Come vengono perseguitati i bielorussi che si oppongono alla guerra

Ne parla ADC Memorial, citando un articolo dell'organizzazione bielorussa Vjasna.

In un recente post sul suo canale telegram, l’organizzazione ADC Memorial ha riassunto le principali repressioni in atto in Bielorussia e in Russia per chi si oppone alla guerra, citando anche l’articolo dell’organizzazione per i diritti umani Vjasna.

Bielorussia

  • L’aggressione russa contro l’Ucraina si protrae già da 45 giorni. E da 45 giorni un numero costante di bielorussi esprime quotidianamente il proprio dissenso nei confronti di un attacco che muove anche dal territorio bielorusso. Dall’inizio dell’invasione su vasta scala dell’Ucraina da parte delle forze armate russe, per le manifestazioni di protesta contro la guerra sono state arrestate almeno 1500 persone in tutta la Bielorussia. Alla maggioranza vengono contestate infrazioni al codice civile, ma non mancano nemmeno le cause penali. I bielorussi finiscono dietro le sbarre per avere lanciato dei palloncini giallo-celesti, e per avere indossato abiti e simboli degli stessi colori, per aver deposto fiori vicino all’ambasciata ucraina e per aver fatto suonare una sirena da stadio durante una manifestazione. Ci sono state proteste a Drybin, Dokšycy, Šumilina e Ušačy. In più i «partigiani» bielorussi combattono una «guerra ferroviaria». Nella città in cui sabotano i binari, le forze di sicurezza –  i «siloviki» – perquisiscono  le case, arrestano le persone e le tengono in carcere per i quindici giorni a cui li autorizza la legge. Sono gli stessi «siloviki» che nei verbali non scrivono «guerra», ma «operazione militare russa in Ucraina».
  • Il 7 aprile si è saputo che contro Ekaterina Andreeva, giornalista del canale Belsat e prigioniera politica, è stata formulata una nuova accusa per alto tradimento (p. 1 art. 356 del Codice penale). Nel novembre del 2020 Ekaterina Andreeva e Dar’ja Čul’cova erano state arrestate mentre trasmettevano in diretta da una manifestazione in memoria di Roman Bondarenko, e poi condannate a due anni di colonia penale. Non si ha notizia di quale sia la nuova accusa mossa a Ekaterina Andreeva. Nel 2020 era uscito il libro-inchiesta «Il Donbass bielorusso», firmato da Andreeva e da suo marito Igor’ Il’jaš, in cui fra le altre cose si dava notizia di come i servizi segreti bielorussi e altre istituzioni di Stato partecipino alla guerra contro l’Ucraina accanto a formazioni militari prorusse, nonostante la Bielorussia si dichiari ufficialmente neutra. Nel marzo del 2021 il tribunale di Minsk ha giudicato «estremista» il libro in questione.

Russia

  • Al quarantaseiesimo giorno di guerra, il Roskomnadzor ha ormai bloccato l’accesso in Russia a tutte le più importanti fonti di informazione e ai mass media indipendenti. Le ultime a sottostare al blocco sono state le riviste online Cholod e Diskurs. Secondo un comunicato di Roskomsvoboda [organizzazione che combatte la censura su Internet], a tutt’oggi sono circa 2000 i siti chiusi dalla censura di guerra. Il 9 aprile il Ministero dell’interno russo ha annunciato che prevede una prossima chiusura anche di YouTube.
  • L’8 aprile il Ministero della giustizia russo ha chiuso le sedi russe di 15 organizzazioni internazionali ed estere: Amnesty International, Human Rights Watch, Heinrich-Böll-Stiftung, e altre con sede negli Stati Uniti, nel Regno Unito, in Germania, in Polonia e in Svizzera.
  • Pavel Čikov, direttore del Gruppo internazionale di difesa dei diritti umani Agora, ha dichiarato che sono state intentate 21 cause penali in base al nuovo articolo sul vilipendio delle forze armate della Federazione russa (207.3 del Codice penale russo). Tra gli accusati figurano 6 giornalisti/blogger, un sacerdote, un’insegnante e un consigliere municipale.
  • È uscita l’ultima puntata del podcast Likvidacija di OVD-info, dedicato allo scioglimento della più antica organizzazione di difesa dei diritti umani del paese, e cioè Memorial, nelle sue due sezioni, Memorial Internazionale e Memorial Diritti umani: «La guerra dura da oltre un mese, e la Russia sta precipitando verso il totalitarismo. Quali sono le conseguenze per quelli che ormai sono gli ex collaboratori delle due sezioni di Memorial? Che cosa fanno dopo che l’organizzazione è stata sciolta? Che cosa pensa chi è rimasto in Russia e chi è stato costretto ad andarsene?».

