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Processo allo storico Jurij Dmitriev. Sentenza: 15 anni di colonia penale

Oggi la Corte Suprema della Repubblica di Carelia ha respinto il ricorso di Jurij Dmitriev, nostro collega, storico e direttore della sezione di Memorial in Carelia. Rimane in vigore la sentenza iniqua che condanna Dmitriev a 15 anni di reclusione, da scontare in una colonia a regime severo. Per ora non si sa dove Jurij Alekseevič verrà inviato a scontare la pena, né quando verrà trasferito dal centro di detenzione temporanea. Chi gli scrive ha comunicato che già ora chi controlla la posta ha risposto alle ultime lettere segnalando che il destinatario non vi risulta: sembra quindi che il trasferimento sia imminente. Il ricorso in cassazione sarà presentato presso la terza Corte di cassazione per la giurisdizione ordinaria.

Le udienze del caso Dmitriev si sono prolungate per oltre cinque anni. Nell’autunno del 2020 lo storico è stato condannato a tre anni di reclusione in una colonia a regime severo per uno dei capi d’accusa. Questa decisione della Corte Suprema della Carelia ha già attraversato tutti i gradi di giudizio nei tribunali russi ed è definitiva. A dicembre del 2020 il tribunale municipale di Petrozavodsk ha aumentato la pena, portandola a 15 anni. La giudice Ekaterina Homjakova che ha pronunciato la condanna per Dmitriev ha avuto una promozione: per decreto di Vladimir Putin, presidente della Federazione Russa, è stata nominata giudice della Corte Suprema della Repubblica di Carelia.

Ricordiamo che tutti i capi d’accusa sono stati esaminati tre volte e che in precedenza il tribunale, composto da membri diversi, aveva assolto l’imputato; ciò dimostra ancora una volta che le motivazioni del caso sono politiche.

 

La Corte europea per i diritti umani richiede di fermare la chiusura di Memorial Internazionale: per i giudici è l’ultima possibilità di adempiere l’ingiunzione

Subito dopo la decisione della Commissione di ricorso sulla liquidazione definitiva di Memorial Internazionale, gli avvocati hanno presentato una richiesta di fermare la chiusura, ai sensi dell’articolo 39 del Regolamento della Corte europea per i diritti umani. La seduta è fissata al 22 marzo: martedì la Corte suprema esaminerà la richiesta. La seduta inizierà alle 14 in via Povarskaja 15. Per la Russia sarà l’ultimissima possibilità di adeguarsi all’ingiunzione della Corte europea e fermare la chiusura, finché la stessa Corte non esaminerà il ricorso di Memorial e di altre ONG riguardo alla legge sugli «agenti stranieri». Per questo saremo presenti alla seduta e la ritrasmetteremo su tutti i canali sociali: tenete d’occhio in primo luogo Telegram, il più accessibile. Cercheremo di postare le notizie importanti anche su Facebook, Instagram e VKontakte. Come sempre, vi terremo informati su Twitter in russo e in inglese.

 

Aggressione agli uffici di Memorial

Nella notte di lunedì 14 marzo alcune persone sconosciute hanno inondato la porta di Memorial sul vicolo Malaja Karetnaja con un liquido dall’odore forte. Un’attivista di OVD-Info riferisce: «Nell’edificio c’è una puzza tremenda, è impossibile rimanerci». Probabilmente il liquido è composto da benzina e urina. Secondo alcune persone che ci seguono, potrebbe anche trattarsi di una sostanza chimica che a volte viene versata addosso agli attivisti. Nella foto scattata dalla testimone si vedono le tracce scure di quella sostanza sull’asfalto.

Il 4 marzo c’è stata una perquisizione negli uffici di Memorial Internazionale e nel centro Memorial per i diritti umani, in via Karetnaja e in vicolo Malaja Karetnaja. A dipendenti e avvocati non è stato permesso di entrare negli edifici. Secondo informazioni non confermate, le perquisizioni erano legate alla causa penale di Bahrom Hamroev, membro di Memorial accusato di appoggiare pubblicamente il terrorismo. Le perquisizioni sono durate fino a notte. In uno degli edifici fogli di carta e lavagne a fogli mobili sono stati riempiti di lettere Z e V, le due lettere riportate sul materiale bellico che partecipa all’«operazione speciale» sul territorio ucraino; è stata anche trovata la scritta «MEMORIAL: FINE».

 

Il ministro degli esteri della Francia si è espresso a sostegno della pace e di Memorial

Giovedì Jean-Yves Le Drian, ministro degli esteri francese, ha parlato a un seminario organizzato a Parigi dei nostri colleghi di Mémorial France.

«Oggi assistiamo all’avvitarsi di un’altra spirale di falsità, in cui la distorsione del passato sfocia nella falsificazione del presente. È infatti chiaro, e purtroppo dimostrato, che le manipolazioni della storia e quelle dell’informazione sono speculari e si rinforzano a vicenda.

[…]

In effetti in Russia si sta verificando una deriva autoritaria che abbatte uno a uno tutti i principi dello stato di diritto e aggredisce una a una tutte le libertà pubbliche, tendendo a consolidare una narrazione storica ufficiale che insiste sulla creazione plurisecolare di uno stato forte; vi si accompagna una politica di persecuzione e repressione sistematica di tutti i «produttori di storia» che potrebbero minacciare l’univocità di questa narrazione.

