Gli ultimi testimoni | Giovannella Iosifovna Rjazanceva

28 novembre 1940: nasce a Kerč’. I genitori Iosif  Dominikovič Fabiano (?-1943 comandante di nave  mercantile) e la madre Praskov’ja Nikolaeva Benetti (1917-1976) erano nati anche loro a Kerč’.
29 gennaio 1942: Viene deportata da Kerč’ insieme al padre e alla madre, le sorelle del padre Vera e Elizaveta e il fratello del padre  Viktor Domenikovič, che morirà in Kazakstan. Arrivano in Kazakstan  passando per Kamyš-Burun, Taman’, Atbasar. Arrivano nel febbraio/marzo del 1942.
1943:  muore il padre Iosif Dominikovič Fabiano.
1943-1944: Giovannella viene mandata in un orfanotrofio in Kazakstan.
1944: La madre Praskov’ja Nikolaevna viene trasferita a lavorare ad Akmolinsk e riprende la figlia Giovannella dall’orfanotrofio.
1949-1951: Studia fino alla seconda classe ad Akmolinsk.
1952: Ritorna con la madre a Kerč’ e vivono dalla nonna Julja Stoljarenko Fabiano.
1952 -1958: Termina la scuola fino all’ottava classe a  Kerč’.
1958-1959: Studia 10 mesi in un istituto tecnico professionale e si specializza come imbianchino.
1960-1964: Lavora a Jalta.
1964: Torna a Kerč’ e  fino al 1973 lavora come imbianchino nella fabbrica  di calcestruzzo Vojkov .
1967: Si sposa con Nikolaj Nikolaevič Rjazancev  (1941-2007).
1968: Nascita della figlia Nadezda.
1973:  Nascita della figlia Tamara.
Fino al 1982: Casalinga.
1982-1996: Lavora in una fabbrica tessile come imbianchino e addetta alle pulizie.
1996: Va in pensione.
2005:  Si iscrive all’Associazione degli italiani a Kerč’.

Prima parte dell’intervista

._Рязанцева 1_3

[youtube video=”https://www.youtube.com/watch?v=z8d7KOWfm1c&feature=youtu.be”]

Seconda parte dell’intervista

._Рязанцева 2_3

[youtube video=”https://www.youtube.com/watch?v=GJ9AoXlfBeA&feature=youtu.be”]

Terza parte dell’intervista

._Рязанцева 3_3

[youtube video=”https://www.youtube.com/watch?v=I_6YgZQjVuk&feature=youtu.be”]

Scarica la trascrizione dell’intervista

Scarica la traduzione dell’intervista

Credits
Intervistatore:
Alena Kozlova
Operatore: Viktor Griberman
Trascrizione: Natalja Christoforova
Traduzione: Zeno Gambini
Giulia Giachetti Boico per la sua preziosa collaborazione a Kerč’

Storia di Giovannella in breve

Giovannella Iosifovna nasce il  28 novembre 1940 a Kerč’ . I genitori Iosif Dominikovič Fabiano e la madre Praskov’ja Nikolaeva Benetti (1917-1976) erano nati anche loro a Kerč’. I nonni Fabiano e Benetti erano arrivati dall’Italia. Ambedue erano comandanti di navi mercantili e avevano portato le loro numerose famiglie . Avevano comprato casa nel centro della città. Il nonno da parte di madre Nikolaj Benetti (Benetto) aveva tre sorelle: Rosalia, Ljudmila, Maria e un fratello Pantalej. Nikolaj Benetti morì in un naufragio  nel 1921. Sua moglie Julja  aveva quattro figli: Marija (zia Musja), Praskov’ja, Aleksandra e Prokofij. Si sposò in seconde nozze con Stoljarenko, che  lavorava nella flotta mercantile e si prese cura di tutta la famiglia.