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Gorinov è il primo cittadino russo a ricevere una pena detentiva per essersi espresso contro la guerra. Già in occasione dell’ultima udienza del primo processo Aleksej Gorinov ha avuto modo, come prevede il sistema giudiziario russo, di pronunciare un’“ultima dichiarazione” (poslednee slovo), in altre parole la possibilità di prendere la parola per sostenere la propria innocenza o corroborare la linea difensiva scelta dall’avvocato/a, cui abbiamo avuto modo di dare voce grazie a Paolo Pignocchi e al progetto Proteggi le mie parole. Venerdì scorso, in occasione dell’ultima udienza del secondo processo ai suoi danni, Aleksej Gorinov ha pronunciato una seconda “ultima dichiarazione” che traduciamo in italiano. Sono stato per tutta la vita uno strenuo oppositore di aggressioni, violenza e guerre, e ho consacrato la mia vita esclusivamente ad attività di pace come la scienza, l’insegnamento, la pubblica istruzione e l’attività amministrativa e sociale in veste di deputato, difensore dei diritti umani, membro di commissioni elettorali e osservatore e supervisore del processo elettorale stesso. Mai avrei pensato di vivere abbastanza per constatare un tale livello di degrado del sistema politico del mio Paese e della sua politica estera, un periodo in cui tanti cittadini favorevoli alla pace e contrari alla guerra – in un numero che ormai è di qualche migliaio – vengono accusati di calunnia ai danni delle Forze armate e di giustificazione del terrorismo, e per questo vengono processati. Ci avviamo a concludere il terzo anno di guerra, il terzo anno di vittime e distruzione, di privazioni e sofferenze per milioni di persone cui, in territorio europeo, non si assisteva dai tempi della Seconda guerra mondiale. E non possiamo tacere. Ancora alla fine dello scorso aprile, il nostro ex ministro della difesa ha annunciato che le perdite della parte ucraina nel conflitto armato in corso ammontavano a 500.000 persone. Guardatelo, quel numero, e pensateci! Quali perdite, invece, ha subito la Russia, che secondo le fonti ufficiali avanza con successo costante per tutto il fronte? Continuiamo a non saperlo. E soprattutto, chi ne risponderà, poi? E a che pro succede tutto questo? Il nostro governo e coloro che lo sostengono nelle sue aspirazioni militariste hanno fortemente voluto questa guerra, che ora è arrivata anche nei nostri territori. Una cosa mi verrebbe da chiedere: vi pare che la nostra vita sia migliorata? Sono questi il benessere e la sicurezza che auspicate per il nostro Paese e per la sua gente? Oppure non l’avevate previsto, nei vostri calcoli, un simile sviluppo della situazione? A oggi, però, le risposte a queste domande non si pongono a chi ha deciso questa guerra e continua a uccidere, a chi ne fa propaganda e assume mercenari per combatterla, ma a noi, cittadini comuni della Russia che alziamo la voce contro la guerra e per la pace. Una risposta che paghiamo con la nostra libertà se non, alcuni, con la vita. Appartengo alla generazione ormai uscente di persone con genitori che hanno partecipato alla Seconda guerra mondiale e, alcuni, le sono sopravvissuti con tutte le difficoltà del caso. La loro generazione, ormai passata, ci ha lasciato in eredità il compito di preservare la pace a ogni costo, come quanto di più prezioso abbiamo noi che abitiamo su questa Terra. 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