Direttivo dell’Associazione Internazionale Memorial. 3 agosto 2024.
Foto: Il’ja Jašin con l’uniforme carceraria dopo lo scambio. Evgenij Fel’dman / Meduza. Nel corso della conferenza stampa di ieri, 2 agosto 2024, Jašin ha espresso il desiderio di donare l’uniforme al museo di Memorial.
Il primo agosto tutti noi abbiamo atteso notizie col fiato sospeso, fino a quando ciò che sembrava impossibile da credere è diventato realtà: alcuni prigionieri politici russi noti a livello internazionale, tra i quali il nostro collega Oleg Orlov, sono tornati in libertà. Sono stati graziati con disposizione segreta di Vladimir Putin, finalmente hanno potuto riabbracciare i propri cari, le loro vite (vogliamo crederci!) non sono più in pericolo.
Si tratta, è chiaro, di una splendida notizia che infonde speranza, una notizia di quelle che capitano di rado dopo l’inizio dell’aggressione russa su vasta scala all’Ucraina del 24 febbraio 2022. Ma un retrogusto di amarezza rimane. Chi non ha commesso alcun reato, chi agli occhi dello Stato ha l’unica “colpa” di avere il coraggio di preoccuparsi e lottare con sincerità per il proprio paese, per un futuro costruito sul rispetto delle leggi internazionali e dei diritti umani non dovrebbe essere né condannato né graziato.
Il retrogusto amaro della notizia sta anche nel fatto che oggi in Russia in carcere per le loro opinioni ci sono ancora centinaia di prigionieri politici, in base ad accuse precostituite, ad “articoli del codice penale” antigiuridici creati in tutta fretta per sostenere la guerra. È nostro dovere ricordare ognuno di loro, che si tratti di note figure pubbliche, di attivisti civili, come Jurij Dmitriev, nostro collega di Memorial, o di studenti e pensionati che nessuno conosce e che semplicemente non erano disposti ad agire contro la propria coscienza. Tra di loro ci sono anche gli ucraini finiti nelle mani del sistema giudiziario della Federazione Russa. Continuare a scrivere lettere, esprimere sostegno, richiamare attenzione sulle loro sorti: è questo è il nostro compito.
Lo scambio appena avvenuto è un enorme risultato diplomatico, si tratta di mesi e mesi di lavoro. È pesante rendersi conto che questo lavoro non ha potuto portare alla liberazione di Aleksej Naval’nyj, rimasto vittima della macchina repressiva. Ma è soprattutto un lavoro che non deve fermarsi fino a quando in Russia e Belarus’ ci saranno prigionieri politici, molti dei quali rischiano la vita proprio in questo stesso momento.
La cattiva notizia è che l’attuale governo della Federazione Russa continua a violare il diritto internazionale, salvando assassini e criminali da una giusta condanna, “graziando” ostaggi che ha catturato a questo scopo. E in ostaggio rimane anche l’intero paese, un paese in cui ogni parola libera, come un tempo, è foriera di perdita di libertà.
Ed è per questo che il lavoro e la lotta di Memorial non si fermeranno, “per la vostra e la nostra libertà”.