Intervista al direttore dell’FSB Aleksandr Bortnikov

Il direttore della «Rossijskaja gazeta» Vladislav Aleksandrovič Fronin ha incontrato il direttore del Servizio federale di sicurezza della Russia

Il tono pacato e ‘normale’ di questa intervista mostra come l’eredità delle repressioni dal 1917 a oggi venga rivendicata orgogliosamente tutta intera come parte di una continuità storica e di un sentire comune. È un universo di eterni nemici mortali (dall’Intesa a Hillary Clinton) e di minacce interne (dagli SR e Trockij ai simpatizzanti russi di Maidan) differenziati solo dalle particolari contingenze storiche di ciascuna epoca. Non siamo di fronte a una rivalutazione parziale o un po’ indulgente dello stalinismo, quell’elenco di “meriti” o “errori” che poi era lo schema valutativo del rapporto al XX congresso. Né si tratta di generica ‘nostalgia’ residuale per il passato di grande potenza. Le vittime non vengono negate, ma appunto rivendicate come un merito attraverso uno schema mentale particolare che, per quanto aberrante, merita di essere considerato con attenzione. Notare, tra l’altro, l’insistenza sul fatto che anche l’OGPU fu oggetto di repressioni: in questo modo arresti e fucilazioni degli anni ’30 diventano parte di un “sacrificio” collettivo per la continuità dello stato (di cui i servizi di sicurezza sarebbero il massimo custode prima, durante e dopo l’Urss) e possono così essere collocate, senza soluzione di continuità morale e senza distinguere tra vittime e carnefici, accanto ai morti della II guerra mondiale.

(Memorial Italia)

Di seguito riportiamo la traduzione dell’intervista a Bortnikov e la lettera-appello di un gruppo di accademici.

 

Rossijskaja Gazeta 19/12/2017

Intervista al direttore dell’FSB Aleksandr Bortnikov

Alla vigilia del Giorno degli operatori dei servizi di sicurezza, il direttore della «Rossijskaja gazeta» Vladislav Aleksandrovič Fronin ha incontrato il direttore del Servizio federale di sicurezza della Russia, il generale Aleksandr Vasil’evič Bortnikov.

Aleksandr Vasil’evič, il 20 dicembre gli organi di sicurezza russi festeggiano il centenario della loro nascita. Potrebbe tracciare un bilancio della loro storia e della storia di altri organi come la Procura e il Ministero degli affari interni dall’epoca di Pietro? Lo spionaggio e il controspionaggio esistevano già allora, no?

Aleksandr Bortnikov: In effetti, le strutture di spionaggio e controspionaggio  che garantivano la salvaguardia dell’ordinamento giuridico e la difesa delle frontiere esistevano in Russia già dalla formazione di uno stato centralizzato, ma esattamente cento anni fa sono stati riuniti per la prima in un sistema organico diretto da un unico principio.

L’imminente giubileo è una buona occasione chiarire alcuni aspetti e liberare il campo da  questioni discutibili, sorte dai atteggiamenti preconcetti nei confronti degli avvenimenti passati. Del resto, com’è noto, l’analisi dei fatti fuori dal contesto storico ci priva della possibilità di valutare obiettivamente il passato, capire il presente e fare ipotesi sul futuro.

Questo significa che non tutto ciò che il grande pubblico sa del vostro lavoro corrisponde alla realtà?

Aleksandr Bortnikov: Sugli organi di sicurezza sono sorti molti miti, spesso terribilmente duri a morire. La non trasparenza del nostro lavoro, oggettivamente, non permette un’informazione completa e tempestiva circa quanto è stato fatto. Questo favorisce la nascita di, diciamo così, un’aura di mistero intorno agli organi di sicurezza e, nello stesso tempo, fa crescere l’interesse del pubblico verso fonti d’informazione alternative, spesso in malafede. Alcune di esse, a caccia di sensazionalismo, esagerano il ruolo dei servizi segreti negli avvenimenti attuali, mentre altre, portando avanti una vera e propria propaganda, mentono apertamente. Per esempio, i fatti  venuti alla luce durante l’apertura degli archivi non hanno permesso immediatamente la decostruzione di miti ormai consolidati.

L’atteggiamento della società verso i nostri servizi segreti è cambiato moltissime volte e in direzioni diverse a seconda della congiuntura politica. Su cosa si basa l’Fsb per valutare l’attività dei suoi predecessori?

Aleksandr Bortnikov: Per rispondere a questa domanda sottolineerei tre aspetti principali.

Primo, bisogna considerare le circostanze storiche. La nostra Patria più volte è stata oggetto di attentati da parte delle potenze straniere. L’avversario ha cercato di sconfiggerci, sia con la battaglia aperta, sia con il supporto di traditori all’interno del paese, di fomentare la rivolta, di deteriorare il nostro rapporto con il popolo e di paralizzare la capacità dello Stato di reagire tempestivamente e con efficacia alle minacce emergenti. La distruzione della Russia per alcuni rimane tuttora un’idea  fissa.

Noi, come organi di sicurezza, siamo obbligati ad anticipare gli intenti del nemico, a prevenire le sue mosse e a reagire adeguatamente a qualsiasi attacco. In questo senso, il criterio di valutazione più importante della nostra attività è la sua efficacia.

Secondo, la priorità dei problemi da risolvere cambia a seconda delle sfide e delle minacce in cui si imbatte lo Stato in momenti diversi. Questo significa, ad esempio, che i compiti della Commissione straordinaria panrussa (Včk) si differenziavano sensibilmente da quelli del Comitato per la sicurezza dello Stato (Kgb) e ancora di più da quelli del Servizio federale di sicurezza (Fsb). Questo ha determinato anche la logica delle trasformazioni strutturali dei servizi e dei metodi di conduzione del lavoro operativo.

E infine, terzo, i collaboratori degli organi di sicurezza non devono essere considerati distinti/dalla società, con tutti i suoi lati positivi e negativi. Cambia la società, cambiamo anche noi.

Tutt’oggi i collaboratori dell’Fsb vengono spesso chiamati čekisti. La disturbano questi parallelismi con la Commissione straordinaria, la quale era stata costituita come «spada vendicatrice della rivoluzione»?

Aleksandr Bortnikov: Non disturbano affatto. La parola čekista è da tempo una figura del discorso. Si è radicata profondamente non solo nel nostro gergo professionale, ma è anche largamente utilizzata in ambito giornalistico e nella società in genere. Ma occorre chiarire che l’attività degli organi di sicurezza odierni non ha nulla in comune con la Commissione straordinaria dei primi anni del potere sovietico.

Voglio ricordare che la Commissione straordinaria per la lotta alla controrivoluzione e al sabotaggio presso il Consiglio dei  Commissari del popolo, con a capo F. Deržinskij, era stata istituita come organo temporaneo con poteri speciali a causa della situazione critica nel paese, dovuta all’inizio della guerra civile e all’intervento straniero, alla paralisi dell’economia, alla  diffusione del banditismo e del terrorismo, all’aumento dei sabotaggi e al rafforzamento del separatismo. Come si può capire, l’eccezionalità della situazione determinava la necessità di misure straordinarie.

Alla Commissione vennero attribuiti lo spionaggio, il controspionaggio, il diritto di condurre istruttorie ed emettere sentenze, compresa la pena di morte; più tardi le venne affidata la difesa dei confini dello Stato, la tutela degli organi di governo e delle personalità di spicco.

I čekisti individuavano con successo e mettevano fine all’attività sovversiva dei servizi segreti stranieri, dei terroristi, dei banditi e delle organizzazioni degli emigrati bianchi, e garantivano la sicurezza alimentare.

Contemporaneamente, veniva condotta la lotta al «banditismo rosso», residuo della guerra civile,  ai soprusi di attivisti di partito sinistroidi e collaboratori delle strutture di polizia, i quali, con il pretesto dell’«opportunità rivoluzionaria», commettevano rappresaglie, arresti e requisizioni ingiustificati. Le misure prese dai čekisti nel 1923 riuscirono nel complesso a porre fine a questa situazione criminale.

Un sistema unificato degli organi di sicurezza è riuscito, per molti aspetti, a mantenere la governabilità del paese in tempo di guerra. Nel 1922 la Včk, avendo completato la sua missione, è stata trasformata nella Direzione politica dello Stato del Commissariato del popolo agli affari interni (Nkvd) della Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa, e nel 1923, con la formazione dell’URSS, nella Direzione politica statale unificata (Opgu) . Di fronte questi nuovi organi si è trovato il compito di garantire la sicurezza e lo sviluppo pacifico del giovane Stato sovietico. Tuttavia, già un decennio prima, per i collaboratori dei servizi si era consolidata la denominazione čekisti. In altre parole, la storia, la tradizione, l’esperienza che si riflettono in questa denominazione non si limitano solo al periodo di esistenza della Commissione straordinaria o, come Lei l’ha definita, della «spada vendicatrice della rivoluzione». Essa ha una portata molto più ampia e rinnegare la parola čekista equivale a condannare all’oblio la generazione dei nostri predecessori.

Già allora, negli anni Venti, gli organi di sicurezza avevano acquisito una prima esperienza di controspionaggio ed erano riusciti a superare gli esperti agenti occidentali?

Aleksandr Bortnikov: Il lavoro si svolgeva senza la necessità di una preparazione professionale, l’esperienza si costruiva «da zero». Il primo successo importante del controspionaggio sovietico fu la scoperta, nel settembre del 1918, della «congiura degli ambasciatori» dei paesi della Triplice intesa, guidata dal responsabile della missione diplomatica britannica P. Lockhart. I diplomatici avevano cercato di organizzare una rivolta armata a Mosca e di sostenere lo sbarco degli invasori inglesi ad Archangel’sk.

