Bollettino della Russia che resiste, 2-9 luglio 2023

Notizie raccolte e riportate da volontari di Memorial.

Azioni contro la guerra е repressioni, Russia, 02-9.07.2023

Le notizie riportate in questo Digest sono state raccolte е tradotte da volontari di Memorial

Voci dalle città

La polizia stradale ha fermato Aleksej Nikitin, un attivista di Krasnodar, sulla cui auto compariva la scritta “la ragione è di chi difende la propria casa”; l’uomo è stato in seguito rilasciato senza verbale.

L’8 luglio a Ekaterinburg degli attivisti hanno affisso in tutta la città volantini con la scritta “500 giorni di guerra”.

Picchetti e meeting

A Petrozavodsk è stata nuovamente affissa l’insegna “Pace al mondo”, che era stata rimossa. Ora sta da un’altra parte, su un muro dell’ex stabilimento di trattori Onega, futura sede dello spazio artistico “Museo del recente passato”.

Un 77enne residente a Perm’ ha tenuto un picchetto davanti agli uffici del governatore contro il “ricatto nucleare” dei politici. In precedenza, l’uomo aveva tenuto un picchetto con la richiesta di porre fine all’operazione militare speciale. All’uomo è stato fatto un verbale per diffamazione dell’esercito, ma il tribunale ha archiviato il procedimento.

Sabotaggi

A Vladivostok ignoti hanno dato fuoco alle bandiere russe sulle tombe dei soldati caduti durante la guerra in Ucraina e ne hanno spezzato le aste. La polizia ha dichiarato di aver aperto un procedimento penale per vilipendio alla bandiera e di aver identificato i sospetti. Altre tombe di militari erano state danneggiate in precedenza nelle regioni di Kursk, Vladimir, Tambov e nella Transbajkalia.

Procedimenti amministrativi e penali

–     L’FSB ha annunciato l’arresto di un cittadino russo che avrebbe pianificato di far saltare in aria il capo della Crimea, Aksёnov, riferendo anche che l’uomo sarebbe stato assoldato dai servizi segreti ucraini.

–        Il tribunale di Jakutsk ha condannato un ex ufficiale delle forze speciali al pagamento di una multa di 15 mila rubli (circa 186 euro, pari al salario minimo) per diffamazione dell’esercito, perché aveva raccontato a dei blogger ucraini dei suoi compagni morti nella guerra in Ucraina.

–  Un abitante della regione di Rjazan’ ha dichiarato che la polizia si è presentata a casa sua con un mandato di perquisizione, minacciandolo con una pistola; l’uomo aveva dato del nazista al conducente di un’auto con il simbolo Z. Gli è stata data una multa di 30 mila rubli (circa 330 euro, due volte il salario minimo) per diffamazione dell’esercito.

●      A Ekaterinburg un giornalista è stato multato per il video apparso sul canale Telegram ucraino “Trucha” dove commentava l’immagine di un autobus che aveva incollata sul lunotto posteriore la lettera Z con i colori del nastro di San Giorgio e la scritta “I nostri non li abbandoniamo”.

●      A Tjumen’ la polizia ha fermato un uomo per “aver tentato di convincere un soldato a schierarsi con le Forze armate ucraine”. È stato aperto un procedimento penale per alto tradimento.

●      A Vladimir Kapustinskij, giornalista della rivista “Pskovskaja gubernija”, è stato fatto un verbale per diffamazione dell’esercito. Il motivo del procedimento amministrativo non è noto.

●      Il tribunale ha comminato una multa di 300 mila rubli (circa 3.015 euro, quasi 19 volte il salario minimo) per diffamazione dell’esercito al Centro per la memoria storica di Perm’. Il motivo è stata la pubblicazione della dichiarazione contro la guerra da parte di “Memorial International” e del Centro per i diritti umani “Memorial” il 24 febbraio 2022.

●      All’ex deputato di Pskov, Dmitrij Permjakov, è stato fatto un verbale per diffamazione dell’esercito. Il deputato presume che il motivo siano i suoi post contro la guerra su Facebook.

