6 agosto 2024. Il Centro per la difesa dei diritti umani Memorial esprime solidarietà ai cittadini ucraini detenuti in Russia, ai prigionieri politici bielorussi e ai loro cari.
Quindici persone incarcerate per motivi di carattere politico dalle autorità della Federazione Russa e una dalle autorità della Repubblica di Belarus’ sono state rilasciate nello scambio di prigionieri avvenuto il 1 agosto 2024. Siamo felici che queste persone innocenti siano libere.
Tuttavia non dobbiamo dimenticare chi è ancora in carcere. Non parliamo soltanto delle centinaia di altri prigionieri politici, ma anche delle migliaia di cittadini ucraini detenuti in Russia. Considerate l’indeterminatezza del loro status e l’assenza di informazioni su di loro e sui luoghi di detenzione esatti, queste persone si trovano in una situazione ancora più preoccupante, che lascia spazio a ogni sorta di abuso e arbitrio.
Ricordiamo anche le centinaia di prigionieri politici bielorussi detenuti nelle carceri in nome, tra le altre cose, della collaborazione tra due dittature. Quando abbiamo appreso la notizia della partecipazione della Belarus’ allo scambio, abbiamo sperato con il fiato sospeso nella liberazione, in particolare, di Ales’ Bjaljacki, fondatore dell’associazione Vjasna, e di Maryja Kalesnikava, leader del movimento democratico bielorusso, ma non è stato così.
Di fronte alle dittature unite e a una guerra di aggressione, esprimiamo riconoscenza a tutti coloro che hanno contribuito a liberare e salvare la vita dei prigionieri politici e a tutti coloro che sostengono chi soffre a causa dell’arbitrio. Invitiamo a proseguire nella lotta e a ricordare chi ha maggiormente bisogno di sostegno: i cittadini ucraini detenuti in Russia e i prigionieri politici bielorussi.
28 novembre 2024. Sergej Davidis inserito nella lista degli estremisti e terroristi.
Il 28 novembre 2024 Sergej Davidis, copresidente del Centro per la difesa dei diritti umani Memorial, è stato inserito nella “lista degli estremisti e dei terroristi” stilata da Rosfinmonitoring, agenzia federale russa per il monitoraggio delle operazioni finanziarie, con una postilla su un suo “coinvolgimento nel terrorismo”. Inoltre il 5 dicembre il tribunale Ljublinskij di Mosca ha ricevuto la documentazione relativa all’apertura di un procedimento amministrativo. La documentazione ha permesso di comprendere che nei confronti di Davidis è stata emessa una denuncia amministrativa per partecipazione alle attività di un’“organizzazione indesiderata”. Davidis ha anche ricevuto una comunicazione scritta con la quale gli è stato richiesto di presentarsi in procura per fornire spiegazioni e prendere conoscenza della possibilità di dover rispondere a responsabilità amministrativa. Come si evince dalla lettera, l’indagine della procura è legata a materiali di Radio Free Europe/Radio Liberty, indicata in Russia come organizzazione indesiderata. Sembra si faccia riferimento a interviste rilasciate da Sergej Davidis o a suoi commenti sui canali di Radio Free Europe. Con ogni probabilità il procedimento contro Davidis è legato alle sue attività: difendere i prigionieri politici, organizzare il sostegno e richiamare l’attenzione sulla loro situazione in Russia e nel mondo. Non si tratta del primo episodio di repressione nei confronti del copresidente del Centro Memorial nel 2024. A marzo il ministero della giustizia ha dichiarato Memorial “agente straniero”. Ad agosto il Roskomnadzor, servizio per la supervisione delle comunicazioni, della tecnologia dell’informazione e dei mass media della Federazione Russa, ha formalizzato un’accusa per violazione da parte di Davidis delle regole di marcatura in quanto “agente straniero”, indicando otto post apparsi sul suo canale Telegram. A settembre gli è stata comminata una multa di 30.000 rubli. Sergej Davidis ha dichiarato: “Non sono a conoscenza di motivi specifici per aprire nuovi procedimenti. E quale delle mie attività – la co-presidenza del Centro Memorial o la direzione del programma di sostegno ai prigionieri politici – ne sia la ragione. Ma non c’è dubbio che questi nuovi fatti sono un segno dell’attenzione dello Stato nei confronti del nostro lavoro. Ma noi, naturalmente, continueremo a lavorare.”