Mychajlo Puryšev, volontario di Mariupol’: “Ho detto al posto di blocco russo che andavo all’Azovstal’”.

Il volontario ucraino Mychajlo Puryšev di Mariupol' dopo aver messo in salvo la sua famiglia è tornato nella città occupata per portare aiuti umanitari.

Un pazzo: questo era ciò che Mychajlo Puryšev sembrò sia ai suoi conoscenti ucraini sia ai soldati russi incontrati ai punti di blocco per la sua decisione di tornare nella Mariupol’ occupata a consegnare aiuti e a liberare i bambini che si rifugiavano nell’acciaieria Azovstal’. Dopo avere messo al sicuro la sua famiglia e quella del fratello, residenti a Mariupol’, Puryšev aveva deciso di fare ritorno nella città assediata per portare aiuti umanitari. In uno di questi viaggi si era presentato dai soldati russi dichiarando apertamente di voler evacuare i bambini rifugiati all’Azostal’, col risultato che era stato immediatamente consegnato nelle mani dell’FSB. Serhij Okunjev ha raccolto la sua testimonianza per il progetto “Voci dalla guerra”, portato avanti dalla rete di Memorial col Gruppo di difesa dei diritti umani di Charkiv (KhPG o “Memorial Ucraina”). Il video dell’intervista in lingua originale coi sottotitoli in italiano è disponibile sul canale YouTube di Memorial Italia. Riportiamo qui la trascrizione del testo. Le traduzioni italiane sono a cura di Luisa Doplicher, Sara Polidoro, Claudia Zonghetti e altri collaboratori di Memorial Italia.


Serhij Okunjev 07.04.2024


Il volontario superstar di Mariupol’ racconta di essere entrato più volte nella città circondata, proprio mentre le forze armate russe la bombardavano senza sosta.

Guarda il video dell’intervista coi sottotitoli in italiano sul canale YouTube di Memorial Italia

Mychajlo Puryšev, volontario diventato famoso su Instagram, è riuscito a portare la famiglia nell’Ucraina occidentale già all’inizio dell’invasione. Dopo qualche giorno, però, Puryšev ha scelto di tornare a Mariupol’ ormai circondata, mentre l’aviazione e l’artiglieria russe stavano cancellando la città dalla faccia della terra.

Nel corso di qualche mese Puryšev è andato sette volte a Mariupol’, portando dentro aiuti umanitari, portando fuori civili e bambini, e finendo poi prigioniero dell’FSB.

Primo ritorno a Mariupol’: “Mi hanno detto: ma tu sei matto!”


Prima del 2022 Puryšev non aveva molta esperienza di volontariato: aveva organizzato eventi per i ragazzi di Mariupol’ e insegnato i primi rudimenti di informatica agli orfani della città. Il 23 febbraio 2022 Puryšev si compra una Mercedes CLS-Class nuova e torna nella sua città. Di notte gli telefonano per dire che è iniziata la guerra.

“Ma quale guerra?” ho risposto. “Spareranno un po’ e la smetteranno! All’epoca non avrei mai potuto immaginare quello che sarebbe successo. Due giorni dopo, però, avevo già capito che aria tirava e sono andato a prendere e a portare mia cognata incinta e i miei nipoti” ricorda Puryšev.

La famiglia del fratello si trovava a Volnovacha, una delle prime città attaccate dai russi. È andando lì, ricorda Puryšev, che si è reso conto di che cosa sia davvero la guerra. Si è trovato a portare via la cognata e i nipoti proprio durante un assalto, sotto le pallottole, quando gli occupanti cercavano di conquistare rapidamente la città. Avendo con sé la cognata incinta e i bambini, ha deciso di andare verso la Ciscarpazia, dove aveva portato anche la sua famiglia.

“Poco dopo ho comprato un furgoncino e ho detto che tornavo a Mariupol’. Mi hanno risposto che ero matto: la città era circondata, non c’era nessun modo di arrivarci. Di tasca mia ho comprato materiale umanitario e insulina. Altra gente ha contribuito dandomi cibo e medicine. E sono partito.”

