Comunicato del centro Vasily Grossman a supporto di Memorial

Il centro Vasily Grossman esprime solidarietà a Memorial e condanna la sentenza.

Condividiamo il comunicato stampa del centro Grossman a supporto di Memorial.

Il 28 dicembre 2021 la Corte Suprema della Federazione Russa ha decretato la chiusura di Memorial Internazionale per aver violato la “legge sugli agenti stranieri” del 2012, ma anche per aver “interpretato scorrettamente la storia sovietica e creato ‘una falsa immagine dell’URSS raffigurandola come Stato terrorista’ e ‘aver criticato gli organi del potere’” (https://www.memo.ru/en-us/memorial/departments/intermemorial/news/667).

Memorial, centro di ricerca, dal 1989 lavora per preservare la memoria delle vittime delle repressioni sovietiche e in anni più recenti si è adoperata anche per far conoscere le violazioni dei diritti civili e politici nella Russia contemporanea.

I primi passi del Centro Studi Vasily Grossman sono legati all’associazione Memorial, grazie alla quale abbiamo potuto realizzare la mostra retrospettiva dedicata alla figura dello scrittore e al suo capolavoro Vita e destino, che è stata esposta in decine di città russe oltre che in alcune delle principali capitali del mondo. Con Memorial dal 2007 al 2016 abbiamo conferito un premio Grossman, dedicato agli studenti delle scuole per elaborati realizzati a partire dalla lettura di testi grossmaniani.

Esprimiamo la nostra solidarietà agli amici di Memorial e condanniamo questa sentenza che rivendica come unica possibile lettura della storia sovietica quella formulata oggi dallo Stato, peraltro di memoria staliniana, privando del diritto di espressione ed esistenza nella società civile russa coloro che ad essa si oppongono sulla base di una ricerca storicamente documentata e libera da pregiudizi ideologici.

 

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28 novembre 2024. Sergej Davidis inserito nella lista degli estremisti e terroristi.

Il 28 novembre 2024 Sergej Davidis, copresidente del Centro per la difesa dei diritti umani Memorial, è stato inserito nella “lista degli estremisti e dei terroristi” stilata da Rosfinmonitoring, agenzia federale russa per il monitoraggio delle operazioni finanziarie, con una postilla su un suo “coinvolgimento nel terrorismo”. Inoltre il 5 dicembre il tribunale Ljublinskij di Mosca ha ricevuto la documentazione relativa all’apertura di un procedimento amministrativo. La documentazione ha permesso di comprendere che nei confronti di Davidis è stata emessa una denuncia amministrativa per partecipazione alle attività di un’“organizzazione indesiderata”. Davidis ha anche ricevuto una comunicazione scritta con la quale gli è stato richiesto di presentarsi in procura per fornire spiegazioni e prendere conoscenza della possibilità di dover rispondere a responsabilità amministrativa. Come si evince dalla lettera, l’indagine della procura è legata a materiali di Radio Free Europe/Radio Liberty, indicata in Russia come organizzazione indesiderata. Sembra si faccia riferimento a interviste rilasciate da Sergej Davidis o a suoi commenti sui canali di Radio Free Europe. Con ogni probabilità il procedimento contro Davidis è legato alle sue attività: difendere i prigionieri politici, organizzare il sostegno e richiamare l’attenzione sulla loro situazione in Russia e nel mondo. Non si tratta del primo episodio di repressione nei confronti del copresidente del Centro Memorial nel 2024. A marzo il ministero della giustizia ha dichiarato Memorial “agente straniero”. Ad agosto il Roskomnadzor, servizio per la supervisione delle comunicazioni, della tecnologia dell’informazione e dei mass media della Federazione Russa, ha formalizzato un’accusa per violazione da parte di Davidis delle regole di marcatura in quanto “agente straniero”, indicando otto post apparsi sul suo canale Telegram. A settembre gli è stata comminata una multa di 30.000 rubli. Sergej Davidis ha dichiarato: “Non sono a conoscenza di motivi specifici per aprire nuovi procedimenti. E quale delle mie attività – la co-presidenza del Centro Memorial o la direzione del programma di sostegno ai prigionieri politici – ne sia la ragione. Ma non c’è dubbio che questi nuovi fatti sono un segno dell’attenzione dello Stato nei confronti del nostro lavoro. Ma noi, naturalmente, continueremo a lavorare.”

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