La vicenda giudiziaria di Oleg Orlov, cofondatore di Memorial, attualmente copresidente del Centro per i diritti umani Memorial e membro del direttivo dell’Associazione Internazionale Memorial, assume toni sempre più kafkiani. Oleg Orlov deve difendersi dall’accusa di “vilipendio reiterato” dell’esercito (art. 280.3, p. 1 del Codice penale) per il suo articolo “Volevano il fascismo in Russia e l’hanno ottenuto”.
All’inizio del febbraio 2024 si è conclusa l’istruttoria e sono state contestate a Orlov anche circostanze aggravanti nei termini di incitamento all’odio e all’ostilità nei confronti del personale militare, per le quali Orlov rischia tre anni di reclusione. Il 16 febbraio si è tenuta la prima udienza, presso il Tribunale Golovinskij di Mosca.
Il 21 febbraio si è tenuta la seconda udienza. Orlov, uscito dal tribunale, l’ha commentata così:
“Stavo leggendo Il processo di Kafka. Ero così concentrato nella lettura che non ho avuto nulla da dire su ciò che stava accadendo. Ho rinunciato a fare domande alla cosiddetta perita Zueva: non ho niente da chiedere a una persona che non sa di cosa parla e di cosa scrive nella sua perizia. Allo stesso modo ho rinunciato a fare domande ai cosiddetti testimoni dell’accusa. Queste persone non mi conoscono, non sono in grado di dire nulla sulle circostanze del caso. E ragionano, in sostanza, dando una valutazione di carattere giuridico alle mie azioni. Allora, va bene, prendiamo una persona qualsiasi dalla strada e invitiamo tutti a intervenire come testimoni. Però ascoltavo con la coda dell’orecchio. Secondo me, il processo che mi riguarda e il processo del libro che stavo leggendo hanno molte cose in comune”.