Nel 1919 i čekisti smascherarono la rete spionistica britannica a Pietrogrado e a Mosca, capeggiata dall’ufficiale del MI-6 P. Dukes, conosciuto come «l’uomo dai cento volti». Sull’importanza che  questa rete di spionaggio rivestiva per Londra testimonia il fatto che il governo inglese avesse incluso nell’ultimatum di Curzon del 1923, che aveva inasprito i rapporti bilaterali con l’Urss conducendo addirittura il paese al limite della guerra, la richiesta di una compensazione in denaro per l’arresto e la fucilazione di una serie di componenti del gruppo di Dukes.

A metà degli anni Venti, in seguito al prolungamento di qualche anno delle operazioni Sindikat-2 e Trust, i čekisti misero fine all’attività sovversiva di un’ampia organizzazione clandestina terroristica e controrivoluzionaria, legata ai circoli emigrati e ai servizi segreti stranieri. Contemporaneamente venne portata alla luce ed eliminata la neoricostituita rete di agenti britannici.

Converrà anche Lei, che per un servizio segreto giovane questi furono risultati eccezionali.

In ogni caso, molti organi della Včk-Ogpu-Nkvd sono tuttora associati alle repressioni degli anni Trenta. Davvero i čekisti non capivano a cosa stessero partecipando?

Aleksandr Bortnikov: Di nuovo, dobbiamo rifarci alla realtà di quegli anni. La pace di Versailles era considerata dai paesi vincitori solo una tregua temporanea. I piani di aggressione all’Urss venivano elaborati già dagli anni Venti. La minaccia della guerra imminente richiese allo Stato sovietico la concentrazione e l’impiego di tutte le risorse per industrializzare e collettivizzare il paese in pochissimo tempo. Ma la società non si era ancora ripresa dallo sfacelo della guerra civile. La mobilitazione fu molto dolorosa. I metodi brutali dello Stato generarono un sentimento di rifiuto in una parte della società sovietica. Persinot all’inerno dell’Ogpu sorse un conflitto tra il presidente G. Jagoda e il suo vice S. Messing, intervenuto nel 1931, assieme ad altri che la pensavano come lui, contro gli arresti di massa.

Nei servizi iniziarono «epurazioni» che aumentarono ulteriormente dopo l’assassinio di S. Kirov nel dicembre del 1934. Anche in caso del più piccolo sospetto di tendenze sovversive, collaboratori qualificati venivano trasferiti in centri periferici, licenziati o arrestati. Il loro posto veniva preso da persone prive di esperienza ma pronte a compiere qualsiasi ordine per il bene della loro carriera. Gli eccessi nel lavoro dell’Opgu-Nkvd sono in parte legati anche a questo.

Complessivamente, tra il 1933 e il 1939 subirono le repressioni 22.618 čekisti, inclusi i primi agenti di controspionaggio sovietici A. Artuzov, K. Zvonarev e altri. Solo nel periodo della cosiddetta ežovščina fu rinnovata tre volte la dirigenza del reparto di controspionaggio della Direzione generale per la sicurezza dello stato (Gugb) dell’NKVD. Nel marzo 1938 la Gugb venne completamente liquidata.

Indubbiamente, tra i čekisti, i quali, lo ripeto, erano figli della società che si era costituita in quel tempo, c’erano le persone più diverse: opportunisti che si attenevano al principio «il fine giustifica i mezzi», ma anche persone mosse da motivazioni ideali disinteressate. Costoro, anche dopo essere caduti sotto le repressioni, nella maggioranza dei casi non persero la fede nel partito e in Stalin. Con L. Berija una parte di essi venne reintegrata negli organi di sicurezza.

Quindi c’era un fondamento reale per queste «epurazioni»?

Aleksandr Bortnikov: Sebbene molti associno questo periodo con la fabbricazione delle accuse di massa, i materiali d’archivio, compresi quelli alla base di famosi processi aperti, testimoniano la presenza di una parte di obiettività in gran parte delle cause penali. I piani dei sostenitori di Trockij per la destituzione e l’eliminazione di Stalin e dei suoi, non sono affatto un’invenzione, così come anche i legami dei congiurati con i servizi segreti stranieri. Inoltre, una grande quantità di protagonisti di quei processi furono rappresentanti della nomenclatura del partito e delle Direzioni degli organi di tutela dell’ordine pubblico che si erano macchiati di corruzione, abusi e condanne sommarie.

D’altra parte, non voglio giustificare nessuno. Gli esecutori materiali di azioni criminali tra i čekisti sono conosciuti per nome e cognome, la maggior parte di essi ha subito la meritata punizione dopo la destituzione e la fucilazione di Ežov. Su di essi pesa anche il giudizio della storia: nei periodi delle riabilitazioni di massa degli anni Cinquanta e della fine degli anni ottanta le loro condanne sono state riconosciute definitive e non sottoponibili a revisione.

Le repressioni terminarono dopo l’ordinanza della Commissione centrale del Partito comunista pansovietico(dei bolscevichi) e del Consiglio dei commissari del popolo dell’Urss «Sugli arresti, la supervisione all’applicazione delle leggi da parte del procuratore e la conduzione delle indagini» del 17 novembre 1938. L. Berija, nominato Commissario del popolo per gli affari interni, ricostituì la Gubg dell’Nkvd ed epurò la dirigenza esigendo anche una miglior qualità del lavoro investigativo, il che permise la diminuzione delle condanne capitali.

Diverse fonti riportano cifre differenti per quanto riguardale vittime delle repressioni. L’Fsb possiede dati precisi?

Aleksandr Bortnikov: Ancora alla fine degli anni Ottanta sono state desecretate le informazioni del Ministero dell’interno a partire dal 1954 sulla quantità dei condannati per crimini controrivoluzionari o altri reati contro lo stato particolarmente gravi, come il banditismo o lo spionaggio militare: tra il 1921 e il 1953 le vittime sono state 4.060.306. Di queste, 642.980 sono state condannate alla pena capitale e 765.180 alla deportazione e all’esilio. Questo è quanto dicono i materiali d’archivio. Tutte le altre cifre sono discutibili.

Fino a che punto gli organi di sicurezza erano informati sulla guerra che si andava preparando contro l’Urss?

Aleksandr Bortnikov: Negli anni prebellici la priorità veniva data all’eliminazione dell’attività di ricognizione e sabotaggio degli agenti speciali stranieri, soprattutto quelli provenienti dai paesi dell’Asse, in procinto di preparare l’aggressione all’Urss. Nella preparazione furono coinvolti i servizi segreti polacchi, finlandesi e le repubbliche baltiche che avevano raccolto informazioni sul potenziale economico e bellico sovietico ed erano in stretto contatto con Berlino. Tutte le missioni diplomatiche straniere, dalle quali partiva l’attività di spionaggio, vennero messe sotto stretto controllo. Come in seguito hanno ricordato i diplomatici stranieri e i dirigenti dello spionaggio, essi non potevano un fare un passo senza essere accompagnati dal controspionaggio sovietico.

Venne stabilito un regime di controspionaggio molto intenso sulle industrie e i trasporti, grazie al quale fu possibile impedire la fuga di notizie sui nuovi complessi industriali negli Urali e in Siberia, sul numero di formazioni militari dell’Armata rossa dei lavoratori e dei contadini nel Lontano Oriente e sulle nuove tecnologie militari, in particolare sul tank T -34. Venne condotta anche la selezione e l’addestramento dei partigiani e delle squadre di sabotaggio in caso di guerra con la Germania hitleriana. La popolazione locale in misura sempre maggiore veniva mobilitata per la difesa delle frontiere statali: solo nel corso del 1940 vennero arrestati dai membri delle «squadre d’aiuto» 5.176 violatori.

In altre parole, Stalin sapeva dell’aggressione imminente?

Aleksandr Bortnikov: Naturalmente. Grazie al lavoro dello spionaggio sovietico e al servizio di decodifica, i vertici della dirigenza dell’Urss venivano informati tempestivamente sui processi in corso nell’Europa occidentale e nel Lontano Oriente, sulle intenzioni dei paesi dell’Asse e anche sugli sforzi della Gran Bretagna e degli Stati Uniti per indurre Hitler all’espansione militare verso Oriente.

In particolare, a partire dal 1940 cominciarono a pervenire informazioni su un enorme spostamento di convogli militari verso la frontiera sovietica e la concentrazione in quei tefrritori di battaglioni della Wehrmacht. Lo spionaggio informò della costruzione accelerata di nuove fortificazioni, aerodromi, depositi e strade, della mobilitazione totale o parziale della popolazione locale, dei movimenti di spie tedesche lungo la frontiera. Solo dal 18 al 22 giugno 194, in direzione di Minsk, furono arrestate e neutralizzate 211 persone tra gruppi di spionaggio e sabotatori isolati. Venne registrata una maggiore intensità intensità nello scambio via radio di messaggi cifrati, si venne a sapere della pubblicazione, in Germania, di un dizionario tascabile tedesco-ucraino per le unità di fanteria. Inoltre, vennero procurate informazioni preziosi sulla non volontà della Spagna franchista e della Turchia di dichiarare guerra all’Urss e anche sull’interessamento di Berlino a proposito dei contatti della dirigenza sovietica con i britannici e gli americani.

Questo significa che al Cremlino era noto anche il giorno esatto dell’aggressione?

Aleksandr Bortnikov: Purtroppo, le informazioni circa il giorno esatto erano contraddittorie. Stalin non si fidava di alcune fonti, dal momento che negli anni precedenti le informazioni provenienti da esse non sempre avevano trovato conferma o erano arrivate in forte ritardo. Inoltre bisogna ricordare che la dirigenza sovietica temeva seriamente un attacco da parte della Gran Bretagna e degli Usa, in particolare, dopo il patto di Monaco e le informazioni, ottenute dai nostri agenti, sull’intenzione congiunta di Francia e Gran Bretagna di attaccare, nel 1940, le infrastrutture sovietiche per l’estrazione del petrolio. La situazione era aggravata dalla campagna di disinformazione della Germania, che mirava a convincere Mosca del fatto che l’attività militare sul confine sovietico era intesa a disorientare la Gran Bretagna, contro la quale sembrava si stesse preparando un’aggressione.

