"Silenzio, per favore. Racconti su Mosca, Stalin e il Terrore" di Slava Sergeev

È uscito per Queen Kristianka Edizioni il libro di Slava Sergeev Silenzio, per favore. Racconti su Mosca, Stalin e il Terrore, traduzione e postfazione di Francesca Lazzarin, prefazione di Patrizia Deotto.

Silenzio, per favore. Racconti su Mosca, Stalin e il Terrore

di Slava Sergeev
Traduzione e postfazione di Francesca Lazzarin
Prefazione di Patrizia Deotto a nome di Memorial Italia
Queen Kristianka Edizioni, pp. 208, 14 euro

I tre racconti raccolti in questo volume, che rappresenta la prima traduzione italiana in assoluto del prosatore e pubblicista moscovita Slava Sergeev (n. 1965), hanno il merito di parlare della memoria tragica, scomoda e spesso rimossa delle repressioni di massa degli anni ’30 da una prospettiva non molto battuta dalla letteratura contemporanea, cioè nell’ottica della Mosca a cavallo tra gli anni Zero e gli anni ’10 del XXI secolo, ancora ignara delle nuove scosse telluriche che avrebbero colpito la Russia nel decennio successivo. Tra le pagine di Sergeev siamo in una metropoli in piena espansione, vivace e proiettata verso il futuro, dove passano il tempo, divertendosi tra bar e discoteche, ma anche cercando sé stessi a training di psicologia e life coaching, artisti, creativi o comunque esponenti di un ceto benestante e colto, che pare ormai lontano anni luce dall’epoca sovietica. D’altronde, proprio simili personaggi erano sempre stati al centro dell’opera di Sergeev, che con un piglio (auto)ironico e dissacrante aveva scandagliato la sua città natale in piena trasformazione e i suoi abitanti hipster e glamour un po’ come Sergej Dovlatov – a cui Sergeev è stato spesso paragonato – aveva scandagliato gli intellettuali di Leningrado o la comunità russa di New York.

Anche qui non manca lo smaliziato senso dell’umorismo dell’autore nel raccontare le nevrosi e le contraddizioni di alcuni abitanti della capitale russa, nonché del suo alter ego letterario che è anche il protagonista e il narratore in prima persona di larga parte dei suoi scritti. Questa volta, però, nelle spensierate sere primaverili nel centro di Mosca emergono inquietanti lati oscuri, inesplorati, ricacciati forzatamente all’interno di un vaso di Pandora che a un certo punto è impossibile non scoperchiare. Così, nel racconto che dà il titolo al volume vediamo come un seminario di psicodramma si trasformi in un’anamnesi collettiva – più o meno consapevole e catartica – sugli scheletri celati nell’armadio di ogni famiglia, su traumi vissuti da genitori e nonni (in questo caso si tratta della persecuzione dei mullah musulmani nel Tatarstan sovietico), ma mai adeguatamente discussi o rielaborati, e dunque rimasti a covare nell’inconscio influenzando la vita e le scelte delle giovani generazioni; in Il fascicolo personale vediamo un contraddittorio personaggio femminile che, nonostante la sua laurea in giurisprudenza, il suo lavoro prestigioso, i viaggi all’estero e i divertimenti del tempo libero ha mantenuto da un lato un timore inspiegabile nei confronti delle massime istanze dello Stato, dall’altro un istintivo orgoglio per le glorie militari patrie, ben incarnate in una prova della Parata del 9 maggio che, quando il racconto è stato scritto, lasciava già presagire il ruolo giocato dal culto della potenza degli armamenti e della vittoria nella Seconda guerra mondiale nell’ideologia sempre più sciovinista del Cremlino. Infine, in Lo sdegno seguiamo, dopo una notte brava, una combriccola di artisti e aspiranti tali nel loro itinerario dal centro all’estrema periferia della megalopoli russa per eccellenza – il cui peculiare spazio urbano è restituito davvero con molta efficacia – verso il memoriale del poligono di Butovo, luogo di esecuzioni di massa dove, purtroppo, i visitatori sono pochi: per ognuno dei personaggi sarà un’occasione per recuperare terribili ricordi di famiglia, o addirittura, nel caso dei più giovani, di scontrarsi per la prima volta con la crudeltà di un regime mai abbastanza stigmatizzato. Il sentimento di indignazione che dà il titolo al racconto dovrebbe essere il primo passo verso una nuova consapevolezza e coscienza civile.

Perché la sensazione che si respira nei racconti di Sergeev, e che purtroppo ha trovato ampio riscontro nella realtà in tempi recenti, è che spesso né il governo né i semplici cittadini vogliano conservare la memoria di eventi tanto traumatici, preferendo concentrarsi su pagine più luminose della storia patria ritoccate ad hoc, come appunto le vittorie militari e lo status di grande potenza: il governo per ragioni che sono state ben indagate dagli storici, anche nell’ambito delle attività promosse da Memorial; i semplici cittadini, banalmente, perché è molto più facile godersi la vita e, come ripetono insistentemente certi personaggi di Sergeev, “pensare positivo”, non fare “discorsi politici”, tanto più che “tutto questo è successo tanto tempo fa” e “a quei tempi le cose andavano così”, dunque “perché parlarne ancora?”.

Il cagnolino impaurito e tremante nel vagone della metropolitana tra le ultime righe di Lo sdegno sembra invece presentire, unico tra una folla di passeggeri indifferenti e distratti, il pericolo di un simile atteggiamento, che purtroppo ha portato e porta tuttora molti cittadini russi a non dubitare del buon operato dei propri vertici, qualsiasi decisione questi prendano, ma anche a non percepire una responsabilità morale, sia individuale che collettiva, per i crimini commessi in nome dell’ideologia di Stato.

