“In Russia contro la guerra presto saremo la maggioranza”

Studi sociologici cercano di capire come la società russa percepisce realmente il conflitto in Ucraina. Quello che emerge è molto distante dai sondaggi ufficiali.

(Foto dal profilo Instagram di A. Minjajlo, CC BY-SA 4.0)

(di Aleksej Minjajlo, politico russo)


26 dicembre 2022 
ore 15:57


Aleksej Minjajlo, l’autore di questo testo, è un politico russo, uno degli imputati del “caso Mosca” e la sua analisi è stata pubblicata da Republic. Fin dall’inizio della guerra, nell’ambito del progetto “Chroniki”, Minjajlo conduce studi sociologici in cui alcuni professionisti cercano di capire come la società russa percepisce realmente la guerra. Partendo da dati oggettivi, Aleksej Minjajlo spiega come gli oppositori della guerra hanno già sorpassato, di numero, i suoi sostenitori. Memorial Italia ringrazia la redazione di Republic per l’autorizzazione a pubblicare il testo. La traduzione è di Ester Castelli.


Aleksej Minjajlo nel 2022
Aleksej Minjajlo (foto di Yulia Nevskaya, CC BY-SA 4.0)


Se osserviamo i dati del VCIOM [Ente statale russo che conduce sondaggi dell’opinione pubblica, N.d.T.] sul “sostegno” alla guerra, l’impressione è che i russi che la appoggiano siano molto più numerosi di chi ne sia contrario. Gli ultimi dati del VCIOM (risalenti ad agosto, mentre prima venivano pubblicati mensilmente) parlano di un 70% a favore e di un 18% contro. In realtà le cose non stanno così. Lascerò che a parlare siano i dati. Partiamo dai dati sociologici – per me è più facile, essendo il mio campo. Da febbraio di quest’anno con il progetto Chroniki analizziamo l’atteggiamento dei russi nei confronti della guerra. In questo periodo abbiamo condotto nove sondaggi e in uno di questi il nostro partner, Tazeros, è arrivato ad analizzare 2,73 milioni di post sui social media.


Potete consultare i risultati della nostra ricerca sul nostro sito web. Sono su Twitter, sotto forma di thread in thread. Stiamo pubblicando una serie di dati anonimi su @github, tutti a libero accesso (anche republic.ru ha pubblicato dei materiali sulla base dei dati dei sondaggi – N.d.R.).


Nei sondaggi sulla guerra ci sono due criticità: 

1.   Le domande dirette non ricevono risposte che riflettano davvero le posizioni delle persone: la gente ha paura.

2.   Nella percentuale di chi vota “favorevole” c’è chi sta per partire al fronte o che sarebbe disposto a farlo, ma anche chi mente per paura di ritorsioni.


Il primo problema consiste quindi nel fatto che le persone hanno paura. Non lo dico tanto per dire. Ecco alcune risposte ai nostri sondaggi:


– Uomo sui 51 anni, vive in città: “Beh, capisce che se rispondessi di no, sarebbe… una risposta provocatoria. Naturalmente vi confermo che si tratta di un’operazione militare speciale. Perché ogni altra opinione avrebbe conseguenze penali, ed è un rischio che non voglio correre”.


– Donna sui 53 anni, vive in un paese: “Non lo so, se vi rispondo domani la polizia viene e mi porta via. [Spiegazione dell’intervistatore] Quindi non mi arresteranno, giusto?”.


Ricercatori scrupolosi non possono trarre conclusioni sulla base di esempi isolati. Abbiamo pertanto deciso di condurre un esperimento. Alla domanda sull’appoggio alla guerra, a 922 intervistati abbiamo offerto l’opzione “sì” e “no”, mentre gli altri 867 intervistati avevano tre opzioni: “sì”, “no” e “non voglio rispondere”.


Come pensate che sia andato il sondaggio?


Nel secondo caso, il numero di risposte “sì” è sceso dal 70 al 63%. E il numero dei “non sono favorevole” è passato dal 14% al 7%. La nostra ipotesi: quando il sondaggio offre un’opzione neutrale “sicura”, la sceglie parte di chi era contrario alla guerra nel primo caso, perché più sicura. Ma questa opzione viene anche scelta da una parte di chi aveva detto di essere a favore della guerra, perché in realtà era contrario ma aveva solo paura di dirlo.


Il secondo problema è che i “sostenitori” sono le persone più svariate, da chi dice “vado al fronte come volontario” a “mento per paura di ritorsioni”.


