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Intervista a Nikita Ochotin sul Corriere della Sera

Pubblichiamo l'intervista di Marcello Flores a Nikita G. Okhotin, studioso di Puškin, filologo, intellettuale dissidente tra i fondatori di Memorial. Per gentile concessione del Corriere della Sera.

Per gentile concessione del Corriere della Sera.

Intervista di Marcello Flores

Come vive e pensa oggi in Russia, in una situazione di guerra come questa, una persona come te che è sempre stata critica nei confronti del potere?

Sicuramente una persona del genere si sente male. Direi che il sentimento più personale e intimo è di vergogna, di duplice vergogna: per prima cosa vergogna che il paese di cui fai parte abbia combinato un disastro del genere; che un paese che storicamente fa parte dell’Europa, abbia attaccato un altro paese e in un certo senso abbia aggredito tutta l’Europa. E per di più che la ragione dell’attacco non sia stato un conflitto territoriale, ma il risultato di una idea di supremazia nazionale: sembra di essere ritornati 60 o 80 anni fa, nell’epoca delle teorie sulla supremazia nazionale o razziale. In secondo luogo vergogna per non avere previsto questo attacco. Ricordo la conferenza che feci a Torino nel 2009 o 2010, quando dicevo che la dinamica delle dichiarazioni del governo russo, la dinamica dei conflitti con altri paesi del mondo dimostrava che la Russia non aveva altri amici se non l’Ucraina e la Bielorussia, anche se c’erano scontri continui sul gas con l’Ucraina e con la Bielorussia esistevano tanti piccoli conflitti. Il senso della mia conferenza era che queste contese potevano perdurare fino a sfiorare un conflitto militare, tuttavia, proprio per tutte le considerazioni esposte, ricordo bene di avere terminato dicendo che non si sarebbe mai avuta una guerra tra la Russia e l’Ucraina o la Bielorussia. Sono stato cieco ma pensavo così e purtroppo lo pensavano tanti altri, specialmente quelli che condividevano un punto di vista democratico. Non credevamo che potesse succedere. Nemmeno nel 2014, quando fu tutto chiaro dopo l’annessione della Crimea, comprendemmo bene: infatti pensavamo che si era trattato di fortuna, del successo di un’operazione militare fulminea e che questo può succedere una volta soltanto. Purtroppo il nostro governo e il nostro presidente hanno pensato che questa fortuna si sarebbe potuta ripetere e adesso viviamo in questa situazione di paura e vergogna.

Per quanto riguarda la paura possiamo certamente aspettarci tante spaventose conseguenze. Non ho paura del conflitto nucleare, non credo che possano arrivare a questo, ma ho sbagliato già una volta e non so che cosa possiamo aspettarci da gente che ha iniziato la guerra senza sapere cosa faceva. Certo abbiamo molta paura adesso, e abbiamo anche paura delle repressioni all’interno del paese, perché la retorica delle televisioni, dei politici putiniani è una retorica di guerra e non solo di guerra contro l‘Ucraina e contro l’occidente, ma anche contro l’opposizione dentro il paese. In questo momento abbiamo più retorica che repressione. Finora la repressione si è concentrata su singoli individui e non è stata tanto grave, anche se si tratta in realtà di migliaia di persone arrestate per brevi periodi di tempo, che hanno avuto multe per avere manifestato e adesso sono iniziati processi penali che li hanno condannati a diversi anni di carcere per avere detto pubblicamente che non si trattava di un’operazione speciale ma di una vera guerra. La nostra paura nasce dal fatto che la situazione è sospesa, instabile, non sappiamo cosa può succedere domani quindi diventa impossibile elaborare una strategia di comportamento di gruppo o individuale. Noi vogliamo certamente sperare per il meglio ma abbiamo sperato per il meglio per tanto tempo e adesso incombe lo spettro di una cosa orribile.

 

In Europa e in Italia si pensa che la maggior parte dell’opinione pubblica russa appoggi Putin. È possibile riuscire a capire quanto questo appoggio è frutto di propaganda o di paura e comprendere i veri sentimenti dei russi?