Mychajlo Puryšev. Fonte: Mrpl.City

Per quello che è un autentico miracolo, l’8 marzo 2022 Puryšev entra in città e, soprattutto, consegna l’insulina all’ospedale locale. Un gesto sconsiderato, più che eroico, come dice anche lui, scherzandoci su.

“Lo confesso: all’epoca non mi rendevo conto di molte cose. Di cos’erano davvero le mine, per esempio, o di cosa volesse dire un attacco aereo. Cioè, erano cose che avevo solo visto al cinema, senza viverle in prima persona. Se ne avessi avuto esperienza diretta, come ce l’ho ora, penso che mi ci sarebbe voluto un bel po’ di più, per decidermi”.

Puryšev ricorda anche il primo incontro con i soldati russi, dopo l’ultimo posto di blocco ucraino a Orichiv. Secondo lui gli ucraini erano sicuri che gli occupanti gli avrebbero sparato senza chiedere perché e per come si fosse messo in viaggio.

“Ogni posto di blocco faceva storia a sé e la conversazione andava in un modo diverso. Va detto che all’epoca molti soldati nemici non capivano che cosa stesse succedendo e cosa volevano che facessero. Non essendo io un militare, gli interessavo poco e niente. Alcuni mi trattavano come se fossi pazzo e basta. A un posto di blocco in cui ho visto i cannoni che sparavano contro la città mi hanno detto: passa pure, che tanto laggiù qualcuno ti ammazza di sicuro, noi o i chochly [termine spregiativo per indicare gli ucraini]”.

Puryšev ammette che gli è stato utile conoscere bene il territorio: sapeva come aggirare zone particolarmente pericolose o dove erano in corso gli scontri.

Un coraggioso tentativo di portare via i bambini dalla città accerchiata


A ogni viaggio Puryšev si rende conto che la situazione della città e dei civili è ormai oltre l’insostenibile. Nell’aprile del 2022 gli ultimi difensori di Mariupol’ e i civili si rifugiano in uno degli impianti metallurgici più grandi d’Europa: l’Azovstal’. I vari livelli dei suoi rifugi sotterranei fanno sperare in un qualche riparo dai bombardamenti russi. A quel punto i russi stringono d’assedio la fabbrica e intensificato i bombardamenti, lanciando ordigni esplosivi per centinaia di tonnellate.

La società civile mondiale e le autorità ucraine si sforzano di salvare i civili rimasti nei sotterranei e nei bunker della fabbrica. Ci sono anche bambini. La parte russa accusa i difensori ucraini di trattenere i civili all’Azovstal’ per usarli come scudi umani. È a quel punto che Mychajlo Puryšev decide di tentare la sua impresa più disperata.

Mychajlo Puryšev. Fonte: profilo social di Mychajlo Puryšev

“Era il primo maggio. Di nuovo passo tutti i posti di blocco. Ormai mi conoscevano. I russi si preoccupavano più che altro dei trasporti di materiale bellico: armi, munizioni. Io non avevo niente di simile, era chiaro. Arrivo all’ultimo posto di blocco russo prima della città e faccio: sto andando a prendere i bambini dell’Azovstal’. Ero certo che mi avrebbero arrestato” racconta Puryšev.

E infatti, gli occupanti quella volta non chiudono un occhio. L’FSB arresta Puryšev e per qualche giorno lo tiene prigioniero. Secondo Puryšev, però, tutto rientrava nel suo piano. Una volta lì, propone ai russi di lasciargli raggiungere l’Azovstal’ insieme a un gruppo di giornalisti stranieri che avrebbero filmato il tentativo di salvare i bambini.

“Se è come dite voi, gli ho fatto, e sono quelli del reggimento Azov che non lasciano partire i bambini, loro o qualcun altro, documenteremo tutto e si capirà come stanno le cose. Certo, mi rendevo conto di come stavano in realtà, le cose. Ai primi interrogatori mi hanno semplicemente riso in faccia. Ma poi hanno iniziato a chiedermi: come pensi di organizzarti? Che piani hai?”.

