Personalizza il consenso

Utilizziamo i cookie per aiutarti a navigare in modo efficiente e svolgere determinate funzioni. Troverai informazioni dettagliate su tutti i cookie sotto ogni categoria di consenso riportata di seguito.

I cookie categorizzati come "Necessari" vengono memorizzati sul tuo browser poiché sono essenziali per abilitare le funzionalità di base del sito.... 

Sempre attivo

Necessary cookies are required to enable the basic features of this site, such as providing secure log-in or adjusting your consent preferences. These cookies do not store any personally identifiable data.

No cookies to display.

Functional cookies help perform certain functionalities like sharing the content of the website on social media platforms, collecting feedback, and other third-party features.

No cookies to display.

Analytical cookies are used to understand how visitors interact with the website. These cookies help provide information on metrics such as the number of visitors, bounce rate, traffic source, etc.

No cookies to display.

Performance cookies are used to understand and analyze the key performance indexes of the website which helps in delivering a better user experience for the visitors.

No cookies to display.

Advertisement cookies are used to provide visitors with customized advertisements based on the pages you visited previously and to analyze the effectiveness of the ad campaigns.

No cookies to display.

Né democratico né liberale, Gorbaciov era un comunista convinto, che voleva tornare a Lenin

Sbarazzarsi dello stalinismo ma non dell’Urss, lo vediamo anche oggi, si rivelò un’impresa impossibile. Fu l'alfiere di un momento di grande speranza, con la sua morte finisce un mondo.

(di Carolina de Stefano, Luiss Guido Carli e Memorial Italia)


01 settembre 2022 
Aggiornato 05 ottobre 2022 alle 15:24



Michail Sergeevič Gorbačev (1931-2022)
RIA Novosti archive, #850809 / Vladimir Vyatkin / CC-BY-SA 3.0


Con la morte di Michail Sergeevič Gorbaciov, ultimo leader dell’Urss, finisce un mondo. A causa di una lunga malattia, Gorbaciov non appariva più in pubblico da tempo e rilasciava brevi interviste solo in rare occasioni. Eppure, la notizia della sua scomparsa ha lasciato in molti, perfino tra i suoi tanti critici, un senso di vuoto e di nostalgia che non si può spiegare solo con la sua fondamentale importanza storica, ma anche con le speranze e illusioni che egli accese e di cui negli anni ’80 divenne (in parte involontariamente) simbolo in Unione Sovietica e in Occidente.


