Non solo Junarmija. Col “Grande cambiamento” Putin si fa i suoi giovani balilla

Oltre al patriottismo, sarà posta in primo piano la difesa dei “valori tradizionali” (religione cristiana ortodossa, eterosessualità, famiglia nucleare...) attraverso cui, nell’attuale congiuntura storica, la Russia sta cercando di imporsi come faro della civiltà mondiale in contrapposizione alla “decadente” Europa.

(di Francesca Lazzarin, dottore di ricerca in slavistica, traduttrice e interprete)


14 agosto 2022 
Aggiornato 05 ottobre 2022 alle 15:20


Per chi era ventenne negli anni ‘80, ma anche per un giovane progressista russo di oggi, la parola “peremena” (cambiamento) può suscitare un’immediata associazione mentale con la celeberrima canzone My ždem peremen! (Aspettiamo i cambiamenti!, 1986), che, nonostante nel suo testo e nelle intenzioni degli autori non racchiudesse in realtà alcun messaggio apertamente sovversivo, è entrata nella memoria collettiva come simbolo della ribellione dei giovani contro i regimi autoritari e asfittici. Tanto che perfino a 30 anni di distanza dal crollo dell’URSS, solo per fare un esempio, è stato uno dei pezzi più cantati nelle piazze e nelle strade bielorusse durante le proteste anti-Lukashenko dell’estate 2020, ma anche in quelle russe alle manifestazioni contro l’arresto di Aleksej Naval’nyj nel 2021.


La Bol’šaja peremena (Grande cambiamento) di cui si parla in Russia ultimamente, invece, è orientata in un senso diametralmente opposto, e più che ai “peremeny” dei rocker Kino pare fare eco al Bol’šoj proryv (Grande svolta) dei primi anni staliniani, quando dal relativo liberalismo della NEP si passò al piano quinquennale, e le stralunate avanguardie culturali degli anni ’20 andarono a cozzare con il ferreo canone del realismo socialista.


D’altronde, quest’anno siamo già stati testimoni della netta virata che il Cremlino ha impresso alla propria politica, portando a compimento delle tendenze autoritarie già in corso da anni e, ora, definitivamente legittimate dalla cosiddetta “operazione militare speciale” in Ucraina e dalle sanzioni: nella narrativa ufficiale, queste ultime sono infatti una prova tangibile, unitamente agli aiuti militari forniti a Kyiv, dell’aperta ostilità dell’“Occidente collettivo” (ovvero UE, Gran Bretagna, USA, Canada e paesi loro alleati come Giappone, Corea del Sud, Australia e Nuova Zelanda) nei confronti della Russia, che è dunque tenuta a difendersi da nemici esterni, ma anche e soprattutto interni, dalle “quinte colonne” agli “agenti stranieri”.


A parte le consistenti misure economiche varate negli ultimi mesi, va da sé che questa nuova “grande svolta” riguarda anche cultura e istruzione. Recentemente si è parlato molto, anche in Italia, della censura nei media indipendenti, del blocco dei social legati a Meta (ritenuta ufficialmente una “organizzazione estremista” – anche se la stragrande maggioranza dei russi continua tranquillamente ad accedere a Facebook e Instagram sfruttando il VPN), per arrivare alle leggi sugli “agenti stranieri”, continuamente irrigidite con nuovi emendamenti. Ora, perché una persona fisica o giuridica sia obbligata ad esibire il marchio d’infamia di “agente straniero” e a sottoporsi a scrupolosi controlli, non serve nemmeno più che riceva finanziamenti dall’estero, basta che si trovi “sotto l’influsso straniero”, qualsiasi cosa questa dicitura stia a significare.


Non poteva mancare, in questo contesto, anche il perfezionamento di strategie da applicare all’educazione delle giovani generazioni, a cominciare da bambine e bambini. Oltre alla già esistente Junarmija, nata nel 2016 su iniziativa del Ministero della difesa e delle organizzazioni dei veterani delle Forze armate (di cui abbiamo parlato anche in questa sede), ora si sta dando forma a un nuovo e più importante movimento giovanile promosso e controllato dallo Stato, che inizialmente avrebbe dovuto portare proprio il nome di “Grande cambiamento”.


