Modello Putin, di Matteo B. Bagnoli

Modello Putin. Viaggio in un paese che faremmo bene a conoscere

Modello Putin. Viaggio in un paese che faremmo bene a conoscere

di Matteo B. Bagnoli (People, pp. 438, 18 euro)

Di Russia si parla molto sui giornali, soprattutto per denunciarne l’autoritarismo, le mire espansionistiche nel Medio oriente e nel Mediterraneo, ma anche e soprattutto per tratteggiare sempre a tinte forti il suo eterno leader, Vladimir Putin. Un presidente – e brevemente premier – che ha segnato e guidato la trasformazione più profonda del Paese dalla fine dell’Urss, trent’anni fa.

Una nazione enorme che contiene in sé grandi modernità e regioni ancora arretrate, tumultuoso sviluppo economico urbano e mondi rurali impenetrabili al cambiamento. Di tutto questo, e molto altro, parla ‘Modello Putin – Viaggio in un Paese che faremmo bene a conoscere’ di Mattia Bernardo Bagnoli, corrispondente dell’ANSA a Mosca e scrittore.

Un saggio che con una prosa agile e godibile, usando testimonianze, analisi e dettagli di vita vissuta raccontati con gusto, spiega questi anni putiniani, gli innegabili successi sullo scacchiere mondiale, la compressione costante della democrazia e del dissenso – anche con metodi tossici, come nei casi Litvinenko e Navalny, ma non solo – le dinamiche macroeconomiche, le partite strategiche in Ucraina e Bielorussia. Ma anche la vita di ogni giorno, il poderoso rifacimento di intere parti di Mosca, le atmosfere, il carattere non monolitico dei russi. Ne emerge un modello di Paese e della sua gestione divenuti ibridi: capitalismo sfrenato, ma anche importanti pezzi di welfare sovietico superstite, elezioni che si dicono libere, ma dove l’opposizione non riesce neanche a presentarsi. E quando lo fa, in piazza, la polizia non lesina manganellate e lacrimogeni.

Bagnoli racconta, tra i tanti aspetti della Russia, anche quelli vissuti in prima persona, come nel caso delle sue missioni nella misteriosa Siberia, dove scopre un’originale strategia contro i cambiamenti climatici o dell’arrivo in Siria al seguito delle forze russe, per vedere da vicino la liberazione di Palmira. Fino alla vicenda tutta personale del contagio da Covid e la vaccinazione con lo Sputnik V, vaccino ancora misterioso agli occhi dell’Occidente, proprio come la nazione che lo produce. Ed è proprio questo il messaggio centrale di ‘Modello Putin’: basta con lo sguardo distratto verso la Russia, considerata un pezzo ‘altro’ di mondo, una minaccia, o qualcosa che ci riguarda solo se qualche spia viene espulsa, colta con le mani nel sacco.

Quello che fa o non fa Mosca ha conseguenze ovvie sull’Occidente – basti pensare agli opachi rapporti con gli Usa di Donald Trump, e anche con il processo elettorale che lo ha portato alla Casa Bianca -, ma anche meno visibili eppure di forte presa per molti, come la gestione personalistica e sempre più autoritaria del potere, che sembra fare sempre più proseliti in Europa orientale e non solo.

E per un ulteriore motivo: l’era Putin non è eterna, e tra striscianti malcontenti e trasformazione sociali ed economiche, l’opera di stabilizzazione della Russia da lui guidata dopo il caos degli anni Novanta potrebbe finire tra qualche anno. Tener conto della Russia e conoscerla davvero potrebbe essere uno strumento prezioso per gestire il ‘dopo-zar’ per tutto il resto del Mondo, in un futuro neanche troppo distante.

 

 

 

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“Mamma, probabilmente morirò presto”: adolescente russo in carcere per volantini anti-Putin riferisce di essere stato brutalmente picchiato da un compagno di cella.