Tuttavia la guerra ebbe inizio. Fino a che punto i čekisti erano preparati?

Aleksandr Bortnikov: Il 22 giugno 1941 il primo attacco del nemico colpì le unità di frontiera dislocati nei settori occidentali del confine di Stato. Alcuni avamposti, già accerchiati, opposero una resistenza eroica al nemico, che durò da pochi giorni a un mese intero. La guarnigione della fortezza di Brest resistette tanto quanto gli eserciti delle grandi potenze militari di allora, Francia e Polonia.

Fin dall’inizio della guerra vennero mobilitati tutti i collaboratori degli organi di sicurezza, i quali presero parte alle azioni militari suddivisi in 53 divisioni e 20 brigate dell’Nkvd, unità separate e truppe di frontiera. Solo nella battaglia per Mosca parteciparono quattro divisioni, due brigate e un reggimento di aviazione da caccia dell’Nkvd. I nostri piloti effettuarono più di duemila voli per la copertura delle truppe sovietiche e il respingimento degli attacchi aerei nemici. Il reggimento dell’aviazione da trasporto dell’Nkvd volò su Leningrado assediata e garantì i contatti del quartier generale del Comando supremo con gli stati maggiori dei fronti e delle armate. Nel 1943 venne incluso nell’Armata rossa dei lavoratori e dei contadini un’armata di 70.000 uomini dell’NKVD, la 70° armata, che intraprese un cammino eroico dalla battaglia di Kursk alla presa di Berlino.

Con il rapido avanzamento delle truppe tedesche gli agenti per la sicurezza dello Stato accompagnarono l’evacuazione delle industrie e garantirono il loro sviluppo in nuove località. Il regime di controspionaggio si inasprì nelle fabbriche belliche e in altri stabilimenti strategici che lavoravano senza interruzioni per garantire il rifornimento del fronte. Entro novembre 1942 l’attività di spionaggio tedesca nelle retrovie sovietiche era completamente paralizzata.

Per quale motivo fu necessario costituire la famosa divisione «Smerš»?

Aleksandr Bortnikov: Dopo il fallimento della blitzkrieg i servizi segreti tedeschi, l’Abwehr e l’Rsha, introdussero nella loro tattica cambiamenti importanti. L’avversario puntò sullo «spionaggio totale» e sulla preparazione massiccia di una rete di agenti scelti tra le persone rimaste nei territori occupati, detenute nei campi di concentramento, prigionieri di guerra e rappresentanti dei circoli emigrati. Questo richiese un cambiamento nell’attività degli organi di sicurezza. Nell’aprile 1943 sulla base della Direzione dei reparti speciali (di spionaggio militare) dell’Nkvd furono costituite due sottodivisioni Smerš, all’interno dei Commissariati del popolo per la difesa e della flotta marina militare. Alla loro guida si trovava V. Abakumov, il quale era direttamente sottoposto al Comandante in capo supremo P. Gladkov. Pochi sanno che nel sistema dell’Nkvd agiva anche un reparto di controspionaggio Smerš, guidato da S. Juchimov, il cui compito era l’approvvigionamento delle truppe nelle zone di confine e nell’interno, della milizia e di altre formazioni armate del Commissariato del popolo.

In un periodo sufficientemente breve, nelle operazioni dietro la linea del fronte, i membri dello Smerš furono in grado di costruire posizioni operative sicure nella rete di spionaggio dell’esercito tedesco e nelle scuole di addestramento degli agenti, smascherare molti sabotatori nemici e reclutare spie, mettere a punto canali di disinformazione efficaci e rafforzare il sistema di supporto di controspionaggio delle operazioni dell’Armata rossa del lavoratori e dei contadini. Inoltre gli agenti tedeschi non riuscirono a reclutare un solo agente tra i collaboratori dello Smerš e negli stati maggiori di altri organi della direzione militare.

Grazie alle straordinarie operazioni di controspionaggio dello Smerš non un solo piano strategico del comando sovietico cadde in mani nemiche. Alla vigilia della battaglia di Kursk, la Wehrmacht risultò «cieca e sorda», mentre lo stato maggiore possedeva tutte le informazioni sui piani nemici in anticipo. Il nostro attacco preventivo del 5 luglio 1943 fu per i tedeschi totalmente inatteso. Condizioni analoghe vennero create prima dello sfondamento dell’assedio di Leningrado, dell’operazione Bagration e dell’offensiva Iaşi-Chişinau e altre.

Nel 1934 lo Smerš sventò l’attentato al generale d’armata L. Govorov e quello a Stalin nel 1944. Nell’ottobre 1944, in seguito all’audace operazione di assalto al palazzo in cui aveva sede la rete spionistica hitleriana a Riga, il controspionaggio militare venne in possesso della documentazione degli agenti tedeschi, il che permise successivamente di smascherare una grande quantità di spie dell’Abwehr. Nel 1945, in Germania, le squadre investigative dello Smerš riuscirono a procurarsi preziosi documenti degli organi di governo e dei servizi segreti tedeschi, una parte dell’archivio della Rsha, gli elenchi degli agenti inviati nelle zone vicine al fronte dell’Urss nel 1942-1943 e altri. Inoltre furono arrestati alcuni funzionari di alto rango del regime nazista e degli organi di polizia.

Complessivamente, nel periodo della Grande guerra patriottica furono arrestati dagli organi di sicurezza 15.976 persone per spionaggio in favore della Germania, 433 in favore del Giappone e  2.204 in favore di altri servizi. Venne data particolare attenzione al lavoro di infiltrazione, stabilendo una barriera sicura contro le spie nemiche, smascherando migliaia di traditori tra i complici dei nazisti e i partecipanti alle spedizioni punitive.

Lo spionaggio sovietico ha dato un grande contributo nella disfatta della macchina  bellica tedesca.

L’attività spionistica e di sabotaggio, la formazione di una rete di agenti nei territori occupati, la disinformazione del nemico, l’organizzazione di movimenti partigiani furono affidati alla 4° Direzione dell’Nkvd. Tra i suoi agenti ci fu il leggendario N. Kuznecov. I čekisti condussero operazioni complesse al confine tra spionaggio e controspionaggio, denominate «giochi radio» (dal tedesco funkspiel), nel corso dei quali si ottennero dati concreti sui piani del comando tedesco e dei servizi segreti, si neutralizzarono spie, vennero confiscate molte armi e munizioni. Inoltre nell’Nkvd venne formata un’Unita di fanteria motorizzata a destinazione speciale (Omsbon), che costituisce il prototipo dell’attuale reparto speciale.

Nell’ambito dell’assistenza di controspionaggio ai movimenti partigiani, dal gennaio 1942 cominciarono a formarsi gruppi operativi di čekisti, che non di rado si collocavano direttamente nelle grandi basi partigiane dietro la linea del fronte. Tra i loro compiti rientrava il coordinamento dell’attività di spionaggio e sabotaggio, la verifica operativa del personale, la protezione dagli agenti nemici e le relazioni con i gruppi di finti partigiani infiltrati dai nazisti. Il movimento partigiano ha in larga misura avvicinato la vittoria grazie al raccordo con le azioni degli agenti di controspionaggio e al sostegno attivo dalla popolazione locale.

Dopo l’intervento dell’Armata rossa nei paesi dell’Europa occidentale, il lavoro «dietro le linee» degli organi di sicurezza ha iniziato a ridursi gradualmente. Sono emerse in primo piano le operazioni di ricerca dei criminali nazisti, dei collaborazionisti e della restante rete di spie nemiche.

Nelle regioni occidentali dell’Urss agivano molte formazioni nazionaliste ben equipaggiate, che in precedenza collaboravano con Hitler e in seguito vennero abbondantemente protette dai servizi americani e britannici. I banditi terrorizzavano la popolazione, con incursioni armate, sabotaggi e omicidi. A partire dal 1944, nei confronti di questi gruppi di banditi sono state condotte dai čekisti molte operazioni, paragonabili alle attuali operazioni contro il terrorismo. All’eliminazione fisica dei leader nazionalisti e di una serie di guerriglieri contribuì l’apparato spionistico, costituito in tempi brevissimi, formato dagli abitanti locali. A metà degli anni Cinquanta, le attività clandestine erano sostanzialmente liquidate. Tuttavia, la ricerca e il rinvio processo dei criminali di guerra sono proseguiti fino alla fine degli anni Ottanta.

In sostanza, la guerra per i collaboratori degli organi di sicurezza sovietici non si è conclusa dopo la Vittoria?

Aleksandr Bortnikov: Nonostante i rapporti di alleanza durante la Seconda guerra mondiale, alla sua conclusione lo scontro geopolitico e ideologico tra Gran Bretagna e USA e Urss è ripreso. Già nell’aprile 1945 lo stato maggiore congiunto per la pianificazione del comando militare britannico cominciò a elaborare l’operazione «Unthinkable» per l’aggressione all’Urss. In seguito Churchill, con il discorso di Fulton, segnò l’inizio della guerra fredda, e la creazione della Nato inasprì ulteriormente la situazione.

Gli Stati Uniti avevano intenzione di utilizzare contro il nostro paese le armi atomiche sperimentate a Hiroshima e Nagasaki. Vennero stabiliti decine di obiettivi per i bombardamenti. A settembre 1945 si contavano 15 obiettivi prioritari e 66 obiettivi minori. Il piano Dropshot, approvato nel 1949, prevedeva l’aggressione da parte della Nato, che doveva iniziare con il bombardamento di cento città sovietiche tramite 300 ordigni nucleari. Le informazioni su questo piano, ottenute dallo spionaggio tecnico arrivarono tempestivamente a Stalin in persona.

Ma gli americani erano più avanti di noi nel progetto nucleare?