Il 19 maggio 2022, non a caso nel giorno in cui si festeggiava il centenario della fondazione dei Pionieri sovietici, è stato infatti presentato alla Duma (la Camera bassa del Parlamento russo) un disegno di legge sulla formazione mirata di un movimento giovanile, con l’obiettivo di contribuire efficacemente alla realizzazione di quanto previsto da un nuovo articolo della Costituzione russa. Nell’articolo in questione, aggiunto in seguito agli emendamenti dell’estate 2020, si decreta che il governo è tenuto a creare le condizioni per uno “sviluppo spirituale, morale, intellettuale e fisico onnicomprensivo dei bambini, educare al patriottismo, al senso di appartenenenza allo Stato e al rispetto nei confronti delle generazioni più anziane”. Il movimento avrebbe dovuto essere battezzato appunto “Il grande cambiamento”: lo stesso nome di un progetto statale già esistente e afferente alla Rosmolodëž (Agenzia federale per le politiche giovanili della Federazione Russa), incentrato sulla promozione di concorsi creativi, giochi sportivi e campi tematici rivolti agli alunni delle scuole russe.


Il 6 luglio la Duma ha dato la sua approvazione in terza lettura, spiegando in un apposito comunicato stampa che il nuovo movimento giovanile, probabilmente già attivo a partire dal prossimo anno scolastico, sarà chiamato a “partecipare all’educazione, alle attività di orientamento professionale, all’organizzazione del tempo libero delle generazioni in via di formazione, nonché a forgiare la loro visione del mondo e a preparare i giovani a una vita ben integrata nella società”. Dalla legge, però, risulta espunta la denominazione di “Grande cambiamento” menzionata in precedenza: il nome dell’organizzazione è dunque ancora da definire, e come si evince da questo sito web fresco di lancio (e con una grafica accattivante dal gusto hipster) è stato indetto un concorso in cui saranno gli stessi futuri membri del movimento a proporne il nome, il simbolo e gli slogan da gridare in coro. Le proposte migliori saranno selezionate da una specifica giuria, ma anche tramite votazioni online. Peraltro a fine giugno, in occasione della Settimana della moda di Mosca, erano già stati presentati dei modelli per la “divisa” del movimento, ideati da alcuni giovanissimi team di designer.


A suggellare il tutto, il 20 luglio lo stesso Vladimir Putin, su richiesta di un’entusiasta ragazzina che lo ha invitato in diretta a prendere il nuovo movimento giovanile “sotto la sua ala protettiva”, ha accettato formalmente di essere a capo del Consiglio degli Osservatori dell’ente, il che comunque era già previsto dalla relativa legge appena approvata. Sempre il presidente russo supervisionerà le nomine del comitato esecutivo dell’organizzazione e di altri organi amministrativi. I bambini potranno iscrivervisi a partire dai 6 anni, e rimanerne membri fino alla fine della scuola superiore. A quanto sembra, l’adesione al movimento sarà “su base volontaria”, com’era anche, perlomeno sulla carta, l’adesione ai pionieri qualche decennio fa.


Rispetto alla Junarmija (che comunque rientra, insieme al Ministero dell’istruzione russo e alla già citata agenzia Rosmolodëž, nella lista dei partner e sponsor del nuovo movimento) si tratta dunque di un progetto di dimensioni maggiori, perdipiù sotto l’egida diretta del presidente russo. In questo caso, oltre al patriottismo, sarà posta in primo piano la difesa dei “valori tradizionali” (religione cristiana ortodossa, eterosessualità, famiglia nucleare…) attraverso cui, nell’attuale congiuntura storica, la Russia sta cercando di imporsi come faro della civiltà mondiale in contrapposizione alla “decadente” Europa: valori che, evidentemente, il sistema scolastico russo non riesce ancora a traslare con l’efficacia auspicata dai piani alti del potere.


Ovviamente il movimento non potrà collaborare con persone o enti che risultino “agenti stranieri”, e dovrà coinvolgere i suoi iscritti in attività collettive e di squadra monitorate da adulti appositamente formati, con l’obiettivo di evitare che i piccoli si ritrovino a dover fronteggiare da soli le insidie del mondo contemporaneo, anche e soprattutto digitale. D’altronde, per confermare tra i genitori l’idea che l’uso autonomo di Internet comporta dei rischi basta lo scalpore provocato, negli ultimi anni, da alcuni pericolosi giochi di ruolo sui social: da qui a demonizzare la rete in toto, anche quando vi si possono trovare informazioni provenienti dall’esterno e non viziate dalla propaganda, il passo è brevissimo.


