Appello di Amnesty International per Leyla e Arif Yunusova

Firma l'appello e leggi il testo di Svetlana Gannuškina sul caso Yunusova

AZIONE URGENTE
LUNGHE PENE DETENTIVE PER IMPORTANTI DIFENSORI
I difensori Azeri dei diritti umani Leyla Yunus e suo marito Arif Yunus sono stati condannati rispettivamente a otto anni e mezzo e sette anni di carcere il 13 agosto. La salute di Arif Yunus si è deteriorata ed è svenuto in aula. Le autorità azere hanno continuato a limitare l’accesso al tribunale per osservatori e giornalisti internazionali.
Il Tribunale per i reati gravi di Baku, la capitale dell’Azerbaijan, ha condannato i prigionieri di coscienza Azeri Leyla Yunus e Arif Yunus rispettivamente a otto anni e mezzo e sette anni di reclusione il 13 agosto. Entrambi sono stati condannati per “frode” e altri crimini legati al loro lavoro nelle ONG. Leyla Yunus è il direttore dell’Istituto per la Pace e la Democrazia e prima del suo arresto aveva documentato il cattivo trattamento dei prigionieri politici in Azerbaijan da parte delle autorità. Suo marito, Arif Yunus, è uno storico e attivista politico. Un’accusa di tradimento, presumibilmente per spionaggio a favore dell’Armenia, è pure in corso contro la coppia, ma è stata assegnata ad un altro tribunale.
Agli osservatori internazionali e i giornalisti è stato rifiutato l’ingresso in tribunale e solo una manciata di diplomatici sono stati autorizzati a partecipare.
Leyla Yunus e Arif Yunus soffrono di gravi problemi di salute e la loro salute è peggiorata ulteriormente durante la detenzione e le procedure preliminari. Durante l’udienza del 13 agosto Arif Yunus ha perso conoscenza. Una precedente udienza il 3 agosto ha dovuto essere rinviata fino al 5 agosto, dopo che Arif Yunus era svenuto a causa della pressione alta. Ha subito due colpi nell’aprile del 2014 e la sua famiglia teme che egli non possa sopravvivere a un altro colpo. A Leyla Yunus sono stati diagnosticati il diabete e l’epatite C, che ha ridotto la vista del suo occhio sinistro. Lei non ha ricevuto adeguate cure mediche in prigione e le autorità hanno rifiutato di trasferirla in un ospedale. Ha dichiarato di essere minacciata, molestata e maltrattata dopo aver chiesto le cure mediche.
Arif Yunus e Leyla Yunus sono stati arrestati nell’estate del 2014 con accuse penali inventate, tra cui l’accusa di tradimento e irregolarità finanziarie. Amnesty International ritiene che le accuse contro la coppia siano state chiaramente fabbricate per rappresaglia per il loro legittimo lavoro sui diritti umani e per le critiche al governo azero.

Scarica l’appello da firmare e inviare al Presidente dell’Azerbaijan a questa email (office@pa.gov.az) : Traduzione in italiano della lettera | Modulo da compilare

Svetlana Gannuškina interviene sul caso Leyla e Arif, testo pubblicato su Memorial Russia:
Svetlana Gannuškina parla della condanna di Lejla e Arif Junus

Lejla e Arif Junus sono stati condannati rispettivamente a 8 anni e mezzo e 7 di reclusione.

Quando nel gennaio del 1989 arrivai a Baku per capire cosa pensassero gli intellettuali azeri del conflitto nel Karabach, un gruppo di ragazzi mi invitò nello studio di un pittore. Avevano creato il Fronte popolare, un centro autogestito, come succedeva anche in altre repubbliche sovietiche. È stato lì che ho conosciuto i futuri dirigenti di vari movimenti politici dell’Azerbaigian, alcuni anche piuttosto radicali.

Lejla e Arif Junus per me sono stati le persone più importanti di questo gruppo, perché proprio loro due si occupavano in primo luogo di diritti umani e di questioni umanitarie.