Aleksandr Bortnikov: Le informazioni ottenute dai nostri agenti sull’elaborazione dell’arma atomica in corso nella Germania nazista, in Gran Bretagna e negli Stati Uniti, erano giunte a Mosca già durante la guerra. L’avvio al programma nucleare sovietico venne dato nel 1942, sebbene gli esperimenti in quest’ambito fossero iniziati negli anni Trenta. Nell’agosto 1945 fu costituito un Comitato speciale, in seno al Comitato statale per la difesa, per l’organizzazione di lavori accelerati per la costruzione di un ordigno nucleare («Problema n° 1») diretto dal Commissario per gli affari interni L. Berija.

Dal marzo 1946, agli istituti e ai laboratori mobilitati nella realizzazione del progetto atomico si unirono esperti agenti del controspionaggio.

Questi ufficiali erano necessari per sorvegliare gli scienziati?

Aleksandr Bortnikov: No, avevano altri compiti. Dovevano in tutti i modi contribuire all’approvvigionamento materiale e tecnico necessario all’attività scientifica, garantire il regime di segretezza, organizzare la protezione degli oggetti, degli scienziati e dei tecnici. Inoltre, lo spionaggio e il controspionaggio consegnavano regolarmente al corpo scientifico informazioni sui progressi stranieri in ambito atomico e modelli tecnici adeguati. Così, con l’attiva partecipazione degli organi di sicurezza si è forgiato lo scudo atomico sovietico.

È poco probabile che i «partner» stranieri, come si usa dire oggi, lasciassero i successi delle spie russe senza una risposta…

Aleksandr Bortnikov: Al Ministero della sicurezza statale, costituito il 15 marzo 1946, si contrapponeva già una società di spionaggio straniera unificata con a capo gli Usa.

Durante il disgelo chruščeviano le relazioni politico-economiche e scientifico-culturali dell’Urss con i paesi dell’Occidente si erano ampliate, si erano fatti più frequenti i viaggi commerciali e turistici degli stranieri, il che non aveva comunque rallentato il ricorso ai servizi stranieri.

Tra il 1955 e il 1956, tra le delegazioni americane, britanniche, francesi e di altri paesi, in visita per convegni e mostre, vennero individuati e catturati in servizio attivo 40 persone appartenenti alla dirigenza e all’apparato spionistico dei servizi stranieri. Negli anni seguenti il loro numero crebbe decisamente. Una parte di essa è stata processata, mentre una parte è stata espulsa dal paese.

Nell’attività di spionaggio contro l’Urss sempre più spesso si sono adottati strumenti tecnici. Ad esempio, nel 1955 alle spie americane catturate, che lavoravano sotto copertura diplomatica, è stata sequestrata la strumentazione radio portatile, destinata a stabilire la posizione degli impulsi radar e delle stazioni di radionavigazione e dei sistemi di direzione della contraerea. Lo spazio aereo sovietico veniva regolarmente violato da aerei-spia degli Usa. Dagli anni Sessanta l’Occidente ha iniziato attivamente la corsa allo spazio a fini di spionaggio.

Agli organi di sicurezza è stata richiesta l’adozione di misure aggiuntive per la difesa dei segreti di Stato. Il Kgb svolgeva il compito di controspionaggio nelle «città chiuse», nell’Istituto di ricerca scientifica, nelle unità di produzione, nelle fabbriche, nelle basi sperimentali, nei poligoni. Vennero introdotti nuovi metodi per mitizzare le imprese degli agenti, occultare del lavoro svolto,  sperimentare attrezzature nuovissime, trasportare tecnologia militare, utilizzare le apparecchiature per la creazione di interferenze radio nella strumentazione tecnica del nemico e condurre operazioni di disinformazione.

È vero che durante la presidenza Andropov fu intrapreso un corso di grande apertura del Kgb e dei risultati della sua attività nei confronti della società sovietica?

Aleksandr Bortnikov: È proprio così. Era necessario mostrare il vero ruolo dei nostri collaboratori nel garantire la sicurezza della Patria. Sono apparse innumerevoli pubblicazioni su riviste, libri, film sul lavoro degli organi d sicurezza, basati sui documenti desecretati.

Durante la presidenza Andropov gli organi di sicurezza hanno ottenuto successi importanti. Ha cominciato a infiltrarsi sempre più largamente un approccio sistemico nell’organizzazione delle iniziative di controspionaggio. Si è alzato notevolmente il livello professionale del personale e il potenziale operativo, analitico e tecnico dell’intero Ente.

I metodi di difesa dei fondamenti dell’ordinamento dello Stato sono diventati più flessibili. L’attenzione si è spostata sulle iniziative di prevenzione e sulle misure di influenza amministrativa. Tuttavia, non era possibile evitare completamente azioni severe. Gli attentati terroristici del 1977 a Mosca, compiuti dagli estremisti armeni, hanno mostrato che il passo dall’incitamento all’attività sovversiva al compimento di crimini sanguinosi è molto breve. I criminali furono catturati e condannati a morte.

Nel complesso, il lavoro sistematico di lotta al terrorismo aveva cominciato a inserirsi nel Kgb dopo l’attentato alle Olimpiadi di monaco del 1972. Sulla base di informazioni investigative nel Comitato  si teneva il conto delle persone sospettate di propositi terroristici e legate a gruppi criminali e radicali. Nel 1974 venne costituito il leggendario gruppo «A» della 7° Direzione del Kgb per la conduzione di operazioni antiterrorismo.

Un risultato importante raggiunto da Andropov fu la lotta alla corruzione negli organi del potere e nelle strutture del partito. Tra gli anni Sessanta e Settanta furono condotte due grandi operazioni nelle repubbliche dell’Azerbaijan e della Georgia, in seguito alle quali vennero arrestati centinaia di funzionari di partito a livello provinciale. Tuttavia, i rapporti corrotti, estesi all’apparato del Comitato centrale del Pcus, non permisero di utilizzare molti dei materiali che erano stati acquisiti. Per esempio, dopo l’interrogatorio del primo segretario del comitato provinciale del partito di Kujbyšev, condotto in presenza del presidente del Kgb, L. Brežnev redarguì personalmente Ju. Andropov. Il segretario generale sottolineò che il compito del Comitato era la difesa della nomenclatura del partito e non la raccolta di materiale compromettente su di essa.

In questa situazione, i collaboratori degli organi di sicurezza furono costretti a concentrarsi solo sulla repressione dei canali illegali di arricchimento dell’élite del partito. Venne inflitto un colpo alla mafia commerciale. Essendo a capo del Comitato centrale del Pcus, Andropov condusse un’epurazione tra i vertici del partito che portò alla sostituzione di un terzo dei dirigenti a Mosca, nella repubblica ucraina e nella repubblica kazaka.

Dopo la morte di Jurij Andropov iniziarono i processi che nel corso di qualche anno portarono alla dissoluzione dell’Urss. Il Kgb era in grado di influire su questo processo e  salvaguardare il paese?

Aleksandr Bortnikov: La squadra di comando giunta al potere, capeggiata da M. Gorbačev, nonostante la proclamazione della perestrojka, e della glasnost’, mantenne il divieto di  lavoro investigativo sui rappresentanti dei vertici del partito. Il Comitato centrale non reagì nemmeno alle informazioni del controspionaggio circa l’acquisizione da parte dei servizi stranieri di «agenti d’influenza» negli organi di potere.

«Agenti d’influenza» è uno slang contemporaneo?

Aleksandr Bortnikov: No, questo termine è stato utilizzato per la prima volta da Andropov già nel 1977, nella relazione per il Politbjuro «Sull’attività nemica della Cia per la distruzione della società sovietica e lo smantellamento dell’economia sovietica attraverso agenti d’influenza».

Ne consegue che alla fine degli anni Ottanta la dirigenza del partito non si fidò più del Kgb?

Aleksandr Bortnikov: La cosa più probabile è che non lo ritenne né importante né necessario. I materiali investigativi e le analisi inviati al Comitati centrale non venivano considerati. Ma i problemi continuavano a crescere: sullo sfondo della crisi economica che si andava aggravando, aumentavano l’insoddisfazione politica e sociale tra la popolazione, si acuivano le contrapposizioni interetniche e interreligiose, acquisivano forza le tendenze separatiste. In diverse regioni del paese divampavano rivolte di massa e pogrom. Tuttavia, i dipartimenti del Kgb e di altri organi di sicurezza inviati nei «punti caldi»  immancabilmente si trovavano in trappola: il potere centrale non voleva assumersi la responsabilità della repressione del conflitto, dava ordini contraddittori e alla fine abbandonava i collaboratori al loro destino. Questo condusse all’indebolimento della fiducia dei siloviki nella dirigenza del paese. Si può dire che l’ultimo baluardo di difesa di uno Stato unito crollò.

Questo significa che i čekisti, nonostante la loro enorme esperienza e capacità, sono stati privati del lavoro?

Aleksandro Bortnikov: A quell’epoca era già iniziato lo smantellamento del Kgb. Nella lotta per il potere le élites del partito delle repubbliche dell’Unione, schiacciando gli organi di sicurezza locali, speravano di rinforzare le proprie posizioni e indebolire l’influenza del Centro. Nel maggio 1991 venne presa la decisione di costituire il Kgb della Repubblica socialista federativa sovietica russa con il pretesto che la Russia, a differenza delle altre repubbliche, non aveva i propri organi di sicurezza e in seguito si decise di trasformarlo nell’Agenzia per la sicurezza federale. Nel suo ambito cominciarono a rientrare i dipartimenti dell’apparato centrale del Comitato, il quale fu abolito entro la fine dell’anno.

Cominciò una serie di trasformazioni e ricollocamenti. Formalmente le funzioni di coordinamento degli organi di sicurezza delle repubbliche cominciarono a essere svolte dal Servizio di sicurezza delle repubbliche. Lo spionaggio internazionale, le milizie di frontiera, il servizio di sorveglianza, i rapporti con il governo e alcune altre funzioni vennero stati affidati a enti autonomi. Gran parte dei dipartimentifurono inglobati dal Ministero di sicurezza e successivamente nel Servizio federale di controspionaggio della Federazione russa.

È sorprendente che in Russia in quel momento sia sempre rimasto un servizio statale di sicurezza funzionante.

