Voci dalla guerra: Kateryna Ryndyč, pensionata di Charkiv

Presentiamo qui una nuova intervista del progetto “Voci dalla guerra”. Pubblichiamo la trascrizione della testimonianza di Kateryna Ryndyč, di anni 65, pensionata di Charkiv costretta a trovare rifugio a Leopoli con la sua famiglia.

Voci dalla guerra: Kateryna Ryndyč, pensionata di Charkiv

Presentiamo qui una nuova intervista del progetto “Voci dalla guerra” portato avanti in nove lingue dal Gruppo di difesa dei diritti umani di Charkiv (KhPG o “Memorial Ucraina”) con la rete di Memorial, per dare voce alle vittime dell’invasione russa in Ucraina.

Oggi pubblichiamo la trascrizione della testimonianza di Kateryna Ryndyč, di anni 65, pensionata di Charkiv costretta a trovare rifugio a Leopoli con la sua famiglia. Il video coi sottotitoli in italiano si può trovare nel canale YouTube di Memorial Italia.

L’intervista originale è stata realizzata da Taras Zozulins’kyj. Le traduzioni italiane sono a cura di Luisa Doplicher, Sara Polidoro, Claudia Zonghetti.

03.11.2022

“Ci sono stati 5 morti, tra cui una donna incinta”

Ho 65 anni e sono pensionata. Vengo da Charkiv. Sono nata nella regione di Sumy, proprio al confine con la Russia. Da lì qualcuno veniva pure a studiare nelle nostre scuole. Bastava attraversare un fiume. E ora ci sparano…

Nel 1976 sono andata a studiare all’università a Charkiv. Una volta finiti gli studi mi hanno pure mandata a Gor’kij [oggi Nižnij Novgorod, in Russia – N.d.R.] a lavorare. Sono tornata a Charkiv e mi sono sposata. Ed è qui che sono rimasta. Vivo a Charkiv dal 1977. Ho lavorato nell’edilizia, ma quando sono arrivati i figli ho trovato lavoro come maestra d’asilo. Poi in una fabbrica, non sto a dirvi quale… e poi in un negozio. Gli ultimi tre anni ho fatto la cassiera. Ora sono in pensione, ma ogni tanto faccio qualche lavoretto. Quando ho tempo mi piace ricamare, mettere le perline sui capi. Ho una piccola dacia, me ne occupo volentieri, ma è proprio là al confine, da dove arrivavano tutti… Dall’inizio della guerra i russi occupano quella zona.

Com’è stata per lei la prima giornata dell’invasione russa?

Quando è iniziata la guerra, il giorno prima anzi, era festivo ed eravamo andati al parco Gor’kij. Charkiv è una bella città. Abbiamo fatto un giro nel parco, poi siamo tornati a casa, e siamo andati a dormire. La mattina mi sveglio e… che succede? Sento degli spari… Mi chiamano tutti al telefono. Non mi aspettavo proprio che sarebbe scoppiata la guerra. E invece era iniziata. Tutti si precipitavano fuori casa. Cosa fare, dove andare, chi chiamare? Mi ha chiamato mia figlia: “Mamma, noi andiamo nel rifugio antiaereo. Preparati e vieni anche tu”. E io: “No, per il momento resto qui”. Le chiedo se serve che le porti qualcosa, e la saluto.

Le è capitato di assistere a crimini contro la popolazione civile?

Ero uscita di casa. La nostra zona è lontana dal centro, da Pivnična Saltivka. È sempre Saltivka, ma Stara Saltivka è più lontana. Anche da noi si sentivano missili, aerei. Anche di notte. Sono uscita: per terra c’erano vetri, l’esplosione aveva distrutto un negozio. In qualche casa si erano rotte le finestre. Le mie, di finestre, le avevo chiuse, erano ancora intatte. Qualcosa bruciava sulla Valentynivs’ka, il quartiere era avvolto da un fumo nero. Era un incendio, ma non era da noi. Si vedeva il fumo dietro le vecchie palazzine del nostro quartiere. Si sentivano spari in continuazione… Sono corsa a comprare qualcosa, pensando ai bambini nel rifugio. Nei negozi non c’era granché, ho preso giusto qualche scatoletta e biscotti per i bambini, pane… E ogni giorno, dalla mattina alla sera, spari, incendi, fumo… Nel nostro quartiere un missile era caduto in Via Garibaldi, davanti alla scuola di mio nipote. Per fortuna era caduto in strada, ma nei giorni successivi uno era finito comunque sulla scuola.

