Restiamo, finché si può, e teniamo gli occhi aperti

Il premio Nobel per la pace 2021: "Le domande sull’Ucraina sono tante… In breve: potranno distruggerla, non conquistarla".

(di Dmitrij Muratov, caporedattore di “Novaja Gazeta”, insignito del Premio Nobel per la Pace nel 2021)


08 novembre 2022 
Aggiornato alle 17:57


Memorial Italia presenta qui la traduzione della Lettera di Dmitrij Muratov, direttore della “Novaja Gazeta” e premio Nobel per la pace, ai sostenitori del suo giornale. Si ringrazia la redazione di “Novaja Gazeta” per l’autorizzazione alla pubblicazione in italiano. Tradotto da Luisa Doplicher


Dmitrij Muratov (foto di Michał Siergiejevicz, CC BY 2.0, via Wikimedia Commons)

È lampante: il presidente Putin rivuole la vittoria della guerra del 1945.


Una vittoria impossibile, ora. Quella era stata la vittoria di un popolo aggredito da un nemico sanguinario. Ragion per cui fu una guerra patriottica, e non coloniale.


Sulla “inevitabilità di attaccare per prevenire” potremmo parlare all’infinito. Allo stesso modo nel 1939, per prendersi la piccola Finlandia, le autorità sovietiche dissero di voler prevenire i bombardamenti su Leningrado…


Seguendo la logica dei propagandisti (che fanno dire a Krasovskij e alla bocca che si ritrova sotto il naso che bisogna affogare i bambini ucraini, oppure chiuderli dentro le case e dargli fuoco), Caino avrebbe ucciso Abele perché, a suo dire, il fratello lo avrebbe azzannato alla gola neanche cinque minuti dopo. 


Quanto al Signore Dio che ne fu testimone, è un fake, è discredito di forza superiore. (Tra l’altro, Dio è pure ebreo.)


E smettiamola anche di farci destabilizzare dalla domanda “Che cosa avete fatto in questi otto anni, mentre bombardavano il Donbass?”. La domanda è un’altra. E cioè: che cosa ci facevano loro, nel Donbass! Loro che volevano rimettere in piedi un fantomatico mondo russo. Perché hanno affidato – loro – quella missione punitiva a un personaggio neurologicamente instabile come Strelkov? Perché hanno distrutto una città fiorente (che nel 2012 aveva ospitato gli sfavillanti Europei di calcio)? Perché hanno messo le mani su tutte le stazioni di servizio e su centinaia di negozi? Perché si sono presi le case migliori? Bei liberatori davvero!


Non dobbiamo più romperci la testa a spiegare dov’eravamo in questi otto anni. Non c’è il nostro contributo, in queste schifezze, non ci siamo inventati noi crocifissioni di neonati a Slov’’jans’k, né abbiamo mandato a morire di una morte orribile volontari benedetti da popi pasciuti… (una curiosità ce l’ho: ma Gesù Cristo non li disturba mentre celebrano, quei popi, se non il patriarca Kirill?).


Il direttore dell’Ėrmitaž, Piotrovskij, ha proclamato che un paese si realizza con la guerra. Sul serio? Secondo quell’antropofago dilettante un paese non si realizza col lavoro, l’amore, l’arte e lo studio, con l’entusiasmo delle scoperte o con un buon bicchiere davanti a un tramonto d’autunno, ma con la guerra. Bene, allora prendi le tue sciarpette di seta e fanne pezze da piedi da soldato.


Cari sostenitori, presto uscirà la mia intervista con Jurij Dud’; non credo di essermela cavata molto bene. Ma queste che ho scritto sono alcune delle cose che ho detto anche a lui.


Spero di non avervi esposto a rischi ulteriori. Ma so che anche a voi piace dire pane al pane. Pensate bene a come vivere dicendolo, e a come lavorare insieme. Ai vecchi chiedo di restare. Ai giovani di tenere a mente una cosa: la femmina dell’armadillo partorisce solo se sa che non c’è pericolo; altrimenti rimanda la nascita dei suoi piccoli… Mi sono spiegato? Restiamo, finché si può, e teniamo gli occhi aperti. 


Sta a noi fare comunicazione in Russia!


Una delegazione di stranieri, su Zoom, mi ha fatto una bella predica: si preoccupano per Putin, loro. Non bisogna metterlo all’angolo, dicono. Va bene. 


Però, oltre a pre-occuparci per Putin, cerchiamo di occuparci anche del post-Putin, e di arrivarci vivi. Noi.


Il vostro Muratov.
Mosca, 29 ottobre 2022


P.S. Le domande sull’Ucraina sono tante… In breve: potranno distruggerla, non conquistarla. 

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“Mamma, probabilmente morirò presto”: adolescente russo in carcere per volantini anti-Putin riferisce di essere stato brutalmente picchiato da un compagno di cella.

