"Dostoevskij" di Maria Candida Ghidini

Un percorso di lettura di opera in opera, sciogliendo i grandi temi in una narrazione vicina ai testi, quelli di Dostoevskij e quelli degli scrittori a lui vicini

“Dostoevskij” di Maria Candida Ghidini
pp. 320
2017

Si rimane abbagliati dalla ricchezza di pensiero creata nel tempo dall’incontro con Dostoevskij. Nella ricezione della sua opera ha finito per prevalere una grande saturazione di idee: i dialoghi appassionati che si agitano nei suoi romanzi hanno smosso molta terra e piantato molti semi. Si rischia, però, di incrostare la percezione del testo con le tante letture, inibendo una fruizione più fresca (immediata sarebbe impossibile, ce lo insegna Dostoevskij stesso) e dimenticando il profondo radicamento dell’opera nella sua epoca e nel contesto letterario che ha contribuito a generarla. Dostoevskij mette in relazione dimensioni diverse: quella concreta storico-sociale e quella delle « questioni maledette » del destino dell’uomo e del cosmo. E così la sua scrittura tangibile vive di un sostrato antico, mitologico, archetipico, che risale alle fonti della letteratura europea e assume un valore autenticamente figurale, perché allarga il particolare infimo fino all’infinito. Maria Candida Ghidini propone, nel suo saggio, un percorso di lettura di opera in opera, sciogliendo i grandi temi in una narrazione vicina ai testi, quelli di Dostoevskij e quelli degli scrittori in un modo o nell’altro a lui vicini. È impossibile studiare le opere dostoevskijane senza considerare il contesto sociale, politico, economico e culturale da cui sono nate; esse sono una potente sintesi delle questioni del suo tempo, di cui Dostoevskij non fu solo un testimone, ma anche un attivo e coinvolto attore. Egli vive e rappresenta un momento storico cruciale, elevando però la caoticità della Storia a rappresentazione di un caos universale primigenio.

Maria Candida Ghidini insegna Letteratura russa all’Università di Parma. Si è occupata del primo Novecento, con particolare attenzione alle figure di Gustav Špet e di Vjačeslav Ivanov, a cui ha dedicato numerosi saggi. Ha tradotto L’idiota di Dostoevskij, si interessa della ricezione di Shakespeare in Russia (Figure dell’immaginario europeo. Amleto (e Ofelia) in Russia, Parma 2014). Dirige la rivista « La torre di Babele ».

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