●       Andrej Pavlov, attivista di Tula, è stato arrestato in Kazakistan, dove era arrivato per sfuggire a un procedimento penale per diffamazione dell’esercito. Altri attivisti russi erano già stati arrestati in precedenza in Kazakistan su richiesta delle forze dell’ordine russe.

●       Contro Gul’nara Bachareva, portinaia di Satka (regione di Čeljabinsk), è stato avviato un procedimento penale per istigazione e apologia del terrorismo per aver scritto sui social che “bisognerebbe far saltare la torre (per la radio-telediffusione) di Ostankino (a Mosca)” e che “il ponte di Crimea è un’infrastruttura militare strategica”.

●       Contro Marina Melichova, residente nella regione di Krasnodar e sostenitrice del movimento “Cittadini dell’URSS”, è stato avviato un procedimento penale a causa di un video dal titolo “Non esiste nessun documento ufficiale della Federazione Russa  sull’operazione militare speciale in Ucraina”. La donna ha dichiarato che le forze dell’ordine hanno picchiato suo figlio durante la perquisizione, l’hanno poi rinchiusa in cella di isolamento.

●       È stata confermata la condanna a due anni e mezzo di detenzione in un carcere senza sbarre per Aleksandr Stepanov, un militare della Kamčatka che si era rifiutato di combattere in Ucraina. A gennaio l’uomo non aveva obbedito agli ordini del comandante rifiutandosi di partecipare alla guerra.

Cultura e arte

●       Timerbulat Karimov, sindaco di Plës (regione di Ivanovo), ha chiesto agli artisti della filarmonica regionale di Ivanovo di non partecipare al festival musicale locale “Il prato di Šaljapin” a causa delle “posizioni filo ucraine” dell’organizzatore dell’evento, Aleksej Švecov.

●        L’amministrazione di Kirov ha rinunciato all’inno della città: era stato composto da Prochor Protasov, che si oppone alla guerra in Ucraina. Protasov era stato condannato a 5 anni di colonia penale a regime ordinario ai sensi dell’articolo sulle fake news a causa dei suoi post sui social relativi alle vittime di Buča e Kremenčug.

●        A Mosca, durante il concerto del gruppo “Nočnye snajpery” (“Cecchini notturni”), uno spettatore ha gridato “Gloria all’Ucraina”, porgendo dei fiori alla leader del gruppo musicale, Diana Arbenina. L’uomo è stato poi trattenuto dal personale del centro “E” (Centro per la lotta all’estremismo del Ministero degli Affari Interni della Federazione Russa). Concerti di Arbenina, contraria alla guerra in Ucraina, erano già  stati sospesi in molte città della Russia.

●        Il deputato Aleksandr Chinštejn ha denunciato il Festival Grušinskij della canzone d’autore che si tiene nella regione di Samara, sostenendo che gli organizzatori hanno vietato qualsiasi tipo di canzone patriottica, in particolare sulla guerra in Ucraina.

Altro

●        Una giudice di Voronež si è rifiutata di multare un attivista che aveva tenuto un picchetto da solo con il cartello “Fermate la guerra”, giacché in Russia “non è stato dichiarato lo stato di guerra”. La giudice ha inoltre trovato controversi i video del picchetto realizzati dagli agenti di polizia.

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Aleksej Gorinov. L’ultima dichiarazione del 29 novembre 2024.