È difficile rispondere per tutta la Russia. È impossibile credere alla propaganda della tv, perché si tratta di vere messe in scena propagandistiche, quelle che mostrano che la gente appoggia la guerra. Ma comunque le contrapposizioni generazionali e individuali ci fanno capire che c’è un gruppo abbastanza grande che appoggia la guerra. Per quanto riesco a capire io, credo si possa dire che solo il 10-15 per cento è davvero a favore della guerra, mentre contro la guerra è orientato in modo deciso e attivo almeno un altro 10-15 %. Il resto è fatto di persone che vorrebbero isolarsi, estraniarsi da quello che succede e in Russia abbiamo sempre avuto due modi per prendere le distanze: la metà dice di sì e la metà sta zitta. Cosa pensano davvero non lo sappiamo, ma parlando con la gente per strada capisci che la gente è contro la guerra, non capisce bene il senso politico che c’è dietro, ma non vuole la guerra e non ha alcuna fiducia nel potere ma non farà alcuna protesta aperta, cercherà di barcamenarsi, come nell’epoca sovietica: ubbidirà ai superiori con l’obiettivo di non essere coinvolto, potrebbe anche odiare Putin ma non lo direbbe mai apertamente, forse solo alla propria moglie.

 

Come storico ti sei occupato di storia sovietica, delle repressioni dello stalinismo; oggi il discorso pubblico sembra privilegiare il racconto delle glorie, delle vittorie, con una visione solo positiva della storia russa, di cui quella relativa alla seconda guerra è quella maggiormente centrale e simbolica. Come vivi da storico questa specie di rimozione della memoria?

Direi che adesso in realtà non si cerca di cancellare la memoria delle repressioni staliniane. La chiusura di Memorial, l’associazione che ho contribuito a fondare, non è una guerra contro la storia ma contro gli attivisti politici, contro chi pensa in modo indipendente e fa attivismo politico. I monumenti alle vittime della repressione sono rimasti, se fai richiesta per avere informazioni sulla repressione al FSB [il Servizio federale di sicurezza, l’erede del KGB] avrai una risposta. Quello che cercano di fare è di marginalizzare questa storia, la storia di questo periodo, dicendo che certamente era un periodo triste, che la gente ha sofferto e i parenti delle vittime hanno diritto alla memoria, ma questo non è stato il tratto principale della nostra storia: che fu invece quello della vittoria grazie alla quale abbiamo salvato il mondo e vinto contro tutti. Adesso nel discorso propagandistico sembra che tutti fossero contro di noi, non solo  i tedeschi e i loro alleati, ma che tutta l’Europa e tutto l’occidente fossero contro la Russia: ma noi abbiamo salvato il mondo e quindi abbiamo il diritto di fare quello che vogliamo. Per questo oggi il mondo russo, il russkij mir ha il ruolo principale. L’insistenza su questa idea è proseguita negli ultimi 15 anni e progressivamente questo concetto ha inglobato l’idea della superiorità nazionale: per quanto capisco non si vuole restaurare l’Unione Sovietica ma il mondo russo deve essere integro e non si tratta solo della Federazione russa ma anche della metà dell’Ucraina, della Bielorussia, del nord del Kazakistan e anche di qualcos’altro, così possiamo diventare ancora più completi e integri, più importanti e rimanere in pace. Ma noi sappiamo che questo nazionalismo aggressivo non si è fermato mai. È un modo di riscrivere la storia, ma per il momento non si segue la direzione che ci spaventava di più e cioè una riabilitazione dello stalinismo e giustificazione delle repressioni, ma si cerca di trasformare quella che è stata una vera vittoria storica, quella della coalizione antifascista, nella vittoria di un paese solo contro tutti gli altri, dimenticando così in parte cos’è il fascismo e cos’è stato il nazionalsocialismo. È una cosa terribile, ma non è la cosa più importante; l’importante è che noi abbiamo vinto. È per questo forse che imitiamo quel modo di pensare e operare tipico del fascismo e nazismo senza rendercene conto. Si comincia da una sensazione di risentimento e poi da un sentimento di vittimismo, di sentirsi offesi da parte di tutti, pensando che tutti ci hanno fatto tanto male e per questo dobbiamo attaccare per primi. Questa è la cosa più spaventosa, questa sensazione dell’offesa nazionale, che tutti vogliono offenderci e danneggiarci. E questo è un sentimento che potrebbe anche spingere a tirare fuori la bomba atomica. Io non capisco una cosa: Putin, una persona cosi importante nel nostro sistema statale, fin dall’inizio si poteva capire che ha tanti complessi, un grande complesso d’inferiorità che deve cercare di compensare, ma perché tutta la cosiddetta élite ha preso la stessa direzione e condivide la stessa opinione? Non riesco a capirlo. Hanno tutto, sono ricchi, sono liberi, hanno il potere, tutto il mondo è aperto per loro, forse non gli volevano bene ma avevano paura di loro, in un mondo del genere potevano essere molto sicuri e attraversare gli oceani su un superyacht, e invece hanno creato un disastro che ci fa temere la guerra nucleare, e invece la Russia ha fatto vedere a tutto il mondo che è un paese debole. L’annessione della Crimea aveva mostrato che l’Ucraina è debole, ma la Russia, anche se non è una grande potenza dal punto di vista militare è stata capace di prendersi gioco di tutti e fare una mossa abile in questo gioco politico-militare. Ora speravano di fare lo stesso gioco e vincere ma non si riesce a far nulla: invece di ottenere in tre giorni o in una settimana la capitolazione ucraina, abbiamo visto che tutto il mondo è entrato nel conflitto, che  l’iniziativa fallisce: le armi sono difettose, i nostri soldati non sono preparati, e questo ci fa capire la totale inadeguatezza dei vertici militari, non si era prevista né la resistenza ucraina né la qualità e il livello dell’esercito russo e questo dimostra che vivono in un mondo falso, inventato.