Pubblichiamo la traduzione dell’articolo ‘Mom, I’m probably going to die soon’: Russian teenager in prison for anti-Putin flyers says cellmate brutally beat him della testata giornalistica indipendente russa Meduza. L’immagine è tratta dal canale Telegram dedicato al sostegno per Arsenij Turbin: Svobodu Arseniju! (Libertà per Arsenij!). In una recente lettera Arsenij Turbin, sedicenne russo condannato a scontare cinque anni in un carcere minorile con l’accusa di terrorismo, ha raccontato alla madre di avere subito abusi fisici e psicologici durante la detenzione. I sostenitori di Turbin, che hanno pubblicato un estratto della sua lettera su Telegram, sospettano che oltre ad aggredirlo, i compagni di cella gli stiano rubando il cibo. Ecco cosa sappiamo. Arsenij Turbin è stato condannato a cinque anni di carcere minorile nel giugno 2024, quando aveva ancora 15 anni. Secondo gli inquirenti governativi, nell’estate del 2023 Arsenij si era unito alla legione Libertà per la Russia, un’unità filoucraina composta da cittadini russi e, su loro preciso ordine aveva iniziato a distribuire volantini che criticavano Vladimir Putin. Turbin dichiara di non essersi mai unito alla legione e di avere distribuito i volantini di sua iniziativa. Il Centro per i diritti umani Memorial ha dichiarato Turbin prigioniero politico. Al momento Turbin si trova in detenzione preventiva in attesa dell’appello contro la sua condanna. Nell’estratto di una lettera inviata a sua madre pubblicato lunedì (1 ottobre) nel gruppo Telegram Svobodu Arseniju! (Libertà per Arsenij!), l’adolescente scrive che un compagno di cella di nome Azizbek lo ha picchiato più volte. “Questa sera, dopo le 18:00, uno dei miei compagni di cella mi ha dato due pugni in testa mentre ero a letto”, ha scritto. “La situazione è davvero difficile, brutta davvero. Azizbek mi ha colpito e poi ha detto che stanotte mi inc***. Sarà una lunga nottata. Ma resisterò.” Turbin scrive anche che in carcere lo hanno catalogato come “incline al terrorismo” per il reato che gli contestano (“partecipazione a organizzazione terroristica”). In un post su Telegram i sostenitori di Turbin hanno ipotizzato che i suoi compagni di cella gli stessero rubando il cibo: nelle sue lettere chiedeva sempre alla madre pacchi di viveri, mentre questa volta le ha scritto che non ne aveva bisogno. La madre di Turbin, Irina Turbina, martedì ha riferito a Mediazona che il figlio è stato messo in isolamento dal 23 al 30 settembre. Dalla direzione della prigione le hanno detto che era dovuto a una “lite” tra Turbin e i suoi compagni di cella e che tutti e quattro i prigionieri coinvolti erano stati puniti con l’isolamento. Irina Turbina ha anche detto che il personale del carcere non le ha permesso di parlare con Arsenij al telefono e che l’ultima volta che hanno parlato è stata a inizio settembre. La madre ha raccontato l’ultimo incontro con suo figlio al sito Ponjatno.Media: “Quando sono andata a trovarlo l’11 settembre non l’ho riconosciuto. Non era mai particolarmente allegro neanche le volte precedenti che l’ho visto, certo, ma almeno aveva ancora speranza, era ottimista: aspettava l’appello e credeva che qualcosa di buono l’avremmo ottenuto. L’11 settembre, invece, Arsenij aveva le lacrime agli occhi. Mi ha detto: ‘Mamma, ti prego, fai tutto il possibile, tirami fuori di qui. Sto davvero, davvero male qui’.” “Mamma, probabilmente morirò presto”, ha continuato a riferire la madre, citando il figlio. Ha poi detto di avere inoltrato la lettera a Eva Merkačeva, membro del Consiglio presidenziale russo per i diritti umani, chiedendole di intervenire. Secondo le informazioni di Mediazona, ad Arsenij è stato finalmente permesso di parlare con sua madre al telefono l’8 ottobre. Le avrebbe detto che il suo aggressore era stato trasferito in un’altra cella il giorno prima e che si trovava bene con gli altri compagni di cella. Aggiornamento del 20 ottobre dal canale Telegram Svobodu Arseniju!: “Questa settimana Arsenij non ha mai telefonato”. La madre riferisce di averlo sentito l’ultima volta l’8 ottobre scorso. 25 ottobre 2024

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