Il Centro Levada riconosciuto come “agente straniero”

Accusato di essere al soldo dei nemici della Russia di Putin, un marchio infamante

Il Centro studi dell’opinione pubblica Jurij Levada è stato iscritto dal Ministero della Giustizia russo sulla lista di proscrizione degli “agenti stranieri”, marchio infamante appioppato alle organizzazioni non governative accusate, per il solo fatto di ricevere finanziamenti dall’estero, di essere al soldo dei nemici della Russia di Putin, la cui attività viene così pesantemente limitata. Se il ricorso del Centro non verrà accolto, verrà così di fatto chiusa una delle poche voci critiche del paese e si perderà una preziosissima fonte diinformazioni indipendente sullo stato della società. Fin dalla perestrojka, infatti, il centro, fondato da Jurij Levada, padre della sociologia sovietica, registra sistematicamente il pensare e il sentire della Russia su temi legati non solo all’attualità politica e al vissuto socio-economico, ma anche sull’atteggiamento nei confronti del passato, della religione e delle credenze popolari, le mode e via dicendo. Specchio del paese reale, la cui immagine stride con la rappresentazione levigata di un paese compattamente unito col Presidente cara al Cremlino, il Centro è sotto attacco sin dall’inizio dell’era Putin. Il pretesto, questa volta, è l’ennesima denuncia sporta ad agosto dal movimento pro-presidenziale “Antimaidan”, secondo cui il Centro sarebbe al servizio del Ministero della difesa americano (sic!). Secondo il direttore del Centro Lev Gudkov, a far scattare il provvedimento sarebbero stati  i risultati, particolarmente sgraditi al Cremlino, dell’inchiesta fatta alla fine di agosto sulle intenzioni di voto dei russi per le prossime elezioni della Duma fissate il 16 settembre, da cui risulterebbe, oltre a una forte tendenza all’astensione (metà dell’elettorato è ancora indecisa sull’andare a votare), un netto calo dei consensi del partito del Presidente, Russia unita, precipitato dal 39% delle intenzioni di voto di luglio al 31%. La nuova ondata di caccia agli agenti stranieri non riguarda soltanto il Centro Levada. Anche Memorial è sottoposto in questi giorni per l’ennesima volta a una nuova, estenuante verifica.

La dichiarazione del Direttore del Centro Levada [tradotta da Milly Berrone]

La dichiarazione del Direttore del Centro Levada [in lingua russa PDF]

Approfondimenti:

http://www.bbc.com/news/world-europe-37278649

Russia’s Justice Ministry says its decision to place the independent national pollster the Levada Center on its official register of organizations “operating as foreign agents” was made due to financial support the pollster received from the United States.

TASS news agency quoted the ministry as saying on September 6 that “the major part of financial support the Levada Center has received is from the United States, including the University of Wisconsin in Madison, and therefore it was added to the list of ‘foreign agents.'”

The Russian Justice Ministry announced on September 5 that it had placed the Levada Center on its official register of organizations “operating as foreign agents,” potentially threatening the existence of the widely respected research group.

The group is one of the largest Russian nongovernmental polling and sociological research organizations and has conducted surveys that might have irked Russian authorities.

A law adopted in 2012 requires any nongovernmental organization that receives funding from abroad and engages in political activity to formally register as a “foreign agent.”

Russian and international human rights organizations have said the law was introduced to silence independent voices.

Amendments introduced to the law in 2014 allow the Justice Ministry to forcefully add NGOs to the list of “foreign agents.” Failure to comply can result in heavy fines and/or jail time.

Articolo su Radio Free Liberty: http://www.rferl.org/content/russia-levada-center-us-funding-foreign-agent/27970319.html

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Aleksej Gorinov. L’ultima dichiarazione del 29 novembre 2024.

