(di Andreas Umland, analista presso il Centro di Stoccolma per gli studi sull’Europa orientale (SCEEUS) dell’Istituto Svedese per gli Affari Internazionali (UI), traduzione a cura di Memorial Italia; foto: Kremlin.ru, CC BY 4.0, via Wikimedia Commons, con modifiche)
22 gennaio 2025
alle ore 09:23
Ciò che ha configurato l’inizio e la prosecuzione della guerra Russo-Ucraina dal 2014 a oggi è che la Russia possiede armi di distruzione di massa e l’Ucraina no. Paradossalmente, questa situazione bellicista è legittimata, codificata e preservata da uno degli accordi multilaterali più politicamente importanti e, con 191 stati firmatari, più completi del diritto internazionale moderno. A consentire alla Russia – in quanto stato ufficialmente dotato di armi nucleari – di costruire e acquisire testate atomiche è il Trattato di Non-Proliferazione Nucleare (Tnp) del 1968. Allo stesso tempo, il Tnp vieta esplicitamente all’Ucraina, in quanto stato ufficialmente non dotato di armi nucleari, di fare lo stesso. Gli alleati non nucleari dell’Ucraina, dal Canada a ovest al Giappone a est, sono similmente vincolati, dal Tnp come dalle convenzioni sulle armi chimiche e biologiche, al loro status di potenze militari puramente convenzionali.
Nel suo secondo articolo, il Tnp postula per tutti, tranne cinque dei suoi 191 stati firmatari, Ucraina compresa, che “ogni Stato non dotato di armi nucleari facente parte del Trattato si impegna a non ricevere armi o altri dispositivi nucleari esplosivi o controllare tali armi o dispositivi esplosivi in maniera diretta o indiretta; a non fabbricare o acquisire armi o dispositivi nucleari esplosivi; a non cercare di ricevere alcuna assistenza nella fabbricazione di armi o altri dispositivi nucleari esplosivi”. Il Tnp ha quindi impedito sia la deterrenza sia la difesa dell’Ucraina contro la Russia, stato ufficialmente dotato di armi nucleari.
Il Memorandum di Budapest del 1994 come appendice al Trattato di Non Proliferazione Nucleare
Ancora più paradossale è che l’Ucraina post-sovietica possedeva nei primi anni Novanta il terzo arsenale di testate nucleari del mondo, eredità dell’Unione Sovietica dissoltasi tra agosto e dicembre del 1991. A ridosso dell’indipendenza, il numero delle armi atomiche ucraine fu per un breve periodo maggiore della somma delle armi di distruzione di massa di Cina, Francia e Regno Unito. La maggior parte degli osservatori ucraini e molti fra quelli stranieri ammettono ora che fu un’ingenuità, da parte di Kyiv, sbarazzarsi a metà degli anni Novanta di tutto il materiale nucleare (e non di una parte soltanto), della tecnologia e dei vettori. Di sicuro fu imprudente non esigere in cambio un meccanismo di protezione affidabile come l’adesione alla Nato o un patto di mutua assistenza con gli Stati Uniti. Peggio ancora, molte testate, missili, bombardieri, ecc. ucraini non sono stati distrutti in Ucraina, ma trasferiti (fra tutti i paesi possibili…) in Russia.
In cambio del suo disarmo nucleare volontario, Kyiv ha ricevuto, invece di un’alleanza che potesse proteggerla, una garanzia scritta di Mosca che, nello scellerato Memorandum di Budapest, prometteva di rispettare la sovranità e l’integrità dell’Ucraina. All’ultimo vertice della Conferenza per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa, prima della sua trasformazione in OSCE, nel dicembre 1994, la Federazione Russa, gli Stati Uniti e il Regno Unito firmarono con l’Ucraina nella capitale ungherese il fatidico “Memorandum sulle garanzie di sicurezza in relazione all’adesione dell’Ucraina al Trattato di Non-proliferazione delle armi nucleari.” Il breve documento replicava due memoranda analoghi stilati appositamente per i detentori post-sovietici di parti dell’ex arsenale atomico dell’URSS, ovvero Ucraina, Bielorussia e Kazakistan. In quanto “governi depositari” del Trattato di Non-Proliferazione, dal 1994 a oggi Mosca, Washington e Londra erano e sono i garanti dei confini di queste tre ex colonie russe e repubbliche sovietiche.
