Dichiarazione dell'Associazione internazionale Memorial in vista della pronuncia della sentenza contro Oleg Orlov il 26 febbraio 2024

Dichiarazione dell'Associazione internazionale Memorial in vista della pronuncia della sentenza contro Oleg Orlov il 26 febbraio 2024.

Il Tribunale Golovinskij di Mosca si accinge a pronunciare la sentenza contro Oleg Orlov, cofondatore di Memorial, attualmente copresidente del Centro per i diritti umani Memorial e membro del direttivo dell’Associazione Internazionale Memorial. Si tratta di un processo politico, di cui avevamo già trattato qui.  Orlov rischia fino a 3 anni di reclusione. L’Associazione internazionale Memorial alla vigilia dell’udienza ha rilasciato una dichiarazione, di cui pubblichiamo qui la traduzione.

Dichiarazione dell’Associazione internazionale Memorial – 25 febbraio 2024

Domani sarà emessa la sentenza per il secondo processo contro il nostro collega Oleg Orlov che rischia la reclusione per avere espresso la propria opinione. In uno stato democratico Orlov avrebbe il rispetto di tutti per il suo lavoro in difesa dei diritti umani. Nella Federazione Russa è sotto processo.

L’opinione non è un reato.

Giù le mani da Oleg Orlov.

Aggiornamento (26 febbraio 2024):

La pubblica accusa ha richiesto per Orlov 2 anni e 11 mesi di reclusione. Il giudice pronuncerà la sentenza domani, 27 febbraio, alle 12.00 (ora di Mosca, le 10.00 in Italia).

Al termine dell’udienza Orlov ha avuto modo di parlare con i giornalisti. Quando gli è stato chiesto se non si sia pentito di non avere lasciato la Russia, ha risposto:
“No, non me ne pento. Perché sono rimasto in Russia per continuare a svolgere la mia attività, il mio lavoro, che faccio da moltissimi anni. E quello che sta succedendo adesso, anche questo processo contro di me lo considero parte del mio lavoro. Fa parte del mio impegno in difesa dei diritti umani. Anche Katerina Tertuchina, la mia splendida avvocata, si impegna.”
Inoltre Orlov ha ribadito quanto sia importante sostenere i prigionieri politici:
“Già nel corso del primo processo, uscendo qui fuori, su questi scalini, avevo detto che bisogna ricordare, non bisogna dimenticare i prigionieri politici che si trovano nelle colonie penali e nelle carceri in modo del tutto ingiusto e illegittimo. Dobbiamo sempre ricordarci dei prigionieri politici e quello che è successo ad Aleksej Navl’nyj è una tragedia spaventosa, un crimine spaventoso. E la morte, l’assassinio pendono sulla testa di tutti i prigionieri politici come una spada di Damocle. E noi dobbiamo fare sempre qualcosa per aiutarli. Ognuno può fare qualcosa: scrivere una lettera, parlarne, affrontare l’argomento.”
Orlov ha sottolineato che, a prescindere dall’esito del suo processo, colleghi e amici continueranno a lavorare per difendere i diritti umani:
Ci sono tantissimi miei amici e colleghi sia qui in Russia, sia all’estero, e tutti loro portano avanti il nostro impegno. Nessuno ha lasciato perdere, nessuno di Memorial e nessuno delle altre associazioni che lavorano per i diritti umani. Nessuno ha smesso di lavorare, continuiamo, non sono solo! Se anche dovessi finire in carcere, gli amici e i colleghi continueranno a lavorare”.
Dal profilo su X del Centro per la Difesa dei diritti umani (@hrc_memorial) apprendiamo alcuni dettagli sull’udienza.
L’avvocata Katerina Tertuchina è intervenuta durante il dibattimento. Ha concluso che durante l’istruttoria e lo svolgimento del procedimento sono state commesse gravissime violazioni della legge. In particolare:
– la procura e il tribunale hanno privato Orlov di un difensore – Dmitrij Muratov;
– hanno limitato illegalmente il diritto a prendere visione dei materiali della causa;
– l’inquirente, contrariamente a quanto previsto dalla legge, ha colmato le lacune delle indagini preliminari: ha interrogato esperti che prima non aveva interpellato e ha disposto un’ulteriore perizia linguistica;
– la persecuzione giudiziaria è contraria alla Costituzione e agli accordi internazionali;
– tutto l’impianto accusatorio si fonda su prove inammissibili e su “prove testimoniali” manifestamente pregiudizievoli.
“Le domande dell’imputato e della difesa sono rimaste senza risposta. Se non vi rispondo alla domanda per cosa vi stanno processando, com’è possibile stabilire che cosa è oggetto di prova, quali sono i limiti della difesa? Che cosa resta da fare in questa situazione? Leggere Kafka? Ma io sono un avvocato, difenderò i diritti e le libertà di Orlov anche in questa situazione”- ha concluso Tertuchina.
Il testo completo del suo discorso (in russo) è stato pubblicato nel sito del Centro.
Domani, 27 febbraio, alle ore 12 secondo l’ora di Mosca (ore 10 in Italia) sarà annunziata la sentenza a Orlov.