Aleksandr Bortnikov: Comprendendo tutta la difficoltà della situazione del paese, i collaboratori fecero il massimo sforzo per risolvere i problemi che si trovavano a fronteggiare. Inoltre anche il governo russo, che si era scontrato con la crescita incontrollata nel paese delle tendenze centrifughe, che minacciavano la guerra civile e la dissoluzione della federazione, arrivò alla conclusione che fosse necessario ristabilire un sistema di sicurezza pienamente funzionante.

L’Fsb fu costituito nel 1995. A livello legislativo vennero definiti precisamente gli indirizzi dell’attività degli organi di sicurezza e lo Stato garantì che i servizi, nel compiere le loro funzioni, avrebbero rispettato i diritti e le libertà dei cittadini. Questo consentì una maggiore efficacia del lavoro investigativo. Solo nel 1995-1996 i dipartimenti di controspionaggio individuarono e misero sotto controllo 400 quadri dei servizi segreti occidentali, inclusi quelli degli ex appartenenti alla galassia sovietica, e 39 loro agenti.

I servizi stranieri si sforzavano di ottenere informazioni sugli esperimenti segreti del complesso industriale per la difesa e sulla condizione e sul potenziale delle forze armate della Federazione russa. Il compito delle spie straniere venne facilitato in gran parte dall’aumento dei cosiddetti iniciativniki, i cittadini russi che decidevano di tradire la patria per ottenere un arricchimento personale, l’alto tradimento divenne, così, merce di scambio.

Un contributo significativo al rafforzamento degli organi di sicurezza venne da V. V. Putin, nominato direttore dell’Fsb nel luglio 1998. Durante la sua direzione fu ottimizzata la struttura dell’ente, aumentati i finanziamenti e messe le fondamenta per una profonda modernizzazione delle  risorse tecniche e materiali, il che permise di svolgere le missioni operative con maggiore efficacia.

Nel 1999 alla guida dell’ente venne nominato N. Patrušev. Nel 2003 nell’organico dell’Fsb entrarono il Servizio di frontiera e le unità principali dell’Agenzia federale per le comunicazioni e le informazioni al Governo (Fapsi). Questo arricchì in grande misura le strumentazioni speciali per garantire la sicurezza del paese e, nel complesso, aumentò la sistematicità e l’incisività delle nostre operazioni. Inoltre, le informazioni sui risultati del lavoro del Servizio cominciarono a essere  sempre più pubblicizzate, il che ha posto le basi per un dialogo costruttivo tra gli organi di sicurezza e la società civile.

L’inizio del Duemila è rimasto impresso nella memoria per le continue comunicazioni sui giochi di spionaggio contro la Russia, nonostante esteriormente ci sia stato un «reset» e una nuova amicizia con gli stessi americani. O era solo apparenza?

Aleksandr Bortnikov: In effetti, i risultati ottenuti in quell’epoca dal nostro controspionaggio ebbero grande risonanza sociale. Nel 2000 venne arrestato l’agente americano della  Dia (Defense Intelligence Agency) E. Pope per aver ricevuto da A. Babkin,  professore dell’Università tecnica statale di Mosca N. E. Bauman, le informazioni segrete sul nuovissimo missile sottomarino ultraveloce Škval. La sua colpevolezza è stata dimostrata con un processo, ma muovendo da un principio di umanità e considerato il suo stato di salute, Pope è stato graziato dal Presidente ed espulso dal paese.

Nel 2003 è stata smascherata l’attività spionistica dei servizi americani, i quali avevano collocato strumenti per lo spionaggio elettronico nei container ferroviari con i carichi destinati alle unità americane in Asia centrale. E in effetti, l’autorizzazione al transito di questi convogli sul nostro territorio è stato un atto di buona volontà del governo russo nei confronti di Washington. Noi abbiamo individuato e sequestrato più di 150 apparecchi per lo spionaggio. Il caso si è concluso con uno scandalo internazionale e una nota di protesta del Ministero degli esteri russo.

Nel 2006, dopo aver studiato a lungo gli spostamenti nella capitale dei diplomatici britannici E. Fleming, K. Pierce , M. Dow e di un dirigente del MI-6, P. Crompton, sono stati ritrovati due trasmettitori elettronici nascosti sotto un sasso e destinati alla comunicazione wireless tra gli agenti. Tutti e quattro sono stati espulsi dal paese. Lo smascheramento delle spie britanniche, dopo le conferme ufficiali di Londra del fatto che dagli anni Novanta non venivano condotte missioni di spionaggio in Russia, ha compromesso la Gran Bretagna. Accanto a questo, grazie al nostro lavoro , sono state rese note all’opinione pubblica le informazioni circa i rapporti finanziari e il coordinamento dell’attività di una serie di organizzazioni non governative con il MI-6.

Oggi è diminuita l’attività di spionaggio dei servizi stranieri in Russia?

Aleksandr Bortnikov: Non direi. I servizi stranieri si sforzano tanto quanto prima di penetrare in tutte le sfere di attività del nostro Stato. Naturalmente, questo incontra la decisa resistenza del controspionaggio. Dal 2012 a oggi sono stati condannati 137 tra dirigenti e spie dei servizi stranieri. In cooperazione con altre autorità, è stato interrotto il lavoro di 120 organizzazioni non governative straniere e internazionali, ritenute strumento delle agenzie di intelligence di altri paesi. In seguito alle iniziative per la difesa delle informazioni che costituiscono segreto di Stato sono state condannate 140 persone.

Come valuta il livello di pericolo causato dal terrorismo e dall’estremismo? E fino a che punto i servizi segreti sono pronti a respingere una minaccia simile?

Aleksandr Bortnikov: Oggi in Russia è stato costruito un sistema nazionale di lotta al terrorismo. Tra le sue funzioni rientrano la prevenzione e il contrasto, ma anche la riduzione al minimo delle conseguenze. Dal 2006 agiscono con successo il Comitato nazionale antiterrorismo e lo Stato maggiore operativo federale, che hanno unità dislocate anche nelle regioni. Dal punto di vista legislativo, è stato rinforzato il carattere vincolante delle decisioni degli organi di potere. In seguito alle misure adottate negli ultimi sei anni in numero di reati legati al terrorismo è diminuito di dieci volte. Nel 2017 sono stati sventati 23 attentati. Il lavoro di prevenzione viene condotto impedendo la radicalizzazione di diverse fasce della popolazione, in primo luogo dei giovani, e il loro coinvolgimento nell’attività terroristica. Vengono realizzate iniziative contro la diffusione dell’ideologia del terrorismo. È stata soffocata l’attività di oltre 300 cellule di organizzazioni terroristiche  ed estremiste.

Negli ultimi cinque anni sono state condannate per crimini legati al terrorismo e all’estremismo più di 9.500 persone. È stata tolta dalla circolazione illegale una grande quantità di armi, munizioni e materiali esplosivi. Di fatto è stata totalmente liquidata l’attività clandestina nel Caucaso settentrionale.

Viene portato avanti un lavoro per la chiusura dei canali di trasferimento dei guerriglieri delle organizzazioni terroristiche dalle zone di guerra in Medio Oriente, in Africa settentrionale e al confine afgano-pakistano e di uscita in queste regioni dei cittadini russi. Attualmente sono stati segnalati circa 4.500 cittadini russi che si sono recati all’estero per partecipare ad azioni militari accanto ai terroristi. Negli ultimi due anni è stata negata l’uscita dal paese a più di duecento persone. Vengono condotte operazioni di infiltrazione nei flussi migratori. Dal 2012 ci sono state più di mille condanne per favoreggiamento dell’immigrazione irregolare. Al momento, tra le  priorità c’è l’individuazione delle cellule dormienti delle organizzazioni terroristiche e il contrasto agli attentatori singoli che, negli ultimi tempi, hanno colpito in molti Stati.

Vladimir Putin al Collegio dell’Fsb ha ringraziato i collaboratori per la buona riuscita del lavoro in Siria. Si può svelare il segreto, a cosa si deve questa gratitudine?

Aleksandr Bortnikov: Gli organi di controspionaggio militare stanno garantendo la sicurezza delle truppe russe nell’aerodromo Bassel Al-Assad. Non permettono attentati terroristici e aggressioni. Grazie alle informazioni ottenute dai nostri agenti operativi sono state condotte con successo molte azioni militari e operazioni speciali.

Quanto è serio il pericolo che proviene oggi dal nostro vicino più prossimo, l’Ucraina?

Aleksandr Bortnikov: Prestiamo un’attenzione elevata alla creazione di una barriera sicura alle minacce provenienti dall’Ucraina attuale. Stiamo prendendo misure per stroncare l’attività terroristica, sovversiva e di sabotaggio dei servizi segreti coordinati con l’Occidente e per bloccare i tentativi dei nazionalisti e degli estremisti di stabilire contatti con i loro sostenitori in Russia e di distruggere la diaspora ucraina. Nel 2016-2017 in Crimea sono stati neutralizzati tre gruppi terroristici e sovversivi del Servizio di sicurezza dell’Ucraina (Sbu) e della Direzione generale di spionaggio del Ministero della difesa ucraino. Nel 2016 nella regione di Rostov sono stati arrestati alcuni membri di Pravyj Sektor, in procinto di preparare attentati terroristici nelle zone russe. Sono stati smascherati anche i tentativi dello Sbu di instaurare canali per il narcotraffico in Russia.

Le grandi inchieste sulla corruzione condotte negli ultimi anni sono state possibili grazie al lavoro investigativo dell’Fsb, è così?

Aleksandr Bortnikov: Comincerò con il dire che per quanto riguarda il mantenimento della sicurezza economica, negli ultimi cinque anni sono evitati danni alle casse statali  per una cifra superiore a 900 miliardi di rubli. Sulla base dei nostri materiali, sono stati condannati per crimini economici e legati alla corruzione quasi 13.000 persone. Tra loro funzionari federali, rappresentanti del corpo di governo, dirigenti di una serie di ministeri e dicasteri, corporazioni, imprese e enti. Nonostante la ricerca di prove convincenti sia lunga e complessa, e nonostante sia necessario districare sistemi di arricchimento illegale costruiti su molti livelli sotto la forte pressione amministrativa da parte dei sospettati, questo lavoro continuerà senza badare ai ranghi e ai titoli.