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Negli ultimi vent’anni Gorinov ha lavorato come avvocato d’impresa e della pubblica amministrazione in ambito civile e ha fornito assistenza legale agli attivisti tratti in arresto durante le manifestazioni politiche. È fra gli ideatori della veglia-memoriale continua, con fiori e fotografie, sul ponte Moskvoreckij, luogo dell’omicidio di Boris Nemcov. Il 15 marzo 2022, durante un’assemblea ordinaria del Consiglio di zona del distretto Krasnosel’skij, Gorinov deplora pubblicamente l’invasione dell’Ucraina da parte delle truppe russe esortando “la società civile a fare ogni possibile sforzo per fermare la guerra”. Il 26 aprile viene arrestato ex art. 207.3 del Codice penale russo, noto anche come “legge sulle fake news”. Il tribunale del distretto Meščanskij ritiene che ci siano le prove che Gorinov abbia “diffuso informazioni deliberatamente false su quanto compiuto dalle Forze armate russe”, con le aggravanti di essere “in una posizione ufficiale e per motivi d’odio e ostilità”. Gorinov è il primo cittadino russo a ricevere una pena detentiva per essersi espresso contro la guerra. Già in occasione dell’ultima udienza del primo processo Aleksej Gorinov ha avuto modo, come prevede il sistema giudiziario russo, di pronunciare un’“ultima dichiarazione” (poslednee slovo), in altre parole la possibilità di prendere la parola per sostenere la propria innocenza o corroborare la linea difensiva scelta dall’avvocato/a, cui abbiamo avuto modo di dare voce grazie a Paolo Pignocchi e al progetto Proteggi le mie parole. Venerdì scorso, in occasione dell’ultima udienza del secondo processo ai suoi danni, Aleksej Gorinov ha pronunciato una seconda “ultima dichiarazione” che traduciamo in italiano. Sono stato per tutta la vita uno strenuo oppositore di aggressioni, violenza e guerre, e ho consacrato la mia vita esclusivamente ad attività di pace come la scienza, l’insegnamento, la pubblica istruzione e l’attività amministrativa e sociale in veste di deputato, difensore dei diritti umani, membro di commissioni elettorali e osservatore e supervisore del processo elettorale stesso. Mai avrei pensato di vivere abbastanza per constatare un tale livello di degrado del sistema politico del mio Paese e della sua politica estera, un periodo in cui tanti cittadini favorevoli alla pace e contrari alla guerra – in un numero che ormai è di qualche migliaio – vengono accusati di calunnia ai danni delle Forze armate e di giustificazione del terrorismo, e per questo vengono processati. Ci avviamo a concludere il terzo anno di guerra, il terzo anno di vittime e distruzione, di privazioni e sofferenze per milioni di persone cui, in territorio europeo, non si assisteva dai tempi della Seconda guerra mondiale. E non possiamo tacere. Ancora alla fine dello scorso aprile, il nostro ex ministro della difesa ha annunciato che le perdite della parte ucraina nel conflitto armato in corso ammontavano a 500.000 persone. Guardatelo, quel numero, e pensateci! Quali perdite, invece, ha subito la Russia, che secondo le fonti ufficiali avanza con successo costante per tutto il fronte? Continuiamo a non saperlo. E soprattutto, chi ne risponderà, poi? E a che pro succede tutto questo? Il nostro governo e coloro che lo sostengono nelle sue aspirazioni militariste hanno fortemente voluto questa guerra, che ora è arrivata anche nei nostri territori. Una cosa mi verrebbe da chiedere: vi pare che la nostra vita sia migliorata? Sono questi il benessere e la sicurezza che auspicate per il nostro Paese e per la sua gente? Oppure non l’avevate previsto, nei vostri calcoli, un simile sviluppo della situazione? A oggi, però, le risposte a queste domande non si pongono a chi ha deciso questa guerra e continua a uccidere, a chi ne fa propaganda e assume mercenari per combatterla, ma a noi, cittadini comuni della Russia che alziamo la voce contro la guerra e per la pace. Una risposta che paghiamo con la nostra libertà se non, alcuni, con la vita. Appartengo alla generazione ormai uscente di persone con genitori che hanno partecipato alla Seconda guerra mondiale e, alcuni, le sono sopravvissuti con tutte le difficoltà del caso. La loro generazione, ormai passata, ci ha lasciato in eredità il compito di preservare la pace a ogni costo, come quanto di più prezioso abbiamo noi che abitiamo su questa Terra. 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Martedì 26 novembre alle 20:30, presso il Multisala Cinema Galleria di Bari, Andrea Gullotta, vicepresidente di Memorial Italia, presenta il film documentario The Dmitriev Affair, scritto e diretto dalla regista olandese Jessica Gorter e sottotitolato in italiano. Jurij Dmitriev è uno storico e attivista, direttore di Memorial Petrozavodsk. Negli anni Novanta scopre un’enorme fossa comune in cui sono sepolte migliaia di vittime del Grande Terrore. Nella radura boschiva di Sandormoch, in Carelia, inaugura un cimitero commemorativo e riesce a raccogliere persone di varie nazionalità intorno a un passato complesso e conflittuale. Da sempre schierato contro il governo della Federazione Russa, nel 2014 Dmitriev condanna apertamente l’invasione della Crimea. Da allora inizia per lui un calvario giudiziario che lo porta a essere condannato a tredici anni e mezzo di reclusione. Il documentario di Jessica Gorter, realizzato nel 2023, racconta con passione e precisione la sua tragica vicenda. Gabriele Nissim, ha letto per Memorial Italia l’ultima dichiarazione di Jurij Dmitriev, pronunciata l’8 luglio 2020, come parte del progetto 30 ottobre. Proteggi le mie parole. Irina Flige, storica collaboratrice di Memorial San Pietroburgo, ha raccontato la storia della radura di Sandormoch nel volume Il caso Sandormoch. La Russia e la persecuzione della memoria, pubblicato da Stilo Editrice e curato da Andrea Gullotta e Giulia De Florio. La proiezione è a ingresso libero ed è uno degli incontri previsti dall’undicesima edizione del festival letterario Pagine di Russia, organizzato dalla casa editrice barese Stilo in collaborazione con la cattedra di russo dell’Università degli Studi di Bari. Quest’anno il festival è inserito nella programmazione del progetto Prin 2022 PNRR (LOST) Literature of Socialist Trauma: Mapping and Researching the Lost Page of European Literature ed è dedicato al concetto di trauma nella cornice della letteratura russa del Novecento sorta dalle repressioni sovietiche.

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