Praskov’ja Nikolaevna alla consegna del passaporto  dette  il cognome del padre, ma si  dichiarò di nazionalità russa. Prima di sposarsi aveva lavorato nella fabbrica di calcestruzzo Vojkov. Vivevano nella casa della nonna Giulia. Durante la guerra la casa fu bombardata e furono trasferiti nelle grotte.  Dopo la prima liberazione di Kerč dall’occupazione tedesca nel dicembre 1941 tornarono alla loro casa semidistrutta. Il 29 gennaio 1942, raccontarono i suoi parenti, arrivarono dei militari sovietici con l’ordire di fare evacuare gli italiani, dando loro appena il tempo di raccogliere con sé un piccolo bagaglio che non superasse i due chili. La madre e la nonna seppellirono nel giardino vicino alla casa parte dei loro averi. A Praskov’ja Nikolaevna fu dato il permesso di rimanere in quanto risultava di nazionalità russa, ma gli altri dovevano partire. Ma Praskov’ja Nikolaevna decise comunque di partire con loro. La nonna Julja Stoljarenko, le sue figlie Maria e Aleksandra, che si erano sposate con cittadini russi e avevano un cognome russo non furono deportate.

Gli italiani furono portati a Kamyš-Burun,  e poi via mare  fino a Taman’, dove li fecero salire su un treno, viaggiarono un mese per arrivare a Atbasar in Kazakstan, dove furono alloggiati in baracche, senza vetri alle finestre e senza porte e fu loro distribuito del grano saraceno marcio. Ci fu un epidemia di tifo, e un epidemia  di colera. Soffrirono la fame. Nel 1943 morirono il padre e il fratello del padre Viktor Domenikovič; la madre andava a lavorare con i piedi avvolti negli stracci. Giovannella era coperta di piaghe. Su consiglio della cognata del padre Elizabeta, che li aiutava, decisero di mandare la bambina in un orfanotrofio, dove l’avrebbero nutrita e l’avrebbero curata. Giovannella Iosifovna si ricorda molto poco della vita all’orfanotrofio. Ricorda soltanto che i bambini erano vestiti tutti allo stesso modo e che dovevano raccogliere nei cestini  dei fiori di acacia.

Nel 1944 la mamma fu trasferita a lavorare ad Akmolinsk in una fabbrica militare, decise di riprendere Giovannella dall’orfanotrofio. Qui la vita migliorò, ricevettero gli aiuti umanitari americani. Vivevano in una casa di kazachi che a volte  davano da mangiare a Giovannella. Dopo la liberazione di Kerč’ la nonna Julja si trasferì da Krasnoe Selo, dove aveva vissuto durante l’occupazione, in città, nella sua vecchia casa  bombardata. Da Kerč’ la nonna inviava loro prodotti alimentari. Il marito quando tornò dal fronte costruì una nuova casa

Ad Akmolinsk Giovannella frequentò la scuola nel 1949 e contemporaneamente lavorava al mercato. Nel 1951 tornarono a Kerč’. In un primo tempo la mamma lavorò a Termjuk come cuoca in un asilo. Nel 1953 torna a Kerč’ e lavora come centralinista in una fabbrica di mattoni. Giovannella vive con la nonna e nel 1958 finisce l’ottava classe, studia per dieci mesi all’istituto tecnico professionale e si specializza come imbianchino. Nel 1960 va a lavorare a Jalta, torna dopo quattro anni e fino al 1973 lavora come imbianchino  nella fabbrica  di calcestruzzo Vojkov. Nel 1962 avrebbe voluto andare in Italia su invito della sorella del padre, Vera Domenikovna, ma i familiari temevano delle conseguenze spiacevoli. Nel 1967 sposa Nikolaj Nikolaevič (1941-2007) che lavorava come meccanico al sovchoz “1° maggio” specializzato in prodotti ittici. Nel 1968 nasce la figlia Nadja, nel 1973 Tamara. Dopo la nascita della seconda figlia per alcuni anni  Giovannella  Iosifovna  smette di lavorare. Nel 1982 va a lavorare in una fabbrica tessile come imbianchino e addetta alle pulizie. Nel 1983 la casa della nonna viene demolita e viene assegnato loro un appartamento. Nadja frequenta a Kostroma la Facoltà di fisica e matematica. Tamara frequenta a  Kerč’ l’Istituto per infermieri.  Nel 1996 Giovannella  Iosifovna  va in pensione

Non si ricorda se i parenti parlassero italiano. Ricorda soltanto che durante le feste si riunivano a casa della zia Liza (Elizabeta Domenikovna Fabiano, sorella del padre) e che cantavano “Santa Lucia” in italiano e che la nonna preparava gli spaghetti con il ragù. Il Natale lo festeggiavano secondo il calendario ortodosso.