Lottiamo con la criminalità organizzata. Dal 2012 abbiamo messo fine all’attività di circa 300 organizzazioni criminali, arrestando anche persone che occupavano posti di rilievo. 326 persone sono state condannate per contrabbando. Abbiamo tolto dal traffico illegale circa 32 tonnellate di sostanze stupefacenti, più di 7.000 trafficanti sono stati rinviati a giudizio.

L’espressione «frontiera chiusa a chiave» è ancora attuale oggi?

Aleksandr Bortnikov: Indubbiamente. Attualmente il Servizio di frontiera, in stretto coordinamento con le unità territoriali dell’Fsb e gli organi di controspionaggio militare, contrasta efficacemente tutto lo spettro di minacce alla sicurezza del nostro paese. In cinque anni gli agenti di frontiera hanno arrestato più di 25.000 violatori dei confini di Stato, 10.000 dei quali sono stati condannati. Stiamo prendendo una serie di misure per interrompere la circolazione illegale di risorse biologiche idriche, soprattutto nelle regioni dell’oceano Pacifico e del mar Caspio.  Tra le priorità c’è il rafforzamento dei confini russi nell’Artico e di alcuni tratti della frontiera con l’Ucraina.

E quanto è protetto il cyberspazio russo? È stato possibile individuare le fonti degli attacchi hacker alla rete informatica dello Stato avvenuti in primavera? In generale, attacchi simili sono una rarità o avvengono costantemente?

Aleksandr Bortnikov: Negli ultimi anni il mantenimento della sicurezza informatica ha fatto un salto qualitativo. Dal 2013, con l’assunzione del ruolo di capofila dell’Fsb, sta crescendo il potenziale del Sistema statale per l’individuazione, la prevenzione e l’eliminazione degli effetti di attacchi informatici (GosSopka). Stanno entrando a far parte di esso le reti informatiche dei ministeri, dei dicasteri, delle corporazioni statali e dei principali istituti bancari. La GosSopka ha dimostrato la sua efficacia durante gli hackeraggi di massa del 2016 e l’enorme diffusione di virus nel maggio 2017, impedendo che le reti a essa collegate venissero danneggiate. Nel complesso, ogni anno vengono interrotti decine di milioni di attacchi mirati ai siti ufficiali e ai sistemi informatici degli organi del potere statale, inclusi quelli alla rete ufficiale del presidente. Per i crimini commessi tramite l’utilizzo delle tecnologie informatiche  dal 2012 sono state condannate 358 persone.

Di tanto in tanto sui mass-media è possibile osservare la tecnica dell’Fsb, che letteralmente colpisce la fantasia. Quanto è efficace in condizioni reali?

Aleksandr Bortnikov: Indubbiamente, noi dedichiamo un’attenzione altissima al rafforzamento del potenziale militare e tecnico-scientifico degli organi di sicurezza. Questo è garanzia dell’efficacia di tutto il nostro lavoro. Continua la messa in esercizio di nuovissime attrezzature e mezzi tecnici speciali, messi a punto dai nostri specialisti di settore, che non hanno simili nel mondo. Stiamo creando una generazione ricca di prospettive di velivoli senza pilota, di sistemi di direzione di congegni robotizzati per via terrestre e aerea, veicoli fuoristrada per il trasporto militare ad alta velocità e sicurezza. La tecnica contemporanea ha ampliato notevolmente le possibilità delle unità speciali, degli organi di frontiera, dell’aviazione e del supporto all’attività di ricerca e investigativa.

Il raffreddamento dei rapporti tra Russia e Occidente ha avuto ripercussioni sulla collaborazione dell’Fsb con i partner stranieri? I contatti per lo scambio di informazioni con gli Usa e i servizi degli altri paesi proseguono?

Aleksandr Bortnikov: Le assicuro, nonostante tutto, che la nostra collaborazione internazionale si sviluppa con un certo successo. Attualmente l’Fsb mantiene contatti ufficiali con 205 servizi segreti e organi di pubblica sicurezza di 104 paesi, incluse 56 unità di frontiera di 48 Stati. La collaborazione con i colleghi si realizza sia a livello bilaterale che multilaterale. I risultati del lavoro della Conferenza dei direttori dei servizi segreti, degli organi di sicurezza e di tutele dell’ordine pubblico degli Stati stranieri partner dell’Fsb vengono riportati annualmente ai briefing del Comitato per la lotta al terrorismo del Consiglio di sicurezza dell’Onu. Funzionano fruttuosamente il Consiglio dei direttori degli organi di sicurezza e dei servizi segreti dei paesi appartenenti alla Comunità degli stati indipendenti, il Centro antiterrorismo della Comunità stessa, l’Unità regionale antiterrorismo dell’Organizzazione per la cooperazione di Shanghai. I partner capiscono bene che le divergenze politiche non eliminano dall’ordine del giorno questioni scottanti come il terrorismo e la criminalità organizzata internazionali, e la penetrazione criminosa nello spazio informatico. Queste minacce richiedono un contrasto sistematico da parte di un’ampia serie di organi competenti. Inoltre, nel corso del nostro lavoro congiunto sempre più raramente si ascolta della retorica vuota e sempre più spesso si risolvono problemi concreti.

Assieme ai nostri partner è stata garantita la sicurezza di grandi iniziative internazionali che hanno avuto luogo in Russia: le Universiadi di Kazan’ nel 2013, le Olimpiadi di Soči del 2014, la Confederations cup nel 2017 e diversi forum politici ed economici di alto livello. Da parte nostra, offriamo ai colleghi un aiuto completo. L’esperienza acquisita sarà utilizzata per garantire la sicurezza di importanti iniziative internazionali che avranno luogo nel nostro paese, mi riferisco soprattutto ai campionati mondiali di calcio.

Negli ultimi tempi l’Fsb conduce un’intensa attività di regolamentazione. Quali innovazioni in quest’ambito rileverebbe?

Aleksandr Bortnikov: L’indirizzo e le prospettive della regolamentazione ministeriale vengono determinate tenendo in considerazione le situazioni di politica interna e internazionale e sulla base dell’analisi dell’attività delle forze dell’ordine. Su nostra iniziativa è stato istituito il principio dell’avvertimento ufficiale circa l’inammissibilità di azioni che creano le condizioni per un reato e vengono indagate dagli organi di sicurezza. Sono stati approvati nuovi articoli del codice penale che prevedono la responsabilità per favoreggiamento nel sequestro di ostaggi e nella formazione di squadre armate irregolari e anche per l’appartenenza a milizie irregolari attive sul territorio di uno Stato straniero. Sono state limitate le possibilità di propaganda del terrore e di finanziamento di gruppi criminali tramite internet. Nei confronti dei terroristi sono stati aboliti i termini di prescrizione, le condanne con la condizionale e il differimento dello sconto della peni. È stata stabilita la responsabilità penale per la mancata segnalazione di atti terroristici compiuti o in fase di preparazione, per alcuni reati si è abbassata l’età punibile a 14 anni. L’elenco di informazioni che costituiscono segreto di Stato è stato ampliato. È stata introdotta una procedura del Ministero di giustizia per dichiarare non gradita l’attività delle organizzazioni non governative internazionali e straniere presenti nel nostro paese, nel caso essa costituisca una minaccia per la sicurezza. Sul piano legislativo sono state regolate le questioni relative alla difesa di settori cruciali dell’economia dagli attacchi informatici, sono stati precisati gli obblighi degli operatori delle comunicazioni e le caratteristiche del controllo statale nell’ambito della sicurezza informatica.

Svolgete una serie di compiti talmente ampia, il personale deve avere un livello di preparazione professionale alto…

Aleksandr Bortnikov: Esattamente. Una delle priorità dell’Ente è la formazione permanete obbligatoria dei quadri, il costante perfezionamento delle possibilità del sistema di formazione sulla base dei metodi e delle tecnologie contemporanee. L’integrazione delle conoscenze teoriche e della pratica nel processo formativo garantisce lo sfruttamento efficace del potenziale dei nostri istituti e favorisce l’indirizzo operativo dello studio. Attualmente nel sistema dell’Fsb funzionano due accademie, undici istituti e un corpo di cadetti. Nel complesso, l’insegnamento viene condotto in 70 indirizzi e specialità. Siamo interessati in massima misura al fatto che la gioventù orientata patriotticamente integri le fila degli allievi dei nostri istituti ministeriali e, successivamente, dedichi la propria vita a garantire la sicurezza della nostra Patria.

Non è proprio un argomento gioioso, comunque… l’Fsb subisce delle perdite durante lo svolgimento dei compiti militari?

Aleksandr Bortnikov: Purtroppo sì. Noi onoriamo con devozione la memoria dei nostri compagni caduti nello svolgimento del dovere. I nomi degli eroi vengono inseriti per sempre negli elenchi del personale degli organi di sicurezza, vengono attribuiti a istituti d’istruzione superiore, a vie e strade, alle unità di frontiera, alle navi, si costruiscono monumenti in loro memoria, obelischi e targhe commemorative. Offriamo un aiuto completo alle famiglie dei caduti, risolvendo le questioni alloggiative, offrendo assistenza medica, di cura e di villeggiatura. Dedichiamo particolare attenzione ai bambini. Per i minorenni vengono erogate borse di  studio e sovvenzioni mensili. Li aiutiamo a ricevere un’istruzione di valore, risolviamo questioni relative al collocamento lavorativo. Molti, una volta cresciuti, si arruolano negli organi di sicurezza.

Il sostegno sociale è rivolto anche ai veterani del Servizio. Inoltre, il nostro Ente utilizza attivamente l’esperienza professionale e le conoscenze per perfezionare le metodologie operative e la ricerca di soluzioni a problemi complessi e per garantire la continuità tra le generazioni di collaboratori. I veterani partecipano attivamente alla pubblicazione di libri e manuali, all’organizzazione di iniziative solenni e commemorative, alla preparazione di documentari e film.