Durante un breve scambio epistolare in cui ho avuto la conferma di come, purtroppo, anche non pochi russi colti e appartenenti al ceto medio appoggino incondizionatamente la strada intrapresa dal Cremlino, compresa l’invasione dell’Ucraina (che a parere di molti altro non è che la “difesa preventiva” da un attacco militare “straniero”), una mia ex collega e professoressa liceale di Rostov sul Don mi ha scritto con disappunto che i giovani russi delle grandi città, con il loro cosmopolitismo e le loro critiche alle scelte di Putin, “non apprezzano la propria storia e cultura e possono tradire la patria facilmente”. Sicuramente non avranno modo di farlo se, come forse succederà, sin dalla prima elementare saranno formati in seno a una efficace istituzione patriottica, che si chiami “Grande cambiamento” o in un altro modo.


Peraltro, è già un fatto certo, fissato in precise linee guida inviate agli insegnanti, l’introduzione in tutte le scuole russe delle cerimonie dell’alzabandiera e dell’esecuzione dell’Inno nazionale ogni lunedì (ricalcate sulle analoghe abitudini in auge negli Stati Uniti), oltre che di specifiche ore da dedicare, in classe e a cadenza settimanale, ad argomenti “di orientamento patriottico, morale ed ecologico” (questi i termini impiegati dal Ministero dell’istruzione). Simili contenuti avranno modo di essere ulteriormente potenziati dalle attività extrascolastiche dei pionieri 2.0.


E tutto ciò, a quanto sembra, riguarderà non solo gli alunni delle scuole della Federazione Russa: nelle ultime settimane, infatti, si sono moltiplicate le notizie circa l’invio di maestri e coordinatori didattici russi nei territori dell’Ucraina sud-orientale attualmente occupati (secondo l’ottica promossa dal Cremlino, “liberati” e restituiti alla loro vera patria di appartenenza), di modo che il 1° settembre, per il “Den’ znanij” (“Giorno della conoscenza” di sovietica memoria), sia già possibile iniziare ad insegnare con manuali russi e seguendo il programma scolastico russo.


La lunga e triste parabola della russificazione dell’Ucraina sta quindi per conoscere una nuova fase, in cui, a maggior ragione alla luce della guerra ancora in corso e della sua mistificazione, l’“educazione militarpatriottica” giocherà senz’altro un ruolo fondamentale. Ma questa è un’altra storia, che deve essere ancora scritta.


Aiutaci a crescere

Condividi su:

Per sostenere Memorial Italia

Leggi anche:

“Mamma, probabilmente morirò presto”: adolescente russo in carcere per volantini anti-Putin riferisce di essere stato brutalmente picchiato da un compagno di cella.

