Bollettino della Russia che resiste, 26 maggio – 5 giugno 2024

Notizie e fotografie raccolte e riportate da volontari di Memorial.

Dallo scoppio della guerra contro l’Ucraina in tutta la Federazione Russa si sono diffuse proteste di vario genere contro l’invasione e contro il governo di Vladimir Putin. Sono centinaia le persone che in questi anni hanno manifestato e hanno fatto sentire la propria voce anche a rischio della libertà. Questi bollettini intendono dunque documentare le proteste attraverso pubblicazioni periodiche che possano dare testimonianza diretta di quanto accade all’interno della società russa.

Voci dalla città


San Pietroburgo

Disegni lasciati da alcuni bambini in via Tipanova: “Abbiamo bisogno della pace!”, “Bambini felici”. “Pace al mondo”, “Noi siamo per la pace!”

Sticker contro la guerra: “Combatti!”, “I ponti levatoi si alzano come il simbolo della pace. Piter (nome colloquiale della città) è per la pace”.


Stavropol’

Su alcune banconote emesse da un bancomat si sono trovate le seguenti scritte contro la guerra: “No alla guerra!”, “Il fascismo non passerà!” (“fašism”, fascismo, è scritto con la lettera latina Z, simbolo della propaganda ufficiale in favore della guerra), “Putin non è la Russia”.


Novosibirsk, Mosca, Samara, Kirov, Ufa, Lipeck, Stavropol’, Vologda

Sticker contro la guerra pubblicati sul canale Telegram del movimento “Vesna” (“Primavera”): “Il bugiardo al Cremlino ha distrutto tutto”, “No alla guerra”, “La Russia sarà libera! Pace all’Ucraina, libertà a noi!”, “No Putin. Stop war.”, “La tv mente! No alla guerra”.

Proteste online

Aleksandr Akimuškin, quarantanovenne residente nella regione di Arcangelo, aveva pubblicato  sul social russo VKontakte un video intitolato “Perché Putin fa tornare dalla prigionia solo i criminali?”. Nella schermata iniziale del video era rappresentato Putin con un tatuaggio tipico di molti carcerati:una stella a otto punte.  A causa di questo video il 22 maggio l’uomo è stato fermato per 5 giorni per apologia di simboli estremisti. Il 16 maggio l’attivista era già stato fermato per ripetuta diffamazione dell’esercito a causa di altri post contro la guerra e gli era stato vietato di usare internet.

Tat’jana Verkeenko, residente a Petropavlovsk-Kamčatskij, ha lasciato un commento sotto un post riguardo ai timori del primo ministro israeliano che le armi israeliane consegnate all’Ucraina finiscano nelle mani dell’Iran. La donna, poi multata per mille rubli, ha scritto: “è una grande stronzata. Non una sola arma è ancora caduta nelle mani della Federazione Russa. GRAZIE A DIO. Gloria all’Ucraina. Gloria alle forze armate ucraine”.

A. Storoženko , residente nella regione di Tula, è stato multato per 30 mila rubli (circa 300 euro, pari a una volta e mezzo il salario minimo) a causa di alcuni commenti su Vkontakte che sono stati considerati “diffamatori dell’esercito russo”.

A causa di alcuni commenti su internet in cui approvava un eventuale assassinio di Putin, contro la moscovita Anastasia Berežinskaja è stato avviato un procedimento penale. Come misura restrittiva, la donna è stata obbligata a firmare una dichiarazione in cui si impegna a non lasciare il Paese.

Picchetti individuali

Il 31 maggio Michail Sajnsus ha tenuto un picchetto  presso la sede dell’amministrazione comunale di Nižnevartovsk (Siberia occidentale) con il cartello: “Voglio che mio figlio non conosca la guerra”. La polizia ha arrestato l’uomo consegnandogli un “ammonimento sull’inammissibilità di violare la legislazione anti-estremista”.

Procedimenti penali e provvedimenti amministrativi

Un uomo di 53 anni di Sachalin è stato condannato a cinque anni e mezzo di reclusione in una colonia penale per “istigazione al terrorismo”. Secondo gli inquirenti, l’uomo, “condividendo un’ideologia nazionalista filo-ucraina”, aveva scritto su Messenger dei messaggi che invitavano a “violare l’integrità territoriale della Russia”.

Gregori Vinter, attivista per la difesa dei diritti umani ,è stato condannato a tre anni di reclusione in una colonia penale per “diffusione di fake news” su Buča e sul bombardamento di Mariupol’. L’uomo è diabetico e nella colonia non avrà accesso ai farmaci di cui ha bisogno, cosa che metterà la sua vita in pericolo.

