(di Dmitrij Muratov, direttore di “Novaja Gazeta”, insignito del Premio Nobel per la Pace nel 2021)
18 settembre 2022
Aggiornato 05 ottobre 2022 alle 15:26
Memorial Italia presenta qui la traduzione del discorso del premio Nobel per la pace Dmitrij Muratov in occasione dell’udienza relativa al ricorso per il ritiro della licenza al giornale “Novaja Gazeta”. Dopo una battaglia che ormai dura da più di un anno il giornale, fondato nel 1993 con Michail Gorbačev tra gli azionisti principali e con Anna Politkovskaja tra gli autori di punta, era stato costretto a interrompere la pubblicazione della versione cartacea il 28 marzo. Si ringrazia la redazione di “Novaja Gazeta” per l’autorizzazione alla pubblicazione in italiano. Tradotto da Claudia Zonghetti.
Il 15 settembre il tribunale di primo grado della Corte Suprema della Federazione Russa ha deciso di chiudere il sito web di “Novaja Gazeta”. La redazione si oppone categoricamente alla chiusura e presenterà ricorso. Durante l’udienza, il giudice non ha accolto le nostre istanze. Il direttore Dmitrij Muratov ha chiesto la parola. Ecco cosa ha detto al giudice, al rappresentante di Roskomnadzor [l’agenzia federale russa che monitora e vieta l’accesso ai mass media] che ha avviato il procedimento contando in un esito simile, e ai nostri lettori.
Vorrei far presente che nei procedimenti penali si tiene sempre conto della personalità dell’imputato. Il nostro caso non afferisce al penale, ma anche un giornale ha la sua identità. E la corte deve tenerne conto.
Quando, per fare un esempio, abbiamo affrontato la questione dei bambini affetti da atrofia muscolare spinale – che hanno bisogno del farmaco più costoso al mondo: l’iniezione necessaria a un paziente costa 2,3 milioni di dollari – abbiamo raccolti il denaro sufficiente a curare cinque bambini. Dopo di che, e grazie a questa nostra impresa, il presidente e il Governo hanno creato la Fondazione “Cerchio del bene” che ora copre le spese per quasi tutte le malattie rare.
Alcuni nostri collaboratori hanno volato nello spazio. Jurii Michailovič Baturin è tornato con la medaglia di Eroe della Federazione Russa. Sei miei colleghi sono stati uccisi mentre facevano il loro lavoro. Jurij Ščekočichin. Anna Politkovskaja. Nastja Baburova. L’avvocato Stas Markelov. Nataša Estemirova. Igor Domnikov. Sono morti per difendere il diritto DI SAPERE. Durante la prima guerra cecena, quando molti dei nostri soldati si trovavano in condizioni disperate, i nostri corrispondenti di guerra – il maggiore Izmailov e Jurij Ščekočichin – hanno portato in salvo 174 persone, liberandole senza bisogno di un mercato degli schiavi, senza bisogno di denaro.
Lei (rivolgendosi al rappresentante del Roskomnadzor) ha detto che la chiusura è una “procedura profilattica”. Non sono d’accordo. È un omicidio. È profilassi distruggere un giornale che l’anno prossimo dovrebbe compiere 30 anni?
Quanto alla precisione e alla congruenza – citate dalla Corte Costituzionale e dalla decisione del Plenum della Corte Suprema della Federazione Russa – in quest’aula non ce n’è nemmeno l’ombra. Potevate darci una multa. L’avremmo pagata, avremmo ammesso almeno una delle violazioni che ci imputate. Che è di natura tecnica: avevamo già adocchiato diverse volte quell’organizzazione, in passato. È ovvio, però, che si tratta di un inganno dell’occhio, come si suol dire. Il rischio c’è sempre nella nostra professione: è una voce nel mestiere dei correttori di bozze, è nell’elenco delle malattie professionali. Capita. Se ci aveste avvertito, grazie!, avremmo rimediato subito; voi ci avreste dato la multa, noi avremmo pagato. Perché distruggere il giornale?
Il Roskomnadzor lo sa benissimo: il 28 marzo, quando sono state imposte alcune gravi restrizioni censorie legate all’operazione speciale, abbiamo annunciato che avremmo messo in pausa il giornale perché era impossibile lavorare con informazioni ottenute da un’unica fonte. Non saremmo stati onesti e scrupolosi con i nostri lettori.
E abbiamo sospeso le nostre attività fino alla fine dell’operazione speciale. Ma al Roskomnadzor non basta: vogliono il colpo in testa per finirci. E lo hanno sparato. Ci hanno chiuso per “profilassi”. Una storia che ha dell’incredibile, ovviamente! E che ha bisogno di buone penne.
Vorrei anche aggiungere che state togliendo il lavoro, un posto di lavoro, a centinaia di persone. State togliendo ai nostri lettori, che a marzo erano 27 milioni, li state privando – lo capite? – del diritto all’informazione. E la chiamate “profilassi”.
E sia. Ho imparato una parola nuova.
Grazie, Vostro Onore.