Proteggi le mie parole

Proteggi le mie parole.

A cura di Sergej Bondarenko e Giulia De Florio con prefazione di Marcello Flores (Edizioni E/O, 2022).


«Due membri di Memorial (l’associazione insignita nel 2022 del Premio Nobel per la Pace) – Sergej Bondarenko, dell’organizzazione russa, e Giulia De Florio, di Memorial Italia (sorta nel 2004) – ci presentano una testimonianza originale e inedita che getta una luce inquietante, ma anche di grande interesse, sul carattere repressivo dello Stato russo, prima e dopo il 24 febbraio 2022, data d’inizio della guerra d’aggressione all’Ucraina. La raccolta che viene presentata comprende le ‘ultime dichiarazioni’ rese in tribunale da persone accusate di vari e diversi reati, tutti attinenti, però, alla critica del potere e alla richiesta di poter manifestare ed esprimere liberamente le proprie opinioni»


L’idea del volume nasce da una semplice constatazione: in Russia, negli ultimi vent’anni, corrispondenti al governo di Vladimir Putin, il numero di processi giudiziari è aumentato in maniera preoccupante e significativa. Artisti, giornalisti, studenti, attivisti (uomini e donne) hanno dovuto affrontare e continuano a subire processi ingiusti o fabbricati ad hoc per aver manifestato idee contrarie a quelle del governo in carica. Tali processi, quasi sempre, sfociano in multe salate o, peggio ancora, in condanne e lunghe detenzioni nelle prigioni e colonie penali sparse nel territorio della Federazione Russa. Secondo il sistema giudiziario russo agli imputati è concessa un’“ultima dichiarazione” (poslednee slovo), la possibilità di prendere la parola per sostenere la propria innocenza o corroborare la linea difensiva scelta dall’avvocato/a. Molte tra le persone costrette a pronunciare la propria “ultima dichiarazione” l’hanno trasformata in un atto sì processuale, ma ad alto tasso di letterarietà: per qualcuno essa è diventata la denuncia finale dei crimini del governo russo liberticida, per altri la possibilità di spostare la discussione su un piano esistenziale e non soltanto politico. Il volume presenta 25 testi di prigionieri politici, tutti pronunciati tra il 2017 e il 2022. Sono discorsi molto diversi tra loro e sono la testimonianza di una Russia che, ormai chiusa in un velo di oscurantismo e repressione, resiste e lotta, e fa sentire forte l’eco di una parola che vuole rompere il silenzio della violenza di Stato.

Traduzioni di Ester Castelli, Luisa Doplicher, Axel Fruxi, Andrea Gullotta, Sara Polidoro, Francesca Stefanelli, Claudia Zonghetti.

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La mia vita nel Gulag. Memorie da Vorkuta 1945-1956 di Anna Szyszko-Grzywacz con curatela di Luca Bernardini (Guerini e Associati, 2024). Una testimonianza al femminile sull’universo del Gulag e sugli orrori del totalitarismo sovietico. Arrestata nel 1945 a ventidue anni per la sua attività nell’AK (Armia Krajowa), l’organizzazione militare clandestina polacca, Anna Szyszko-Grzywacz viene internata nel lager di Vorkuta, nell’Estremo Nord della Siberia, dove trascorre undici anni. Nella ricostruzione dell’esperienza concentrazionaria, attraverso una descrizione vivida ed empatica delle dinamiche interpersonali tra le recluse e della drammatica quotidianità da loro vissuta, narra con semplicità e immediatezza la realtà estrema e disumanizzante del Gulag. Una realtà dove dominano brutalità e sopraffazione e dove la sopravvivenza per le donne, esposte di continuo alla minaccia della violenza maschile, è particolarmente difficile. Nell’orrore quotidiano raccontato da Anna Szyszko-Grzywacz trovano però spazio anche storie di amicizia e solidarietà femminile, istanti di spensieratezza ed emozioni condivise in una narrazione in cui alla paura e alla dolorosa consapevolezza della detenzione si alternano le aspettative e gli slanci di una giovane donna che non rinuncia a sperare, malgrado tutto, nel futuro. Anna Szyszko-Grzywacz nasce il 10 marzo 1923 nella parte orientale della Polonia, nella regione di Vilna (Vilnius). Entra nella resistenza nel settembre 1939 come staffetta di collegamento. Nel giugno 1941 subisce il primo arresto da parte dell’NKVD e viene rinchiusa nella prigione di Stara Wilejka. Nel luglio 1944 prende parte all’operazione “Burza” a Vilna come infermiera da campo. Dopo la presa di Vilna da parte dei sovietici i membri dell’AK, che rifiutano di arruolarsi nell’Armata Rossa, vengono arrestati e internati a Kaluga. Rilasciata, Anna Szyszko cambia identità, diventando Anna Norska, e si unisce a un’unità partigiana della foresta come tiratrice a cavallo in un gruppo di ricognizione. Arrestata dai servizi segreti sovietici nel febbraio 1945, viene reclusa dapprima a Vilna nel carcere di Łukiszki, e poi a Mosca alla Lubjanka e a Butyrka. In seguito alla condanna del tribunale militare a venti anni di lavori forzati, trascorre undici anni nei lager di Vorkuta. Fa ritorno in patria il 24 novembre 1956 e nel 1957 sposa Bernard Grzywacz, come lei membro della Resistenza polacca ed ex internato a Vorkuta, con cui aveva intrattenuto per anni all’interno del lager una corrispondenza clandestina. Muore a Varsavia il 2 agosto 2023, all’età di cento anni.

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