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In ricordo di Eduard Kuznecov (1939-2024).

Il 22 dicembre 2024 è mancato Eduard Kuznecov, scrittore e giornalista dissidente. “Scrivo solo per conservare il mio volto. Il campo di concentramento è un ambiente orribile, umiliante, è la consapevole creazione di condizioni tali che l’uomo, ricacciato di continuo nell’angolo, comincia a dubitare dell’utilità di ubbidire alla propria verità e si convince che esiste solo la verità della biologia, l’adattamento”. Eduard Kuznecov nasce a Mosca nel 1939. Nel 1961 è arrestato per la prima volta e condannato a sette anni di reclusione per propaganda antisovietica. Nel 1970 è processato per avere tentato, insieme a un gruppo di ebrei russi dissidenti, di dirottare un aereo verso Israele e condannato alla pena di morte. Grazie alla pressione dell’opinione pubblica internazionale la pena è poi commutata in quindici anni di reclusione in un campo di lavoro a regime speciale in Mordovia. All’inizio degli anni Settanta i suoi diari, usciti clandestinamente dalla Russia, vengono pubblicati in Occidente. Nel 1979 è rilasciato ed emigra in Israele. Tra 1983 e 1990 collabora con Radio Liberty. Nel 1992 è tra i fondatori del quotidiano in lingua russa ‘Vesti’. Nelle pagine dei suoi diari, fatti uscire clandestinamente dal campo di lavoro e miracolosamente giunti nelle mani di Andrej Sacharov, Eduard Kuznecov descrive le degradanti condizioni di vita dei prigionieri e riflette lucidamente sui mali che minano il sistema giudiziario sovietico e i meccanismi di coercizione che regolano uno stato totalitario.

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Il 28 novembre 2024 Sergej Davidis, copresidente del Centro per la difesa dei diritti umani Memorial, è stato inserito nella “lista degli estremisti e dei terroristi” stilata da Rosfinmonitoring, agenzia federale russa per il monitoraggio delle operazioni finanziarie, con una postilla su un suo “coinvolgimento nel terrorismo”. Inoltre il 5 dicembre il tribunale Ljublinskij di Mosca ha ricevuto la documentazione relativa all’apertura di un procedimento amministrativo. La documentazione ha permesso di comprendere che nei confronti di Davidis è stata emessa una denuncia amministrativa per partecipazione alle attività di un’“organizzazione indesiderata”. Davidis ha anche ricevuto una comunicazione scritta con la quale gli è stato richiesto di presentarsi in procura per fornire spiegazioni e prendere conoscenza della possibilità di dover rispondere a responsabilità amministrativa. Come si evince dalla lettera, l’indagine della procura è legata a materiali di Radio Free Europe/Radio Liberty, indicata in Russia come organizzazione indesiderata. Sembra si faccia riferimento a interviste rilasciate da Sergej Davidis o a suoi commenti sui canali di Radio Free Europe. Con ogni probabilità il procedimento contro Davidis è legato alle sue attività: difendere i prigionieri politici, organizzare il sostegno e richiamare l’attenzione sulla loro situazione in Russia e nel mondo. Non si tratta del primo episodio di repressione nei confronti del copresidente del Centro Memorial nel 2024. A marzo il ministero della giustizia ha dichiarato Memorial “agente straniero”. Ad agosto il Roskomnadzor, servizio per la supervisione delle comunicazioni, della tecnologia dell’informazione e dei mass media della Federazione Russa, ha formalizzato un’accusa per violazione da parte di Davidis delle regole di marcatura in quanto “agente straniero”, indicando otto post apparsi sul suo canale Telegram. A settembre gli è stata comminata una multa di 30.000 rubli. Sergej Davidis ha dichiarato: “Non sono a conoscenza di motivi specifici per aprire nuovi procedimenti. E quale delle mie attività – la co-presidenza del Centro Memorial o la direzione del programma di sostegno ai prigionieri politici – ne sia la ragione. Ma non c’è dubbio che questi nuovi fatti sono un segno dell’attenzione dello Stato nei confronti del nostro lavoro. Ma noi, naturalmente, continueremo a lavorare.”

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