Einaudi 2015
pp. XXIV – 512
€ 26,00
Frutto di inquietudini moderniste, Cevengur di Andrej Platonov rientra a pieno titolo in quel filone della letteratura russa nel quale la fede incondizionata nelle teorie non godeva di largo credito. A quelle visioni del mondo preconfezionate, sostenute con forza dall‘intelligencija radicale, scrittori come Turgenev, Dostoevskij e Tolstoj opposero, con pervicacia al limite dell’ostinazione, autentici capolavori. I più grandi romanzi dell’Ottocento russo sono, come è stato detto, «romanzi di idee nella misura in cui sono romanzi che lottano contro la supremazia delle idee»: si cimentano con la materia della realtà, con le scelte quotidiane del singolo, con l’imprevedibilità della vita e preferiscono instillare dubbi piuttosto che diffondere credo. Se in Cevengur il tessuto polifonico, la costruzione argomentativa, l’esposizione delle teorie coeve con una lucidità che già da sola ne smaschera la disumanità, rinviano ai grandi romanzi di Dostoevskij, come non ascrivere a Tolstoj, il «profeta della carne», l’assillo tutto platonoviano per la caducità del corpo umano e per le passioni carnali?
Dalla prefazione di Ornella Discacciati
“Nella steppa dei soviet la discesa di Platonov al villaggio degli ultimi” di Montefoschi Giorgio
«Per chi vuol capire la rivoluzione russa, Čevengur, il capolavoro di Andrej Platonov, è più prezioso di molti libri di storia. Romanzo corale, poetico e struggente, Čevengur racconta la rivoluzione attraverso le voci, o piuttosto il balbettio, dei suoi più umili protagonisti, quei poveri e diseredati – gli ultimi fra gli ultimi – che nella Russia ancora contadina appena investita dalla modernità si affacciano, assetati di riscatto, sulla scena della storia per realizzare l’utopia di un mondo migliore. Scritta nella seconda metà degli anni venti, alla vigilia della grande svolta staliniana, l’opera, ricca di elementi autobiografici, finì sotto la scure della censura, perché l’immagine della rivoluzione, di cui nel 1927 si era solennemente festeggiato il decennale, era in stridente contrasto con la vulgata ufficiale che celebrava la rivoluzione operaia guidata dal partito annunciata da Marx. […]»
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