Le foto sono state gentilmente concesse da Giovannella Iosifovna Rjazanceva.

[nggallery id=79]

 

Aiutaci a crescere

Condividi su:

Per sostenere Memorial Italia

Leggi anche:

Aleksej Gorinov. L’ultima dichiarazione del 29 novembre 2024.

Il 29 novembre 2024 il tribunale militare di Vladimir ha emesso la sentenza del nuovo procedimento penale contro Aleksej Gorinov, consigliere municipale di Mosca, che è stato condannato a tre anni di reclusione in colonia penale di massima sicurezza per “giustificazione del terrorismo”. La condanna va ad aggiungersi ai sette anni già comminati nel 2022 per “fake news sull’esercito”. Foto di copertina: Dar’ja Kornilova. Foto: SOTAvision. BASTA UCCIDERE. FERMIAMO LA GUERRA. Aleksej Gorinov è avvocato e attivista e dal 2017 consigliere municipale presso il distretto Krasnosel’skij di Mosca. Nei primi anni Novanta era deputato per il partito Russia Democratica, ma nel 1993, durante la crisi costituzionale e il duro confronto tra il presidente El’cin e il Soviet supremo, decide di lasciare la politica. Negli ultimi vent’anni Gorinov ha lavorato come avvocato d’impresa e della pubblica amministrazione in ambito civile e ha fornito assistenza legale agli attivisti tratti in arresto durante le manifestazioni politiche. È fra gli ideatori della veglia-memoriale continua, con fiori e fotografie, sul ponte Moskvoreckij, luogo dell’omicidio di Boris Nemcov. Il 15 marzo 2022, durante un’assemblea ordinaria del Consiglio di zona del distretto Krasnosel’skij, Gorinov deplora pubblicamente l’invasione dell’Ucraina da parte delle truppe russe esortando “la società civile a fare ogni possibile sforzo per fermare la guerra”. Il 26 aprile viene arrestato ex art. 207.3 del Codice penale russo, noto anche come “legge sulle fake news”. Il tribunale del distretto Meščanskij ritiene che ci siano le prove che Gorinov abbia “diffuso informazioni deliberatamente false su quanto compiuto dalle Forze armate russe”, con le aggravanti di essere “in una posizione ufficiale e per motivi d’odio e ostilità”. Gorinov è il primo cittadino russo a ricevere una pena detentiva per essersi espresso contro la guerra. Già in occasione dell’ultima udienza del primo processo Aleksej Gorinov ha avuto modo, come prevede il sistema giudiziario russo, di pronunciare un’“ultima dichiarazione” (poslednee slovo), in altre parole la possibilità di prendere la parola per sostenere la propria innocenza o corroborare la linea difensiva scelta dall’avvocato/a, cui abbiamo avuto modo di dare voce grazie a Paolo Pignocchi e al progetto Proteggi le mie parole. Venerdì scorso, in occasione dell’ultima udienza del secondo processo ai suoi danni, Aleksej Gorinov ha pronunciato una seconda “ultima dichiarazione” che traduciamo in italiano. Sono stato per tutta la vita uno strenuo oppositore di aggressioni, violenza e guerre, e ho consacrato la mia vita esclusivamente ad attività di pace come la scienza, l’insegnamento, la pubblica istruzione e l’attività amministrativa e sociale in veste di deputato, difensore dei diritti umani, membro di commissioni elettorali e osservatore e supervisore del processo elettorale stesso. Mai avrei pensato di vivere abbastanza per constatare un tale livello di degrado del sistema politico del mio Paese e della sua politica estera, un periodo in cui tanti cittadini