Il 17 maggio 2023 il tribunale militare n. 2 del Distretto occidentale di Mosca ha condannato l’attivista e socio di Memorial Podmoskov’e e del movimento Unione di solidarietà Michail Kriger, 63 anni, a 7 anni di reclusione in colonia penale a regime ordinario. Kriger era stato arrestato nel novembre del 2022 a causa di un post su Facebook ed era stato accusato di “giustificazione del terrorismo” e “incitamento all’odio con minaccia di ricorso alla violenza”.
Michail Kriger ha partecipato attivamente al movimento democratico e di difesa dei diritti umani dalla fine degli anni Ottanta, a campagne a sostegno dei prigionieri politici, ha subito più volte provvedimenti amministrativi per avere preso parte a meeting e proteste. Negli ultimi tempi ha esternato più volte in pubblico la sua posizione contro la guerra, con modalità di espressione e rivendicazione delle proprie posizioni esclusivamente pacifiche. “Ritengo che questa guerra sia uno di quei rari conflitti in cui la verità sta al cento per cento da una parte sola. E quella parte è l’Ucraina”, ha detto Kriger al processo.
Siamo convinti che la sentenza a Michail Kriger sia un atto di rappresaglia nei suoi confronti per la sua posizione pubblica e allo stesso tempo un tentativo di spaventare e costringere al silenzio tutti coloro che hanno osato esprimersi contro la guerra, che non hanno paura di criticare le autorità e di manifestare liberamente la propria opinione, il cui grido di protesta potrebbe essere sentito.
Pubblichiamo la traduzione dell’ultima dichiarazione (poslednee slovo) di Michail Kriger, pronunciata in tribunale il 17 maggio 2023. Secondo il sistema giudiziario russo agli imputati è concessa in tale forma la possibilità di prendere la parola per sostenere la propria innocenza o corroborare la linea difensiva scelta dall’avvocato/a.
Foto: SOTA // Antonina Favorskaja.
Signor giudice!
Sono accusato per due post su Facebook che al momento del mio arresto erano già vecchi di due anni. Secondo me bisogna concluderne che quei testi sono soltanto una scusa. Se sono finito in tribunale, il vero motivo sono le mie opinioni, dapprima contrarie alla guerra e ora, per di più, apertamente a favore dell’Ucraina. Sono opinioni che non solo non ho mai nascosto, ma che cerco di ostentare il più possibile e ogni volta che se ne presenta l’occasione. Ritengo che questa guerra sia uno di quei rari conflitti in cui la verità sta al cento per cento da una parte sola. E quella parte è l’Ucraina.
Cercando maniere di lavar via questa vergogna, questo fratricidio di cui si è macchiato il nostro paese, ho aiutato i rifugiati ucraini, e ho espresso sui social media la mia più sincera speranza nella loro peremoga, come si chiama la vittoria in ucraino. C’è una cosa che ho sempre pensato, e penso ancora: se è destino che i russi arrivino alla libertà, potranno arrivarci solo in conseguenza di quella stessa peremoga. È andata così in Giappone e in Germania dopo che hanno perso una guerra.
Come diceva Aleksandr Gorodnickij: “Per essere liberi non serve necessariamente la vittoria, a volte è meglio la sconfitta…”.
Torniamo ai miei capi d’accusa. Uno è dovuto al fatto che mi sono permesso di esprimere apertamente il mio sogno che Putin venga impiccato. Ebbene sì: spero proprio di arrivare a vedere questo giorno di festa.
Sono certo che il nostro dittatore si merita questa pena, proprio come altri criminali di guerra, per esempio quelli che vennero condannati all’impiccagione dal tribunale di Norimberga. Come loro, il nostro è un tiranno bugiardo che si è impossessato di un potere senza alcun limite e ha le mani sporche di sangue fino ai gomiti. La Corte penale internazionale dell’Aia è del tutto d’accordo con me, visto che ha emesso un ordine di cattura nei suoi confronti. Forse, a fantasticare così, ho perso di vista ogni compassione, o la “grazia pei caduti”, come scrive Puškin? Lo ripeto, no. Perché è per grazia di questo macellaio (sottolineo: per sua grazia) che si sparge sangue ogni giorno.
