Oleg Orlov. Confermata la condanna a due anni e mezzo di reclusione.

Giovedì 11 luglio 2024 si è tenuta a Mosca, presso il Mosgorsud, Tribunale municipale di Mosca, l’udienza per il ricorso contro la condanna di Oleg Orlov.

La giudice Marija Larkina ha confermato la sentenza senza modifiche: Oleg Orlov, 71 anni, al momento ex copresidente del Centro per la difesa dei diritti umani Memorial, è ritenuto colpevole di “vilipendio reiterato delle forze armate della Federazione Russa” ed è condannato a due anni e mezzo di reclusione in colonia penale a regime ordinario. Orlov rimane nel centro di detenzione preventiva SIZO-2 di Syzran’, regione di Samara.


In occasione dell’udienza numerose persone si sono raccolte presso il tribunale di Mosca per sostenere Orlov, collegato in videoconferenza dal carcere di Syzran’: tutti i posti erano occupati sia nell’aula principale sia nella sala del collegamento. Erano presenti il giornalista Dmitrij Muratov, premio Nobel per la pace 2021, Vladimir Lukin, ex commissario per i diritti umani della Federazione Russa, il dissidente Vjačeslav Bachmin, i colleghi di Memorial Svetlana Gannuškina e Jan Račinskij, la moglie di Sergej Kovalëv, Ljudmila Bojcova, rappresentanti di ambasciate estere.


Prima dell’inizio dell’udienza Orlov ha salutato tutti i presenti e ha detto: “Non mi pento di niente e non rimpiango niente. Mi trovo nel posto giusto al momento giusto. Mentre nel nostro paese ci sono repressioni di massa, mi trovo accanto a chi è perseguito, e aiuto”. A quel punto l’audio è stato chiuso.

“Censura!” ha gridato qualcuno tra i presenti.


Orlov ha di nuovo richiesto alla corte il rinvio dell’udienza dal momento che la documentazione processuale gli è stata fornita in forma illeggibile: quattro pagine in caratteri minuscoli su uno stesso foglio. La giudice ha respinto la richiesta.

Nel corso del dibattimento l’avvocata Keterina Tertuchina ha sottolineato che nel secondo processo contro Orlov la corte non aveva il diritto di appesantire la posizione dell’imputato attribuendogli l’aggravante di “motivi di odio e ostilità”. La corte inoltre non poteva attribuire a Orlov due anni e mezzo di reclusione in colonia penale a regime ordinario: alle persone condannate per reati di lieve e media gravità e che non hanno mai riportato altre condanne è infatti solitamente attribuita la reclusione in istituto di correzione.

Oleg Orlov ha quindi pronunciato la sua quarta ultima dichiarazione ovvero, secondo il sistema giudiziario russo, la possibilità di prendere la parola per sostenere la propria innocenza o corroborare la linea difensiva scelta dalla difesa.

“Il secondo processo nei miei confronti condotto dal Mosgorsud ha dimostrato che la corte, così come gli inquirenti, eseguivano un ordine di carattere politico.

Non mi resto altro da fare se non una citazione, modificando cinque parole in due passaggi. Ma subito dopo spiegherò cosa ho modificato.

Hanno distorto, deformato e alla fine hanno ottenuto la distruzione completa della giustizia e delle leggi dello Stato. Hanno reso il sistema giudiziario parte integrante della dittatura. Hanno soppresso ogni forma di indipendenza giudiziaria. Hanno minacciato, intimidito, privato dei diritti fondamentali chi si è ritrovato di fronte a un tribunale. I processi da loro condotti sono stati orribili farse con residui rudimentali di procedura giuridica, che erano solo sbeffeggiamenti nei confronti delle sfortunate vittime.

Dal momento che sono in prigione e che qui ho ho conosciuto molte persone, ritengo che abbiano il diritto di pronunciare queste parole non solo i prigionieri politici, ma anche molte altre persone detenute in base a imputazioni che nulla hanno a che vedere con la politica. Queste parole sono sorprendentemente adatte per descrivere l’attuale situazione del sistema giudiziario della Federazione Russa.

Ma sono state pronunciate nel 1947 a Norimberga. Ho solo omesso alcune parole – gli imputati e i loro colleghi – e bisogna indicare il nome dello Stato di cui stiamo parlando: la Germania.

I paralleli sono del tutto evidenti.”

Illustrazione: Marina N.

Foto: Aleksandra Astachova / Mediazona.

Aiutaci a crescere

Condividi su:

Per sostenere Memorial Italia

Leggi anche:

Russia. Anatomia di un regime. Dentro la guerra di Putin.

Russia. Anatomia di un regime. Dentro la guerra di Putin. A cura di Memorial Italia con il coordinamento di Marcello Flores (Corriere della Sera, 2022). «Uno Stato che, al suo interno, viola platealmente e in modo sistematico i diritti umani, diventa per forza di cose una minaccia anche per la pace e per la sicurezza internazionali» La deriva violenta della Russia, culminata nell’aggressione militare nei confronti dell’Ucraina del 24 febbraio 2022 e documentata da tempo sul fronte delle repressioni interne (di cui anche l’associazione Memorial ha fatto le spese), impone una riflessione sempre più urgente su cosa abbia portato il paese a passare dalle speranze democratiche successive al crollo dell’URSS all’odierna autocrazia. Questo volume a più voci, in cui intervengono nel dibattito studiosi italiani e russi che conoscono profondamente la realtà del regime, i metodi, le tecniche di manipolazione del consenso, le curvature ideologiche, il linguaggio politico, affronta la questione da diversi punti di vista, da quello storico a quello culturale e letterario (con implicazioni non solo per la Russia, ma anche per l’Ucraina e i paesi dell’Europa orientale), a quello geopolitico, fino ad arrivare all’attualità, alle proteste e alle forme di dissidenza che continuano eroicamente a esistere per combattere il Moloch putiniano, sempre più assetato di vittime. Nello stallo del conflitto in Ucraina rimane fondamentale il desiderio di comprendere. Non perché non succeda ancora, come scrive Andrea Gullotta nella sua introduzione, richiamandosi ad Anne Applebaum, ma perché “accadrà di nuovo”. Lo testimoniano drammaticamente il protrarsi di una situazione di guerra alle porte dell’Europa, e l’inasprirsi delle persecuzioni, in Russia, contro chi ha cercato e cerca, a rischio della propria vita, di opporsi allo stato di cose e alle terribili conseguenze che può avere su tutti noi. Contributi di Alexis Berelowitch, Marco Buttino, Alessandro Catalano, Aleksandr Čerkasov, Giulia De Florio, Elena Dundovich, Marcello Flores, Giovanni Gozzini, Andrea Gullotta, Inna Karmanova, Massimo Maurizio, Marusja Papageno, Niccolò Pianciola, Marco Puleri.