Aleksandr Podrabinek e Sergej Lëzov, gli editori del giornale Ekspress-Chronica, prima della mia partenza mi chiesero di cercare in Azerbaigian qualcuno che potesse lavorare per loro come inviato. Era un giornale clandestino, ma ormai veniva distribuito ufficialmente, anche se non si capiva ancora come si sarebbero sviluppati gli eventi nel paese.

Lo chiesi a molte persone, ma accettò soltanto la temeraria Lejla. Gli altri avevano paura di procurarsi dei guai. Chiamavo Lejla Junus tutti i giorni. Lei e suo marito Arif mi fornivano informazioni, cosa che da parte loro richiedeva un grande coraggio. Allora non c’era ancora la linea telefonica diretta, bisognava prima parlare con una centralinista. Significava che la centralinista sentiva tutto.

Quando nella notte tra il 19 e il 20 gennaio 1990 le truppe sovietiche sono entrate a Baku, i soldati hanno sparato in ogni direzione, hanno sparato contro le finestre della case, alle spalle della gente, schiacciavano le macchine. A quanto pare, secondo loro, i cecchini e i combattenti si nascondevano lì. Chiamai Lejla e all’improvviso la centralinista si intromise nella nostra conversazione e iniziò a minacciarla. «Con chi parli?» gridava, «se ai russi è consentito uccidere i nostri figli, allora bisogna far fuori anche te!». Una volta trovato il suo indirizzo in base al numero di telefono, poteva facilmente metterla in guai seri. I mezzi di comunicazione ufficiali sovietici non davano informazioni veritiere. Il mondo conosceva il secondo atto della tragedia che si rappresentava a Baku soltanto grazie a Lejla. Inviava notizie su quanto accadeva anche ad altri organi di stampa.

Arif le è sempre stato accanto in tutto. Dall’Azerbaigian mi trasmetteva i nomi degli azeri dispersi nel Nagorno-Karabach. In questo modo gli armeni potevano verificare se fossero tra i prigionieri. Da parte armena Suren Zoljan trasmetteva gli elenchi degli armeni. In un momento in cui i contatti ufficiali tra Armenia e Azerbaigian erano praticamente interrotti. La mia casa si era trasformata in un cavo d’albero attraverso il quale si svolgeva lo scambio degli elenchi dei dispersi di entrambe le parti. I rappresentanti di due popoli che per secoli avevano vissuto l’uno accanto all’altro non potevano più parlarsi.

Nel 1992 abbiamo organizzato un incontro tra gli intellettuali armeni e quelli azeri al confine tra le città di Kazach e Idževan. Lejla Junus era la coordinatrice per la parte azera, mentre per la parte armena si è occupata dell’organizzazione Anait Bajandur. Abbiamo elaborato e sottoscritto un messaggio rivolto ai due popoli con un appello alla pace. Se lo avessero sentito, oggi potremmo vivere in un mondo diverso. Ma a Mosca fu possibile pubblicare quel messaggio soltanto su Ekspress-Chronika. Nessun giornale lo accettò, il partito della guerra era più forte del partito della pace.

Negli ultimi anni ci siamo visti raramente. Il piccolo gruppo internazionale che si occupava della ricerca dei dispersi e di fornire assistenza per la liberazione dei prigionieri nella zona del conflitto del Karabach ha lasciato la regione quando, con la presidenza di Ilham Aliyev, in Azerbaigian hanno iniziato a condannare i prigionieri liberati a pene enormi per tradimento della patria.

Ma tutti gli azeri che si sono rivolti a me per un aiuto hanno detto che Lejla Junus ha offerto appoggio a loro e ai loro parenti.
Mente chiunque dica che Arif e Lejla non erano patrioti azeri nel senso migliore del termine: io non credo alla loro sincerità. E mi vergogno di aver fatto così poco per proteggerli.

Cara Dinara, bambina mia, con il tuo vestitino di flanella, che 25 anni fa mi aspettavi nella loro casa, perdonaci.

Traduzione: Milly Berrone

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