favorevoli alla pace e contrari alla guerra – in un numero che ormai è di qualche migliaio – vengono accusati di calunnia ai danni delle Forze armate e di giustificazione del terrorismo, e per questo vengono processati. Ci avviamo a concludere il terzo anno di guerra, il terzo anno di vittime e distruzione, di privazioni e sofferenze per milioni di persone cui, in territorio europeo, non si assisteva dai tempi della Seconda guerra mondiale. E non possiamo tacere. Ancora alla fine dello scorso aprile, il nostro ex ministro della difesa ha annunciato che le perdite della parte ucraina nel conflitto armato in corso ammontavano a 500.000 persone. Guardatelo, quel numero, e pensateci! Quali perdite, invece, ha subito la Russia, che secondo le fonti ufficiali avanza con successo costante per tutto il fronte? Continuiamo a non saperlo. E soprattutto, chi ne risponderà, poi? E a che pro succede tutto questo? Il nostro governo e coloro che lo sostengono nelle sue aspirazioni militariste hanno fortemente voluto questa guerra, che ora è arrivata anche nei nostri territori. Una cosa mi verrebbe da chiedere: vi pare che la nostra vita sia migliorata? Sono questi il benessere e la sicurezza che auspicate per il nostro Paese e per la sua gente? Oppure non l’avevate previsto, nei vostri calcoli, un simile sviluppo della situazione? A oggi, però, le risposte a queste domande non si pongono a chi ha deciso questa guerra e continua a uccidere, a chi ne fa propaganda e assume mercenari per combatterla, ma a noi, cittadini comuni della Russia che alziamo la voce contro la guerra e per la pace. Una risposta che paghiamo con la nostra libertà se non, alcuni, con la vita. Appartengo alla generazione ormai uscente di persone con genitori che hanno partecipato alla Seconda guerra mondiale e, alcuni, le sono sopravvissuti con tutte le difficoltà del caso. La loro generazione, ormai passata, ci ha lasciato in eredità il compito di preservare la pace a ogni costo, come quanto di più prezioso abbiamo noi che abitiamo su questa Terra. Noi, invece, abbiamo snobbato le loro richieste e abbiamo spregiato la memoria di quelle persone e delle vittime della guerra suddetta. La mia colpa, in quanto cittadino del mio Paese, è di avere permesso questa guerra e di non essere riuscito a fermarla. Vi chiedo di prenderne atto, nel verdetto. Tuttavia, vorrei che la mia colpa e la mia responsabilità fossero condivise anche da chi questa guerra l’ha iniziata, vi ha partecipato e la sostiene, e da chi perseguita coloro che si battono per la pace. Continuo a vivere con la speranza che un giorno questo avverrà. Nel frattempo, chiedo perdono al popolo ucraino e ai miei concittadini che per questa guerra hanno sofferto. Nel processo in cui sono stato accusato e giudicato per avere detto espressamente che era necessario porre fine alla guerra, ho già dato piena voce alle mie considerazioni su questa vile impresa umana. Posso solo aggiungere che la violenza, l’aggressione generano solo altra violenza di ritorno, e nulla più. Questa è la vera causa delle nostre disgrazie, delle nostre sofferenze, di perdite senza senso di vite umane, della distruzione di infrastrutture civili e industriali, di case e abitazioni. Fermiamo questo massacro cruento che non serve né

Leggi

Roma, 5 dicembre 2024. Memorial Italia a Più libri più liberi.

