Né Maestri né Margherite

Sulla rimozione di Michail Bulgakov. Perché in Ucraina si sta cancellando la cultura russa e come affrontare questa situazione.

(a cura di Jurij Volodarskij)


05 settembre 2022 
Aggiornato 05 ottobre 2022 alle 15:25


L’articolo originale del critico letterario Jurij Volodarskij è stato pubblicato sul sito di Novaya Gazeta. Europa, ringraziamo la redazione per averne autorizzato la traduzione in italiano. Per conoscere tutte le novità della testata in lingua inglese si può seguire l’account Twitter o iscriversi alla newsletter. Tradotto da Ester Castelli, Sara Polidoro e FV.


Michail Bulgakov
Michail Afanas’evič Bulgakov (1891-1940)


Il 15 agosto dalla facciata dell’edificio giallo dell’Università statale di Kiev Taras Ševčenko è stata rimossa la targa commemorativa dedicata a Michail Bulgakov. Dietro questa iniziativa c’è Tat’jana Švydčenko dell’associazione “Ekspertnyj korpus”: “Bulgakov simboleggia la cultura russa – ha dichiarato Švydčenko – e non ha mai avuto nulla a che spartire con l’Ucraina, anzi: nelle sue opere infanga tutto ciò che ucraino lo è davvero. Ogni sua immagine rievoca l’epoca dell’occupazione russa, perciò dobbiamo sbarazzarcene quanto prima”.


Quanto accaduto ha suscitato clamore?


Sì e no.


Il polverone si è sollevato soprattutto nei siti russi. Tutte le testate filogovernative (non che in Russia ve ne siano altre, al momento) l’hanno qualificata come l’ennesima iniziativa russofoba, opera di nazionalisti ucraini. Altrettanto indignati per l’ennesimo attacco barbarico alla cultura russa in Ucraina si dicono i blogger pro-Cremlino. L’opposizione liberale, come al solito, si è mostrata fin troppo cauta: rimuovere i monumenti dedicati agli scrittori russi non è cosa da farsi, certo, ma gli ucraini sono vittime dell’aggressione russa e non vanno, perciò, giudicati. 


Quanto all’Ucraina, la reazione è stata decisamente blanda. Le singole voci che si sono levate contro la rimozione della targa non si sono fuse in un sol coro. Fa soprattutto specie che i rappresentanti della Casa museo di Bulgakov a Kiev non abbiano proferito parola. Né hanno fiatato gli eminenti pubblicisti che prima avrebbero levato gli scudi in difesa dello scrittore e delle sue opere.


La targa commemorativa rimossa non è certo il monumento più significativo dedicato a Bulgakov. Era stata apposta in epoca abbastanza recente, nel giugno 2017, sul palazzo della facoltà di Lingue e Letterature dell’Università Ševčenko che ospitava un tempo il Primo liceo di Kiev, lo stesso che lo scrittore frequentò dal 1901 al 1909. Nella capitale ucraina vi sono altre due targhe dedicate a Bulgakov, nonché il famosissimo monumento sull’Andreevskij spusk, accanto alla già citata Casa museo.


L’opinione pubblica ucraina si divide, quanto a Bulgakov. Per una parte importante dei lettori russofoni rimane uno scrittore di culto, l’autore di uno dei romanzi russi più famosi (Il Maestro e Margherita), di una delle satire più sagaci sul mondo bolscevico (Cuore di cane) e di uno dei più importanti testi su Kiev (La guardia bianca).


Per i patrioti duri e puri ucraini, invece, Bulgakov è un innominabile, l’emblema di una cultura imperialista repressiva e, detto in soldoni, un ucrainofobo.


Chi ha ragione?


Gli uni e gli altri, direi.


In ambito letterario “snobbare” il Maestro e Margherita e sostenere che Bulgakov è uno scrittore sopravvalutato è ormai segno di bon ton. Ciò nonostante, il Maestro e Margherita resta uno dei romanzi più conosciuti in Russia, nei paesi dell’ex blocco sovietico e ben al di là dei confini dell’ex URSS. In più, grazie a La guardia bianca e a I giorni dei Turbin, a Kiev Bulgakov è considerato una sorta di genius loci. La sua casa al numero 13 dell’Andreevskij spusk, con accanto il monumento a lui dedicato, è una delle principali attrazioni della capitale.


La discussione sul rapporto Bulgakov-Ucraina non è nuova ed è molto accesa. I difensori dello scrittore sostengono che le sue dichiarazioni sprezzanti sul senso dello stato degli ucraini, sulla cultura e sulla lingua ucraine non sono espressione del pensiero dell’autore della Guardia bianca, ma dei suoi personaggi. Fatto sta che il tono degli scambi, l’evidente somiglianza fra Aleksej Turbin e Bulgakov nel romanzo, e gli aforismi che si possono estrapolare qua e là da altri suoi testi (ad esempio, le riflessioni sul linguaggio dei cartelli in un articolo satirico del 1923 “Kiev, città”), non lasciano adito a dubbi. Bulgakov guardava con alterigia – oltre che con scetticismo e ostilità – a tutto quello che era ucraino.


