Words will break cement: the passion of Pussy Riot

Masha Gessen racconta come si sono svolti i fatti intorno alla vicenda delle Pussy Riot. Il volume raccoglie anche la trascrizione di molti documenti come le dichiarazioni delle ragazze durante il processo.

Words will break cement: the passion of Pussy Riot, Masha Gessen

Pubblicato da Riverhead Trade, 2014

Il 21 febbraio 2012, cinque giovani donne entrano nella Cattedrale di Cristo Salvatore a Mosca. Sono vestite con abiti coloratssimi, hanno il collant, il passamontagna e portano degli strumenti musicali. Di fronte all’altare maggiore iniziano una “preghiera punk” implorando la “Madre di Dio ” di “sbarazzarsi di Putin”. La sicurezza le blocca immediatamente e nelle settimane e nei mesi successivi, le tre delle donne sono arrestate e processate: due sono condannate a scontare una pena detentiva di due anni a una remota colonia penale. L’incidente cattura subito i titoli dei grandi media internazionali e il video della performance diventa virale. Le persone in tutto il mondo vi riconoscono non solo un feroce atto politico, ma anche un’opera d’arte ispirata che, in un tempo e luogo saturo di bugie, ha trovato una nuova modalità di esprimere la verità. Il racconto avvincente di Masha Gessen spiega come sia potuto accadere qualcosa del genere. Grazie al suo esclusivo e quotidiano contatto diretto con i membri delle Pussy Riot, delle loro famiglie e collaboratori, l’autrice ricostruisce le loro affascinanti storie personali. Assistiamo così allo svolgersi della storia che ha visto un gruppo di giovani donne trasformarsi in artisti, con una visione condivisa, prendere la coscienza, il coraggio e l’immaginazione per esprimere la loro protesta, e dotarsi della forza per sopportare la solitudine devastante e l’isolamento del confino che sono stati il prezzo pagato al loro trionfo. Il libro della Gessen produce anche la trascrizione di molti documenti come le dichiarazioni delle ragazze durante il processo che erano introvabili per il lettore non di lingua russa.

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“Mamma, probabilmente morirò presto”: adolescente russo in carcere per volantini anti-Putin riferisce di essere stato brutalmente picchiato da un compagno di cella.

Pubblichiamo la traduzione dell’articolo ‘Mom, I’m probably going to die soon’: Russian teenager in prison for anti-Putin flyers says cellmate brutally beat him della testata giornalistica indipendente russa Meduza. L’immagine è tratta dal canale Telegram dedicato al sostegno per Arsenij Turbin: Svobodu Arseniju! (Libertà per Arsenij!). In una recente lettera Arsenij Turbin, sedicenne russo condannato a scontare cinque anni in un carcere minorile con l’accusa di terrorismo, ha raccontato alla madre di avere subito abusi fisici e psicologici durante la detenzione. I sostenitori di Turbin, che hanno pubblicato un estratto della sua lettera su Telegram, sospettano che oltre ad aggredirlo, i compagni di cella gli stiano rubando il cibo. Ecco cosa sappiamo. Arsenij Turbin è stato condannato a cinque anni di carcere minorile nel giugno 2024, quando aveva ancora 15 anni. Secondo gli inquirenti governativi, nell’estate del 2023 Arsenij si era unito alla legione Libertà per la Russia, un’unità filoucraina composta da cittadini russi e, su loro preciso ordine aveva iniziato a distribuire volantini che criticavano Vladimir Putin. Turbin dichiara di non essersi mai unito alla legione e di avere distribuito i volantini di sua iniziativa. Il Centro per i diritti umani Memorial ha dichiarato Turbin prigioniero politico. Al momento Turbin si trova in detenzione preventiva in attesa dell’appello contro la sua condanna. Nell’estratto di una lettera inviata a sua madre pubblicato lunedì (1 ottobre) nel gruppo Telegram Svobodu Arseniju! (Libertà per Arsenij!), l’adolescente scrive che un compagno di cella di nome Azizbek lo ha picchiato più volte. “Questa sera, dopo le 18:00, uno dei miei compagni di cella mi ha dato due pugni in testa mentre ero a letto”, ha scritto. “La situazione è davvero difficile, brutta davvero. Azizbek mi ha colpito e poi ha detto che stanotte mi inc***. Sarà una lunga nottata. Ma resisterò.” Turbin scrive anche che in carcere lo hanno catalogato come “incline al terrorismo” per il reato che gli contestano (“partecipazione a organizzazione terroristica”). In un post su Telegram i sostenitori di Turbin hanno ipotizzato che i suoi compagni di cella gli stessero rubando il cibo: nelle sue lettere chiedeva sempre alla madre pacchi di viveri, mentre questa volta le ha scritto che non ne aveva bisogno. La madre di Turbin, Irina Turbina, martedì ha riferito a Mediazona che il figlio è stato messo in isolamento dal 23 al 30 settembre. Dalla direzione della prigione le hanno detto che era dovuto a una “lite” tra Turbin e i suoi compagni di cella e che tutti e quattro i prigionieri coinvolti erano stati puniti con l’isolamento. Irina Turbina ha anche detto che il personale del carcere non le ha permesso di parlare con Arsenij al telefono e che l’ultima volta che hanno parlato è stata a inizio settembre. La madre ha raccontato l’ultimo incontro con suo figlio al sito Ponjatno.Media: “Quando sono andata a trovarlo l’11 settembre non l’ho riconosciuto. Non era mai particolarmente allegro neanche le volte precedenti che l’ho visto, certo, ma almeno aveva ancora speranza, era ottimista: aspettava l’appello e credeva che qualcosa di buono l’avremmo ottenuto. L’11 settembre, invece, Arsenij aveva le lacrime agli occhi. Mi ha detto: ‘Mamma, ti prego, fai tutto il possibile, tirami fuori di qui. Sto davvero, davvero male qui’.” “Mamma, probabilmente morirò presto”, ha continuato a riferire la madre, citando il figlio. Ha poi detto di avere inoltrato la lettera a Eva Merkačeva, membro del Consiglio presidenziale russo per i diritti umani, chiedendole di intervenire. Secondo le informazioni di Mediazona, ad Arsenij è stato finalmente permesso di parlare con sua madre al telefono l’8 ottobre. Le avrebbe detto che il suo aggressore era stato trasferito in un’altra cella il giorno prima e che si trovava bene con gli altri compagni di cella. Aggiornamento del 20 ottobre dal canale Telegram Svobodu Arseniju!: “Questa settimana Arsenij non ha mai telefonato”. La madre riferisce di averlo sentito l’ultima volta l’8 ottobre scorso. 25 ottobre 2024

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