È venuta a mancare Maria Ferretti

Una dei massimi esperti della storia dell’URSS e lucida analista della contemporaneità

A pochi mesi dalla scomparsa di Senja Roginskij, di cui aveva condiviso il ricordo sulle nostre pagine, si è spenta stamane Maria Ferretti, tra i massimi esperti della storia dell’URSS e lucida analista della contemporaneità. Testimone diretta e appassionata degli anni della perestrojka e del periodo più recente, ha dedicato studi innovativi alla complessa vicenda del recupero della memoria e al suo utilizzo nel mondo russo sovietico e post-sovietico. Per la comunità di Memorial è una perdita molto dolorosa: ci mancheranno la sua acutezza e il suo sapere, ma anche l’intransigenza morale, le critiche dirette, la straordinaria generosità e profondità umana.

https://www.memo.ru/ru-ru/memorial/departments/intermemorial/news/139

È morta Maria Ferretti.

È difficile rassegnarsi all’idea. Così bella, così intelligente, così piena di vita. Amica carissima, collega, compagna di battaglie.

Come è potuto succedere che questa europea, italiana, romana, sia diventata così “nostra”, così russa? Non lo sappiamo. Quando abbiamo conosciuto Maša (a Mosca la chiamavamo solo così), lei era già “nostra”, in tutto.

Volevamo bene a Maša per due motivi.

Il primo motivo è comprensibile. Le volevamo bene per quello che era: energica, appassionata, a volte aspra nei suoi giudizi e di regola esatta, sempre affidabile.

Anche il secondo motivo lo si capisce: le volevamo bene perché lei voleva bene a noi.

Amava la Russia, contro la quale spesso si scagliava come pochi russi osano scagliarsi – ma sempre con dolore, come si rimprovera qualcosa di amato, vicino, caro. Nei suoi articoli e nei suoi libri Maša sottolineava sempre che il suo sguardo sulla storia russa, così come sulla Russia contemporanea, era uno sguardo dall’esterno, lo sguardo di una persona di un’altra cultura. “Proprio per questo i miei giudizi sono preziosi per voi”, insisteva. Naturalmente lo sapeva meglio di noi, e poi non si usa discutere con una persona nel giorno della sua morte; e tuttavia a noi non sembrava mai che fosse uno sguardo dall’esterno… E del resto anche lei diceva spesso: qui… in Russia, a Mosca, a Piter, ho la sensazione di essere a casa. E questo mi manca terribilmente.

Amava “Memorial”, a cui era incondizionatamente fedele. “Sono membro di Memorial”, dichiarava con l’orgoglio del giovane pioniere e tirava fuori il vecchio “tesserino” con la firma di Sacharov, che aveva ricevuto forse nel 1988 e che la maggior parte di noi non ha conservato o ha nascosto in un cassetto remoto della scrivania.

È difficile credere che non sentiremo più la sua voce, anche solo al telefono: “Sono Mas-scia. Sono a Mosca. Quando ci vediamo?”.

 

 

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Per concludere l’anno riceviamo una bellissima notizia che ci riempie di speranza. Il 28 dicembre l’attivista politica ed ex vice direttrice del complesso memoriale delle vittime delle repressioni Zarifa Sautieva è stata rilasciata dalla colonia penale femminile di Zelonokumsk. Zarifa era stata condannata ingiustamente a sette anni e sei mesi di colonia penale per il “caso Inguscezia”, ai sensi degli articoli sull’uso della forza nei confronti di rappresentanti delle autorità e partecipazione ad attività estremiste. Zarifa aveva partecipato il 27 marzo 2019 a Magas a una manifestazione di protesta contro la modifica del confine amministrativo tra Inguscezia e Cecenia. A settembre, la Corte europea dei diritti dell’Uomo ha accolto il ricorso di Satieva e degli avvocati di Memorial affermando che durante le indagini le forze dell’ordine avevano agito con violenza nei confronti di Zarifa. L’avvocato Magomed Bekov ha commentato così la sua liberazione: “È una grandissima gioia per il nostro popolo, un regalo per l’anno nuovo a tutta la comunità! Sono sicuro che una grande parte dell’Inguscezia attendeva questo giorno e noi continuiamo ad aspettare la liberazione degli altri nostri prigionieri politici. Zarifa si trova in ottime condizioni, almeno per quanto abbiamo potuto vedere. Era di buon umore, stava bene, scherzava e sorrideva”. L’ultima dichiarazione di Zarifa si può trovare nel nostro libro Proteggi le mie parole.   Memorial continua a lottare per tutte le persone ingiustamente detenute nelle carceri e nelle colonie penali russe.

