l’omicidio del prefetto di Kassel Lübcke avvenuto nel 2019 e l’attentato, sempre nello stesso anno, costato la vita a due persone durante lo Yom Kippur.


Guardando in prospettiva, rischia di essere sempre più difficile distinguere l’influenza malevola russa da quella che l’amministrazione Trump sta già dispiegando in Germania, con particolare attenzione nei confronti della CDU, il partito di Friedrich Merz che sia avvia a guidare il prossimo governo di coalizione. Un doppio fronte della disinformazione, come lo ha chiamato il “New York Times”, già sperimentato nelle elezioni appena concluse, quando Elon Musk e il governo di Washington hanno alimentato una campagna di disinformazione convergente con quella di del Cremlino, fatta da “un torrente di falsità, deepfake e propaganda guidata dai bot che minacciava di erodere la fiducia nelle istituzioni politiche”. “Una sfida senza precedenti,” commenta ancora il NYT, dalla quale la Germania è uscita frastornata e indebolita.


Ricerche diffuse dall’emittente franco-tedesca Arte dimostrano come il 95% delle attività sospette su X/Twitter nella campagna elettorale promuovesse l’AfD, mentre i dati quantitativi emersi da una ricerca di Global Witness portano alla luce come gli algoritmi tanto di X quanto di TikTok spingessero verso la stessa direzione: “I test hanno dimostrato che TikTok raccomandava un 78% di contenuti di estrema destra, mentre X ne raccomandava il 64%. Le piattaforme hanno promosso principalmente contenuti del partito AfD.” Si è parlato, in tal senso, di un “effetto Musk”, determinante nell’ascesa della destra radicale, e non si può che chiedersi a cosa porterà – in termini di minaccia per la Germania e l’Europa – il progressivo avvicinamento fra Mosca e Washington.


Sono ancora definibili come democratiche, sorge spontaneo chiedersi, delle elezioni che avvengano in simili condizioni? E, se sì, dato anche il rapido deterioramento dello spazio dell’informazione, per quanto potranno ancora esserlo? La sfida delle democrazie europee contro la disinformazione, e gli oligarchi e i governi che la nutrono sia da Ovest sia da Est, ricorda sempre più una partita a scacchi in cui l’avversario abbia la facoltà di cambiare le regole del gioco dopo ogni mossa. Una partita che, al momento, sembra molto difficile da vincere.

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