[…]

Per questo oggi Memorial è in pericolo più che mai. […] Ridurre Memorial al silenzio sarebbe una rovina non soltanto per il passato della Russia, ma anche per il suo futuro.

[…]

È inconcepibile che si spenga la fiamma di Memorial, la fiamma di questa piccola candela che è diventata per noi tutti il simbolo della sua lotta.

Tutti noi abbiamo infatti bisogno della luce che essa getta sul passato e sul presente», ha detto Jean-Yves Le Drian.

 

 

Traduzione di Luisa Doplicher

 

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“Mamma, probabilmente morirò presto”: adolescente russo in carcere per volantini anti-Putin riferisce di essere stato brutalmente picchiato da un compagno di cella.

Pubblichiamo la traduzione dell’articolo ‘Mom, I’m probably going to die soon’: Russian teenager in prison for anti-Putin flyers says cellmate brutally beat him della testata giornalistica indipendente russa Meduza. L’immagine è tratta dal canale Telegram dedicato al sostegno per Arsenij Turbin: Svobodu Arseniju! (Libertà per Arsenij!). In una recente lettera Arsenij Turbin, sedicenne russo condannato a scontare cinque anni in un carcere minorile con l’accusa di terrorismo, ha raccontato alla madre di avere subito abusi fisici e psicologici durante la detenzione. I sostenitori di Turbin, che hanno pubblicato un estratto della sua lettera su Telegram, sospettano che oltre ad aggredirlo, i compagni di cella gli stiano rubando il cibo. Ecco cosa sappiamo. Arsenij Turbin è stato condannato a cinque anni di carcere minorile nel giugno 2024, quando aveva ancora 15 anni. Secondo gli inquirenti governativi, nell’estate del 2023 Arsenij si era unito alla legione Libertà per la Russia, un’unità filoucraina composta da cittadini russi e, su loro preciso ordine aveva iniziato a distribuire volantini che criticavano Vladimir Putin. Turbin dichiara di non essersi mai unito alla legione e di avere distribuito i volantini di sua iniziativa. Il Centro per i diritti umani Memorial ha dichiarato Turbin prigioniero politico. Al momento Turbin si trova in detenzione preventiva in attesa dell’appello contro la sua condanna. Nell’estratto di una lettera inviata a sua madre pubblicato lunedì (1 ottobre) nel gruppo Telegram Svobodu Arseniju! (Libertà per Arsenij!), l’adolescente scrive che un compagno di cella di nome Azizbek lo ha picchiato più volte. “Questa sera, dopo le 18:00, uno dei miei compagni di cella mi ha dato due pugni in testa mentre ero a letto”, ha scritto. “La situazione è davvero difficile, brutta davvero. Azizbek mi ha colpito e poi ha detto che stanotte mi inc***. Sarà una lunga nottata. Ma resisterò.” Turbin scrive anche che in carcere lo hanno catalogato come “incline al terrorismo” per il reato che gli contestano (“partecipazione a organizzazione terroristica”). In un post su Telegram i sostenitori di Turbin hanno ipotizzato che i suoi compagni di cella gli stessero rubando il cibo: nelle sue lettere chiedeva sempre alla madre pacchi di viveri, mentre questa volta le ha scritto che non ne aveva bisogno. La madre di Turbin, Irina Turbina, martedì ha riferito a Mediazona che il figlio è stato messo in isolamento dal 23 al 30 settembre. Dalla direzione della prigione le hanno detto che era dovuto a una “lite” tra Turbin e i suoi compagni di cella e che tutti e quattro i prigionieri coinvolti erano stati puniti con l’isolamento. Irina Turbina ha anche detto che il personale del carcere non le ha permesso di parlare con Arsenij al telefono e che l’ultima volta che hanno parlato è stata a inizio settembre. La madre ha raccontato l’ultimo incontro con suo figlio al sito Ponjatno.Media: “Quando sono andata a trovarlo l’11 settembre non l’ho riconosciuto. Non era mai particolarmente allegro neanche le volte precedenti che l’ho visto, certo, ma almeno aveva ancora speranza, era ottimista: aspettava l’appello e credeva che qualcosa di buono l’avremmo ottenuto. L’11 settembre, invece, Arsenij aveva le lacrime agli occhi. Mi ha detto: ‘Mamma, ti prego, fai tutto il possibile, tirami fuori di qui. Sto davvero, davvero male qui’.” “Mamma, probabilmente morirò presto”, ha continuato a riferire la madre, citando il figlio. Ha poi detto di avere inoltrato la lettera a Eva Merkačeva, membro del Consiglio presidenziale russo per i diritti umani, chiedendole di intervenire. Secondo le informazioni di Mediazona, ad Arsenij è stato finalmente permesso di parlare con sua madre al telefono l’8 ottobre. Le avrebbe detto che il suo aggressore era stato trasferito in un’altra cella il giorno prima e che si trovava bene con gli altri compagni di cella. Aggiornamento del 20 ottobre dal canale Telegram Svobodu Arseniju!: “Questa settimana Arsenij non ha mai telefonato”. La madre riferisce di averlo sentito l’ultima volta l’8 ottobre scorso. 25 ottobre 2024

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