Come ha scritto William Taubman nella sua recente biografia del leader sovietico, Gorbaciov era “diverso”: diverso dai colleghi che come lui avevano scalato i rigidi gradini della piramide del Partito comunista e che, come lui, non mettevano in dubbio i successi della rivoluzione bolscevica. Tra i governanti stranieri, la prima a notare questa diversità fu Margaret Thatcher, che incontrò Gorbaciov nel 1984 e fu colpita nel trovarsi di fronte a un politico sovietico giovane, sorprendentemente sorridente, e con cui si riusciva a parlare. L’elemento di novità fondamentale – che sorprende anche oggi se si pensa al totalitarismo del paese in cui era cresciuto – fu che Gorbaciov si rifiutò di fare uso sistematico della violenza per reprimere i movimenti democratici e nazionalisti che esplosero in Urss e nei paesi del Patto di Varsavia poco dopo la sua ascesa al potere nel 1985. Fu grazie a lui che il muro di Berlino crollò senza una reazione militare e che un evento come la disgregazione dell’Urss avvenne in maniera prevalentemente pacifica. Una delle spiegazioni che si può provare a dare è che Gorbaciov fu parte di quella relativamente fortunata generazione di persone che si trovarono all’università a Mosca nei brevi anni del disgelo kruscioviano. In ogni caso, si trattò davvero di una sua scelta e di una sua convinzione, sostenute da pochi fidati collaboratori attorno a lui, come Aleksandr Jakovlev e Anatolij Černjaev, e osteggiata da molti all’interno del Politburo. Non fu invece una scelta altrettanto consapevole quella di avviare un processo di demokratizatsija. Gorbaciov non era né “democratico” né “liberale”, ma un comunista convinto che voleva tornare alle origini del programma di Lenin, da lui ammirato fino alla venerazione e di cui citava a memoria interi scritti. La “ricostruzione” (perestrojka) dell’Urss doveva partire secondo lui da riforme economiche – di cui Gorbaciov vide la necessità sin da quando dirigeva il Dipartimento per l’Agricoltura del Comitato Centrale del partito – e dalla liquidazione dello stalinismo, visto come “deviazione” rispetto agli ideali rivoluzionari. In entrambi i casi, però, sottovalutò la difficoltà del compito, probabilmente anche per la sua fede eccessiva nell’ideologia. In economia le prime iniziative furono disastrose: la campagna contro l’alcolismo, un problema che stava devastando l’Urss, fece diminuire il consumo di alcolici, ma a scapito del crollo immediato degli introiti statali e della distruzione di intere produzioni vinicole. Le leggi che approvò tra il 1986 e il 1987 e che introdussero elementi di liberalismo economico senza però mettere in dubbio i princìpi cardine del sistema socialista, fecero crescere in maniera esponenziale il deficit pubblico. In politica interna, la volontà di accrescere la trasparenza (glasnost’) all’interno delle strutture del Partito creando uno spazio, prima inesistente, per una discussione più franca su alcuni temi cruciali, si trasformò in pochi mesi in una richiesta di libertà di espressione impossibile da controllare che si diffuse a tutti i livelli della società. Gorbaciov non si oppose a questa marea ma anzi cercò nella popolazione il supporto alla sua volontà di riforme, della cui necessità divenne sempre più convinto, lanciando iniziative concrete, come la creazione di un nuovo organo legislativo, il Congresso dei Deputati del Popolo. Mancò però di linearità nella direzione intrapresa, quando per esempio si affidò a figure conservatrici per tenere le redini di un paese che stava andando sempre più alla deriva.


Sbarazzarsi dello stalinismo ma non dell’Urss, lo vediamo anche oggi, si rivelò un’impresa impossibile, perché l’Unione sovietica – il suo sistema economico, la sua élite, il suo status internazionale – era stata forgiata dal periodo staliniano. La glasnost’ permise di iniziare a parlare per la prima volta, dopo decenni, delle deportazioni, condanne ed esecuzioni arbitrarie di milioni di cittadini sovietici negli anni ’30 e ’40. Ma una volta che tutte le carte furono scoperte e che nel paese si cominciò a soffrire la fame, il potere centrale non tenne più.


Gli anni della perestrojka furono anni di disperante crisi economica ma anche di libertà e speranze nel cambiamento prima sconosciute in Urss, con milioni di giornali stampati e letti ogni giorno dopo decenni di pubblicazioni di partito che nessuno leggeva davvero. Per queste speranze, presto disattese, per la povertà che la popolazione visse con e dopo il crollo dell’Urss, per la transizione democratica che non riuscì, Gorbaciov, così celebrato in Occidente per la fine della guerra fredda e il crollo dell’impero sovietico, in Russia ha avuto e ha molti detrattori.


Mentre la fondazione Gorbaciov, creata negli anni ’90 da Michail Sergeevič, rischia da tempo la chiusura per mancanza di fondi, Vladimir Putin ha scritto nel suo breve messaggio di condoglianze ai parenti che sono soprattutto le attività svolte dall’ultimo leader dell’Urss dopo la sua uscita di scena a dover essere ricordate. Ha brevemente ricordato il sogno di Gorbaciov di cambiare il suo paese per salvarlo.


La nostalgia che provano in molti pensando alla perestrojka, a distanza di trent’anni e mentre la Russia è in guerra con l’Ucraina e avvolta in una spirale sempre più repressiva, non è figlia di un’idealizzazione indulgente di Gorbaciov, ma una reazione del tutto comprensibile e razionale all’attuale assenza di quell’umanesimo che il leader sovietico riuscì a incarnare, diventando l’alfiere di un momento di grande speranza.

Aiutaci a crescere

Condividi su:

Per sostenere Memorial Italia

Leggi anche:

Bologna, 7 marzo 2025. La guerra ibrida russa in Italia?