Pubblichiamo la traduzione dell’articolo ‘Mom, I’m probably going to die soon’: Russian teenager in prison for anti-Putin flyers says cellmate brutally beat him della testata giornalistica indipendente russa Meduza. L’immagine è tratta dal canale Telegram dedicato al sostegno per Arsenij Turbin: Svobodu Arseniju! (Libertà per Arsenij!). In una recente lettera Arsenij Turbin, sedicenne russo condannato a scontare cinque anni in un carcere minorile con l’accusa di terrorismo, ha raccontato alla madre di avere subito abusi fisici e psicologici durante la detenzione. I sostenitori di Turbin, che hanno pubblicato un estratto della sua lettera su Telegram, sospettano che oltre ad aggredirlo, i compagni di cella gli stiano rubando il cibo. Ecco cosa sappiamo. Arsenij Turbin è stato condannato a cinque anni di carcere minorile nel giugno 2024, quando aveva ancora 15 anni. Secondo gli inquirenti governativi, nell’estate del 2023 Arsenij si era unito alla legione Libertà per la Russia, un’unità filoucraina composta da cittadini russi e, su loro preciso ordine aveva iniziato a distribuire volantini che criticavano Vladimir Putin. Turbin dichiara di non essersi mai unito alla legione e di avere distribuito i volantini di sua iniziativa. Il Centro per i diritti umani Memorial ha dichiarato Turbin prigioniero politico. Al momento Turbin si trova in detenzione preventiva in attesa dell’appello contro la sua condanna. Nell’estratto di una lettera inviata a sua madre pubblicato lunedì (1 ottobre) nel gruppo Telegram Svobodu Arseniju! (Libertà per Arsenij!), l’adolescente scrive che un compagno di cella di nome Azizbek lo ha picchiato più volte. “Questa sera, dopo le 18:00, uno dei miei compagni di cella mi ha dato due pugni in testa mentre ero a letto”, ha scritto. “La situazione è davvero difficile, brutta davvero. Azizbek mi ha colpito e poi ha detto che stanotte mi inc***. Sarà una lunga nottata. Ma resisterò.” Turbin scrive anche che in carcere lo hanno catalogato come “incline al terrorismo” per il reato che gli contestano (“partecipazione a organizzazione terroristica”). In un post su Telegram i sostenitori di Turbin hanno ipotizzato che i suoi compagni di cella gli stessero rubando il cibo: nelle sue lettere chiedeva sempre alla madre pacchi di viveri, mentre questa volta le ha scritto che non ne aveva bisogno. La madre di Turbin, Irina Turbina, martedì ha riferito a Mediazona che il figlio è stato messo in isolamento dal 23 al 30 settembre. Dalla direzione della prigione le hanno detto che era dovuto a una “lite” tra Turbin e i suoi compagni di cella e che tutti e quattro i prigionieri coinvolti erano stati puniti con l’isolamento. Irina Turbina ha anche detto che il personale del carcere non le ha permesso di parlare con Arsenij al telefono e che l’ultima volta che hanno parlato è stata a inizio settembre. La madre ha raccontato l’ultimo incontro con suo figlio al sito Ponjatno.Media: “Quando sono andata a trovarlo l’11 settembre non l’ho riconosciuto. Non era mai particolarmente allegro neanche le volte precedenti che l’ho visto, certo, ma almeno aveva ancora speranza, era ottimista: aspettava l’appello e credeva che qualcosa di buono l’avremmo ottenuto. L’11 settembre, invece, Arsenij aveva le lacrime agli occhi. Mi ha detto: ‘Mamma, ti prego, fai tutto il possibile, tirami fuori di qui. Sto davvero, davvero male qui’.” “Mamma, probabilmente morirò presto”, ha continuato a riferire la madre, citando il figlio. Ha poi detto di avere inoltrato la lettera a Eva Merkačeva, membro del Consiglio presidenziale russo per i diritti umani, chiedendole di intervenire. Secondo le informazioni di Mediazona, ad Arsenij è stato finalmente permesso di parlare con sua madre al telefono l’8 ottobre. Le avrebbe detto che il suo aggressore era stato trasferito in un’altra cella il giorno prima e che si trovava bene con gli altri compagni di cella. Aggiornamento del 20 ottobre dal canale Telegram Svobodu Arseniju!: “Questa settimana Arsenij non ha mai telefonato”. La madre riferisce di averlo sentito l’ultima volta l’8 ottobre scorso. 25 ottobre 2024

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Martedì 22 ottobre alle 18.00, presso l’Università degli Studi di Cagliari, Campus Aresu (aula 6), nell’ambito del ciclo di seminari Ucraina, Belarus, Russia: lottare e resistere per i diritti nell’Europa post-sovietica dedicato al tema della resistenza al regime di Putin e del suo alleato Lukašenka si svolge il seminario Belarus, poesia e diritti umani. Nell’occasione sarà presentato il volume Il mondo è finito e noi invece no. Antologia di poesia bielorussa del XXI secolo curato da Alessandro Achilli, Giulia De Florio, Maya Halavanava, Massimo Maurizio, Dmitry Strotsev per WriteUp Books. Intervengono Dmitry Strotsev (Pubblicare poesia bielorussa in emigrazione), Julia Cimafiejeva (Scrivere poesia bielorussa all’estero) e la nostra Giulia De Florio (Tradurre poesia bielorussa in Italia). Modera Alessandro Achilli. È possibile seguire l’incontro in diretta Zoom, utilizzando il link https://monash.zoom.us/j/81314970717?pwd=gAd5RXcOX6w2BE18DHkmfxO6xTDyRG.1.

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