Durante il fermo illegale di Puryšev i russi hanno acconsentito a far uscire i civili con la Croce Rossa a fare da tramite. Com’è ovvio, i militari ucraini non si sono opposti, smentendo per l’ennesima volta le menzogne degli occupanti. Puryšev è stato liberato, ma da quel momento non è stato più possibile raggiungere Mariupol’ per scopi umanitari o altro. I russi hanno preso il controllo della città e installato vari altri posti di blocco e i contatti con i territori ucraini non occupati si sono interrotti per sempre.

Aiutaci a crescere

Condividi su:

Per sostenere Memorial Italia

Leggi anche:

Aleksej Gorinov. L’ultima dichiarazione del 29 novembre 2024.

Il 29 novembre 2024 il tribunale militare di Vladimir ha emesso la sentenza del nuovo procedimento penale contro Aleksej Gorinov, consigliere municipale di Mosca, che è stato condannato a tre anni di reclusione in colonia penale di massima sicurezza per “giustificazione del terrorismo”. La condanna va ad aggiungersi ai sette anni già comminati nel 2022 per “fake news sull’esercito”. Foto di copertina: Dar’ja Kornilova. Foto: SOTAvision. BASTA UCCIDERE. FERMIAMO LA GUERRA. Aleksej Gorinov è avvocato e attivista e dal 2017 consigliere municipale presso il distretto Krasnosel’skij di Mosca. Nei primi anni Novanta era deputato per il partito Russia Democratica, ma nel 1993, durante la crisi costituzionale e il duro confronto tra il presidente El’cin e il Soviet supremo, decide di lasciare la politica. Negli ultimi vent’anni Gorinov ha lavorato come avvocato d’impresa e della pubblica amministrazione in ambito civile e ha fornito assistenza legale agli attivisti tratti in arresto durante le manifestazioni politiche. È fra gli ideatori della veglia-memoriale continua, con fiori e fotografie, sul ponte Moskvoreckij, luogo dell’omicidio di Boris Nemcov. Il 15 marzo 2022, durante un’assemblea ordinaria del Consiglio di zona del distretto Krasnosel’skij, Gorinov deplora pubblicamente l’invasione dell’Ucraina da parte delle truppe russe esortando “la società civile a fare ogni possibile sforzo per fermare la guerra”. Il 26 aprile viene arrestato ex art. 207.3 del Codice penale russo, noto anche come “legge sulle fake news”. Il tribunale del distretto Meščanskij ritiene che ci siano le prove che Gorinov abbia “diffuso informazioni deliberatamente false su quanto compiuto dalle Forze armate russe”, con le aggravanti di essere “in una posizione ufficiale e per motivi d’odio e ostilità”. Gorinov è il primo cittadino russo a ricevere una pena detentiva per essersi espresso contro la guerra. Già in occasione dell’ultima udienza del primo processo Aleksej Gorinov ha avuto modo, come prevede il sistema giudiziario russo, di pronunciare un’“ultima dichiarazione” (poslednee slovo), in altre parole la possibilità di prendere la parola per sostenere la propria innocenza o corroborare la linea difensiva scelta dall’avvocato/a, cui abbiamo avuto modo di dare voce grazie a Paolo Pignocchi e al progetto Proteggi le mie parole. Venerdì scorso, in occasione dell’ultima udienza del secondo processo ai suoi danni, Aleksej Gorinov ha pronunciato una seconda “ultima dichiarazione” che traduciamo in italiano. Sono stato per tutta la vita uno strenuo oppositore di aggressioni, violenza e guerre, e ho consacrato la mia vita esclusivamente ad attività di pace come la scienza, l’insegnamento, la pubblica istruzione e l’attività amministrativa e sociale in veste di deputato, difensore dei diritti umani, membro di commissioni elettorali e osservatore e supervisore