Nei loro tre Memoranda di Budapest, gli stati depositari del Tnp hanno assicurato a Kyiv, Minsk e Almaty/Astana che non avrebbero esercitato pressioni né avrebbero attaccato i tre paesi post-sovietici. USA, Regno Unito e Federazione Russa lo avevano accettato previa promessa di Ucraina, Bielorussia e Kazakistan di sbarazzarsi di tutte le testate nucleari in loro possesso e di accettare il regime di non-proliferazione come stati non dotati di armi nucleari. Cina e Francia – gli altri due stati ufficialmente dotati di armi nucleari ai sensi del Tnp – hanno proceduto a dichiarazioni individuali, assicurando anch’esse a Ucraina, Bielorussia e Kazakistan il rispetto dei loro confini. Recentemente questa storia è stata raccontata nel dettaglio da Mariana Budjeryn, storica del nucleare dell’università di Harvard, nel suo pluripremiato Inheriting the Bomb: The Collapse of the USSR and the Nuclear Disarmament of Ukraine (Johns Hopkins University Press, 2022).
Assicurazioni di sicurezza o garanzie?
A voler essere pignoli, i titoli in lingua inglese dei tre Memoranda di Budapest parlano solo di “assicurazioni di sicurezza” dei governi depositari del Tnp per Ucraina, Bielorussia e Kazakistan. Questo dettaglio lessicale induce talvolta a intendere che le promesse fatte da Washington, Mosca e Londra a Kyiv, Minsk e Almaty/Astana nel 1994 siano solo semi-obbligatorie. Di conseguenza, la palese violazione della Russia del suo accordo ventennale con l’Ucraina con l’annessione delle Crimea nel 2014, così come molte azioni simili di Mosca, sarebbero solo violazioni minori di alcune assicurazioni ormai obsolete e della logica del regime di non-proliferazione.
Tuttavia, le traduzioni ufficiali dei Memoranda al momento più rilevanti – ossia le versioni in russo e ucraino del documento – si distaccano notevolmente dall’originale inglese. I titoli del Memorandum di Budapest in russo e ucraino parlano di “garanzie di sicurezza,” cioè in russo di “o garantijach bezopasnosti” e in ucraino di “pro harantiji bezpeky”. Allo stesso tempo, le traduzioni in russo e ucraino della frase “sulle assicurazioni di sicurezza” nella versione inglese del Memorandum di Budapest, ossia “o zaverenijiach bezopasnosti” o “pro zavirennja bezpeky”, non compaiono nei titoli delle versioni in russo e ucraino del Memorandum stesso.
Di fatto, nella versione inglese del Memorandum di Budapest, Washington e Londra hanno, quindi, solo “assicurato”, che non avrebbero esercitato pressioni o attaccato l’Ucraina post-sovietica. Al contrario, nelle versioni in russo e ucraino del documento, Mosca ha “garantito” a Kyiv l’integrità territoriale e l’indipendenza dell’Ucraina. La parola russa per garanzie (al caso prepositivo) è “garantijach”, mentre la parola ucraina per garanzie (al caso accusativo) è “harantiji”. Se scritte in lettere cirilliche, queste due parole appaiono sufficientemente simili da affermare che Mosca ha pienamente compreso, nel dicembre 1994, che stava dando a Kyiv garanzie piuttosto che semplici assicurazioni di sicurezza.