Andrej Vanjukov, leader della band indie-rock moscovita “Avtosport”, aperto sostenitore delle forze armate ucraine e di una suddivisione della Russia in repubbliche separate, ha postato alcune storie su Instagram con gli slogan “Gloria agli eroi” e “La Russia sarà libera”. A seguito delle denunce di Ekaterina Mizulina, fondatrice della “Lega dell’Internet sicuro”(organizzazione filogovernativa che censura i contenuti pubblicati online), la polizia ha fatto all’uomo dei verbali per incitamento all’odio e per appelli al separatismo. In precedenza, contro il musicista erano già stati avviati dei provvedimenti amministrativi per “diffamazione” dell’esercito. 

A causa dei cartelli “No alla guerra” e “9 maggio”(il 9 maggio è il giorno in cui in Russia si celebra la sentita Giornata della Vittoria contro il nazismo. La parola “maggio”, in cirillico мая, è qui scritta wая in modo da ricordare la parola “war”), il 28 maggio l’attivista di Kazan’ Zul’fiya Sitdikova è stata condannata dal tribunale a una pena sospesa di 2 anni con un periodo preventivo di 4 anni e sei mesi di lavori correttivi per ripetuta diffamazione dell’esercito russo e riabilitazione del nazismo. 

Nella Repubblica di Komi, Valerij Il’inov, fondatore e direttore della testata locale Komi Daily, è stato multato per 30 mila rubli (circa 300 euro, pari a una volta e mezzo il salario minimo) per “diffamazione” dell’esercito russo a causa di una “dichiarazione del comitato editoriale del Komi Daily in occasione del 9° anniversario della guerra della Russia contro l’Ucraina”. A causa di questa ripetuta “infrazione” l’uomo rischia che contro di lui venga avviato un procedimento penale , a seguito del quale dovrà scontare 5 anni di reclusione.

Andrej Anik’ev è stato condannato a una multa di 100 mila rubli (circa 1000 euro, pari a cinque volte il salario minimo) per ripetuta diffamazione dell’esercito russo a causa di alcuni commenti su “VKontakte” in cui  ha definito la guerra con l’Ucraina “un’invasione” e il bombardamento delle infrastrutture civili ucraine “una vergogna per l’esercito russo”.

Dar’ja Žirkova e Igor’ Nazarov, residenti di Jakutsk che si erano messi d’accordo con altre persone per incollare dei volantini contro la guerra nella città, sono finiti sotto processo perché accusati di “diffusione di fake news”.

È stata confermata la condanna a sei anni di carcere per l’ex colonnello della Guardia Nazionale della Federazione Russa Valerij Kotovič per diffusione di “fake news” sull’esercito russo. Il canale OVD-Info LIVE riporta che l’uomo, secondo le informazioni dei suoi colleghi, aveva definito l’esercito russo occupante e aggressore.

Memoriali

Il 29 maggio il canale Activatica.org ha reso noto che già da qualche giorno alcuni moscoviti depongono dei fiori presso il monumento alla poetessa ucraina Lesja Ukraïnka in memoria dei civili ucraini vittime dell’attacco a Charkiv del 25 maggio.


Altro

Il sacerdote settantottenne Viktor Pivovarov di Slavjansk sul Kuban’ (regione di Krasnodar) è già stato multato due volte per “diffamazione” dell’esercito a causa di alcune dichiarazioni pubbliche contro la guerra in Ucraina. La sua cella monastica è stata perquisita lo scorso autunno. Ora i funzionari della città chiedono che la chiesa dell’Intercessione di San Tichon, dove il sacerdote presta servizio e che è stata costruita sul suo terreno privato grazie a delle donazioni, venga demolita.