Il 29 novembre 2024 il tribunale militare di Vladimir ha emesso la sentenza del nuovo procedimento penale contro Aleksej Gorinov, consigliere municipale di Mosca, che è stato condannato a tre anni di reclusione in colonia penale di massima sicurezza per “giustificazione del terrorismo”. La condanna va ad aggiungersi ai sette anni già comminati nel 2022 per “fake news sull’esercito”. Foto di copertina: Dar’ja Kornilova. Foto: SOTAvision. BASTA UCCIDERE. FERMIAMO LA GUERRA. Aleksej Gorinov è avvocato e attivista e dal 2017 consigliere municipale presso il distretto Krasnosel’skij di Mosca. Nei primi anni Novanta era deputato per il partito Russia Democratica, ma nel 1993, durante la crisi costituzionale e il duro confronto tra il presidente El’cin e il Soviet supremo, decide di lasciare la politica. Negli ultimi vent’anni Gorinov ha lavorato come avvocato d’impresa e della pubblica amministrazione in ambito civile e ha fornito assistenza legale agli attivisti tratti in arresto durante le manifestazioni politiche. È fra gli ideatori della veglia-memoriale continua, con fiori e fotografie, sul ponte Moskvoreckij, luogo dell’omicidio di Boris Nemcov. Il 15 marzo 2022, durante un’assemblea ordinaria del Consiglio di zona del distretto Krasnosel’skij, Gorinov deplora pubblicamente l’invasione dell’Ucraina da parte delle truppe russe esortando “la società civile a fare ogni possibile sforzo per fermare la guerra”. Il 26 aprile viene arrestato ex art. 207.3 del Codice penale russo, noto anche come “legge sulle fake news”. Il tribunale del distretto Meščanskij ritiene che ci siano le prove che Gorinov abbia “diffuso informazioni deliberatamente false su quanto compiuto dalle Forze armate russe”, con le aggravanti di essere “in una posizione ufficiale e per motivi d’odio e ostilità”. Gorinov è il primo cittadino russo a ricevere una pena detentiva per essersi espresso contro la guerra. Già in occasione dell’ultima udienza del primo processo Aleksej Gorinov ha avuto modo, come prevede il sistema giudiziario russo, di pronunciare un’“ultima dichiarazione” (poslednee slovo), in altre parole la possibilità di prendere la parola per sostenere la propria innocenza o corroborare la linea difensiva scelta dall’avvocato/a, cui abbiamo avuto modo di dare voce grazie a Paolo Pignocchi e al progetto Proteggi le mie parole. Venerdì scorso, in occasione dell’ultima udienza del secondo processo ai suoi danni, Aleksej Gorinov ha pronunciato una seconda “ultima dichiarazione” che traduciamo in italiano. Sono stato per tutta la vita uno strenuo oppositore di aggressioni, violenza e guerre, e ho consacrato la mia vita esclusivamente ad attività di pace come la scienza, l’insegnamento, la pubblica istruzione e l’attività amministrativa e sociale in veste di deputato, difensore dei diritti umani, membro di commissioni elettorali e osservatore e supervisore del processo elettorale stesso. Mai avrei pensato di vivere abbastanza per constatare un tale livello di degrado del sistema politico del mio Paese e della sua politica estera, un periodo in cui tanti cittadini favorevoli alla pace e contrari alla guerra – in un numero che ormai è di qualche migliaio – vengono accusati di calunnia ai danni delle Forze armate e di giustificazione del terrorismo, e per questo vengono processati. Ci avviamo a concludere il terzo anno di guerra, il terzo anno di vittime e distruzione, di privazioni e sofferenze per milioni di persone cui, in territorio europeo, non si assisteva dai tempi della Seconda guerra mondiale. E non possiamo tacere. Ancora alla fine dello scorso aprile, il nostro ex ministro della difesa ha annunciato che le perdite della parte ucraina nel conflitto armato in corso ammontavano a 500.000 persone. Guardatelo, quel numero, e pensateci! Quali perdite, invece, ha subito la Russia, che secondo le fonti ufficiali avanza con successo costante per tutto il fronte? Continuiamo a non saperlo. E soprattutto, chi ne risponderà, poi? E a che pro succede tutto questo? Il nostro governo e coloro che lo sostengono nelle sue aspirazioni militariste hanno fortemente voluto questa guerra, che ora è arrivata anche nei nostri territori. Una cosa mi verrebbe da chiedere: vi pare che la nostra vita sia migliorata? Sono questi il benessere e la sicurezza che auspicate per il nostro Paese e per la sua gente? Oppure non l’avevate previsto, nei vostri calcoli, un simile sviluppo della situazione? A oggi, però, le risposte a queste domande non si pongono a chi ha deciso questa guerra e continua a uccidere, a chi ne fa propaganda e assume mercenari per combatterla, ma a noi, cittadini comuni della Russia che alziamo la voce contro la guerra e per la pace. Una risposta che paghiamo con la nostra libertà se non, alcuni, con la vita. Appartengo alla generazione ormai uscente di persone con genitori che hanno partecipato alla Seconda guerra mondiale e, alcuni, le sono sopravvissuti con tutte le difficoltà del caso. La loro generazione, ormai passata, ci ha lasciato in eredità il compito di preservare la pace a ogni costo, come quanto di più prezioso abbiamo noi che abitiamo su questa Terra. Noi, invece, abbiamo snobbato le loro richieste e abbiamo spregiato la memoria di quelle persone e delle vittime della guerra suddetta. La mia colpa, in quanto cittadino del mio Paese, è di avere permesso questa guerra e di non essere riuscito a fermarla. Vi chiedo di prenderne atto, nel verdetto. Tuttavia, vorrei che la mia colpa e la mia responsabilità fossero condivise anche da chi questa guerra l’ha iniziata, vi ha partecipato e la sostiene, e da chi perseguita coloro che si battono per la pace. Continuo a vivere con la speranza che un giorno questo avverrà. Nel frattempo, chiedo perdono al popolo ucraino e ai miei concittadini che per questa guerra hanno sofferto. Nel processo in cui sono stato accusato e giudicato per avere detto espressamente che era necessario porre fine alla guerra, ho già dato piena voce alle mie considerazioni su questa vile impresa umana. Posso solo aggiungere che la violenza, l’aggressione generano solo altra violenza di ritorno, e nulla più. 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Bari, 26 novembre 2024. Proiezione del film documentario “The Dmitriev Affair”.