In tempo di pace sono cose a cui non si dà peso, ma in tempo di guerra le regole del gioco cambiano. Dal 2014 in poi, in Ucraina il numero di attacchi a Bulgakov è aumentato in modo esponenziale. Nel 2015 Oksana Zabužko, scrittrice molto nota in Ucraina, ha pubblicato un articolo – “Il maledetto problema delle abitazioni” – in cui chiama Bulgakov col nomignolo spregiativo di “Miška-venereologo” [Miška è il nome dell’orso in genere e dell’orsetto di peluche in particolare – N.d.t.]. Oksana Zabužko sostiene inoltre che la Guardia Bianca è stata scritta “seguendo i diktat del giornalismo bolscevico”, attribuisce a Bulgakov il “complesso del parvenu” e racconta che nella casa di famiglia dello scrittore non c’era neanche una biblioteca. La scrittrice insiste anche sul fatto che la casa dell’Andreevskij spusk non si dovrebbe chiamare “casa Bulgakov” perché in realtà era la casa dell’architetto Vasil’ Listovničiij, lo stesso che Bulgakov aveva rappresentato caricaturalmente nel personaggio di Vasilisa della Guardia bianca


Nel 2019, poi, il monumento a Bulgakov è stato imbrattato con la vernice; in più, gli attivisti da tastiera chiedono periodicamente di chiudere la sua casa-museo. Nessuno, comunque, ha mai preso troppo sul serio queste iniziative.


Dallo scorso febbraio, però, in Ucraina l’approccio alla cultura russa è cambiato drasticamente.


Se già prima, nell’ambito di un pacchetto di leggi adottato dal Parlamento, erano state rinominate strade e città e demoliti quelli che erano considerati i simboli dell’era sovietica, compresi i monumenti a personaggi di partito e di governo russi, ora la sacrosanta decomunistizzazione si è trasformata in una lampante derussificazione. Dalle mappe delle città stanno scomparendo centinaia di nomi associati al passato impero, ivi compresi quelli di scrittori, artisti e musicisti russi. Negli ultimi mesi, a Užhorod, Ternopil’, Mukačevo, Konotop, Černihiv, Deljatyn, Oleksandrija, Mykolajiv e Zaporižžja sono stati smantellati tutti i monumenti a Puškin, considerato il principale simbolo della cultura russa. I libri degli scrittori russi vengono rimossi dalle biblioteche e i classici russi non compaiono più nei programmi di studio scolastico.


Sempre più spesso la lingua russa viene bollata come “lingua del nemico”. E un numero enorme di russofoni parla ucraino (sempre, o quasi) almeno in pubblico.


L’atteggiamento fortemente negativo verso il retaggio russo, in precedenza tipico della cerchia ristretta dei patrioti tutti d’un pezzo, ora si estende ad ampie sacche della popolazione.


Un esempio lampante: se in passato l’idea di abbattere il monumento a Caterina II, a Odessa, sembrava irrealizzabile, ora l’ipotesi viene avallata non solo dalle decine di migliaia di cittadini che hanno firmato l’apposita petizione, ma persino dal presidente Zelensky, che ha esortato il consiglio comunale di Odessa a vagliare la questione e a prendere una decisione in linea con i principi di “difesa degli interessi nazionali”. 


La rimozione della targa commemorativa di Michail Bulgakov è, dunque, solo un piccolo dettaglio dell’enorme mosaico dal titolo “Cancelliamo tutto ciò che è russo dall’Ucraina”. Il mosaico suddetto è ancora in fase di assemblaggio, ma non c’è motivo di dubitare che vi si aggiungeranno nuove tessere.


Come guardare a quanto accade?


Dipende di chi sono gli occhi. 


Se sei uno sciovinista russo, lo sguardo sarà d’odio. La cancellazione della cultura russa in territorio ucraino sarà per te una prova ulteriore del trionfo in quei luoghi dell’oscurantismo, della furia nazista e di varia – furiosa – russofobia. 


Se sei un nazionalista ucraino, gli occhi saranno pieni di gioia. Finalmente il tuo paese si sta sbarazzando del giogo dell’eredità imperiale, dell’influenza perniciosa e putrescente di un’altra cultura, della lingua degli aggressori e degli assassini. 


Se non sei né l’uno e né l’altro, mi azzardo a presumere con un alto grado di verosimiglianza che qualche difficoltà nel guardare al processo di derussificazione totale dell’Ucraina la starai incontrando. Perché se anche condanni la guerra senza se e senza ma e credi che, in quanto vittime di un’aggressione feroce, agli ucraini sia tutto permesso, la notizia dell’ennesimo colpo di spugna sulla cultura russa in Ucraina non sarà comunque una notizia piacevole. 


