I racconti dal carcere di Il'ja Jašin: 9 gennaio 2024

Condividiamo la traduzione del post apparso il 9 gennaio sui profili social di Il’ja Jašin, oppositore politico attualmente detenuto in una colonia penale della regione di Smolensk, dove continua a scontare la condanna a otto anni e mezzo di reclusione comminata il 9 dicembre 2022 per "diffusione di fake news sull’esercito": sul suo canale YouTube aveva parlato degli eccidi commessi dall’esercito russo a Buča nei primi mesi della guerra in Ucraina

“Credetemi: non ne vale la pena. Tutelatevi.
Non è la vostra guerra”

Condividiamo la traduzione del post apparso il 9 gennaio sui profili social di Il’ja Jašin, oppositore politico attualmente detenuto in una colonia penale della regione di Smolensk, dove continua a scontare la condanna a otto anni e mezzo di reclusione comminata il 9 dicembre 2022 per “diffusione di fake news sull’esercito”: sul suo canale YouTube aveva parlato degli eccidi commessi dall’esercito russo a Buča nei primi mesi della guerra in Ucraina.

9 gennaio 2024

Per chi di questi tempi si arruola nell’esercito russo la guerra contro l’Ucraina è una specie di “roulette russa”. Sì, c’è la possibilità di morire o di rimanere invalidi. Però sul piatto ci sono dei bei soldi, il che agli occhi di molti giustifica il rischio. Ma ci sono pure delle insidie impreviste, che pochi considerano al momento di firmare il contratto. Per esempio il fatto che le conseguenze della guerra possono ricadere su chi ha preso parte all’invasione persino anni dopo la fine delle ostilità.

Uno dei miei ex compagni di cella a Mosca aveva combattuto in un’unità di fanteria dalle parti di Svatovo ed era finito in prigione per traffico d’armi. Qualche anno fa sua figlia si è trasferita col marito in Svezia, dove vive tuttora. E il mio vicino sognava, una volta uscito dal carcere, di andarla a trovare per abbracciare la nipotina.

Quando mi ha accennato al suo progetto, gli ho fatto presente con delicatezza quello a cui poteva andare incontro con un simile viaggio. Per i paesi dell’UE lui ha preso parte a un’aggressione armata contro uno stato sovrano. Di fatto è un criminale di guerra. Non è da escludere che il suo cognome sia noto ai servizi segreti occidentali, se si considera la facilità con cui i nostri enti statali si lasciano scappare i dati personali dei nostri concittadini. Forse la passerebbe liscia, certo. Ma forse lo arresterebbero non appena messo piede in Svezia.

Il tizio non mi credeva e pensava che volessi seminare il panico. Cosa c’entra la Svezia? Non siamo mica in guerra con loro, perché mai dovrebbero arrestare qualcuno?

Non siamo riusciti a finirla, la nostra discussione: io sono stato spedito in colonia penale. Perciò non ho potuto riferirgli una notizia arrivata dalla Finlandia, dove hanno mandato dietro le sbarre il comandante del reparto Rusič Jan Petrovskij il quale, di ritorno dai combattimenti in Ucraina, aveva deciso di volare a Nizza facendo scalo all’aeroporto di Helsinki. E lì gli hanno messo le manette ai polsi.

Si dà il caso che in Finlandia sia in vigore il principio di giurisdizione universale, in base a cui le autorità locali hanno diritto a procedere contro chiunque sia coinvolto in crimini internazionali, tra cui i crimini di guerra sul territorio di altri paesi. Adesso, anziché le spiagge di Nizza, Petrovskij ha davanti a sé la minaccia di una condanna addirittura all’ergastolo. Lo stesso principio vige in decine di altri paesi. E in ciascuno di loro chiunque ha preso parte alla guerra contro l’Ucraina potrebbe incappare nel rischio di un procedimento penale.

La guerra prima o poi finirà. Putin prima o poi se ne andrà. Ma il principio di giurisdizione universale continuerà a esistere. E continueranno a esistere anche persone che sono arrivate armi in mano in Ucraina.

Perché scrivo queste cose? Magari qualcuno che le legge sta valutando proprio in questo momento l’opportunità di firmare il contratto col Ministero della difesa. È a queste persone che mi voglio rivolgere in prima battuta.

Ragazzi, ne vale la pena? Anche lasciando da parte la questione morale. Anche se riusciste a sopravvivere, a tornare a casa con mani e piedi intatti e senza disturbi psichici. Anche se riusciste a guadagnare tanto da permettervi una Lada o un monolocale a Saratov. Vale la pena rinunciare PER SEMPRE a mezzo mondo, dove non potreste andare a trovare parenti o amici, dove non potreste andare in vacanza? Vale la pena trepidare fino alla fine dei vostri giorni nell’attesa che la congiuntura politica cambi e venga il giorno in cui vi toccherà giustificarvi dicendo: “Ho solo eseguito gli ordini”?

Credetemi: non ne vale la pena. Tutelatevi. Non è la vostra guerra.

 

Foto: Dar’ja Kornilova

 

 

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