Bollettino della Russia che resiste, 29 aprile-5 maggio 2024

Notizie e fotografie raccolte e riportate da volontari di Memorial.

Voci dalla città

Mosca 



Scritta nel quartiere Lefortovo: “Gloria all’Ucraina”


 



San Pietroburgo



Sticker contro la guerra incollati sui prodotti di un supermercato da una delle partecipanti del gruppo “Resistenza femminista contro la guerra”:



Un’attivista anonima della “Resistenza femminista contro la guerra” ha incollato gli sticker:

“- 20% per le cure primarie”, “- 10% per l’assistenza sanitaria”; “Questo è tutto il sostegno statale per la produzione di medicinali! Più di 20 mila miliardi di rubli per la guerra” (pari a 1.030 miliardi di volte il salario minimo); “Ruzzkij Mir = nazismo” (ruzzkij, russo, è scritto con la lettera latina Z, simbolo della propaganda ufficiale in favore della guerra); “5.590 miliardi di rubli per la guerra in 6 mesi’ (pari a 290 milioni di volte il salario minimo); “Denazifica te stesso”,  “Non chochol, ma ucraino” (soprannome dispregiativo che si rifà a un’acconciatura tipica dei cosacchi ucraini); “Il pacifismo non è estremismo”.


Sticker con cuoricini e simboli della pace a San Pietroburgo: “No alla guerra”; “La pace è amore. L’amore è vita. La guerra è morte. No alla guerra”; “Non c’è guerra di cui una brava persona abbia bisogno”; “L’Aia, l’Aia” (in russo, la trascrizione del nome della città sede della Corte Penale internazionale, coincide con l’onomatopea del verso dell’oca); “Libertà ai prigionieri politici”; “Verrà la primavera”; “Vota contro il male” (”Zlo”, male, è scritto con la lettera latina Z, simbolo della propaganda ufficiale in favore della guerra); “Non sei solo”.


 
 
Kaluga

Gli attivisti del “Nastro verde” hanno incollato questi simboli contro la guerra a Kaluga.




Mosca, Regione di Arcangelo, San Pietroburgo

Diverse forme di protesta: sticker contro la guerra, scritte su banconote, su lucchetti: “Pace”, “No alla guerra”, “Combatti!”, “Apri gli occhi”, “Pace al mondo”, “Il prezzo della guerra è la morte!”, “Morte al regime!”.


 

Regione di Tver’


Graffiti sui muri e sull’asfalto: “No alla guerra”, “Putin è un traditore”, “Putin è un criminale”, “Libertà alla Russia”.

 

Sabotaggi e procedimenti penali



Sergej Karmazin, cittadino russo di origine ucraine, è stato condannato a 25 anni di carcere con l’accusa di aver dato fuoco a due armadi di automazione di una linea ferroviaria della regione di Mosca. All’accusa di sabotaggio si sono aggiunte quelle di spionaggio, addestramento e partecipazione ad attività di sabotaggio e alle attività terroristiche, fabbricazione di esplosivi, preparazione di un atto terroristico e di associazione con finalità terroristiche. L’uomo, che ha presentato appello contro il verdetto,dovrà trascorrere 6 anni in carcere e i 19 restanti in una colonia a regime severo.



 

Il 30 aprile il tribunale distrettuale Dorogomilovskij di Mosca ha disposto l’arresto per Stanislav Chamidulin, Daniil Jamskov, Nikita Bulgakov, Roman Jakovec e Anastasia Močalina con l’accusa di attacco terroristico. I giovani, accusati di aver dato fuoco a un elicottero presso l’aeroporto di Ostaf’evo, hanno tra i 19 e i 22 anni e rischiano dai 12 ai 20 anni di carcere.


 

         

Angel Nikolaev,attivista contro la guerra, è stato condannato a 15 anni di reclusione. L’uomo è stato accusato di aver dato fuoco a un commissariato militare, di aver distrutto un cartellone su cui erano raffigurate un’insegna militare e la lettera “Z” e di aver apposto alcune “Z” barrate su auto che avevano simboli pro-guerra e sulle bandiere russe delle tombe di alcuni soldati che avevano partecipato all’invasione dell’Ucraina (la lettera latina Z è simbolo della propaganda ufficiale in favore della guerra) .



Uno studente di 15 anni che ha fotografato alcune fermate di autobus, una piazza e un edificio governativo, presumibilmente per conto della Legione “Libertà alla Russia” (unità militare ucraina formata da oppositori politici, ex prigionieri di guerra e disertori russi) è stato arrestato a Brjansk. Il ragazzo è accusato di “partecipazione alle attività di un’organizzazione riconosciuta come organizzazione terroristica nella Federazione Russa”. L’articolo prevede la reclusione da 10 a 20 anni.


