In Ucraina sono 5.340 le vittime di sparizioni forzate condotte dall’esercito della Federazione Russa. Il 30 luglio Media Center Ukraine ha ospitato la presentazione dell’indagine sulle sparizioni forzate promossa dall’iniziativa globale T4P (Tribunale per Putin).
T4P ha documentato 5.340 casi di sparizione forzata, ha inoltrato istanza alla Corte penale internazionale e ha presentato una sintesi dell’indagine al gruppo di lavoro delle Nazioni Unite. I giuristi impegnati nell’indagine hanno concluso che la Federazione Russa utilizza in modo consapevole e sistematico la pratica delle sparizioni forzate.
Informazioni più dettagliate sono disponibili in inglese, ucraino e russo sul sito del Gruppo per la difesa dei diritti umani di Charkiv (Memorial Ucraina).
In Ucraina le sparizioni forzate sono iniziate nel 2014, con l’avvio della guerra da parte della Russia. Nel 2015 l’Ucraina ha aderito alla Convenzione internazionale per la protezione di tutte le persone dalle sparizioni forzate. Secondo l’articolo 2 della Convenzione internazionale per la protezione di tutte le persone dalle sparizioni forzate, sono considerati sparizione forzata l’arresto, la detenzione, il sequestro o qualunque altra forma di privazione della libertà da parte di agenti dello Stato o di persone o gruppi di persone che agiscono con l’autorizzazione, il sostegno o l’acquiescenza dello Stato, cui faccia seguito il rifiuto di riconoscere la privazione della libertà o il silenzio riguardo la sorte o il luogo in cui si trovi la persona sparita, tale da collocare tale persona al di fuori della protezione data dal diritto.
Si ritiene dunque forzata la sparizione quando è noto che essa è stata condotta dalle autorità di occupazione o dai militari della Federazione Russa e si ignora il luogo in cui si trova la persona sparita. Come afferma Oleksandra Romancova, direttrice del Centro per le libertà civili, gli ucraini “sono detenuti del tutto illegalmente e senza alcuna accusa nelle carceri della Federazione Russa, in sotterranei dei territori al momento occupati o addirittura in Bielorussia”.
Nel corso della prima ondata di sparizioni forzate, quando sono entrati in Ucraina, i militari della Federazione Russa avevano già a disposizione liste con nomi di persone che in seguito sono scomparse, afferma Anna Ovdienko, avvocata e coautrice dell’indagine: “Erano attivisti, funzionari statali, membri di partiti politici, giornalisti, volontari, personaggi pubblici, difensori dei diritti umani e altre persone che avrebbero potuto opporsi attivamente alla propaganda della Federazione Russa”.
Nel corso della seconda ondata, prosegue Ovidenko, chiunque poteva diventare vittima di sparizione forzata, grazie alle segnalazioni dei collaborazionisti. Spesso le vittime sono state prese di mira per la loro professione, per esempio i fotografi. Se un vicino di casa riteneva che qualcuno avesse fotografato mezzi militari della Federazione Russa, segnalava la persona ai militari della Federazione Russa e la persona scompariva. È stato spesso vittima di sparizione forzata anche chi esprimeva sostegno all’Ucraina, per esempio rifiutandosi di parlare in russo.
I militari della Federazione Russa e le autorità di occupazione non forniscono alcuna informazione sulle persone scomparse, non comunicano cosa sia accaduto, né dove si trovino. Le persone scomparse non figurano né negli elenchi dei prigionieri, né in quelli dei caduti. Il numero delle vittime di sparizione forzata continua ad aumentare, sottolinea Anna Ovdienko: se all’inizio si trattava di circa tremila, adesso si parla di circa cinquemila persone. Le cifre riguardano solo i civili, sottolinea l’avvocata. I militari ucraini scomparsi potrebbero essere molti di più.
Secondo i dati della Corte penale internazionale, il 4% delle sparizioni forzate documentate in Ucraina riguarda bambini. Nella regione di Cherson i bambini spariti sono cinque, nella regione di Charkiv sono 69, in quella di Zaporižžja due. Il Gruppo di difesa dei diritti umani di Charkiv inoltre ha registrato il nome di altri 42 bambini scomparsi.