La Russia e il sovvertimento del Tnp prima della guerra
La Russia ha iniziato a violare il Memorandum di Budapest e la logica del Tnp già prima dell’inizio della guerra contro l’Ucraina e dell’occupazione della Crimea nel febbraio 2014. Già nel 2003, per esempio, la Russia ha cercato di violare il territorio nazionale e il confine dell’Ucraina con un progetto unilaterale di infrastrutture (poi abortito) che riguardava l’isola ucraina di Tuzla nello Stretto di Kerč, nel Mar Nero. Dieci anni dopo, Mosca ha tentato di impedire la conclusione di un accordo di associazione già inizializzato fra Kyiv e l’Unione Europea. Per tutto il 2013, Mosca ha esercitato forti pressioni economiche e politiche su Kyiv, condotta esplicitamente vietata dal terzo articolo del Memorandum di Budapest.
Vale la pena ricordare che già a metà degli anni Novanta, molto prima che la stella di Putin iniziasse la sua ascesa nella politica russa, la Russia aveva iniziato a violare apertamente la logica del regime di non-proliferazione nello spazio post-sovietico. Mosca lo faceva ai danni di un altro Stato successore europeo dell’URSS, la Repubblica di Moldova, che non era stata coinvolta nel Memorandum di Budapest ma che, come l’Ucraina, aderì al Tnp come stato non dotato di armi nucleari nel 1994. In quell’anno Chişinău firmò anche un accordo con Mosca sul ritiro delle truppe russe e sulla dissoluzione della non riconosciuta “Repubblica Moldava della Transnistria” (nella Moldova Orientale) sostenuta da Mosca. A trent’anni di distanza, nessuno degli obblighi dello stato dotato di armi nucleari, la Russia, nei confronti dello stato non dotato di armi nucleari, la Moldova, è stato rispettato.
Una storia simile è in corso dalla fine degli anni 2000 in Georgia, che aderì anch’essa al Tnp nel 1994 come stato non dotato di armi nucleari. Alla fine della Guerra dei Cinque Giorni tra Russia e Georgia nell’agosto 2008, la Russia firmò un cessate il fuoco con la Georgia – il cosiddetto “Piano Sarkozy” – che obbligava Mosca a ritirare le sue truppe dal Paese. E invece, la Russia ha comunque lasciato in territorio georgiano buona parte delle sue forze regolari, violando la promessa del 2008. Inoltre, Mosca ha riconosciuto l’indipendenza di due regioni separatiste della Georgia, Abchazia e “Ossezia del Sud”, in ovvia contraddizione con la logica del regime di non-proliferazione che Russia e Georgia hanno ufficialmente accettato.
Ad essere precisi, la continua violazione dell’integrità territoriale di Moldova, Georgia e Ucraina è determinata principalmente dalla potenza militare convenzionale russa, piuttosto che da quella nucleare. Tuttavia, il possesso da parte di Mosca di armi atomiche, così come il mancato possesso di armi di distruzione di massa da parte di Chișinău, Tbilisi e Kyiv è stato un elemento essenziale nello scenario del comportamento espansivo del Cremlino da trent’anni a questa parte. Senza la sua grande capacità militare nucleare, la Russia avrebbe dovuto essere molto più cauta nel dispiegamento permanente di forze convenzionali nei paesi in cui queste truppe non sono desiderate.
Inoltre, contrariamente alle rivendicazioni altisonanti del Cremlino, le aggressioni di Mosca sono solo parzialmente correlate agli affari internazionali o interni di Moldova, Georgia e Ucraina. Le truppe russe sono stanziate illegalmente nei territori, da un lato, di stati aspiranti membri della NATO come Georgia e Ucraina, e dall’altro lato in quelli della Repubblica di Moldova, ufficialmente neutrale e che, secondo la Costituzione del 1994 a tutt’oggi in vigore, non può né entrare nella NATO né consentire l’accesso di truppe straniere sul suo territorio. Oggi come in passato, l’occupazione russa di Transnistria, Abchazia e “Ossezia del Sud” è continuate indipendentemente dalla posizione filorussa o filooccidentale dei governi di Moldova e Georgia. Che i governi di Chișinău e Tbilisi fossero comunisti o nazionalisti, favorevoli o avversi a Mosca, poco è cambiato riguardo all’occupazione illegale russa di territori ufficialmente appartenenti ai due paesi. Il tutto nonostante i territori suddetti siano coperti dal Tnp e da svariati altri trattati relativi sulla sicurezza che coinvolgono Russia, Georgia e Moldova.