Martedì 26 novembre alle 20:30, presso il Multisala Cinema Galleria di Bari, Andrea Gullotta, vicepresidente di Memorial Italia, presenta il film documentario The Dmitriev Affair, scritto e diretto dalla regista olandese Jessica Gorter e sottotitolato in italiano. Jurij Dmitriev è uno storico e attivista, direttore di Memorial Petrozavodsk. Negli anni Novanta scopre un’enorme fossa comune in cui sono sepolte migliaia di vittime del Grande Terrore. Nella radura boschiva di Sandormoch, in Carelia, inaugura un cimitero commemorativo e riesce a raccogliere persone di varie nazionalità intorno a un passato complesso e conflittuale. Da sempre schierato contro il governo della Federazione Russa, nel 2014 Dmitriev condanna apertamente l’invasione della Crimea. Da allora inizia per lui un calvario giudiziario che lo porta a essere condannato a tredici anni e mezzo di reclusione. Il documentario di Jessica Gorter, realizzato nel 2023, racconta con passione e precisione la sua tragica vicenda. Gabriele Nissim, ha letto per Memorial Italia l’ultima dichiarazione di Jurij Dmitriev, pronunciata l’8 luglio 2020, come parte del progetto 30 ottobre. Proteggi le mie parole. Irina Flige, storica collaboratrice di Memorial San Pietroburgo, ha raccontato la storia della radura di Sandormoch nel volume Il caso Sandormoch. La Russia e la persecuzione della memoria, pubblicato da Stilo Editrice e curato da Andrea Gullotta e Giulia De Florio. La proiezione è a ingresso libero ed è uno degli incontri previsti dall’undicesima edizione del festival letterario Pagine di Russia, organizzato dalla casa editrice barese Stilo in collaborazione con la cattedra di russo dell’Università degli Studi di Bari. Quest’anno il festival è inserito nella programmazione del progetto Prin 2022 PNRR (LOST) Literature of Socialist Trauma: Mapping and Researching the Lost Page of European Literature ed è dedicato al concetto di trauma nella cornice della letteratura russa del Novecento sorta dalle repressioni sovietiche.

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