 

Proteste online, procedimenti penali e provvedimenti amministrativi

Ruslan Bolgov, residente nella regione di Voronež, è stato dichiarato colpevole di “ripetuta diffamazione dell’esercito” e condannato al pagamento di una multa di 110 mila rubli (circa 113 euro, pari a 5,7 volte il salario minimo) per aver pubblicato sui social media dei post contro la guerra che invitavano a ostacolare l’operazione militare speciale.


Gli attivisti Igor’ e Svetlana Orževskij  avevano pubblicato sul loro sito web orževskii.com alcune fotografie in cui figurano i cartelli contro la guerra: “PUTIN = MORTE. 17.03.2024 NON SCEGLIERE IL FASCISMO! NO A PUTLER”, ”PUTIN È UN TERRORISTA CON ARMI NUCLEARI, È PIÙ PERICOLOSO DI BIN LADEN! RUSSI, PROTESTATE CONTRO IL DITTATORE PUTIN PRIMA CHE DISTRUGGA LA RUSSIA, L’UCRAINA E IL MONDO INTERO!”. Per questo motivo i coniugi sono stati accusati di apologia di simboli nazisti e di diffamazione dell’esercito russo.




Sergey Lukaševskij, responsabile del Centro Sacharov, ormai liquidato, è finito sotto processo a Nižnij Novgorod per aver pubblicato su Facebook cinque post contro la guerra. In particolare, l’uomo, che ha lasciato la Russia, è accusato di aver pubblicato dei post sugli omicidi dei cittadini di Buča, sulla distruzione di città e villaggi ucraini, sulla morte di donne, bambini e anziani, sulle violenze e i saccheggi e di essersi congratulato con Memorial per aver vinto il premio Nobel per la Pace. Inoltre, è accusato di aver partecipato alla trasmissione “La guerra come catastrofe morale”, in cui ha parlato dei crimini dell’esercito russo in Ucraina.  Il caso è stato avviato a seguito di una delazione.

Sergej Veselov, blogger della città di Šuja, aveva pubblicato un video intitolato “Non confondere i tedeschi con i seguaci di Hitler e i russi con i putiniani”. Ora l’uomo è finito sotto processo per aver diffamato l’esercito e rischia un anno di carcere. Il blogger è stato arrestato e messo in un centro di detenzione preventiva, dove è stato picchiato e torturato con acqua bollente che gli ha provocato ustioni di secondo grado sul cinque per cento del corpo. 

Gennadij Vladimirov, residente a Primorsko-Achtarsk (regione di Krasnodar), aveva postato sul social russo “VKontakte” dei commenti sull’attacco ai civili in un villaggio ucraino e una foto con una donna, un bambino, delle lettere Z e un sacco della spazzatura legato con un nastro di San Giorgio appoggiato su una pozza di sangue. È accusato di ripetuta diffamazione dell’esercito, di istigazione al terrorismo, di estremismo e di partecipazione ad attività online che minano la sicurezza statale.

Memoriali


Mosca, monumento a Lesja Ukraïnka: “Buča, Kiev, Odessa, Kramatorsk, Vinnycja, Dnipro, Charkiv, Cherson, Belgorod, Šebekino. No alla guerra! Non si deve ripetere!”.




Altro

 

A Volgograd una ragazza e un giovane sono stati arrestati  per aver deposto delle corone di fiori sulle tombe dei partecipanti alla guerra in Ucraina e per aver strappato le bandiere russe di alcune tombe del cimitero di Verchnezarečenskoe in occasione del primo maggio. La polizia sta conducendo un’indagine e Aleksandr Bastrykin, presidente del Comitato investigativo della Federazione Russa, ha chiesto che venga avviato un procedimento penale.


Il 24 aprile Ljudmila Balaba, residente a Kingisepp, è scesa in strada per gridare lo slogan “Gloria all’Ucraina – gloria agli eroi” ai passanti. La donna è stata arrestata per 10 giorni poiché dichiarata colpevole di apologia di un’organizzazione estremista e dei suoi simboli.

 