Tutte le informazioni raccolte dalle organizzazioni per la difesa dei diritti umani sono a disposizione della Corte penale internazionale, pertanto il procuratore capo potrà contattare direttamente le vittime ucraine che da parte loro sono pronte a testimoniare, assicura Anna Ovdienko. La Corte penale internazionale può inoltre avviare un procedimento penale per stabilire chi tra le autorità russe sia responsabile delle sparizioni forzate in Ucraina. Ogni appello alle Nazioni Unite dei difensori dei diritti umani contribuisce inoltre a ristabilire la giustizia storica a livello internazionale, sottolinea Oleksandra Romancova.
Pisa, 8-29 novembre 2024. Mostra “GULag: storia e immagini dei lager di Stalin”.
Il 9 novembre 1989 viene abbattuto il Muro di Berlino e nel 2005 il parlamento italiano istituisce il Giorno della Libertà nella ricorrenza di quella data, “simbolo per la liberazione di Paesi oppressi e auspicio di democrazia per le popolazioni tuttora soggette al totalitarismo”. Per l’occasione, l’assessorato alla Cultura del Comune di Pisa porta a Pisa la mostra GULag: storia e immagini dei lager di Stalin. La mostra, a cura di Memorial Italia, documenta la storia del sistema concentrazionario sovietico illustrata attraverso il materiale documentario e fotografico proveniente dagli archivi sovietici e descrive alcune delle principali “isole” di quello che dopo Aleksandr Solženicyn è ormai conosciuto come “arcipelago Gulag”: le isole Solovki, il cantiere del canale Mar Bianco-Mar Baltico (Belomorkanal), quello della ferrovia Bajkal-Amur, la zona mineraria di Vorkuta e la Kolyma, sterminata zona di lager e miniere d’oro e di stagno nell’estremo nordest dell’Unione Sovietica, dal clima rigidissimo, resa tristemente famosa dai racconti di Varlam Šalamov. Il materiale fotografico, “ufficiale”, scattato per documentare quella che per la propaganda sovietica era una grande opera di rieducazione attraverso il lavoro, mostra gli edifici in cui erano alloggiati i detenuti, la loro vita quotidiana e il loro lavoro. Alcuni pannelli sono dedicati a particolari aspetti della vita dei lager, come l’attività delle sezioni culturali e artistiche, la propaganda, il lavoro delle donne, mentre altri illustrano importanti momenti della storia sovietica come i grandi processi o la collettivizzazione. Non mancano una carta del sistema del GULag e dei grafici con i dati statistici. Una parte della mostra è dedicata alle storie di alcuni di quegli italiani che finirono schiacciati dalla macchina repressiva staliniana: soprattutto antifascisti che erano emigrati in Unione Sovietica negli anni Venti e Trenta per sfuggire alle persecuzioni politiche e per contribuire all’edificazione di una società più giusta. Durante il grande terrore del 1937-38 furono arrestati, condannati per spionaggio, sabotaggio o attività controrivoluzionaria: alcuni furono fucilati, altri scontarono lunghe pene nei lager. La mostra è allestita negli spazi della Biblioteca Comunale SMS Biblio a Pisa (via San Michele degli Scalzi 178) ed è visitabile da venerdì 8 novembre 2024, quando verrà inaugurata, alle ore 17:00, da un incontro pubblico cui partecipano Elena Dundovich (docente di Storia delle relazioni internazionali all’Università di Pisa e socia di Memorial Italia), Ettore Cinnella (storico dell’Università di Pisa) e Marco Respinti (direttore del periodico online Bitter Winter). Introdotto dall’assessore alla cultura Filippo Bedini e moderato da Andrea Bartelloni, l’incontro, intitolato Muri di ieri e muri di oggi: dal gulag ai laogai, descriverà il percorso che dalla rievocazione del totalitarismo dell’Unione Sovietica giunge fino all’attualità dei campi di rieducazione ideologica nella Repubblica Popolare Cinese. La mostra resterà a Pisa fino al 28 novembre.