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In ricordo di Eduard Kuznecov (1939-2024).

Il 22 dicembre 2024 è mancato Eduard Kuznecov, scrittore e giornalista dissidente. “Scrivo solo per conservare il mio volto. Il campo di concentramento è un ambiente orribile, umiliante, è la consapevole creazione di condizioni tali che l’uomo, ricacciato di continuo nell’angolo, comincia a dubitare dell’utilità di ubbidire alla propria verità e si convince che esiste solo la verità della biologia, l’adattamento”. Eduard Kuznecov nasce a Mosca nel 1939. Nel 1961 è arrestato per la prima volta e condannato a sette anni di reclusione per propaganda antisovietica. Nel 1970 è processato per avere tentato, insieme a un gruppo di ebrei russi dissidenti, di dirottare un aereo verso Israele e condannato alla pena di morte. Grazie alla pressione dell’opinione pubblica internazionale la pena è poi commutata in quindici anni di reclusione in un campo di lavoro a regime speciale in Mordovia. All’inizio degli anni Settanta i suoi diari, usciti clandestinamente dalla Russia, vengono pubblicati in Occidente. Nel 1979 è rilasciato ed emigra in Israele. Tra 1983 e 1990 collabora con Radio Liberty. Nel 1992 è tra i fondatori del quotidiano in lingua russa ‘Vesti’. Nelle pagine dei suoi diari, fatti uscire clandestinamente dal campo di lavoro e miracolosamente giunti nelle mani di Andrej Sacharov, Eduard Kuznecov descrive le degradanti condizioni di vita dei prigionieri e riflette lucidamente sui mali che minano il sistema giudiziario sovietico e i meccanismi di coercizione che regolano uno stato totalitario.

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28 novembre 2024. Sergej Davidis inserito nella lista degli estremisti e terroristi.

Il 28 novembre 2024 Sergej Davidis, copresidente del Centro per la difesa dei diritti umani Memorial, è stato inserito nella “lista degli estremisti e dei terroristi” stilata da Rosfinmonitoring, agenzia federale russa per il monitoraggio delle operazioni finanziarie, con una postilla su un suo “coinvolgimento nel terrorismo”. Inoltre il 5 dicembre il tribunale Ljublinskij di Mosca ha ricevuto la documentazione relativa all’apertura di un procedimento amministrativo. La documentazione ha permesso di comprendere che nei confronti di Davidis è stata emessa una denuncia amministrativa per partecipazione alle attività di un’“organizzazione indesiderata”. Davidis ha anche ricevuto una comunicazione scritta con la quale gli è stato richiesto di presentarsi in procura per fornire spiegazioni e prendere conoscenza della possibilità di dover rispondere a responsabilità amministrativa. Come si evince dalla lettera, l’indagine della procura è legata a materiali di Radio Free Europe/Radio Liberty, indicata in Russia come organizzazione indesiderata. Sembra si faccia riferimento a interviste rilasciate da Sergej Davidis o a suoi commenti sui canali di Radio Free Europe. Con ogni probabilità il procedimento contro Davidis è legato alle sue attività: difendere i prigionieri politici, organizzare il sostegno e richiamare l’attenzione sulla loro situazione in Russia e nel mondo. Non si tratta del primo episodio di repressione nei confronti del copresidente del Centro Memorial nel 2024. A marzo il ministero della giustizia ha dichiarato Memorial “agente straniero”. Ad agosto il Roskomnadzor, servizio per la supervisione delle comunicazioni, della tecnologia dell’informazione e dei mass media della Federazione Russa, ha formalizzato un’accusa per violazione da parte di Davidis delle regole di marcatura in quanto “agente straniero”, indicando otto post apparsi sul suo canale Telegram. A settembre gli è stata comminata una multa di 30.000 rubli. Sergej Davidis ha dichiarato: “Non sono a conoscenza di motivi specifici per aprire nuovi procedimenti. E quale delle mie attività – la co-presidenza del Centro Memorial o la direzione del programma di sostegno ai prigionieri politici – ne sia la ragione. Ma non c’è dubbio che questi nuovi fatti sono un segno dell’attenzione dello Stato nei confronti del nostro lavoro. Ma noi, naturalmente, continueremo a lavorare.”

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