del processo elettorale stesso. Mai avrei pensato di vivere abbastanza per constatare un tale livello di degrado del sistema politico del mio Paese e della sua politica estera, un periodo in cui tanti cittadini favorevoli alla pace e contrari alla guerra – in un numero che ormai è di qualche migliaio – vengono accusati di calunnia ai danni delle Forze armate e di giustificazione del terrorismo, e per questo vengono processati. Ci avviamo a concludere il terzo anno di guerra, il terzo anno di vittime e distruzione, di privazioni e sofferenze per milioni di persone cui, in territorio europeo, non si assisteva dai tempi della Seconda guerra mondiale. E non possiamo tacere. Ancora alla fine dello scorso aprile, il nostro ex ministro della difesa ha annunciato che le perdite della parte ucraina nel conflitto armato in corso ammontavano a 500.000 persone. Guardatelo, quel numero, e pensateci! Quali perdite, invece, ha subito la Russia, che secondo le fonti ufficiali avanza con successo costante per tutto il fronte? Continuiamo a non saperlo. E soprattutto, chi ne risponderà, poi? E a che pro succede tutto questo? Il nostro governo e coloro che lo sostengono nelle sue aspirazioni militariste hanno fortemente voluto questa guerra, che ora è arrivata anche nei nostri territori. Una cosa mi verrebbe da chiedere: vi pare che la nostra vita sia migliorata? Sono questi il benessere e la sicurezza che auspicate per il nostro Paese e per la sua gente? Oppure non l’avevate previsto, nei vostri calcoli, un simile sviluppo della situazione? A oggi, però, le risposte a queste domande non si pongono a chi ha deciso questa guerra e continua a uccidere, a chi ne fa propaganda e assume mercenari per combatterla, ma a noi, cittadini comuni della Russia che alziamo la voce contro la guerra e per la pace. Una risposta che paghiamo con la nostra libertà se non, alcuni, con la vita. Appartengo alla generazione ormai uscente di persone con genitori che hanno partecipato alla Seconda guerra mondiale e, alcuni, le sono sopravvissuti con tutte le difficoltà del caso. La loro generazione, ormai passata, ci ha lasciato in eredità il compito di preservare la pace a ogni costo, come quanto di più prezioso abbiamo noi che abitiamo su questa Terra. Noi, invece, abbiamo snobbato le loro richieste e abbiamo spregiato la memoria di quelle persone e delle vittime della guerra suddetta. La mia colpa, in quanto cittadino del mio Paese, è di avere permesso questa guerra e di non essere riuscito a fermarla. Vi chiedo di prenderne atto, nel verdetto. Tuttavia, vorrei che la mia colpa e la mia responsabilità fossero condivise anche da chi questa guerra l’ha iniziata, vi ha partecipato e la sostiene, e da chi perseguita coloro che si battono per la pace. Continuo a vivere con la speranza che un giorno questo avverrà. Nel frattempo, chiedo perdono al popolo ucraino e ai miei concittadini che per questa guerra hanno sofferto. Nel processo in cui sono stato accusato e giudicato per avere detto espressamente che era necessario porre fine alla guerra, ho già dato piena voce alle mie considerazioni su questa vile impresa umana. Posso solo aggiungere che la violenza, l’aggressione generano solo altra violenza di ritorno, e nulla più. Questa è la vera causa delle nostre disgrazie, delle nostre sofferenze, di perdite senza senso di vite umane, della distruzione di infrastrutture civili e industriali, di case e abitazioni. Fermiamo questo massacro cruento che non serve né

Leggi

Roma, 5 dicembre 2024. Memorial Italia a Più libri più liberi.