 

Aiutaci a crescere

Condividi su:

Per sostenere Memorial Italia

Leggi anche:

Il caso Sandormoch. La Russia e la persecuzione della memoria.

Il caso Sandormoch. La Russia e la persecuzione della memoria di Irina Flige. A cura di Andrea Gullotta con traduzione di Giulia De Florio (Stilo Editrice, 2022). Il protagonista del libro di Irina Flige è Sandormoch (Carelia), la radura boschiva in cui, negli anni Novanta, Veniamin Iofe, Irina Flige e Jurij Dmitriev scoprirono la fossa comune dove era stata sepolta un’intera tradotta di detenuti del primo lager sovietico, sulle isole Solovki. Sandormoch è un luogo chiave per comprendere il ruolo della memoria storica nella Russia contemporanea e la battaglia ingaggiata dagli attivisti e storici indipendenti contro l’ideologia ufficiale. La scoperta di questa fossa comune e la creazione del cimitero commemorativo sono soltanto due “atti” della tragedia che ruota intorno a Sandormoch e che ha portato all’arresto e alla condanna di Jurij Dmitriev, attualmente detenuto in una colonia penale. Nella peculiare e coinvolgente narrazione di Flige, adatta anche a un pubblico di non specialisti, la memoria si fa vivo organismo, soggetto a interpretazioni, manipolazioni, cancellazioni e riscritture. Il trauma del Gulag si delinea così come il terreno di scontro tra uno Stato autoritario e repressivo e l’individuo libero che vuole conoscere la verità e custodire la memoria del passato. Irina Anatol’evna Flige (1960), attivista per i diritti civili e ricercatrice, collabora da anni con antropologi e storici per condurre ricerche legate alla scoperta e preservazione dei luoghi della memoria del periodo staliniano. Nel 1988 entra a far parte di Memorial, associazione all’epoca non ancora ufficialmente registrata. Ne diventa collaboratrice nel 1991 e dal 2002 ricopre la carica di direttrice di Memorial San Pietroburgo.

Leggi

Proteggi le mie parole

Proteggi le mie parole. A cura di Sergej Bondarenko e Giulia De Florio con prefazione di Marcello Flores (Edizioni E/O, 2022). «Due membri di Memorial (l’associazione insignita nel 2022 del Premio Nobel per la Pace) – Sergej Bondarenko, dell’organizzazione russa, e Giulia De Florio, di Memorial Italia (sorta nel 2004) – ci presentano una testimonianza originale e inedita che getta una luce inquietante, ma anche di grande interesse, sul carattere repressivo dello Stato russo, prima e dopo il 24 febbraio 2022, data d’inizio della guerra d’aggressione all’Ucraina. La raccolta che viene presentata comprende le ‘ultime dichiarazioni’ rese in tribunale da persone accusate di vari e diversi reati, tutti attinenti, però, alla critica del potere e alla richiesta di poter manifestare ed esprimere liberamente le proprie opinioni» L’idea del volume nasce da una semplice constatazione: in Russia, negli ultimi vent’anni, corrispondenti al governo di Vladimir Putin, il numero di processi giudiziari è aumentato in maniera preoccupante e significativa. Artisti, giornalisti, studenti, attivisti (uomini e donne) hanno dovuto affrontare e continuano a subire processi ingiusti o fabbricati ad hoc per aver manifestato idee contrarie a quelle del governo in carica. Tali processi, quasi sempre, sfociano in multe salate o, peggio ancora, in condanne e lunghe detenzioni nelle prigioni e colonie penali sparse nel territorio della Federazione Russa. Secondo il sistema giudiziario russo agli imputati è concessa un’“ultima dichiarazione” (poslednee slovo), la possibilità di prendere la parola per sostenere la propria innocenza o corroborare la linea difensiva scelta dall’avvocato/a. Molte tra le persone costrette a pronunciare la propria “ultima dichiarazione” l’hanno trasformata in un atto sì processuale, ma ad alto tasso di letterarietà: per qualcuno essa è diventata la denuncia finale dei crimini del governo russo liberticida, per altri la possibilità di spostare la discussione su un piano esistenziale e non soltanto politico. Il volume presenta 25 testi di prigionieri politici, tutti pronunciati tra il 2017 e il 2022. Sono discorsi molto diversi tra loro e sono la testimonianza di una Russia che, ormai chiusa in un velo di oscurantismo e repressione, resiste e lotta, e fa sentire forte l’eco di una parola che vuole rompere il silenzio della violenza di Stato. Traduzioni di Ester Castelli, Luisa Doplicher, Axel Fruxi, Andrea Gullotta, Sara Polidoro, Francesca Stefanelli, Claudia Zonghetti.

Leggi

Queer Transnationalities. Towards a History of LGBTQ+ Rights in the Post-Soviet Space.

Queer Transnationalities. Towards a History of LGBTQ+ Rights in the Post-Soviet Space. A cura di Simone Attilio Bellezza e Elena Dundovich (Pisa University Press, 2023). Il volume è disponibile gratuitamente in versione e-book. With the end of Soviet persecutions in 1991, LGBTQ+ communities have experienced a period of development even though post-Soviet societies have only partially shown greater tolerance toward sexual and gender minorities. The transnational interaction between Western activism and post-Soviet communities has led to the emergence of new feelings of gender, sexual, and national belonging. This volume presents research by experts in queer studies who study how the struggle for sexual and gender minority rights has intersected with the construction of political, social, and cultural belongings  over the past three decades.

Leggi