 

La propaganda sembra funzionare con persone che hanno memoria della guerra mondiale. I ventenni capiscono diversamente il nazismo, come hanno reagito a una propaganda che non li riguarda?

Anche questi sondaggi di opinione, di cui non bisogna fidarsi, dimostrano che le persone sotto i 34 anni sono i più critici e non capiscono le ragioni della guerra. Per loro la guerra è solo una memoria di famiglia, non una questione politica, sono i nonni, anzi i bisnonni che forse erano eroi: a loro non importa per quali motivi c’è stata la guerra, con chi si è fatta quella guerra. La generazione più anziana (io ad es. sono nato cinque anni dopo la fine guerra), ha sia una memoria familiare, sia una memoria formata su tanti film, libri, su tanta propaganda dell’Urss che ci aveva abituato a riconoscere quei determinati segnali, come se si trattasse di un segnale per un cane, e ci indicava che qui bisogna piangere, qui odiare, qui fare altro. La mia generazione, la gente della stessa classe sociale ha sempre lottato contro la storia militare ufficiale, anche i miei genitori hanno fatto lo stesso: abbiamo letto Vasil’ij Bykov, Vasilij Grossman, Grigorij Baklanov, una specifica prosa di guerra, guardato certi film che costituivano un antidoto rispetto a quest’immagine fasulla di vittoria che ci dava il potere. Si parlava di un volto umano ma anche terribile della guerra, ma in generale il popolo attraverso il cinema e la propaganda aveva un’immagine della guerra spaventosa ma gloriosa, non capiva che era anche una guerra vergognosa dove noi avevamo ucciso milioni di persone. Invece questa immagine sovietica della storia, tragica ma gloriosa ha prevalso su tutto l’orrore di quello che è successo, e tutti i pericoli del fascismo e del comunismo sovietico sono stati dimenticati.

 

In che misura la guerra è stata anche un calcolo per rafforzare il potere?

Non gli serve tanto conservare il potere. Con l’Ucraina Putin sembra avere un problema personale, non credo sia stata una mossa per pensare alle elezioni del 2024. Il potere sa calcolare i voti molto bene e penso che Putin sul serio creda di essere uno zar che ha riunificato il territorio russo e vuole diventare parte della storia come uno che ha conquistato e unificato un territorio russo. Vuole che la Russia sia forte. Io sono d’accordo con chi dice che nel 2004 e nel 2014 Putin ha avuto una grande paura, vedendo che all’improvviso, anche quando sembra che tutto vada bene, potrebbe succedere una rivoluzione e tu non sei più nessuno, come stava per succedere in Bielorussia anni fa e prima in Ucraina. Questo sicuramente lo ha spinto alle considerazioni di oggi. Dentro la Russia il suo potere è molto forte ma sembra che voglia vendicarsi di questi spaventi che ha avuto in passato. Purtroppo si è sempre interessato alla storia, (dovremmo inserire nella costituzione una norma che vieta al capo del governo di occuparsi di storia. Ha avuto cattivi consiglieri, ha letto tanti libri di storia scritti male e crede sul serio che l’Ucraina non sia uno stato, non sia una nazione e che invece sia sempre parte della Russia e debba perciò rimanere parte della Russia. Forse, lui pensa, ci sono alcune regioni occidentali che appartengono alla Polonia e quelle allora potremmo darle alla Polonia.

 

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