Una storia simile vale anche per come la Russia si sta comportando con l’Ucraina. Oggi molti osservatori dimenticano che Mosca aveva intensificato la sua guerra “ibrida” e non cinetica contro l’Ucraina già prima del 2014, e che aveva iniziato l’occupazione militare della Crimea il 20 febbraio del 2014. In quel periodo a capo dell’Ucraina c’era Viktor Janukovyč, politico dichiaratamente filorusso. Il suddetto presidente aveva pieni poteri anche quando la Russia, per tutto il 2013, esercitò forti pressioni economiche e politiche sull’Ucraina affinché non firmasse l’accordo di associazione con l’Unione Europea. Questo nonostante l’obbligo di Mosca, – così come di Washington e Londra – nel Memorandum di Budapest di “astenersi da qualsivoglia coercizione economica volta a subordinare ai propri interessi l’esercizio da parte dell’Ucraina dei diritti inerenti alla propria sovranità, e quindi a garantirsi vantaggi di qualsiasi tipo.” Janukovyč era ancora in carica anche quando, nel febbraio 2014, la Russia iniziò a occupare illegalmente la penisola ucraina di Crimea, azione vietata anche dal Memorandum di Budapest. Janukovyč lasciò il suo incarico presidenziale, la città di Kyiv e l’Ucraina (per andarsene in Russia) solo dopo che truppe russe regolari, per quanto senza mostrine, avevano già iniziato a prendersi con la forza l’Ucraina meridionale.
Come Mosca ha messo in crisi il Tnp
Dal febbraio 2014 la Russia non solo ha attaccato l’Ucraina con ferocia sempre maggiore, ricorrendo a mezzi militari e non militari e impiegando forze regolari e irregolari. Ha anche violato in maniera sempre più spudorata e dimostrativa le garanzie di sicurezza fornite a Kyiv attraverso il Memorandum di Budapest del 1994. La condotta di Mosca ha quindi progressivamente contraddetto, se non sovvertito, la logica del Trattato di Non-Proliferazione in vigore dal 1970.
Oggi, insieme a convenzioni analoghe sulle armi chimiche e biologiche, il Tnp è parte integrante del sistema di sicurezza globale post-1945 basato sulle Nazioni Unite. Al di là della lettera, la funzione implicita del Tnp è garantire l’integrità territoriale degli Stati privi di armi nucleari, specie di fronte ai cinque Stati che le possiedono ufficialmente. Nell’introduzione del Tnp si ricorda che
“in conformità con lo Statuto delle Nazioni Unite [gli] Stati [che hanno firmato il Trattato o vi hanno aderito] devono astenersi nelle loro relazioni internazionali dalla minaccia o dall’uso della forza, sia contro l’integrità territoriale o l’indipendenza politica di qualsiasi Stato, sia in qualunque altra maniera incompatibile con i fini delle Nazioni Unite […]”.
Stabilendo che solo cinque Paesi, ossia i membri permanenti del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, possono ufficialmente detenere armi nucleari, il Tnp mira a ridurre, in generale, il rischio di guerre tra Stati e, in particolare, l’uso di armi nucleari come strumenti di una politica estera espansionistica.
La Russia, in quanto successore legale dell’URSS, Stato fondatore e depositario del Tnp, nonché garante esplicito dell’inviolabilità dei confini dell’Ucraina attraverso il Memorandum di Budapest, ha ormai stravolto l’idea stessa del regime di non-proliferazione. Consentendo alla Russia di possedere armi nucleari, il Tnp la aiuta infatti a condurre la sua guerra espansionistica e genocida contro l’Ucraina. D’altra parte, vietando all’Ucraina di diventare una potenza nucleare, il Trattato ha privato Kyiv di un valido deterrente e ha impedito al Paese di difendersi con efficacia dagli attacchi che la Russia conduce dal 2014.