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Sono stato per tutta la vita uno strenuo oppositore di aggressioni, violenza e guerre, e ho consacrato la mia vita esclusivamente ad attività di pace come la scienza, l’insegnamento, la pubblica istruzione e l’attività amministrativa e sociale in veste di deputato, difensore dei diritti umani, membro di commissioni elettorali e osservatore e supervisore del processo elettorale stesso. Mai avrei pensato di vivere abbastanza per constatare un tale livello di degrado del sistema politico del mio Paese e della sua politica estera, un periodo in cui tanti cittadini favorevoli alla pace e contrari alla guerra – in un numero che ormai è di qualche migliaio – vengono accusati di calunnia ai danni delle Forze armate e di giustificazione del terrorismo, e per questo vengono processati. Ci avviamo a concludere il terzo anno di guerra, il terzo anno di vittime e distruzione, di privazioni e sofferenze per milioni di persone cui, in territorio europeo, non si assisteva dai tempi della Seconda guerra mondiale. E non possiamo tacere. Ancora alla fine dello scorso aprile, il nostro ex ministro della difesa ha annunciato che le perdite della parte ucraina nel conflitto armato in corso ammontavano a 500.000 persone. Guardatelo, quel numero, e pensateci! Quali perdite, invece, ha subito la Russia, che secondo le fonti ufficiali avanza con successo costante per tutto il fronte? Continuiamo a non saperlo. E soprattutto, chi ne risponderà, poi? E a che pro succede tutto questo? Il nostro governo e coloro che lo sostengono nelle sue aspirazioni militariste hanno fortemente voluto questa guerra, che ora è arrivata anche nei nostri territori. Una cosa mi verrebbe da chiedere: vi pare che la nostra vita sia migliorata? Sono questi il benessere e la sicurezza che auspicate per il nostro Paese e per la sua gente? Oppure non l’avevate previsto, nei vostri calcoli, un simile sviluppo della situazione? A oggi, però, le risposte a queste domande non si pongono a chi ha deciso questa guerra e continua a uccidere, a chi ne fa propaganda e assume mercenari per combatterla, ma a noi, cittadini comuni della Russia che alziamo la voce contro la guerra e per la pace. Una risposta che paghiamo con la nostra libertà se non, alcuni, con la vita. Appartengo alla generazione ormai uscente di persone con genitori che hanno partecipato alla Seconda guerra mondiale e, alcuni, le sono sopravvissuti con tutte le difficoltà del caso. La loro generazione, ormai passata, ci ha lasciato in eredità il compito di preservare la pace a ogni costo, come quanto di più prezioso abbiamo noi che abitiamo su questa Terra. Noi, invece, abbiamo snobbato le loro richieste e abbiamo spregiato la memoria di quelle persone e delle vittime della guerra suddetta. La mia colpa, in quanto cittadino del mio Paese, è di avere permesso questa guerra e di non essere riuscito a fermarla. Vi chiedo di prenderne atto, nel verdetto. Tuttavia, vorrei che la mia colpa e la mia responsabilità fossero condivise anche da chi questa guerra l’ha iniziata, vi ha partecipato e la sostiene, e da chi perseguita coloro che si battono per la pace. Continuo a vivere con la speranza che un giorno questo avverrà. Nel frattempo, chiedo perdono al popolo ucraino e ai miei concittadini che per questa guerra hanno sofferto. Nel processo in cui sono stato accusato e giudicato per avere detto espressamente che era necessario porre fine alla guerra, ho già dato piena voce alle mie considerazioni su questa vile impresa umana. Posso solo aggiungere che la violenza, l’aggressione generano solo altra violenza di ritorno, e nulla più. 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Martedì 26 novembre alle 20:30, presso il Multisala Cinema Galleria di Bari, Andrea Gullotta, vicepresidente di Memorial Italia, presenta il film documentario The Dmitriev Affair, scritto e diretto dalla regista olandese Jessica Gorter e sottotitolato in italiano. Jurij Dmitriev è uno storico e attivista, direttore di Memorial Petrozavodsk. Negli anni Novanta scopre un’enorme fossa comune in cui sono sepolte migliaia di vittime del Grande Terrore. Nella radura boschiva di Sandormoch, in Carelia, inaugura un cimitero commemorativo e riesce a raccogliere persone di varie nazionalità intorno a un passato complesso e conflittuale. Da sempre schierato contro il governo della Federazione Russa, nel 2014 Dmitriev condanna apertamente l’invasione della Crimea. Da allora inizia per lui un calvario giudiziario che lo porta a essere condannato a tredici anni e mezzo di reclusione. Il documentario di Jessica Gorter, realizzato nel 2023, racconta con passione e precisione la sua tragica vicenda. Gabriele Nissim, ha letto per Memorial Italia l’ultima dichiarazione di Jurij Dmitriev, pronunciata l’8 luglio 2020, come parte del progetto 30 ottobre. Proteggi le mie parole. Irina Flige, storica collaboratrice di Memorial San Pietroburgo, ha raccontato la storia della radura di Sandormoch nel volume Il caso Sandormoch. La Russia e la persecuzione della memoria, pubblicato da Stilo Editrice e curato da Andrea Gullotta e Giulia De Florio. La proiezione è a ingresso libero ed è uno degli incontri previsti dall’undicesima edizione del festival letterario Pagine di Russia, organizzato dalla casa editrice barese Stilo in collaborazione con la cattedra di russo dell’Università degli Studi di Bari. Quest’anno il festival è inserito nella programmazione del progetto Prin 2022 PNRR (LOST) Literature of Socialist Trauma: Mapping and Researching the Lost Page of European Literature ed è dedicato al concetto di trauma nella cornice della letteratura russa del Novecento sorta dalle repressioni sovietiche.

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