Questo indicatore serve tuttalpiù per la propaganda e per individuare le dinamiche che la sottendono, ma non dà, di fatto, una chiave interpretativa della situazione reale.


Per questo motivo abbiamo provveduto a suddividere ulteriormente sia i “sostenitori” che i “non sostenitori”. Da una prima approssimazione abbiamo individuato tre grandi gruppi all’interno dei “sostenitori”: i “Sostenitori”, i “Lealisti” e i “Falchi”.


1.   I “Sostenitori” (25-30%). Non hanno una posizione definita, fanno parte di una maggioranza immaginaria. Esempio: sostengono che bisognerebbe combattere per vincere, ma allo stesso tempo affermano che la priorità del governo non dovrebbe essere la vittoria militare, bensì salvare l’economia. Fate proprio le cose con la testa nel sacco, ragazzi miei.


2.   I “Lealisti” (25-36%). Si tratta di persone che hanno tutto sommato una loro posizione. Per esempio, dicono di essere disposti a donare denaro per le forze armate. Oppure pensano che dovremmo combattere per vincere. E che la guerra dovrebbe essere la priorità del governo.


3.   I “Falchi” (1-8%). Si tratta di una fazione radicale dei “lealisti”. Rientrano in questo gruppo coloro che seguono i corrispondenti di guerra o che trarranno un vantaggio personale dalla sconfitta dei “nazisti”, in caso di vittoria, o anche chi dichiara di essere pronto a donare più del 10% del proprio reddito personale all’esercito.


Tutti e tre i gruppi sono variabili. Non sappiamo quanti di coloro che si dichiarano disposti a donare denaro lo facciano per un forte desiderio di appartenenza alla maggioranza, e quanti invece siano amareggiati dalla realtà delle cose e abbiano preso posizione. Non sappiamo nemmeno quanti siano i follower fantasma che seguono i canali Telegram dei corrispondenti di guerra.


Passiamo ora a parlare degli oppositori. Non sono affatto solo il 18%, come sostiene il VCIOM. Ora chi si oppone “apertamente” alla guerra si attesta sul 17-18%. Il tetto massimo però è del 32%. Crediamo che il dato si avvicini effettivamente a questo 32%, ma al momento non sappiamo di quanto e non possiamo dimostrarlo. Utilizzeremo pertanto una forchetta del 18%-32%.


Come abbiamo ottenuto queste cifre?



– Il 18% è costituito da coloro che non si esprimono a favore della guerra e della mobilitazione, che sarebbero favorevoli al ritiro delle truppe e ad avviare i negoziati anche senza aver raggiunto gli obiettivi della “operazione speciale”.


– Il 32% è favorevole a porre fine alla guerra il prima possibile e a rinunciare a combattere fino alla vittoria.


In altre parole, in base ai nostri dati i sostenitori della guerra che hanno una loro posizione non superano il 25-36%. Coloro che sono contrari alla guerra non sono meno del 18-32%. Così il 70% favorevoli e il 18% contrari iniziano già a vacillare. Si tratta piuttosto di due gruppi comparabili, uno dei quali ha bisogno di coraggio per esprimere la propria posizione, l’altro no.


Veniamo ora agli indicatori indiretti. Disclaimer: le prove scientifiche terminano qui e da qui partono i miei giudizi di valore. Bisogna sempre leggere in maniera critica gli assunti logici, i metodi e i dati (anche quando sono pubblicati su riviste scientifiche). Ma in questo caso l’occhio critico bisogna usarlo due volte. Se avrete osservazioni da farmi al proposito ne sarò solo lieto.

Analizziamo questi indicatori indiretti:


1.   Il pubblico dei media non statali pro/anti-guerra (la maggior parte del pubblico dei media statali sono “cheerleader” e “lealisti”).


2.   Il volontariato.


3.   L’arruolamento volontario nell’esercito.


4.   Le donazioni.


5.   Le manifestazioni.


1. Il pubblico dei media


Non sono un esperto di media, mi posso sbagliare. Se c’è qualcuno del campo, mi scriva. Le fonti sia a favore che contro la guerra sono tante. Capire quante persone in totale siano iscritte a canali pro/contro la guerra è un rebus.


In soldoni, questa è la suddivisione. Analizziamo i canali Telegram con più follower. Readovka, a favore della guerra, ne ha 1,35 milioni. Meduza, contro la guerra, ne ha 1,29 milioni. Readovka ha un numero di iscritti su Twitter vicino allo zero, mentre Meduza ha 1,5 milioni di iscritti. In altre parole, è assolutamente possibile che il numero dei follower che leggono le notizie ed esprimono una loro posizione a favore o contro la guerra sia più o meno equivalente.