Pubblichiamo la traduzione dell’articolo ‘Mom, I’m probably going to die soon’: Russian teenager in prison for anti-Putin flyers says cellmate brutally beat him della testata giornalistica indipendente russa Meduza. L’immagine è tratta dal canale Telegram dedicato al sostegno per Arsenij Turbin: Svobodu Arseniju! (Libertà per Arsenij!). In una recente lettera Arsenij Turbin, sedicenne russo condannato a scontare cinque anni in un carcere minorile con l’accusa di terrorismo, ha raccontato alla madre di avere subito abusi fisici e psicologici durante la detenzione. I sostenitori di Turbin, che hanno pubblicato un estratto della sua lettera su Telegram, sospettano che oltre ad aggredirlo, i compagni di cella gli stiano rubando il cibo. Ecco cosa sappiamo. Arsenij Turbin è stato condannato a cinque anni di carcere minorile nel giugno 2024, quando aveva ancora 15 anni. Secondo gli inquirenti governativi, nell’estate del 2023 Arsenij si era unito alla legione Libertà per la Russia, un’unità filoucraina composta da cittadini russi e, su loro preciso ordine aveva iniziato a distribuire volantini che criticavano Vladimir Putin. Turbin dichiara di non essersi mai unito alla legione e di avere distribuito i volantini di sua iniziativa. Il Centro per i diritti umani Memorial ha dichiarato Turbin prigioniero politico. Al momento Turbin si trova in detenzione preventiva in attesa dell’appello contro la sua condanna. Nell’estratto di una lettera inviata a sua madre pubblicato lunedì (1 ottobre) nel gruppo Telegram Svobodu Arseniju! (Libertà per Arsenij!), l’adolescente scrive che un compagno di cella di nome Azizbek lo ha picchiato più volte. “Questa sera, dopo le 18:00, uno dei miei compagni di cella mi ha dato due pugni in testa mentre ero a letto”, ha scritto. “La situazione è davvero difficile, brutta davvero. Azizbek mi ha colpito e poi ha detto che stanotte mi inc***. Sarà una lunga nottata. Ma resisterò.” Turbin scrive anche che in carcere lo hanno catalogato come “incline al terrorismo” per il reato che gli contestano (“partecipazione a organizzazione terroristica”). In un post su Telegram i sostenitori di Turbin hanno ipotizzato che i suoi compagni di cella gli stessero rubando il cibo: nelle sue lettere chiedeva sempre alla madre pacchi di viveri, mentre questa volta le ha scritto che non ne aveva bisogno. La madre di Turbin, Irina Turbina, martedì ha riferito a Mediazona che il figlio è stato messo in isolamento dal 23 al 30 settembre. Dalla direzione della prigione le hanno detto che era dovuto a una “lite” tra Turbin e i suoi compagni di cella e che tutti e quattro i prigionieri coinvolti erano stati puniti con l’isolamento. Irina Turbina ha anche detto che il personale del carcere non le ha permesso di parlare con Arsenij al telefono e che l’ultima volta che hanno parlato è stata a inizio settembre. La madre ha raccontato l’ultimo incontro con suo figlio al sito Ponjatno.Media: “Quando sono andata a trovarlo l’11 settembre non l’ho riconosciuto. Non era mai particolarmente allegro neanche le volte precedenti che l’ho visto, certo, ma almeno aveva ancora speranza, era ottimista: aspettava l’appello e credeva che qualcosa di buono l’avremmo ottenuto. L’11 settembre, invece, Arsenij aveva le lacrime agli occhi. Mi ha detto: ‘Mamma, ti prego, fai tutto il possibile, tirami fuori di qui. Sto davvero, davvero male qui’.” “Mamma, probabilmente morirò presto”, ha continuato a riferire la madre, citando il figlio. Ha poi detto di avere inoltrato la lettera a Eva Merkačeva, membro del Consiglio presidenziale russo per i diritti umani, chiedendole di intervenire. Secondo le informazioni di Mediazona, ad Arsenij è stato finalmente permesso di parlare con sua madre al telefono l’8 ottobre. Le avrebbe detto che il suo aggressore era stato trasferito in un’altra cella il giorno prima e che si trovava bene con gli altri compagni di cella. Aggiornamento del 20 ottobre dal canale Telegram Svobodu Arseniju!: “Questa settimana Arsenij non ha mai telefonato”. La madre riferisce di averlo sentito l’ultima volta l’8 ottobre scorso. 25 ottobre 2024

Leggi

Cagliari, 22 ottobre. “Belarus, poesia e diritti umani”.

Martedì 22 ottobre alle 18.00, presso l’Università degli Studi di Cagliari, Campus Aresu (aula 6), nell’ambito del ciclo di seminari Ucraina, Belarus, Russia: lottare e resistere per i diritti nell’Europa post-sovietica dedicato al tema della resistenza al regime di Putin e del suo alleato Lukašenka si svolge il seminario Belarus, poesia e diritti umani. Nell’occasione sarà presentato il volume Il mondo è finito e noi invece no. Antologia di poesia bielorussa del XXI secolo curato da Alessandro Achilli, Giulia De Florio, Maya Halavanava, Massimo Maurizio, Dmitry Strotsev per WriteUp Books. Intervengono Dmitry Strotsev (Pubblicare poesia bielorussa in emigrazione), Julia Cimafiejeva (Scrivere poesia bielorussa all’estero) e la nostra Giulia De Florio (Tradurre poesia bielorussa in Italia). Modera Alessandro Achilli. È possibile seguire l’incontro in diretta Zoom, utilizzando il link https://monash.zoom.us/j/81314970717?pwd=gAd5RXcOX6w2BE18DHkmfxO6xTDyRG.1.

Leggi