(di Zoja Svetova, giornalista)
27 ottobre 2022
ore 13:14
Memorial Italia osserva da vicino le discussioni che riguardano la mobilitazione in Russia e, per informare i lettori italiani sul dibattito in corso, ha deciso di tradurre una serie di testi anche molto polemici. Viene qui presentato un commento della giornalista russa Zoja Svetova, cavaliere della Legion d’Onore francese, di cui avevamo già presentato una riflessione sulla complessa questione dei visti ai cittadini russi. Tradotto dal gruppo traduzioni di Memorial Italia.
Mi chiamo Zoja Svetova. Ho 63 anni. Ho quattro figli, di cui tre maschi e una femmina, e cinque nipoti. I miei figli (maschi) sono nati in Unione Sovietica e cresciuti mentre al governo c’erano Gorbacëv, El’cin e Putin. Sin dal giorno in cui sono nati fino alla loro maggiore età ho pensato che avrei dovuto proteggerli dal servizio militare. Ne ero convinta benché durante la loro infanzia, adolescenza ed età adulta non ci siano state guerre sul territorio russo. Durante la prima guerra cecena il grande aveva dodici anni, il secondo nove e il più piccolo sette. Erano ancora troppo piccoli per combattere anche durante la seconda guerra cecena, ma io e le mie amiche con molti figli abbiamo sempre saputo che non avremo mai consegnato i nostri figli all’esercito. E questo non perché non amiamo il nostro paese, dove sono vissuta e ho sempre contato di vivere tutta la vita, ma semplicemente perché sapevo bene com’era l’esercito russo negli anni Ottanta e Novanta, e anche negli anni Duemila.
Come giornalista ho scritto molto sul nonnismo nell’esercito, sui maltrattamenti tra commilitoni che spingevano alcuni al suicidio, sugli omicidi avvenuti durante la leva. Ho incontrato le mamme dei soldati che tiravano fuori i figli dalla Cecenia, dove erano di stanza. Ho intervistato i genitori dei figli morti durante il servizio di leva. Non ho pagato affinché i miei figli potessero “farla franca” e sfuggire alla leva. L’hanno rinviata onestamente, vuoi per motivi di salute, per la tesi di laurea o perché avevano figli piccoli.
I miei figli hanno lasciato la Russia dopo il 24 febbraio 2022. Si sono preparati in quattro e quattr’otto, senza chiedere a me: hanno fatto le valigie e preso moglie e figli. In quel momento non fuggivano dalla mobilitazione, ma dal carcere. Nella nostra famiglia ci sono già state perquisizioni e fucilazioni, ci sono stati il carcere e il confino. I miei figli hanno una memoria genetica che li ha portati ad agire. Leggo centinaia di testimonianze di figli e di nipoti di conoscenti e amici che lo stato vuole chiamare alle armi.
Dal 2014, quando dalle regioni confinanti con la Russia iniziavano ad arrivare le bare con i morti russi, mi lasciava perplessa il silenzio delle madri. Poi ho pensato che probabilmente erano state risarcite per la morte dei figli ed era stato vietato loro di parlare. E così hanno taciuto.
Non giudico nessuno. So una cosa sola: al mondo esiste una forza immensa, ed è la forza di essere madre, di essere donna. La forza di madri, sorelle, donne. Nella mia vita ho visto molte madri, donne, sorelle, figlie tirare via i propri uomini da carceri e colonie penali. Lottare per far scagionare uomini innocenti, salvarli dalle torture, da lunghe pene detentive e malattie. Spero, ora, che le donne sconfiggeranno il Leviatano.