2. L’arruolamento di volontari nell’esercito


In questa sede consideriamo sia coloro che si sono offerti volontari per scelta ideologica che coloro che sono entrati nell’esercito per soldi. Entrambi appoggiano la guerra. Non si sa quante persone si siano offerte volontarie per l’esercito prima della mobilitazione. “Kommersant” ha scritto di circa 40 unità dalle 200 a 450 persone ciascuna. Consideriamo la media, 325. Moltiplicato per 40, otteniamo 13 mila. Il Ministero della Difesa parlava di 70 mila volontari. Si tratta di una stima molto approssimativa; se qualcuno ne ha una migliore la condivida pure.


3. Il volontariato 


Anche in questo caso è difficile fornire numeri precisi. I volontari contro la guerra aiutano gli ucraini che sono stati deportati nella Federazione Russa, portano avanti iniziative, campagne di informazione su Internet, distribuiscono volantini contro la guerra. I volontari per la guerra inviano attrezzature e armi al fronte.


Ad esempio, la rete delle Femministe contro la guerra [più avanti nel testo nell’acronimo in russo FAS], a quanto mi risulta, conta migliaia di volontari e volontarie. Quelli che inviano attrezzature al fronte sono poco di più, perché nei canali Z (li leggo regolarmente e addirittura ne seguo due) esultano ogni volta che mandano al fronte termocamere e lotti di pistole termiche, come se si trattasse di aggeggi per riscaldare i civili.


Potrei ovviamente sbagliarmi, ma l’impressione è che il FAS da solo possa avere un numero di volontari pari a quello di tutte le organizzazioni pro-guerra messe insieme. E ci sono altre organizzazioni oltre al FAS (per esempio centinaia di persone che aiutano gli ucraini deportati nella Federazione Russa), ma non riesco a stimarne il numero di volontari.


4. Le donazioni


I dati sulle donazioni non sono affatto significativi. Non ha nessun senso guardare alla percentuale di russi che dicono di essere disposti a donare parte del loro reddito all’esercito. Qualunque imprenditore conosce la differenza tra la risposta “lo comprerò” nelle ricerche di mercato, e il numero di acquisti realmente effettuati.


Bisogna considerare solo le donazioni reali. Nel 2021 era spuntata la notizia su una presunta fuga di dati di chi aveva effettuato donazioni a favore di Naval’nyj. Se questi dati fossero reali, al solo Naval’nyj le donazioni erano state 70 mila. Penso che questi donatori possano essere considerati, a tutti gli effetti, oppositori della guerra. E questo solo per Naval’nyj, un anno fa.


Esiste anche OVD-Info [progetto media indipendente per la difesa dei diritti umani, N.d.T.]. che nel marzo 2022 ha raccolto 24.149 donazioni. Trattandosi di dati mensili, è probabile che il numero di donazioni coincida di fatto col numero dei sostenitori. Un anno di donazioni regolari avrebbero avuto un peso diverso, un mese no.


C’è anche Maksim Kac. Ho appena trovato il resoconto della sua campagna elettorale del 2021, si parla di 4673 donatori. È improbabile che siano tutti donatori di Kac, e la sovrapposizione con i donatori di Naval’nyj non è proprio significativa (per ovvie ragioni).


Dopo lo scoppio della guerra, anche i miei amici che non si erano mai interessati di politica hanno iniziato a fare donazioni a questa o quella causa contro la guerra, fino a farne anche a OVD-Info. Possiamo sicuramente ipotizzare che il numero di persone contrarie alla guerra che effettuano donazioni sia aumentato.


Stando alle stime più prudenti (Naval’nyj-2021 + Kac-GD-2021 + 30% di “OVD-Info”), più di 80 mila persone contrarie alla guerra fanno donazioni. È probabile che il numero di fatto sia dalle 3 alle 10 volte superiore, se consideriamo l’aumento del numero di donatori e della “coda” di donazioni a organizzazioni e persone non considerate in questa sede.


E le donazioni dei cittadini pro-guerra? Non ci sono dati utili. I dati su questi donatori non sono finiti su internet e questi donatori non sanno o non vogliono fare “rapporto”. Roman Juneman [rappresentante politico, N.d.T.] ha ricevuto 824 donazioni per il 2020 (non è specificato il numero di donatori individuali). È probabile che il numero dei suoi donatori sia cresciuto parecchio nel 2021 e dopo lo scoppio del conflitto il 24.02. Di quanto non lo sappiamo, non ho trovato i dati (se li avete, mandatemeli). Non ho trovato alcun rapporto sulle raccolte fondi nemmeno nei canali Z, ma a giudicare da come apprezzano anche un singolo sacco a pelo inviato al fronte, si direbbe che il numero di donatori non sia poi così elevato.