Memorial Italia partecipa a Roma all’edizione 2024 di Più libri più liberi con la presentazione di Le trasformazioni della Russia putiniana. Stato, società, opposizione, ultimo volume della collana curata per Viella Editrice. Il regime putiniano e il nazionalismo russo: giovedì 5 dicembre alle 18:00 presso la Nuvola, Roma EUR, in sala Elettra, saranno presentati i volumi, pubblicati da Viella Editrice, Il nazionalismo russo. Spazio postsovietico e guerra all’Ucraina, a cura di Andrea Graziosi e Francesca Lomastro, e Le trasformazioni della Russia putiniana. Stato, società e opposizione, a cura dei nostri Riccardo Mario Cucciolla e Niccolò Pianciola. Intervengono Riccardo Mario Cucciolla, Francesca Gori, Andrea Graziosi, Andrea Romano. Coordina Carolina De Stefano. Il volume Le trasformazioni della Russia putiniana. Stato, società e opposizione esplora l’evoluzione della società e del potere in Russia dopo l’aggressione all’Ucraina e offre un’analisi della complessa interazione tra apparati dello stato, opposizione e società civile. I saggi analizzano la deriva totalitaria del regime putiniano studiandone le istituzioni e la relazione tra stato e società, evidenziando come tendenze demografiche, rifugiati ucraini, politiche nataliste e migratorie abbiano ridefinito gli equilibri sociali del paese. Inoltre, pongono l’attenzione sulla società civile russa e sulle sfide che oppositori, artisti, accademici, minoranze e difensori dei diritti umani affrontano sia in un contesto sempre più repressivo in patria, sia nell’emigrazione. I saggi compresi nel volume sono di Sergej Abašin, Alexander Baunov, Simone A. Bellezza, Alain Blum, Bill Bowring, Riccardo Mario Cucciolla, Marcello Flores, Vladimir Gel’man, Lev Gudkov, Andrea Gullotta, Andrej Jakovlev, Irina Kuznetsova, Alberto Masoero, Niccolò Pianciola, Giovanni Savino, Irina Ščerbakova, Sergej Zacharov.

Leggi

Bari, 26 novembre 2024. Proiezione del film documentario “The Dmitriev Affair”.

Martedì 26 novembre alle 20:30, presso il Multisala Cinema Galleria di Bari, Andrea Gullotta, vicepresidente di Memorial Italia, presenta il film documentario The Dmitriev Affair, scritto e diretto dalla regista olandese Jessica Gorter e sottotitolato in italiano. Jurij Dmitriev è uno storico e attivista, direttore di Memorial Petrozavodsk. Negli anni Novanta scopre un’enorme fossa comune in cui sono sepolte migliaia di vittime del Grande Terrore. Nella radura boschiva di Sandormoch, in Carelia, inaugura un cimitero commemorativo e riesce a raccogliere persone di varie nazionalità intorno a un passato complesso e conflittuale. Da sempre schierato contro il governo della Federazione Russa, nel 2014 Dmitriev condanna apertamente l’invasione della Crimea. Da allora inizia per lui un calvario giudiziario che lo porta a essere condannato a tredici anni e mezzo di reclusione. Il documentario di Jessica Gorter, realizzato nel 2023, racconta con passione e precisione la sua tragica vicenda. Gabriele Nissim, ha letto per Memorial Italia l’ultima dichiarazione di Jurij Dmitriev, pronunciata l’8 luglio 2020, come parte del progetto 30 ottobre. Proteggi le mie parole. Irina Flige, storica collaboratrice di Memorial San Pietroburgo, ha raccontato la storia della radura di Sandormoch nel volume Il caso Sandormoch. La Russia e la persecuzione della memoria, pubblicato da Stilo Editrice e curato da Andrea Gullotta e Giulia De Florio. La proiezione è a ingresso libero ed è uno degli incontri previsti dall’undicesima edizione del festival letterario Pagine di Russia, organizzato dalla casa editrice barese Stilo in collaborazione con la cattedra di russo dell’Università degli Studi di Bari. Quest’anno il festival è inserito nella programmazione del progetto Prin 2022 PNRR (LOST) Literature of Socialist Trauma: Mapping and Researching the Lost Page of European Literature ed è dedicato al concetto di trauma nella cornice della letteratura russa del Novecento sorta dalle repressioni sovietiche.

Leggi