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Negli ultimi vent’anni Gorinov ha lavorato come avvocato d’impresa e della pubblica amministrazione in ambito civile e ha fornito assistenza legale agli attivisti tratti in arresto durante le manifestazioni politiche. È fra gli ideatori della veglia-memoriale continua, con fiori e fotografie, sul ponte Moskvoreckij, luogo dell’omicidio di Boris Nemcov. Il 15 marzo 2022, durante un’assemblea ordinaria del Consiglio di zona del distretto Krasnosel’skij, Gorinov deplora pubblicamente l’invasione dell’Ucraina da parte delle truppe russe esortando “la società civile a fare ogni possibile sforzo per fermare la guerra”. Il 26 aprile viene arrestato ex art. 207.3 del Codice penale russo, noto anche come “legge sulle fake news”. Il tribunale del distretto Meščanskij ritiene che ci siano le prove che Gorinov abbia “diffuso informazioni deliberatamente false su quanto compiuto dalle Forze armate russe”, con le aggravanti di essere “in una posizione ufficiale e per motivi d’odio e ostilità”. Gorinov è il primo cittadino russo a ricevere una pena detentiva per essersi espresso contro la guerra. Già in occasione dell’ultima udienza del primo processo Aleksej Gorinov ha avuto modo, come prevede il sistema giudiziario russo, di pronunciare un’“ultima dichiarazione” (poslednee slovo), in altre parole la possibilità di prendere la parola per sostenere la propria innocenza o corroborare la linea difensiva scelta dall’avvocato/a, cui abbiamo avuto modo di dare voce grazie a Paolo Pignocchi e al progetto Proteggi le mie parole. Venerdì scorso, in occasione dell’ultima udienza del secondo processo ai suoi danni, Aleksej Gorinov ha pronunciato una seconda “ultima dichiarazione” che traduciamo in italiano. Sono stato per tutta la vita uno strenuo oppositore di aggressioni, violenza e guerre, e ho consacrato la mia vita esclusivamente ad attività di pace come la scienza, l’insegnamento, la pubblica istruzione e l’attività amministrativa e sociale in veste di deputato, difensore dei diritti umani, membro di commissioni elettorali e osservatore e supervisore del processo elettorale stesso. Mai avrei pensato di vivere abbastanza per constatare un tale livello di degrado del sistema politico del mio Paese e della sua politica estera, un periodo in cui tanti cittadini favorevoli alla pace e contrari alla guerra – in un numero che ormai è di qualche migliaio – vengono accusati di calunnia ai danni delle Forze armate e di giustificazione del terrorismo, e per questo vengono processati. Ci avviamo a concludere il terzo anno di guerra, il terzo anno di vittime e distruzione, di privazioni e sofferenze per milioni di persone cui, in territorio europeo, non si assisteva dai tempi della Seconda guerra mondiale. E non possiamo tacere. Ancora alla fine dello scorso aprile, il nostro ex ministro della difesa ha annunciato che le perdite della parte ucraina nel conflitto armato in corso ammontavano a 500.000 persone. Guardatelo, quel numero, e pensateci! Quali perdite, invece, ha subito la Russia, che secondo le fonti ufficiali avanza con successo costante per tutto il fronte? Continuiamo a non saperlo. E soprattutto, chi ne risponderà, poi? E a che pro succede tutto questo? Il nostro governo e coloro che lo sostengono nelle sue aspirazioni militariste hanno fortemente voluto questa guerra, che ora è arrivata anche nei nostri territori. Una cosa mi verrebbe da chiedere: vi pare che la nostra vita sia migliorata? Sono questi il benessere e la sicurezza che auspicate per il nostro Paese e per la sua gente? Oppure non l’avevate previsto, nei vostri calcoli, un simile sviluppo della situazione? A oggi, però, le risposte a queste domande non si pongono a chi ha deciso questa guerra e continua a uccidere, a chi ne fa propaganda e assume mercenari per combatterla, ma a noi, cittadini comuni della Russia che alziamo la voce contro la guerra e per la pace. Una risposta che paghiamo con la nostra libertà se non, alcuni, con la vita. Appartengo alla generazione ormai uscente di persone con genitori che hanno partecipato alla Seconda guerra mondiale e, alcuni, le sono sopravvissuti con tutte le difficoltà del caso. La loro generazione, ormai passata, ci ha lasciato in eredità il compito di preservare la pace a ogni costo, come quanto di più prezioso abbiamo noi che abitiamo su questa Terra. Noi, invece, abbiamo snobbato le loro richieste e abbiamo spregiato la memoria di quelle persone e delle vittime della guerra suddetta. La mia colpa, in quanto cittadino del mio Paese, è di avere permesso questa guerra e di non essere riuscito a fermarla. Vi chiedo di prenderne atto, nel verdetto. Tuttavia, vorrei che la mia colpa e la mia responsabilità fossero condivise anche da chi questa guerra l’ha iniziata, vi ha partecipato e la sostiene, e da chi perseguita coloro che si battono per la pace. Continuo a vivere con la speranza che un giorno questo avverrà. Nel frattempo, chiedo perdono al popolo ucraino e ai miei concittadini che per questa guerra hanno sofferto. Nel processo in cui sono stato accusato e giudicato per avere detto espressamente che era necessario porre fine alla guerra, ho già dato piena voce alle mie considerazioni su questa vile impresa umana. Posso solo aggiungere che la violenza, l’aggressione generano solo altra violenza di ritorno, e nulla più. Questa è la vera causa delle nostre disgrazie, delle nostre sofferenze, di perdite senza senso di vite umane, della distruzione di infrastrutture civili e industriali, di case e abitazioni. Fermiamo questo massacro cruento che non serve né

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