E poi un missile dietro casa. Ho chiamato, ci sono stati 5 morti, tra cui una donna incinta.

Mia figlia maggiore aveva un trilocale, viveva con i suoceri a Pivnična Saltivka. Non so se il missile abbia colpito la loro casa. L’altra mia figlia aveva acceso un mutuo proprio prima di Capodanno. Anche da loro è caduto un missile.

 

Palazzina distrutta da un bombardamento a Charkiv
Una casa distrutta nel quartiere Saltivka, 3 marzo 2022: Fotografia: DSNS (Servizio statale dell’Ucraina per le emergenze)

Cos’è successo nelle giornate successive mentre lasciavate la città?

Sono stati tutti per qualche giorno nel rifugio. Poi mia figlia mi ha chiamato e mi ha detto: “Mamma, ce ne andiamo”. I bambini erano spaventati. Ho due nipotine di 5 anni e un nipote di 8. Quando sente la sirena, la piccola si copre le orecchie con le mani e va nel panico. Avevano deciso di andare via, e così anch’io sono partita. La mattina ho raggiunto il rifugio antiaereo facendomi portare in auto, le fermavo per strada. Era il 5 marzo. Dal rifugio i miei generi ci hanno portato in auto alla stazione. Lì abbiamo aspettato tantissimo, perché partivano in tantissimi. E poi il freddo… i bambini sedevano sulle borse appoggiate sulla neve, li avevamo coperti con dei plaid. Forse abbiamo aspettato al binario per 5 ore. Abbiamo sentito anche due aerei, non so se ucraini o russi. È stato orribile.

Vorrebbe forse dire qualcosa ai russi?

Non sono mai stati un problema per me, ma quello che hanno fatto ora al nostro paese non riesco proprio ad accettarlo… Riprendetevi i vostri figli, altrimenti moriranno anche loro, come i nostri. Tutto per colpa di quell’imbecille di Putin. Non vi fanno pena i vostri figli e i vostri nipoti? Uccidete bambini, persone innocenti! Sono forse obiettivi militari gli asili, le scuole, i centri commerciali, i parchi? Cosa bombardano? Hanno bombardato lo zoo, uccidendo gli animali. Fermate il vostro, di animale! Non ne possiamo più!

 

 

Aiutaci a crescere

Condividi su:

Per sostenere Memorial Italia

Leggi anche:

“Mamma, probabilmente morirò presto”: adolescente russo in carcere per volantini anti-Putin riferisce di essere stato brutalmente picchiato da un compagno di cella.