Il Tnp ha messo Mosca in condizione di minacciare di annientamento atomico non solo l’Ucraina ma anche tutti gli alleati, specie quelli non nucleari, che continuano a sostenere la sua resistenza contro la spregiudicata espansione territoriale della Russia e contro il terrore che essa semina senza sosta tra la popolazione civile. Il fatto che il Tnp consente alla Russia di possedere armi nucleari ha già in passato trattenuto gli Stati rispettosi del diritto internazionale dal fornire all’Ucraina sostegno militare, e continuerà a farlo anche nel futuro prossimo. Ciò riguarda sia la fornitura di alcune tecnologie militari convenzionali particolarmente efficaci, come i missili da crociera tedeschi Taurus, sia il dispiegamento di truppe alleate sul territorio ucraino, siano esse inviate dalla NATO, dall’UE o da una coalizione ad hoc di Stati amici dell’Ucraina.
Se nel 2014 l’Ucraina fosse stata una potenza atomica, molto probabilmente Mosca non avrebbe attaccato, temendo che intere città della Russia sarebbero state distrutte dalla risposta nucleare, come accadde a Hiroshima e a Nagasaki nell’agosto 1945. D’altra parte, se nel 2014 Mosca non avesse avuto armi nucleari è molto probabile che gli alleati occidentali di Kyiv sarebbero intervenuti senza indugio. Probabilmente, nel 2014-2015, una coalizione di volenterosi avrebbe liberato la Crimea annessa illegalmente e i territori del Donbas occupati. Proprio come nel 1991 una coalizione guidata dagli Stati Uniti liberò il Kuwait dopo che l’anno precedente l’Iraq lo aveva occupato e annesso.
Pertanto, le norme contenute nel Tnp hanno, da una parte, agevolato l’espansione territoriale di Mosca e la sua guerra genocida, cominciate entrambe nel 2014, mentre dall’altra hanno determinato la riluttanza della comunità internazionale a rigettare con decisione le prime conquiste territoriali ottenute dalla Russia, a impedire la sua ulteriore espansione e a prevenire il genocidio in corso in Ucraina.
Conclusioni e raccomandazioni politiche
Il regime di non-proliferazione è entrato in vigore nel 1970 e ha finora tratto la sua legittimità dall’essere un accordo globale che contribuisce a ridurre le guerre, a evitare escalation militari e a prevenire l’uso di armi nucleari per fini espansionistici. Tuttavia, il Tnp produce effetti ben diversi se guardiamo alle acquisizioni territoriali della Russia e alla guerra di annientamento che essa conduce contro l’Ucraina, Stato firmatario del Tnp. Dal 2023, questi effetti corrosivi sono ulteriormente esacerbati dal coinvolgimento sempre più diretto nella guerra Russo-Ucraina della Corea del Nord, una potenza nucleare che non ha nemmeno aderito alla Convenzione sulle armi chimiche. L’Ucraina, alla quale il Tnp vieta di possedere armi nucleari, è adesso attaccata da due Paesi che, più o meno legalmente, le posseggono.
Inoltre, nel suo tentativo di sovvertire il regime di non-proliferazione, la Russia può in un modo o nell’altro contare sul sostegno di altri Stati firmatari del Tnp. La Cina, Stato ufficialmente dotato di armi nucleari, e l’Iran, che almeno per adesso non ne possiede, appoggiano la Russia attivamente, fornendole aiuti militari e non militari così come tecnologia a doppio uso. Il sostegno della Cina è in aperta contraddizione con le garanzie di sicurezza fornite all’Ucraina il 4 dicembre 1994. In quella storica dichiarazione depositata presso le Nazioni Unite Pechino ha garantito a Kyiv, con riguardo alla sua decisione di rinunciare al proprio arsenale nucleare ai sensi del Memorandum di Budapest e del Tnp, che la Cina “comprende pienamente la necessità dell’Ucraina di avere garanzie di sicurezza. […] Il governo cinese si è sempre opposto alla pratica di esercitare pressioni politiche, economiche o di altra natura nei confronti di altri Stati. Ritiene infatti che le divergenze e le controversie debbano essere risolte negoziando alla pari. […] La Cina riconosce e rispetta l’indipendenza, la sovranità e l’integrità territoriale dell’Ucraina”.