A dire il vero, a volte vengono inviati al fronte veicoli fuoristrada usati – e a volte anche più di uno – ma queste donazioni solo Dio sa se siano piccole oppure consistenti come quelle di Malofeev [ricco imprenditore russo, N.d.T.].


5. Le manifestazioni


Senza voler mischiare le mele con le pere. Alle manifestazioni contro la guerra centinaia di migliaia di persone hanno manifestato sotto la minaccia dei manganelli. Secondo “OVD-Info” 19.347 manifestanti sono stati arrestati. In realtà il numero delle persone è stato molto superiore. Credo che circa una persona su dieci sia stata arrestata. La battuta del meme “a Mosca hanno arrestato tutti” resta solo una battuta.


E le manifestazioni pro-guerra? Dopo la resa di Cherson, nessuno ha partecipato alle manifestazioni per protestare contro il “tradimento dell’idea del mondo russo”. Allo stadio di Lužniki, a marzo, Putin aveva radunato 200.000 persone. Avevo pubblicato un tweet su come vengono trovate le persone per questi raduni: prima di tutto riempiono gli stadi di dipendenti dell’amministrazione, poi di dipendenti di aziende “amiche” che hanno ricevuto l’ordine di mandare allo stadio centinaia di persone. Credo che ci saranno stati almeno duemila fiancheggiatori.


Alla manifestazione “patriottica” “Non abbandoniamo i nostri”, di piazza Manežnaja, avevano partecipato circa 50 mila persone, se ci atteniamo alle stime della prefettura di Mosca. Quante persone fossero presenti volontariamente è difficile da dire, ma, anche se davvero fossero state 50.000, si tratterebbe pur sempre di un numero decisamente inferiore al numero dei partecipanti alle manifestazioni contro la guerra.


Ribadisco che per la partecipazione a manifestazioni contro la guerra si rischia di essere fermati, picchiati, posti in custodia cautelare e persino condannati penalmente. Per aver partecipato ai raduni ufficiali a favore della guerra, si ricevono un bel barattolo di marmellata e una scatola di biscotti. E, ciò nonostante, i manifestanti contro la guerra sono molto più numerosi.


Per riassumere:


– Sul pubblico dei media, probabilmente c’è la parità (o quasi);

– Sui volontari nell’esercito, gli attivisti a favore della guerra sono comprensibilmente la maggioranza; gli attivisti contro la guerra non sono nella stessa situazione;

– Sui volontari “nelle retrovie”, è probabile che gli attivisti contro la guerra siano più numerosi degli attivisti per la guerra;

– Sulle donazioni, è probabile che gli attivisti contro la guerra ne facciano molte più degli altri;

– Nelle manifestazioni gli attivisti contro la guerra sono sempre in numero di gran lunga superiore agli attivisti pro-guerra.


Se poi consideriamo l’insieme dei dati sociologici e delle stime sul numero di sostenitori e oppositori attivi della guerra, otteniamo gruppi comparabili. È probabile che gli attivisti contro la guerra siano anche più numerosi. Il rapporto 70-18% esiste solo nell’immaginario onirico del VCIOM.


Considerato che il frigo vuoto è ormai più convincente della propaganda – lo abbiamo scoperto in un nuovo studio di cui parlerò presto – e il gruppo più numeroso (“i sostenitori”) per sua natura si unisce ai vincitori e a quella che viene percepita come maggioranza, il numero di oppositori aumenterà esponenzialmente, mentre i sostenitori diminuiranno.


Non siamo più una minoranza, anzi presto saremo la maggioranza. Chiunque riuscirà a capire come cogliere questa opportunità per dare vita al cambiamento, probabilmente salverà sia la Russia che l’Ucraina. E potresti essere proprio tu.

Aiutaci a crescere

Condividi su:

Per sostenere Memorial Italia

Leggi anche:

La mia vita nel Gulag. Memorie da Vorkuta 1945-1956 di Anna Szyszko-Grzywacz.