Memorial Italia partecipa a Roma all’edizione 2024 di Più libri più liberi con la presentazione di Le trasformazioni della Russia putiniana. Stato, società, opposizione, ultimo volume della collana curata per Viella Editrice. Il regime putiniano e il nazionalismo russo: giovedì 5 dicembre alle 18:00 presso la Nuvola, Roma EUR, in sala Elettra, saranno presentati i volumi, pubblicati da Viella Editrice, Il nazionalismo russo. Spazio postsovietico e guerra all’Ucraina, a cura di Andrea Graziosi e Francesca Lomastro, e Le trasformazioni della Russia putiniana. Stato, società e opposizione, a cura dei nostri Riccardo Mario Cucciolla e Niccolò Pianciola. Intervengono Riccardo Mario Cucciolla, Francesca Gori, Andrea Graziosi, Andrea Romano. Coordina Carolina De Stefano. Il volume Le trasformazioni della Russia putiniana. Stato, società e opposizione esplora l’evoluzione della società e del potere in Russia dopo l’aggressione all’Ucraina e offre un’analisi della complessa interazione tra apparati dello stato, opposizione e società civile. I saggi analizzano la deriva totalitaria del regime putiniano studiandone le istituzioni e la relazione tra stato e società, evidenziando come tendenze demografiche, rifugiati ucraini, politiche nataliste e migratorie abbiano ridefinito gli equilibri sociali del paese. Inoltre, pongono l’attenzione sulla società civile russa e sulle sfide che oppositori, artisti, accademici, minoranze e difensori dei diritti umani affrontano sia in un contesto sempre più repressivo in patria, sia nell’emigrazione. I saggi compresi nel volume sono di Sergej Abašin, Alexander Baunov, Simone A. Bellezza, Alain Blum, Bill Bowring, Riccardo Mario Cucciolla, Marcello Flores, Vladimir Gel’man, Lev Gudkov, Andrea Gullotta, Andrej Jakovlev, Irina Kuznetsova, Alberto Masoero, Niccolò Pianciola, Giovanni Savino, Irina Ščerbakova, Sergej Zacharov.

Leggi

Bari, 26 novembre 2024. Proiezione del film documentario “The Dmitriev Affair”.

Martedì 26 novembre alle 20:30, presso il Multisala Cinema Galleria di Bari, Andrea Gullotta, vicepresidente di Memorial Italia, presenta il film documentario The Dmitriev Affair, scritto e diretto dalla regista olandese Jessica Gorter e sottotitolato in italiano. Jurij Dmitriev è uno storico e attivista, direttore di Memorial Petrozavodsk. Negli anni Novanta scopre un’enorme fossa comune in cui sono sepolte migliaia di vittime del Grande Terrore. Nella radura boschiva di Sandormoch, in Carelia, inaugura un cimitero commemorativo e riesce a raccogliere persone di varie nazionalità intorno a un passato complesso e conflittuale. Da sempre schierato contro il governo della Federazione Russa, nel 2014 Dmitriev condanna apertamente l’invasione della Crimea. Da allora inizia per lui un calvario giudiziario che lo porta a essere condannato a tredici anni e mezzo di reclusione. Il documentario di Jessica Gorter, realizzato nel 2023, racconta con passione e precisione la sua tragica vicenda. Gabriele Nissim, ha letto per Memorial Italia l’ultima dichiarazione di Jurij Dmitriev, pronunciata l’8 luglio 2020, come parte del progetto 30 ottobre. Proteggi le mie parole. Irina Flige, storica collaboratrice di Memorial San Pietroburgo, ha raccontato la storia della radura di Sandormoch nel volume Il caso Sandormoch. La Russia e la persecuzione della memoria, pubblicato da Stilo Editrice e curato da Andrea Gullotta e Giulia De Florio. La proiezione è a ingresso libero ed è uno degli incontri previsti dall’undicesima edizione del festival letterario Pagine di Russia, organizzato dalla casa editrice barese Stilo in collaborazione con la cattedra di russo dell’Università degli Studi di Bari. Quest’anno il festival è inserito nella programmazione del progetto Prin 2022 PNRR (LOST) Literature of Socialist Trauma: Mapping and Researching the Lost Page of European Literature ed è dedicato al concetto di trauma nella cornice della letteratura russa del Novecento sorta dalle repressioni sovietiche.

Leggi