Leggi

Il caso Sandormoch. La Russia e la persecuzione della memoria.

Il caso Sandormoch. La Russia e la persecuzione della memoria di Irina Flige. A cura di Andrea Gullotta con traduzione di Giulia De Florio (Stilo Editrice, 2022). Il protagonista del libro di Irina Flige è Sandormoch (Carelia), la radura boschiva in cui, negli anni Novanta, Veniamin Iofe, Irina Flige e Jurij Dmitriev scoprirono la fossa comune dove era stata sepolta un’intera tradotta di detenuti del primo lager sovietico, sulle isole Solovki. Sandormoch è un luogo chiave per comprendere il ruolo della memoria storica nella Russia contemporanea e la battaglia ingaggiata dagli attivisti e storici indipendenti contro l’ideologia ufficiale. La scoperta di questa fossa comune e la creazione del cimitero commemorativo sono soltanto due “atti” della tragedia che ruota intorno a Sandormoch e che ha portato all’arresto e alla condanna di Jurij Dmitriev, attualmente detenuto in una colonia penale. Nella peculiare e coinvolgente narrazione di Flige, adatta anche a un pubblico di non specialisti, la memoria si fa vivo organismo, soggetto a interpretazioni, manipolazioni, cancellazioni e riscritture. Il trauma del Gulag si delinea così come il terreno di scontro tra uno Stato autoritario e repressivo e l’individuo libero che vuole conoscere la verità e custodire la memoria del passato. Irina Anatol’evna Flige (1960), attivista per i diritti civili e ricercatrice, collabora da anni con antropologi e storici per condurre ricerche legate alla scoperta e preservazione dei luoghi della memoria del periodo staliniano. Nel 1988 entra a far parte di Memorial, associazione all’epoca non ancora ufficialmente registrata. Ne diventa collaboratrice nel 1991 e dal 2002 ricopre la carica di direttrice di Memorial San Pietroburgo.

Leggi

Proteggi le mie parole

Proteggi le mie parole. A cura di Sergej Bondarenko e Giulia De Florio con prefazione di Marcello Flores (Edizioni E/O, 2022). «Due membri di Memorial (l’associazione insignita nel 2022 del Premio Nobel per la Pace) – Sergej Bondarenko, dell’organizzazione russa, e Giulia De Florio, di Memorial Italia (sorta nel 2004) – ci presentano una testimonianza originale e inedita che getta una luce inquietante, ma anche di grande interesse, sul carattere repressivo dello Stato russo, prima e dopo il 24 febbraio 2022, data d’inizio della guerra d’aggressione all’Ucraina. La raccolta che viene presentata comprende le ‘ultime dichiarazioni’ rese in tribunale da persone accusate di vari e diversi reati, tutti attinenti, però, alla critica del potere e alla richiesta di poter manifestare ed esprimere liberamente le proprie opinioni» L’idea del volume nasce da una semplice constatazione: in Russia, negli ultimi vent’anni, corrispondenti al governo di Vladimir Putin, il numero di processi giudiziari è aumentato in maniera preoccupante e significativa. Artisti, giornalisti, studenti, attivisti (uomini e donne) hanno dovuto affrontare e continuano a subire processi ingiusti o fabbricati ad hoc per aver manifestato idee contrarie a quelle del governo in carica. Tali processi, quasi sempre, sfociano in multe salate o, peggio ancora, in condanne e lunghe detenzioni nelle prigioni e colonie penali sparse nel territorio della Federazione Russa. Secondo il sistema giudiziario russo agli imputati è concessa un’“ultima dichiarazione” (poslednee slovo), la possibilità di prendere la parola per sostenere la propria innocenza o corroborare la linea difensiva scelta dall’avvocato/a. Molte tra le persone costrette a pronunciare la propria “ultima dichiarazione” l’hanno trasformata in un atto sì processuale, ma ad alto tasso di letterarietà: per qualcuno essa è diventata la denuncia finale dei crimini del governo russo liberticida, per altri la possibilità di spostare la discussione su un piano esistenziale e non soltanto politico. Il volume presenta 25 testi di prigionieri politici, tutti pronunciati tra il 2017 e il 2022. Sono discorsi molto diversi tra loro e sono la testimonianza di una Russia che, ormai chiusa in un velo di oscurantismo e repressione, resiste e lotta, e fa sentire forte l’eco di una parola che vuole rompere il silenzio della violenza di Stato. Traduzioni di Ester Castelli, Luisa Doplicher, Axel Fruxi, Andrea Gullotta, Sara Polidoro, Francesca Stefanelli, Claudia Zonghetti.

Leggi