Jurij Dmitriev riceve il premio Andrej Sacharov per la libertà

Jurij Dmitriev è stato insignito del premio Sacharov per la libertà dal Comitato norvegese di Helsinki.

Il 29 ottobre 2021, a Oslo, è stato consegnato il premio Sacharov per la libertà, assegnato allo storico e attivista per i diritti umani Jurij Dmitriev. La cerimonia è stata organizzata in occasione del Giorno della Memoria delle Vittime delle Repressioni Politiche, una data che non è solo legata al principale lavoro di Dmitriev, ma anche alla sua attuale posizione di prigioniero politico (inizialmente, dal 1974 al 1991, il 30 ottobre era ufficiosamente designato come Giorno dei prigionieri politici in URSS). L’attivismo dello storico nel preservare la memoria delle repressioni in Carelia è considerato il motivo principale della sua persecuzione. Jurij Dmitriev rimane attualmente in prigione a Petrozavodsk; il suo processo è durato quasi cinque anni. Impossibilitato a partecipare di persona alla cerimonia di premiazione, ha inviato una dichiarazione scritta al Comitato norvegese di Helsinki, ente che lo ha insignito di questo premio, e al pubblico presente all’evento.

Signore e signori, amici e collaboratori!
Sono lieto di avere l’opportunità di rivolgermi a voi, persone con cui condivido valori e ideali, e che comprendono l’importanza del lavoro quotidiano di protezione dei diritti umani sanciti dagli accordi di Helsinki. Ognuno di noi, nel proprio paese, sta difendendo questi diritti e queste libertà, in base alla propria interpretazione delle sfide dei nostri tempi.Personalmente, questo compito è iniziato più di trent’anni fa, lavorando su un insolito intreccio di diversi diritti fondamentali:
Il diritto umano a difendere la propria reputazione;Il diritto umano a un processo equo;Il diritto umano a un luogo di sepoltura (a meno che non si venga sepolti in mare);Il diritto umano alla memoria;Il diritto umano di ricevere e trasmettere informazioni.
In tutti questi anni ho, al meglio delle mie possibilità, restituito nomi e una reputazione alle molte vittime delle ingiustizie  messe in atto dai comunisti nel mio paese nel secolo scorso. Ho cercato e trovato le tombe delle vittime delle repressioni politiche, e le ho trasformate in luoghi di memoria. Ho restituito a persone che vivono oggi in diversi paesi i nomi e i ricordi dei loro parenti e amici scomparsi nell’oscurità dell’era comunista, raccontando loro il loro destino, la loro tragica morte, e indicandone il luogo della loro sepoltura. Ho scritto libri per mantenere vivo questo ricordo. Ci sembrava che questi tempi bui appartenessero al passato. Tuttavia, hanno ragione coloro i quali sostengono che la Storia si sviluppa come una spirale. Ancora una volta il meccanismo repressivo è all’opera in Russia. Ancora una volta le persone in disaccordo con l’attuale corso politico dei governanti vengono arrestate e sbattute in prigione. Ancora una volta, come pretesto per gli arresti sono usate motivazioni inventate da autorità pavide. Ancora una volta i giornali e le riviste, le redazioni televisive e internet vengono chiusi nel mio paese per volontà delle autorità. Un numero sempre maggiore di persone sono costrette a lasciare il paese, temendo per la loro vita, per la vita dei loro figli, parenti e persone care.
Indipendentemente da quanto sia pesante la situazione del rispetto dei diritti umani nel mio paese, siamo sicuri che i nostri sforzi non siano vani. Sappiamo che l’intera comunità internazionale sta guardando con preoccupazione i cambiamenti che avvengono in Russia. L’usurpazione del potere assoluto da parte di una sola persona, un parlamento fantoccio, una procura e un tribunale addomesticati: questo non è un luogo dove i diritti umani possano essere preminenti. Ci sono persone che lottano per questi diritti. Qualche settimana fa, il mio compatriota Dmitrij Muratov ha ricevuto il premio Nobel per la pace, il più alto riconoscimento di gratitudine da parte dell’umanità. E ora di nuovo risuona un nome russo: Jurij Dmitriev. Questo significa che non tutto in Russia è così senza speranza e da guardare con pessimismo. Io ci credo: la Russia sarà uno stato libero e democratico. Uno Stato in cui i diritti umani non avranno bisogno di essere difesi. Uno Stato in cui i diritti umani saranno rispettati incondizionatamente.
Grazie per questo alto riconoscimento alla mia attività. Per quanto possibile nella mia situazione attuale, continuerò a lavorare per la restituzione dei nomi, per la ricostruzione della nostra tragica storia, per educare.

Jurij Dmitriev
17 ottobre 2021
Centro di detenzione numero 1, Petrozavodsk.

 

FOTO: Norwegian Helsinki Committee

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“Mamma, probabilmente morirò presto”: adolescente russo in carcere per volantini anti-Putin riferisce di essere stato brutalmente picchiato da un compagno di cella.