Dato che non si dimette di propria iniziativa, è evidente che bisogna arrestarlo e giustiziarlo: è l’unico modo per fermare lo spargimento di sangue fraterno scatenato da lui, sì, proprio da lui, ai danni del popolo più vicino ai russi, quello dell’Ucraina, mio amato paese natale.
A Dnipro, dove sono nato, ho molti parenti, compagni di scuola, amici d’infanzia che proprio ora devono aspettare nei seminterrati che gli arrivi in testa il prossimo bombardamento, a causa delle ambizioni maniacali del nostro Führer. Che hanno fatto per meritarselo? Che colpa ne hanno loro, se il nostro Re Sole non ha giocato abbastanza con i soldatini quando era piccolo? O se è diventato un ammiratore del vero Führer (a me sembra proprio di sì!) e fa di tutto per seguire il suo esempio?
E quindi insisto che da parte mia è giusto, ragionevole e, se volete, opportuno nutrire queste speranze.
O per dirla con le parole di un noto leccapiedi, Volodin: “Putin significa sangue a fiumi, senza Putin non si sparge il sangue”.
Spero che tanto basti per motivare il mio sogno con sufficiente chiarezza.
Passiamo al secondo capo d’accusa: fomentare l’odio contro l’FSB. In effetti non amo questa istituzione da due soldi, che è un analogo perfetto della Gestapo, anzi: per certi versi, è ancora più vigliacca e brutale. Perché dico questo? Perché quei poliziotti tedeschi erano sì sanguinari e quanto mai disumani nel metodo, ma se la prendevano con i nemici veri del Reich e del Führer, di certo non se li inventavano.
La Gestapo putiniana, invece, fa spuntare “nemici” come funghi. Insieme ai suoi provocatori crea delle “organizzazioni terroristiche” e poi le “smaschera” lei stessa. In altre parole, per qualche stelletta o medaglia in più, per fare carriera, questa gente distrugge la vita dei ragazzi e dei loro genitori, senza uno straccio di empatia, neanche fossero bestie da macello. Ha iniziato a usare questi sistemi schifosi nei casi “Novoe veličie” e “Set’”, e in quello degli adolescenti di Kansk. Come se non bastasse, nell’ultimo caso uno di loro, il quattordicenne Nikita Uvarov, è stato tenuto oltre un anno in custodia cautelare, e quando ne ha compiuti sedici gli hanno affibbiato cinque anni di colonia penale. E tutto questo per un “attentato terroristico su Minecraft”. Ditemi un po’ come si fa a spedire in galera un quattordicenne, praticamente un bambino. Sono o non sono mostri, quelli della nostra Gestapo? Esseri umani non mi sembrano proprio.
Quando ho scritto il testo che è il motivo principale per cui mi hanno incriminato, ero sotto shock per la sentenza del “caso di Kaliningrad”. Magari a qualcuno è uscita di mente la vicenda: due novelli sposi si sono presi rispettivamente dodici e tredici anni (!) perché un ospite alla festa, membro dell’FSB, ha mostrato poca attitudine al suo ruolo. Neanche ventiquattr’ore dal matrimonio e si beccano una condanna tanto folle. Dopo tutto questo, che cosa dovrei provare verso quelli della nostra Gestapo?
Voglio ricordare un’altra cosa: perlomeno nel caso “Set’”, i ragazzi hanno confessato perché li hanno torturati con i taser. La corte ha preferito glissare su questo dettaglio. A guardare come sono distribuiti questi casi nel paese, e la docilità dei giudici coinvolti, mi sembra chiaro che questi sistemi disumani e mostruosi siano proprio sistematici, non eccessi isolati. Di fronte a questa istituzione, fatta di bestie, come dovrei sentirmi secondo voi? Dovrei ammirarli infinitamente e fargli le feste come un cagnolino?