Venerdì 7 marzo 2025 alle 17:00 presso la Mediateca Giuseppe Guglielmi di Bologna (via Marsala 31) si tiene l’incontro La guerra ibrida russa in Italia? Analisi del fenomeno. Intervengono Matteo Pugliese, PhD dell’università di Barcellona e analista di Debunk.org (Disinformation analysis center) che presenta la sua ricerca sulla disinformazione russa in Italia, e le nostre Giulia De Florio e Vanessa Voisin. L’incontro, aperto a tutti gli interessati, si svolge in presenza e on line sulla piattaforma Teams, previa registrazione obbligatoria –> https://forms.gle/nqM4FfmbYRQB4C7BA.

Leggi

Università di Verona, marzo-maggio 2025. ÏÏ – HER: Dimensions of Ukrainian Womanhood.

Dal 7 marzo al 30 maggio 2025 si svolge presso il Dipartimento di lingue e letterature straniere dell’Università degli Studi di Verona il ciclo di conferenze ЇЇ – HER: Dimensions of Ukrainian Womanhood, una serie di approfondimenti volti a esplorare il ruolo delle donne ucraine nella guerra, nella pace e nella resistenza culturale. La verità sull’Ucraina va oltre i territori: riguarda l’identità, la storia e il futuro. Le donne ucraine non sono solo testimoni, sono combattenti, diplomatiche e custodi della cultura. L’iniziativa è promossa dal nostro Daniele Artoni e Anna Giust dell’Università deli Studi di Verona. 7 marzo – Women: War and Peace. Ukrainian writers and artists (1914–2022) con Aleksandra Hnatiuk. 28 marzo – Modern Heroines of Ukraine: Women Resisting, Rescuing, and Fighting for Freedom con Tetiana Zhukova. 11 aprile – Militant Women: New Images of Femininity in Public Discourse during Russian Invasion con Oksana Kis. 30 maggio – Ambassadors of Freedom: the historical experience of Ukrainian women in international politics and diplomacy con Alla Shvets. È possibile partecipare agli incontri sia in presenza sia tramite la piattaforma Zoom, inquadrando il QR code presente sulla locandina o collegandosi al link https://bit.ly/her-zoom. Per maggiori informazioni: Women: War and Peace. Ukrainian writers and artists (1914–2022)-Dip.Lingue e Letterature Straniere-Università degli Studi di Verona.

Leggi

Bologna, 4 marzo 2025. Sviatlana Tsikhanouskaya in Italia. Belarus viva tra dittatura e resistenza.

Bologna ospita Sviatlana Tsikhanouskaya per un incontro dedicato alla lotta del popolo bielorusso. Martedì 4 marzo, alle 17:00, a Bologna, Casa di quartiere Graf (piazza Giovanni Spadolini 3), Sviatlana Tsikhanouskaya, leader dell’opposizione democratica bielorussa, partecipa all’incontro Bielorussia viva tra dittatura e resistenza, dedicato al coraggio e alla resistenza del popolo di Belarus. L’incontro è aperto al pubblico e a ingresso libero. L’appuntamento è promosso e organizzato da Memorial Italia e Ambasciata Popolare Bielorussa in Italia, in collaborazione con l’Associazione dei bielorussi a Bologna e Geopolis. Intervengono Sviatlana Tsikhanouskaya, Bruno Monorchio di Geopolis, Giulia De Florio, presidente di Memorial Italia, Alexei Sytov, vicepresidente di BelarusBO APS. Modera l’incontro Anastasiya Drobyshevskaya di BelarusBO APS. Oggi, in Belarus, oltre 1.400 prigionieri politici sono rinchiusi nelle carceri del regime: giornalisti, artisti, studenti, operai, medici e semplici cittadini. A loro è dedicato questo incontro, per trasformare il silenzio forzato in memoria condivisa e in azioni concrete di supporto. La nostra presidente, Giulia De Florio, presenta il volume Bielorussia viva: tra dittatura e resistenza (1994-2024). Per informazioni –> Incontro con Sviatlana Tsikhanouskaya | Facebook

Leggi