E l’Fsb come costruisce i rapporti con la società civile?

Aleksandr Bortnikov: Il Consiglio per i rapporti con il pubblico, del quale fanno parte autorevoli rappresentanti delle comunità di esperti e imprenditoriali, personalità del mondo scientifico,  della cultura e dell’arte, costituisce già da dieci anni  un efficace strumento di controllo dell’attività degli organi di sicurezza, in particolare del rispetto dei diritti e delle libertà costituzionali dei cittadini. Esso si occupa di molti problemi: dalle perizie pubbliche sui progetti normativi elaborati dal nostro Ente all’esame delle molte richieste dei cittadini. La rivista edita dal Consiglio, «Fsb: za i protiv» [Fsb: pro e contro], pubblica materiali esclusivi sullo sviluppo degli organi di sicurezza, aiuta il pubblico a guardare con obiettività a diverse pagine della storia dei nostri servizi e contrasta con validi argomenti i tentativi di diffamazione e dà un serio contributo alla lotta contro la falsificazione della storia della Russia.

Cosa ne pensa, la società civile oggi ripone più fiducia nei collaboratori dei servizi segreti?

Aleksandr Bortnikov: Nel complesso, il mantenimento della sicurezza del paese è un processo complesso e a molte facce. Non richiede soltanto la mobilitazione delle forze e dei mezzi dei servizi segreti, ma di tutto l’apparato statale e anche il pieno contributo dei cittadini. In caso contrario, non si può garantire la difesa dello Stato dalle minacce interne ed esterne e, nelle situazioni di crisi, da sanguinose lotte intestine e dalla completa distruzione. Così è stato nel periodo della dissoluzione dell’impero russo. La stessa cosa si è ripetuta con la fine dell’epoca sovietica.

I nostri organi di sicurezza, percorrendo un cammino difficile, hanno tratto dalla storia lezioni importanti. Adesso l’Fsb è libero dall’influenza politica e non serve nessun interesse di partito o di gruppo. Costruisce il suo lavoro sulla base della Costituzione e della legislazione federale. Agisce negli interessi del mantenimento della sicurezza dell’individuo, della società e dello Stato. I risultati del nostro lavoro sono tenuti in grande stima dal presidente e ogni anno trovano sempre maggiore appoggio nei cittadini.

La fiducia della società e della dirigenza del paese attribuisce agli organi di sicurezza una grande responsabilità. L’attuale generazione di collaboratori usufruisce al meglio di tutta la positiva esperienza di lavoro operativo accumulata dai predecessori, la sviluppa e apporta le proprie innovazioni.  In futuro quest’esperienza verrà trasmessa a una nuova generazione, il che garantirà la continuità del processo di perfezionamento dell’attività del nostro Servizio.

A conclusione della nostra conversazione ringrazio la Rossijskaja gazeta per aver offerto la possibilità di raccontare a un ampio pubblico la nostra storia e il nostro lavoro attuale. Spero di essere riuscito a chiarire alcuni aspetti e aver liberato il campo da alcune questioni discutibili .

Faccio gli auguri al personale e ai nostri veterani di un buon centenario della formazione dei nostri organi di sicurezza e auguro loro buona salute, successi nel lavoro e felicità in famiglia.

(traduzione di Francesca Volpi)

Appello di un gruppo di accademici e membri-corrispondenti dell’Accademia russa delle Scienze

Kommersant.ru 22.12.2017

Commento all’intervista al direttore dell’FSB Aleksandr Bortnikov

Evidentemente, per la prima volta dopo il XX Congresso del Pcus (1956) una delle più alte cariche del nostro Stato giustifica le repressioni di massa degli anni Trenta e Quaranta, repressioni che si sono accompagnate a condanne ingiuste, torture ed esecuzioni di centinaia di migliaia di nostri connazionali colpevoli di nulla.

Le repressioni hanno coinvolto anche la comunità scientifica, sono stati fucilati o sono morti nei lager migliaia di scienziati e ingegneri, fatto che ha portato un danno irreparabile alla scienza e alla tecnica del nostro paese. Ricordiamo qui l’accademico I. N. Vavilov, i professori L. V. Šubnikov e S. P. Šubin e molti altri. Sono sopravvissuti miracolosamente L. D. Landau, S. P. Korolev, V. P. Gluško, che così tanto hanno fatto in seguito per il paese. Questi nomi, generalmente, sono noti a un ampio pubblico. Purtroppo, non molti, tranne gli specialisti, immaginano quale enorme quantità di studiosi straordinari, che hanno dato un impulso alla scienza nei suoi ambiti più diversi, è stata annientata nel fiore della sua attività. Si tratta del geniale fisico teorico M. P. Bronštein, dell’accademico, geologo I. F. Grigor’ev, accusato di sabotaggio durante la ricerca di giacimenti di uranio, del professor D. F. Egorov, matematico, deceduto in carcere, uno dei fondatori dell’analisi funzionale contemporanea. Ha subito le repressioni il professore esperto in terrmotecnica L. K. Ramzin, che inventò la caldaia a corrente diretta, il linguista E. D. Polivanov, l’agronomo N. M. Tulajkov, il genetista I. I. Agol, il filosofo G. G. Špet, il costruttore di razzi G. E. Langemak. Sono caduti vittime delle repressioni anche i direttori dell’Osservatorio di Pulkovo. L’ elenco è enorme.

Prima della guerra l’esercito fu decimato. Nel 1937-1938 quasi i due terzi dell’alto comando dell’Armata rossa dei lavoratori e dei contadini vennero repressi, in pochi tornarono vivi dalla prigionia. Le perdite tra gli alti ufficiali per tutta la durata della Seconda guerra mondiale furono notevolmente inferiori.

Milioni di sovietici finirono in carcere e nei lager, molti di loro non tornarono, interi popoli subirono il trasferimento forzato dai luoghi storici di residenza.

Non ci è chiaro lo scopo della prolissa intervista al gen. Bortnikov. Che cos’è? Un augurio al nuovo presidente? Nostalgia dei tempi passati? O la propaganda di una nuova dottrina?

In ogni caso, protestiamo risolutamente contro la revisione delle rappresentazioni della natura disumana e antipopolare delle repressioni e rivolgiamo a tutte le persone assennate,  desiderose che i loro figli non rivivano gli orrori degli anni Trenta, l’appello a unirsi alla nostra protesta.

Salpatov V. M., membro-corrispondente dell’Accademia delle scienze

Anikin A. E., accademico dell’Accademia delle scienze

Apresjan Ju. D., accademico dell’Accademia delle scienze

Aranovič L. Ja., membro-corrispondente dell’Accademia delle scienze

Arseev P. I., membro-corrispondente dell’Accademia delle scienze

Belavin A. A., membro-corrispondente dell’Accademia delle scienze

Bondarenko D. M., membro-corrispondente dell’Accademia delle scienze

Burlak S. A., professore dell’Accademia delle scienze

Vasil’ev V. A., accademico dell’Accademia delle scienze

Glazov M. M., membro-corrispondente dell’Accademia delle scienze

Daniljan G. V., membro-corrispondente dell’Accademia delle scienze

Dvorkovič A. V., membro-corrispondente dell’Accademia delle scienze

Dybo A. V., membro-corrispondente dell’Accademia delle scienze

Zacharov V. E., accademico dell’Accademia delle scienze

Ivančik A. V., membro-corrispondente dell’Accademia delle scienze

Ivančik A. I., membro-corrispondente dell’Accademia delle scienze

Kudrjavcev Ja. V., professore dell’Accademia delle scienze

Moldovan A. M., accademico dell’Accademia delle scienze

Puchnačev V. V., membro-corrispondente dell’Accademia delle scienze

Ritus V. I., membro-corrispondente dell’Accademia delle scienze

Rozanov N. N., membro-corrispondente dell’Accademia delle scienze

Saranin A. A., membro-corrispondente dell’Accademia delle scienze

Sibel’din N. N., membro-corrispondente dell’Accademia delle scienze

Skljarov E. V., membro-corrispondente dell’Accademia delle scienze

Smeljanskij R. L., membro-corrispondente dell’Accademia delle scienze

Sokolovskij G. S., professore dell’Accademia delle scienze

Stišov S. M., accademico dell’Accademia delle scienze

Uspenskij F. B., membro-corrispondente dell’Accademia delle scienze

Chazanov E. A., membro-corrispondente dell’Accademia delle scienze

Čaplik A. V., accademico dell’Accademia delle scienze

Širjaev A. A., professore dell’Accademia delle scienze

Jakovlev D. G., membro-corrispondente dell’Accademia delle scienze

(traduzione di Francesca Volpi)

 

Su questi argomenti, segnaliamo l’intervista allo storico Nikita Petrov, pubblicata su “Novaja gazeta”   https://www.novayagazeta.ru/articles/2017/12/30/75069-arhaika-i-pravovoy-nigilizm

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Aleksej Gorinov. L’ultima dichiarazione del 29 novembre 2024.