E se anche fossi mille volte dalla parte di un’Ucraina che difende strenuamente la propria libertà e indipendenza, la rimozione della targa a Michail Bulgakov sarà probabilmente ragione di una segreta, proditoria tristezza. Se, in più, sei anche un profondo conoscitore della biografia dello scrittore, ricorderai di certo una sua cupa battuta in ucraino maccheronico: “Buv-Gakov, nema Gakova” (in un periodo non semplice della sua vita di scrittore, Bulgakov riferì all’amico Boris Livanov un sogno che aveva fatto in cui il suddetto si avvicinava a lui, morto, e gli sussurrava appunto “Buv Gakov, nema Gakova”, giocando con il verbo essere – buv, appunto. Qualcosa del tipo, “sei stato Bulgakov (quello osannato della Guardia Bianca e dei Giorni dei Turbin), e ora, invece, non sei nulla”. La situazione in cui versava lo scrittore e quello strano sogno lo spinsero a tentare qualcosa di estremo e “salvifico”: scrisse perciò Batum, testo teatrale su un aneddoto della vita di Stalin. Non bastò – N.d.t.).


Bulgakov c’era e ora non c’è più. E non c’è niente da fare. 


Ma è così importante, con una guerra in corso? Al diavolo la cultura russa, accidenti! 


O forse no. 

Aiutaci a crescere

Condividi su:

Per sostenere Memorial Italia

Leggi anche:

Ucraina. Assedio alla democrazia. Alle radici della guerra.

Ucraina. Assedio alla democrazia. Alle radici della guerra. A cura di Memorial Italia con il coordinamento di Marcello Flores (Corriere della Sera, 2022). «Come studiosi della storia e della cultura della Russia, dell’Ucraina e dell’Unione Sovietica, riteniamo che il nostro compito, in questo drammatico momento, sia quello di aiutare a comprendere le cause di questa vera e propria guerra di conquista, per fondare la cronaca nella storia e capire le dinamiche del presente alla luce di un passato che spesso si ignora o si dimentica» Dal momento in cui l’esercito di Vladimir Putin ha iniziato la sua guerra di aggressione contro l’Ucraina si sono formulati frequenti giudizi che hanno contribuito a rendere più difficile capire le radici del conflitto. Si sono diffusi luoghi comuni, prodotti dal pregiudizio o dalla scarsa conoscenza dei fatti. Questo libro, frutto del lavoro collettivo di studiosi attivi da anni sul terreno della violazione dei diritti umani, della manipolazione della storia, della cancellazione della memoria nella Russia postsovietica, intende fare luce su alcune “idee sbagliate”, con il supporto di una serie di approfondimenti sulla storia di Russia e Ucraina dal 1991 a oggi. Come si è costruita la nazione ucraina nell’ambito di quanto è successo nelle repubbliche ex sovietiche, qual è la sua funzione rispetto al progetto di Putin, cosa si intende per “promessa infranta” quando si parla del ruolo della Nato: capire chi sono gli attori in gioco e qual è il loro ruolo in questa sanguinosa partita significa orientarsi con più sicurezza nel mare contraddittorio dell’opinione pubblica. Come pure andare a fondo nella “guerra di memoria” in atto da anni nella Russia putiniana vuol dire intendere meglio il senso delle esternazioni del suo presidente, a partire dall’uso della parola “genocidio”. Idee e motivi di propaganda penetrati profondamente in patria tramite la repressione del dissenso e la diffusione con ogni mezzo di una narrazione della storia selettiva e funzionale a un disegno autocratico e neoimperiale, di cui l’associazione Memorial fa da tempo le spese e che l’attacco all’Ucraina ha messo sotto gli occhi attoniti del mondo intero, interrogandoci tutti. Contributi di Simone Attilio Bellezza, Alexis Berelowitch, Marco Buttino, Riccardo Mario Cucciolla, Gabriele Della Morte, Carolina de Stefano, Marcello Flores, Francesca Gori, Andrea Gullotta, Niccolò Pianciola.

Leggi

Guerra globale. Il conflitto russo-ucraino e l’ordine internazionale.