Cosa potrebbe ispirarmi questo ente dopo l’avvelenamento di Naval’nyj, di Kara-Murza e di vari altri, per mano di un gruppo speciale di passacarte assassini che inseguono le loro vittime per tutto il paese? Sarebbe questa la gente con “il cuore appassionato e le mani pulite” di cui parlava Dzeržinskij?
Sapendo tutto ciò che ho elencato, ditemi che cosa pensare di un ente fatto di macellai, sadici, assassini e delatori. Perché mai non dovrei rendere pubblico il disgusto che mi ispirano? Non ho forse il diritto, secondo l’articolo 29 della Costituzione, di diffondere notizie di dominio pubblico?
Mi sembra perciò di aver chiarito abbastanza il mio punto di vista su entrambi i capi d’accusa.
Tutto quello che ho detto spiega anche perché secondo me Michail Žlobickij è un eroe. Non giustifico affatto il terrorismo, ma il regime di Putin non gli lasciava altra scelta! Suicidarsi facendosi esplodere era l’unica forma di protesta possibile. Pensate che durante il processo a Filinkov la corte abbia fatto caso ai segni di tortura con il taser sul corpo dell’imputato? Forse qualche deputato della Duma ha chiesto spiegazioni in merito agli inquirenti o alla procura? Il Pervyj Kanal, la tv o la radio hanno mai detto che Uvarov, appena adolescente, è stato condannato a cinque anni di carcere? E allora che poteva fare Žlobickij, eroe amante della verità? Come poteva esprimere la sua protesta? Se le “ceneri di Claes” bruciano il cuore, come a Till Ulenspiegel, che cosa si fa? Rimane solo la “follia degli impavidi” citata da Gor’kij.
Vorrei dire ancora qualcosa. Durante il processo sono stati citati più volte i miei arresti amministrativi, probabilmente come circostanza aggravante. Immagino che l’accusa volesse così mettermi in cattiva luce.
Tengo quindi a sottolineare che non ho mai partecipato alle manifestazioni per noia o svago, ma sempre in difesa della legalità e in totale accordo con la Costituzione, il cui articolo 31 garantisce a tutti il diritto di riunirsi pacificamente.
E vi dirò di più. Manifestare non mi sembrava solo un diritto, ma anche un dovere del cittadino per difendere i propri diritti civili. Più di una volta mi sono dovuto forzare, vincendo la pigrizia, la stanchezza e così via.
Ma, stimatissima corte, avvocati dell’accusa e inquirenti, così facendo ho difeso anche i vostri diritti. Il diritto di eleggere un governo responsabile. In modo che i deputati da voi eletti, nel prendere decisioni, si facciano guidare prima di tutto dalla vostra reazione positiva o negativa. In modo che i politici almeno in parte dipendano dal vostro consenso. In modo che figli, fratelli, padri e mariti, anche i vostri, non finiscano arruolati in questa guerra criminale, e non ve li ridiano in un sacco di plastica. Credo che questo aspetto interessi anche a voi, non solo a me. Voi però avete più paura. È per queste buone intenzioni che mi hanno arrestato più volte, multato e incarcerato.
A tutti quelli che mi ascoltano e leggeranno queste mie parole, vorrei dire questo. Se sentirete o leggerete che “Kriger ci ha ripensato”, “Kriger si è rimangiato tutto e si è scusato” e via dicendo, sappiate che la spiegazione sarà una sola: una seria minaccia che pesava su di me o sui miei cari.
Per concludere mi rivolgo brevemente ai miei gloriosi compatrioti (continua in ucraino), ai difensori della mia Ucraina natale.
Carissimi ucraini!
Amici miei!
Per me la cosa peggiore di tutte è che non posso essere al vostro fianco. Per esempio, tra le fila delle forze armate ucraine.
Quindi posso soltanto augurarvi la Vittoria.
Buona fortuna, fratelli e sorelle!
Slava Ukraini!
Foto: Aleksandra Astachova.