Il 29 novembre 2024 il tribunale militare di Vladimir ha emesso la sentenza del nuovo procedimento penale contro Aleksej Gorinov, consigliere municipale di Mosca, che è stato condannato a tre anni di reclusione in colonia penale di massima sicurezza per “giustificazione del terrorismo”. La condanna va ad aggiungersi ai sette anni già comminati nel 2022 per “fake news sull’esercito”. Foto di copertina: Dar’ja Kornilova. Foto: SOTAvision. BASTA UCCIDERE. FERMIAMO LA GUERRA. Aleksej Gorinov è avvocato e attivista e dal 2017 consigliere municipale presso il distretto Krasnosel’skij di Mosca. Nei primi anni Novanta era deputato per il partito Russia Democratica, ma nel 1993, durante la crisi costituzionale e il duro confronto tra il presidente El’cin e il Soviet supremo, decide di lasciare la politica. Negli ultimi vent’anni Gorinov ha lavorato come avvocato d’impresa e della pubblica amministrazione in ambito civile e ha fornito assistenza legale agli attivisti tratti in arresto durante le manifestazioni politiche. È fra gli ideatori della veglia-memoriale continua, con fiori e fotografie, sul ponte Moskvoreckij, luogo dell’omicidio di Boris Nemcov. Il 15 marzo 2022, durante un’assemblea ordinaria del Consiglio di zona del distretto Krasnosel’skij, Gorinov deplora pubblicamente l’invasione dell’Ucraina da parte delle truppe russe esortando “la società civile a fare ogni possibile sforzo per fermare la guerra”. Il 26 aprile viene arrestato ex art. 207.3 del Codice penale russo, noto anche come “legge sulle fake news”. Il tribunale del distretto Meščanskij ritiene che ci siano le prove che Gorinov abbia “diffuso informazioni deliberatamente false su quanto compiuto dalle Forze armate russe”, con le aggravanti di essere “in una posizione ufficiale e per motivi d’odio e ostilità”. Gorinov è il primo cittadino russo a ricevere una pena detentiva per essersi espresso contro la guerra. Già in occasione dell’ultima udienza del primo processo Aleksej Gorinov ha avuto modo, come prevede il sistema giudiziario russo, di pronunciare un’“ultima dichiarazione” (poslednee slovo), in altre parole la possibilità di prendere la parola per sostenere la propria innocenza o corroborare la linea difensiva scelta dall’avvocato/a, cui abbiamo avuto modo di dare voce grazie a Paolo Pignocchi e al progetto Proteggi le mie parole. Venerdì scorso, in occasione dell’ultima udienza del secondo processo ai suoi danni, Aleksej Gorinov ha pronunciato una seconda “ultima dichiarazione” che traduciamo in italiano. Sono stato per tutta la vita uno strenuo oppositore di aggressioni, violenza e guerre, e ho consacrato la mia vita esclusivamente ad attività di pace come la scienza, l’insegnamento, la pubblica istruzione e l’attività amministrativa e sociale in veste di deputato, difensore dei diritti umani, membro di commissioni elettorali e osservatore e supervisore del processo elettorale stesso. Mai avrei pensato di vivere abbastanza per constatare un tale livello di degrado del sistema politico del mio Paese e della sua politica estera, un periodo in cui tanti cittadini favorevoli alla pace e contrari alla guerra – in un numero che ormai è di qualche migliaio – vengono accusati di calunnia ai danni delle Forze armate e di giustificazione del terrorismo, e per questo vengono processati. Ci avviamo a concludere il terzo anno di guerra, il terzo anno di vittime e distruzione, di privazioni e sofferenze per milioni di persone cui, in territorio europeo, non si assisteva dai tempi della Seconda guerra mondiale. E non possiamo tacere. Ancora alla fine dello scorso aprile, il nostro ex ministro della difesa ha annunciato che le perdite della parte ucraina nel conflitto armato in corso ammontavano a 500.000 persone. Guardatelo, quel numero, e pensateci! Quali perdite, invece, ha subito la Russia, che secondo le fonti ufficiali avanza con successo costante per tutto il fronte? Continuiamo a non saperlo. E soprattutto, chi ne risponderà, poi? E a che pro succede tutto questo? Il nostro governo e coloro che lo sostengono nelle sue aspirazioni militariste hanno fortemente voluto questa guerra, che ora è arrivata anche nei nostri territori. Una cosa mi verrebbe da chiedere: vi pare che la nostra vita sia migliorata? Sono questi il benessere e la sicurezza che auspicate per il nostro Paese e per la sua gente? Oppure non l’avevate previsto, nei vostri calcoli, un simile sviluppo della situazione? A oggi, però, le risposte a queste domande non si pongono a chi ha deciso questa guerra e continua a uccidere, a chi ne fa propaganda e assume mercenari per combatterla, ma a noi, cittadini comuni della Russia che alziamo la voce contro la guerra e per la pace. Una risposta che paghiamo con la nostra libertà se non, alcuni, con la vita. Appartengo alla generazione ormai uscente di persone con genitori che hanno partecipato alla Seconda guerra mondiale e, alcuni, le sono sopravvissuti con tutte le difficoltà del caso. La loro generazione, ormai passata, ci ha lasciato in eredità il compito di preservare la pace a ogni costo, come quanto di più prezioso abbiamo noi che abitiamo su questa Terra. Noi, invece, abbiamo snobbato le loro richieste e abbiamo spregiato la memoria di quelle persone e delle vittime della guerra suddetta. La mia colpa, in quanto cittadino del mio Paese, è di avere permesso questa guerra e di non essere riuscito a fermarla. Vi chiedo di prenderne atto, nel verdetto. Tuttavia, vorrei che la mia colpa e la mia responsabilità fossero condivise anche da chi questa guerra l’ha iniziata, vi ha partecipato e la sostiene, e da chi perseguita coloro che si battono per la pace. Continuo a vivere con la speranza che un giorno questo avverrà. Nel frattempo, chiedo perdono al popolo ucraino e ai miei concittadini che per questa guerra hanno sofferto. Nel processo in cui sono stato accusato e giudicato per avere detto espressamente che era necessario porre fine alla guerra, ho già dato piena voce alle mie considerazioni su questa vile impresa umana. Posso solo aggiungere che la violenza, l’aggressione generano solo altra violenza di ritorno, e nulla più. Questa è la vera causa delle nostre disgrazie, delle nostre sofferenze, di perdite senza senso di vite umane, della distruzione di infrastrutture civili e industriali, di case e abitazioni. Fermiamo questo massacro cruento che non serve né

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Roma, 5 dicembre 2024. Memorial Italia a Più libri più liberi.

Memorial Italia partecipa a Roma all’edizione 2024 di Più libri più liberi con la presentazione di Le trasformazioni della Russia putiniana. Stato, società, opposizione, ultimo volume della collana curata per Viella Editrice. Il regime putiniano e il nazionalismo russo: giovedì 5 dicembre alle 18:00 presso la Nuvola, Roma EUR, in sala Elettra, saranno presentati i volumi, pubblicati da Viella Editrice, Il nazionalismo russo. Spazio postsovietico e guerra all’Ucraina, a cura di Andrea Graziosi e Francesca Lomastro, e Le trasformazioni della Russia putiniana. Stato, società e opposizione, a cura dei nostri Riccardo Mario Cucciolla e Niccolò Pianciola. Intervengono Riccardo Mario Cucciolla, Francesca Gori, Andrea Graziosi, Andrea Romano. Coordina Carolina De Stefano. Il volume Le trasformazioni della Russia putiniana. Stato, società e opposizione esplora l’evoluzione della società e del potere in Russia dopo l’aggressione all’Ucraina e offre un’analisi della complessa interazione tra apparati dello stato, opposizione e società civile. I saggi analizzano la deriva totalitaria del regime putiniano studiandone le istituzioni e la relazione tra stato e società, evidenziando come tendenze demografiche, rifugiati ucraini, politiche nataliste e migratorie abbiano ridefinito gli equilibri sociali del paese. Inoltre, pongono l’attenzione sulla società civile russa e sulle sfide che oppositori, artisti, accademici, minoranze e difensori dei diritti umani affrontano sia in un contesto sempre più repressivo in patria, sia nell’emigrazione. I saggi compresi nel volume sono di Sergej Abašin, Alexander Baunov, Simone A. Bellezza, Alain Blum, Bill Bowring, Riccardo Mario Cucciolla, Marcello Flores, Vladimir Gel’man, Lev Gudkov, Andrea Gullotta, Andrej Jakovlev, Irina Kuznetsova, Alberto Masoero, Niccolò Pianciola, Giovanni Savino, Irina Ščerbakova, Sergej Zacharov.

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Bari, 26 novembre 2024. Proiezione del film documentario “The Dmitriev Affair”.

Martedì 26 novembre alle 20:30, presso il Multisala Cinema Galleria di Bari, Andrea Gullotta, vicepresidente di Memorial Italia, presenta il film documentario The Dmitriev Affair, scritto e diretto dalla regista olandese Jessica Gorter e sottotitolato in italiano. Jurij Dmitriev è uno storico e attivista, direttore di Memorial Petrozavodsk. Negli anni Novanta scopre un’enorme fossa comune in cui sono sepolte migliaia di vittime del Grande Terrore. Nella radura boschiva di Sandormoch, in Carelia, inaugura un cimitero commemorativo e riesce a raccogliere persone di varie nazionalità intorno a un passato complesso e conflittuale. Da sempre schierato contro il governo della Federazione Russa, nel 2014 Dmitriev condanna apertamente l’invasione della Crimea. Da allora inizia per lui un calvario giudiziario che lo porta a essere condannato a tredici anni e mezzo di reclusione. Il documentario di Jessica Gorter, realizzato nel 2023, racconta con passione e precisione la sua tragica vicenda. Gabriele Nissim, ha letto per Memorial Italia l’ultima dichiarazione di Jurij Dmitriev, pronunciata l’8 luglio 2020, come parte del progetto 30 ottobre. Proteggi le mie parole. Irina Flige, storica collaboratrice di Memorial San Pietroburgo, ha raccontato la storia della radura di Sandormoch nel volume Il caso Sandormoch. La Russia e la persecuzione della memoria, pubblicato da Stilo Editrice e curato da Andrea Gullotta e Giulia De Florio. La proiezione è a ingresso libero ed è uno degli incontri previsti dall’undicesima edizione del festival letterario Pagine di Russia, organizzato dalla casa editrice barese Stilo in collaborazione con la cattedra di russo dell’Università degli Studi di Bari. Quest’anno il festival è inserito nella programmazione del progetto Prin 2022 PNRR (LOST) Literature of Socialist Trauma: Mapping and Researching the Lost Page of European Literature ed è dedicato al concetto di trauma nella cornice della letteratura russa del Novecento sorta dalle repressioni sovietiche.

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