Guerra globale. Il conflitto russo-ucraino e l’ordine internazionale. A cura di Memorial Italia con il coordinamento di Alessandro Catalano, Marcello Flores, Niccolò Pianciola (Corriere della Sera, 2023). «Gran parte del mondo è stata costretta, di fronte al ritorno della guerra in Europa, a ripensare le mappe mentali con cui si guardano le reti globali di relazioni politiche ed economiche e si cerca di indovinarne il futuro, oggi ben più incerto di quanto si ritenesse fino all’invasione russa dell’Ucraina» La guerra che si combatte da quasi un anno dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina minaccia non solo di protrarsi nel tempo, ma anche di dilatarsi nello spazio: è dunque legittimo chiedersi quanto questo evento abbia modificato non solo la geopolitica europea, ma anche le mappe mentali con cui il mondo intero interpreta questo spartiacque. Le sue ripercussioni, a partire dai problemi più evidenti (l’aumento del costo degli idrocarburi, i milioni di profughi dall’Ucraina, la minore offerta di grano sui mercati mondiali) fino alle minacce che potrebbero colpire in modo drammatico alcuni paesi, hanno ormai coinvolto vaste aree del pianeta. I singoli Stati hanno avuto reazioni a tutto ciò inevitabilmente diverse, non solo per ragioni di prossimità geografica, ma anche per le lenti con cui la guerra è stata interpretata, a loro volta influenzate dalle singole esperienze storiche. Se, com’è naturale, è stato particolarmente visibile un coinvolgimento più pronunciato nella parte centro-orientale dell’Europa, dove l’invasione ha riattivato la memoria di avvenimenti analoghi della storia del Novecento, anche in altri paesi, persino nel lontanissimo Sudamerica, intravediamo fenomeni che sono in diretta connessione con la guerra in corso. Questo libro cerca di tratteggiare una nuova geografia mondiale il cui epicentro sta nella frattura tra Mosca e Kyïv: i contributi, affidati a studiosi italiani e internazionali di vasta e radicata esperienza nell’analisi storica, politica ed economica delle vicende di ciascun paese, costituiscono un indispensabile, e fino a oggi unico, strumento per gettare uno sguardo complessivo sulla nuova configurazione mondiale e sulle sue prospettive. Perché è evidente, anche alla considerazione più superficiale, che la guerra in Ucraina segna un punto da cui è difficile tornare indietro. Contributi di Giuseppe Acconcia, Alessandro Catalano, Filippo Costa Buranelli, Riccardo Mario Cucciolla, Mario Del Pero, Gianluca Falanga, Matteo Fumagalli, Bartłomiej Gajos, Armand Gosu, Andrea Griffante, Aurelio Insisa, Ali Aydin Karamustafa, Massimo Longo Adorno, Niccolò Pianciola, Marc Saint-Upéry, Ilaria Maria Sala, Alfredo Sasso, Antonella Scott, Paolo Sorbello, Pablo Stefanoni.

Leggi

Russia. Anatomia di un regime. Dentro la guerra di Putin.

Russia. Anatomia di un regime. Dentro la guerra di Putin. A cura di Memorial Italia con il coordinamento di Marcello Flores (Corriere della Sera, 2022). «Uno Stato che, al suo interno, viola platealmente e in modo sistematico i diritti umani, diventa per forza di cose una minaccia anche per la pace e per la sicurezza internazionali» La deriva violenta della Russia, culminata nell’aggressione militare nei confronti dell’Ucraina del 24 febbraio 2022 e documentata da tempo sul fronte delle repressioni interne (di cui anche l’associazione Memorial ha fatto le spese), impone una riflessione sempre più urgente su cosa abbia portato il paese a passare dalle speranze democratiche successive al crollo dell’URSS all’odierna autocrazia. Questo volume a più voci, in cui intervengono nel dibattito studiosi italiani e russi che conoscono profondamente la realtà del regime, i metodi, le tecniche di manipolazione del consenso, le curvature ideologiche, il linguaggio politico, affronta la questione da diversi punti di vista, da quello storico a quello culturale e letterario (con implicazioni non solo per la Russia, ma anche per l’Ucraina e i paesi dell’Europa orientale), a quello geopolitico, fino ad arrivare all’attualità, alle proteste e alle forme di dissidenza che continuano eroicamente a esistere per combattere il Moloch putiniano, sempre più assetato di vittime. Nello stallo del conflitto in Ucraina rimane fondamentale il desiderio di comprendere. Non perché non succeda ancora, come scrive Andrea Gullotta nella sua introduzione, richiamandosi ad Anne Applebaum, ma perché “accadrà di nuovo”. Lo testimoniano drammaticamente il protrarsi di una situazione di guerra alle porte dell’Europa, e l’inasprirsi delle persecuzioni, in Russia, contro chi ha cercato e cerca, a rischio della propria vita, di opporsi allo stato di cose e alle terribili conseguenze che può avere su tutti noi. Contributi di Alexis Berelowitch, Marco Buttino, Alessandro Catalano, Aleksandr Čerkasov, Giulia De Florio, Elena Dundovich, Marcello Flores, Giovanni Gozzini, Andrea Gullotta, Inna Karmanova, Massimo Maurizio, Marusja Papageno, Niccolò Pianciola, Marco Puleri.

Leggi