Pubblichiamo la traduzione dell’articolo ‘Mom, I’m probably going to die soon’: Russian teenager in prison for anti-Putin flyers says cellmate brutally beat him della testata giornalistica indipendente russa Meduza. L’immagine è tratta dal canale Telegram dedicato al sostegno per Arsenij Turbin: Svobodu Arseniju! (Libertà per Arsenij!). In una recente lettera Arsenij Turbin, sedicenne russo condannato a scontare cinque anni in un carcere minorile con l’accusa di terrorismo, ha raccontato alla madre di avere subito abusi fisici e psicologici durante la detenzione. I sostenitori di Turbin, che hanno pubblicato un estratto della sua lettera su Telegram, sospettano che oltre ad aggredirlo, i compagni di cella gli stiano rubando il cibo. Ecco cosa sappiamo. Arsenij Turbin è stato condannato a cinque anni di carcere minorile nel giugno 2024, quando aveva ancora 15 anni. Secondo gli inquirenti governativi, nell’estate del 2023 Arsenij si era unito alla legione Libertà per la Russia, un’unità filoucraina composta da cittadini russi e, su loro preciso ordine aveva iniziato a distribuire volantini che criticavano Vladimir Putin. Turbin dichiara di non essersi mai unito alla legione e di avere distribuito i volantini di sua iniziativa. Il Centro per i diritti umani Memorial ha dichiarato Turbin prigioniero politico. Al momento Turbin si trova in detenzione preventiva in attesa dell’appello contro la sua condanna. Nell’estratto di una lettera inviata a sua madre pubblicato lunedì (1 ottobre) nel gruppo Telegram Svobodu Arseniju! (Libertà per Arsenij!), l’adolescente scrive che un compagno di cella di nome Azizbek lo ha picchiato più volte. “Questa sera, dopo le 18:00, uno dei miei compagni di cella mi ha dato due pugni in testa mentre ero a letto”, ha scritto. “La situazione è davvero difficile, brutta davvero. Azizbek mi ha colpito e poi ha detto che stanotte mi inc***. Sarà una lunga nottata. Ma resisterò.” Turbin scrive anche che in carcere lo hanno catalogato come “incline al terrorismo” per il reato che gli contestano (“partecipazione a organizzazione terroristica”). In un post su Telegram i sostenitori di Turbin hanno ipotizzato che i suoi compagni di cella gli stessero rubando il cibo: nelle sue lettere chiedeva sempre alla madre pacchi di viveri, mentre questa volta le ha scritto che non ne aveva bisogno. La madre di Turbin, Irina Turbina, martedì ha riferito a Mediazona che il figlio è stato messo in isolamento dal 23 al 30 settembre. Dalla direzione della prigione le hanno detto che era dovuto a una “lite” tra Turbin e i suoi compagni di cella e che tutti e quattro i prigionieri coinvolti erano stati puniti con l’isolamento. Irina Turbina ha anche detto che il personale del carcere non le ha permesso di parlare con Arsenij al telefono e che l’ultima volta che hanno parlato è stata a inizio settembre. La madre ha raccontato l’ultimo incontro con suo figlio al sito Ponjatno.Media: “Quando sono andata a trovarlo l’11 settembre non l’ho riconosciuto. Non era mai particolarmente allegro neanche le volte precedenti che l’ho visto, certo, ma almeno aveva ancora speranza, era ottimista: aspettava l’appello e credeva che qualcosa di buono l’avremmo ottenuto. L’11 settembre, invece, Arsenij aveva le lacrime agli occhi. Mi ha detto: ‘Mamma, ti prego, fai tutto il possibile, tirami fuori di qui. Sto davvero, davvero male qui’.” “Mamma, probabilmente morirò presto”, ha continuato a riferire la madre, citando il figlio. Ha poi detto di avere inoltrato la lettera a Eva Merkačeva, membro del Consiglio presidenziale russo per i diritti umani, chiedendole di intervenire. Secondo le informazioni di Mediazona, ad Arsenij è stato finalmente permesso di parlare con sua madre al telefono l’8 ottobre. Le avrebbe detto che il suo aggressore era stato trasferito in un’altra cella il giorno prima e che si trovava bene con gli altri compagni di cella. Aggiornamento del 20 ottobre dal canale Telegram Svobodu Arseniju!: “Questa settimana Arsenij non ha mai telefonato”. La madre riferisce di averlo sentito l’ultima volta l’8 ottobre scorso. 25 ottobre 2024

Leggi

Cagliari, 22 ottobre. “Belarus, poesia e diritti umani”.

Martedì 22 ottobre alle 18.00, presso l’Università degli Studi di Cagliari, Campus Aresu (aula 6), nell’ambito del ciclo di seminari Ucraina, Belarus, Russia: lottare e resistere per i diritti nell’Europa post-sovietica dedicato al tema della resistenza al regime di Putin e del suo alleato Lukašenka si svolge il seminario Belarus, poesia e diritti umani. Nell’occasione sarà presentato il volume Il mondo è finito e noi invece no. Antologia di poesia bielorussa del XXI secolo curato da Alessandro Achilli, Giulia De Florio, Maya Halavanava, Massimo Maurizio, Dmitry Strotsev per WriteUp Books. Intervengono Dmitry Strotsev (Pubblicare poesia bielorussa in emigrazione), Julia Cimafiejeva (Scrivere poesia bielorussa all’estero) e la nostra Giulia De Florio (Tradurre poesia bielorussa in Italia). Modera Alessandro Achilli. È possibile seguire l’incontro in diretta Zoom, utilizzando il link https://monash.zoom.us/j/81314970717?pwd=gAd5RXcOX6w2BE18DHkmfxO6xTDyRG.1.

Leggi