Sempre nel 1994, anche la Bielorussia ha firmato il proprio Memorandum di Budapest, insieme a Stati Uniti, Regno Unito e Federazione Russa. Eppure, oggi consente alla Russia di far stazionare sul proprio territorio non solo truppe e armi convenzionali ma anche parte del suo arsenale atomico. In questo modo, e in molti altri, Minsk sostiene Mosca nel suo sforzo bellico contro l’Ucraina e contribuisce a minare lo spirito del Tnp e dei Memoranda di Budapest.
L’India, che come la Corea del Nord è uno Stato nucleare e non aderisce al Tnp, diversamente da quest’ultima a parole è dalla parte dell’Ucraina. Dal 2022 è tuttavia un importante partner commerciale della Russia. Seppur indirettamente, anche Nuova Delhi concorre dunque a corrodere la fiducia internazionale nella logica della non-proliferazione.
È chiaro che il funzionamento e il futuro del Tnp sono legati a doppio filo all’andamento, all’esito e alle ripercussioni della guerra russo-ucraina. Data l’importanza che il regime di non-proliferazione riveste per tutta l’umanità, raccomandiamo agli attori intenzionati a difenderlo le seguenti azioni:
- Washington e Londra, in quanto governi depositari del Trattato di non-proliferazione nucleare del 1968 e firmatari del Memorandum di Budapest del 1994, hanno una responsabilità particolare nei confronti di Kyiv. Gli Stati Uniti e il Regno Unito dovrebbero quindi proporre all’Ucraina di trasformare queste garanzie di sicurezza vecchie di trent’anni in un patto di mutua assistenza. Da un lato, una vera e propria alleanza militare tripartita proteggerebbe l’Ucraina fino al suo ingresso nella NATO. Dall’altro, permetterebbe agli alleati dell’Ucraina di beneficiare delle sue crescenti competenze belliche. Tutti gli Stati firmatari del Tnp dovrebbero essere invitati ad aderire a questo trattato di difesa trilaterale e a contribuire in tal modo alla logica del regime di non-proliferazione.
- Tutti gli Stati firmatari interessati alla salvaguardia del Tnp dovrebbero fornire all’Ucraina, Stato non dotato di armi nucleari, tutto il sostegno militare e non militare possibile affinché essa ottenga una vittoria decisiva sul campo e liberi i territori che la Russia ha occupato illegalmente.
- Tutti gli Stati firmatari interessati alla salvaguardia del Tnp dovrebbero chiedere a Mosca di astenersi dalla minaccia di un’escalation nucleare e avvertire la Russia, e i suoi alleati, che una tale escalation provocherebbe una decisa reazione militare e non militare.
- Tutti gli Stati firmatari interessati alla salvaguardia del Tnp dovrebbero sanzionare in modo efficace e condannare pubblicamente la Russia e la Corea del Nord, Stati dotati di armi nucleari, per la guerra espansionistica che conducono sul territorio dell’Ucraina, Stato non dotato di armi nucleari.
- Tutti gli Stati firmatari interessati alla salvaguardia del Tnp dovrebbero spingere per una pace giusta, che preveda il pieno ripristino dell’integrità territoriale dell’Ucraina, la piena conservazione della sua sovranità nazionale, il pieno ritorno dei prigionieri di guerra e dei civili deportati – compresi i bambini – così come il pieno risarcimento per la distruzione subita per mano della Russia.
- Tutte le organizzazioni non governative, le imprese e gli individui che auspicano la continuazione del regime di non-proliferazione dovrebbero usare ogni mezzo di cui dispongono per sostenere la vittoria e la ripresa dell’Ucraina, nonché per sanzionare e contrastare pubblicamente la Russia e la Corea del Nord.