Pubblichiamo la traduzione dell’articolo ‘Mom, I’m probably going to die soon’: Russian teenager in prison for anti-Putin flyers says cellmate brutally beat him della testata giornalistica indipendente russa Meduza. L’immagine è tratta dal canale Telegram dedicato al sostegno per Arsenij Turbin: Svobodu Arseniju! (Libertà per Arsenij!). In una recente lettera Arsenij Turbin, sedicenne russo condannato a scontare cinque anni in un carcere minorile con l’accusa di terrorismo, ha raccontato alla madre di avere subito abusi fisici e psicologici durante la detenzione. I sostenitori di Turbin, che hanno pubblicato un estratto della sua lettera su Telegram, sospettano che oltre ad aggredirlo, i compagni di cella gli stiano rubando il cibo. Ecco cosa sappiamo. Arsenij Turbin è stato condannato a cinque anni di carcere minorile nel giugno 2024, quando aveva ancora 15 anni. Secondo gli inquirenti governativi, nell’estate del 2023 Arsenij si era unito alla legione Libertà per la Russia, un’unità filoucraina composta da cittadini russi e, su loro preciso ordine aveva iniziato a distribuire volantini che criticavano Vladimir Putin. Turbin dichiara di non essersi mai unito alla legione e di avere distribuito i volantini di sua iniziativa. Il Centro per i diritti umani Memorial ha dichiarato Turbin prigioniero politico. Al momento Turbin si trova in detenzione preventiva in attesa dell’appello contro la sua condanna. Nell’estratto di una lettera inviata a sua madre pubblicato lunedì (1 ottobre) nel gruppo Telegram Svobodu Arseniju! (Libertà per Arsenij!), l’adolescente scrive che un compagno di cella di nome Azizbek lo ha picchiato più volte. “Questa sera, dopo le 18:00, uno dei miei compagni di cella mi ha dato due pugni in testa mentre ero a letto”, ha scritto. “La situazione è davvero difficile, brutta davvero. Azizbek mi ha colpito e poi ha detto che stanotte mi inc***. Sarà una lunga nottata. Ma resisterò.” Turbin scrive anche che in carcere lo hanno catalogato come “incline al terrorismo” per il reato che gli contestano (“partecipazione a organizzazione terroristica”). In un post su Telegram i sostenitori di Turbin hanno ipotizzato che i suoi compagni di cella gli stessero rubando il cibo: nelle sue lettere chiedeva sempre alla madre pacchi di viveri, mentre questa volta le ha scritto che non ne aveva bisogno. La madre di Turbin, Irina Turbina, martedì ha riferito a Mediazona che il figlio è stato messo in isolamento dal 23 al 30 settembre. Dalla direzione della prigione le hanno detto che era dovuto a una “lite” tra Turbin e i suoi compagni di cella e che tutti e quattro i prigionieri coinvolti erano stati puniti con l’isolamento. Irina Turbina ha anche detto che il personale del carcere non le ha permesso di parlare con Arsenij al telefono e che l’ultima volta che hanno parlato è stata a inizio settembre. La madre ha raccontato l’ultimo incontro con suo figlio al sito Ponjatno.Media: “Quando sono andata a trovarlo l’11 settembre non l’ho riconosciuto. Non era mai particolarmente allegro neanche le volte precedenti che l’ho visto, certo, ma almeno aveva ancora speranza, era ottimista: aspettava l’appello e credeva che qualcosa di buono l’avremmo ottenuto. L’11 settembre, invece, Arsenij aveva le lacrime agli occhi. Mi ha detto: ‘Mamma, ti prego, fai tutto il possibile, tirami fuori di qui. Sto davvero, davvero male qui’.” “Mamma, probabilmente morirò presto”, ha continuato a riferire la madre, citando il figlio. Ha poi detto di avere inoltrato la lettera a Eva Merkačeva, membro del Consiglio presidenziale russo per i diritti umani, chiedendole di intervenire. Secondo le informazioni di Mediazona, ad Arsenij è stato finalmente permesso di parlare con sua madre al telefono l’8 ottobre. Le avrebbe detto che il suo aggressore era stato trasferito in un’altra cella il giorno prima e che si trovava bene con gli altri compagni di cella. Aggiornamento del 20 ottobre dal canale Telegram Svobodu Arseniju!: “Questa settimana Arsenij non ha mai telefonato”. La madre riferisce di averlo sentito l’ultima volta l’8 ottobre scorso. 25 ottobre 2024

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Martedì 22 ottobre alle 18.00, presso l’Università degli Studi di Cagliari, Campus Aresu (aula 6), nell’ambito del ciclo di seminari Ucraina, Belarus, Russia: lottare e resistere per i diritti nell’Europa post-sovietica dedicato al tema della resistenza al regime di Putin e del suo alleato Lukašenka si svolge il seminario Belarus, poesia e diritti umani. Nell’occasione sarà presentato il volume Il mondo è finito e noi invece no. Antologia di poesia bielorussa del XXI secolo curato da Alessandro Achilli, Giulia De Florio, Maya Halavanava, Massimo Maurizio, Dmitry Strotsev per WriteUp Books. Intervengono Dmitry Strotsev (Pubblicare poesia bielorussa in emigrazione), Julia Cimafiejeva (Scrivere poesia bielorussa all’estero) e la nostra Giulia De Florio (Tradurre poesia bielorussa in Italia). Modera Alessandro Achilli. È possibile seguire l’incontro in diretta Zoom, utilizzando il link https://monash.zoom.us/j/81314970717?pwd=gAd5RXcOX6w2BE18DHkmfxO6xTDyRG.1.

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