La mia vita nel Gulag. Memorie da Vorkuta 1945-1956 di Anna Szyszko-Grzywacz con curatela di Luca Bernardini (Guerini e Associati, 2024). Una testimonianza al femminile sull’universo del Gulag e sugli orrori del totalitarismo sovietico. Arrestata nel 1945 a ventidue anni per la sua attività nell’AK (Armia Krajowa), l’organizzazione militare clandestina polacca, Anna Szyszko-Grzywacz viene internata nel lager di Vorkuta, nell’Estremo Nord della Siberia, dove trascorre undici anni. Nella ricostruzione dell’esperienza concentrazionaria, attraverso una descrizione vivida ed empatica delle dinamiche interpersonali tra le recluse e della drammatica quotidianità da loro vissuta, narra con semplicità e immediatezza la realtà estrema e disumanizzante del Gulag. Una realtà dove dominano brutalità e sopraffazione e dove la sopravvivenza per le donne, esposte di continuo alla minaccia della violenza maschile, è particolarmente difficile. Nell’orrore quotidiano raccontato da Anna Szyszko-Grzywacz trovano però spazio anche storie di amicizia e solidarietà femminile, istanti di spensieratezza ed emozioni condivise in una narrazione in cui alla paura e alla dolorosa consapevolezza della detenzione si alternano le aspettative e gli slanci di una giovane donna che non rinuncia a sperare, malgrado tutto, nel futuro. Anna Szyszko-Grzywacz nasce il 10 marzo 1923 nella parte orientale della Polonia, nella regione di Vilna (Vilnius). Entra nella resistenza nel settembre 1939 come staffetta di collegamento. Nel giugno 1941 subisce il primo arresto da parte dell’NKVD e viene rinchiusa nella prigione di Stara Wilejka. Nel luglio 1944 prende parte all’operazione “Burza” a Vilna come infermiera da campo. Dopo la presa di Vilna da parte dei sovietici i membri dell’AK, che rifiutano di arruolarsi nell’Armata Rossa, vengono arrestati e internati a Kaluga. Rilasciata, Anna Szyszko cambia identità, diventando Anna Norska, e si unisce a un’unità partigiana della foresta come tiratrice a cavallo in un gruppo di ricognizione. Arrestata dai servizi segreti sovietici nel febbraio 1945, viene reclusa dapprima a Vilna nel carcere di Łukiszki, e poi a Mosca alla Lubjanka e a Butyrka. In seguito alla condanna del tribunale militare a venti anni di lavori forzati, trascorre undici anni nei lager di Vorkuta. Fa ritorno in patria il 24 novembre 1956 e nel 1957 sposa Bernard Grzywacz, come lei membro della Resistenza polacca ed ex internato a Vorkuta, con cui aveva intrattenuto per anni all’interno del lager una corrispondenza clandestina. Muore a Varsavia il 2 agosto 2023, all’età di cento anni.

Leggi

Le trasformazioni della Russia putiniana. Stato, società, opposizione.

Le trasformazioni della Russia putiniana. Stato, società, opposizione. A cura di Riccardo Mario Cucciolla e Niccolò Pianciola (Viella Editrice, 2024). Il volume esplora l’evoluzione della società e del potere in Russia dopo l’aggressione all’Ucraina e offre un’analisi della complessa interazione tra apparati dello stato, opposizione e società civile. I saggi analizzano la deriva totalitaria del regime putiniano studiandone le istituzioni e la relazione tra stato e società, evidenziando come tendenze demografiche, rifugiati ucraini, politiche nataliste e migratorie abbiano ridefinito gli equilibri sociali del paese. Inoltre, pongono l’attenzione sulla società civile russa e sulle sfide che oppositori, artisti, accademici, minoranze e difensori dei diritti umani affrontano sia in un contesto sempre più repressivo in patria, sia nell’emigrazione. I saggi compresi nel volume sono di Sergej Abašin, Alexander Baunov, Simone A. Bellezza, Alain Blum, Bill Bowring, Riccardo Mario Cucciolla, Marcello Flores, Vladimir Gel’man, Lev Gudkov, Andrea Gullotta, Andrej Jakovlev, Irina Kuznetsova, Alberto Masoero, Niccolò Pianciola, Giovanni Savino, Irina Ščerbakova, Sergej Zacharov. In copertina: Il 10 aprile 2022, Oleg Orlov, ex co-presidente del Centro per la difesa dei diritti umani Memorial, viene arrestato sulla Piazza Rossa a Mosca per avere manifestato la sua opposizione all’invasione dell’Ucraina con un cartello con la scritta “La nostra indisponibilità a conoscere la verità e il nostro silenzio ci rendono complici dei crimini” (foto di Denis Galicyn per SOTA Project).

Leggi